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Discussione: Nuovo film sul Veneto.

  1. #1
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    Predefinito Nuovo film sul Veneto.

    Un nuovo film girato in Veneto presente a Venezia, dopo la boiata di Abattantuono sugli immigrati che spariscono dalla nostra regione creando un cataclisma sociale, ecco il film del regista padovano Alessandro Rossetto dove due ragazze vogliono andarsene dal Veneto cattivo e razzista... non passa giorno in regione in cui non venga bastonato qualche extra, è risaputo che qui è peggio dell'Alabama degli anni 40.

    Consiglio alle due ragazze di trasferirsi in quella ridente e tollerante città che è Rosarno, la troveranno la pace.



  2. #2
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    Predefinito Re: Nuovo film sul Veneto.

    Citazione Originariamente Scritto da Quayag Visualizza Messaggio
    Un nuovo film girato in Veneto presente a Venezia, dopo la boiata di Abattantuono sugli immigrati che spariscono dalla nostra regione creando un cataclisma sociale, ecco il film del regista padovano Alessandro Rossetto dove due ragazze vogliono andarsene dal Veneto cattivo e razzista... non passa giorno in regione in cui non venga bastonato qualche extra, è risaputo che qui è peggio dell'Alabama degli anni 40.

    Consiglio alle due ragazze di trasferirsi in quella ridente e tollerante città che è Rosarno, la troveranno la pace.
    Si , che vadano pure , ce ne faremo una ragione .
    Il Silenzio per sua natura è perfetto , ogni discorso, per sua natura , è perfettibile .

  3. #3
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    Predefinito Re: Nuovo film sul Veneto.

    sono attrici, pagate per fare la parte. paga rroma.

  4. #4
    Lumbard
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    Predefinito Re: Nuovo film sul Veneto.

    di cosa stupirsi ? ormai hanno in mano tutto loro ...

  5. #5
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    Predefinito Re: Nuovo film sul Veneto.

    Piccola patria di Alessandro Rossetto a Venezia 70: Nord-Est, terra di nessuno | Indie-eye - Cinema


    Si noti l'odio traboccante razzista che esce da queste parole pronunciate dalla critica nord est, a proposito del film.



    Denaro facile, torbidi intrecci sentimentali, miti metropolitani e osservatori strapaesani, in Piccola patria, presentato nella sezione Orizzonti di Venezia 70, la realtà deborda nello scenario squallido e televisivo di un reality



    Ricchezza cresciuta in fretta su radici contadine e sottocultura dominante, perdita di identità, valori e tradizioni, alienazione e assenza di prospettive che non mirino al guadagno ad ogni costo, tutto questo esplode colpito oggi dallo tsunami della crisi finanziaria che, dopo aver sgonfiato la bolla economica degli ultimi decenni, mostra su quali esili basi fosse fondata.


    QUI COME AL SOLITO, QUESTA REGIONE E' PRESA ANCORA DI MIRA CON PAROLE PESANTI, TRABOCCANTI D'ODIO.

    SOCIETA' SENZA VALORI, SOLDI A VOLONTA', IL CONTADINATO, L'ossessione dei radical chic ancora messo in discussione. Andiamo oltre;

    le due ragazze con il vuoto pneumatico in testa, l’albanese che vive in roulotte e sembra migliore di tutti gli altri del posto, padri e madri vuoti simulacri di ruoli perduti per sempre, l’amico di famiglia porco che scopa la figlia dell’amico, il ricatto col filmino hard, e le botte, quelle sempre, basta uscire da una discoteca fumati e strafatti) è il ritratto di una piccola patria molto coerente in tutte le sue parti

    LO STRANIERO SEMPRE e comunque buono. Qui a differenza del cinema usa stavolta si usa il ragazzo albanese, nella grande mela, il negro, visto sempre come vincente e ricco di quei valori spirituali persi dai giovani bianchi viziati.


    LA CRITICA DICE CHE IL REGISTA EVITA GLI STEREOTIPI: SI GIUDICHI;

    spietato film simbolo di un Nord-Est gaudente e bigotto, figlio del boom economico degli anni ’60, conformista e arrivista ma ancora capace di sana autoironia, assume qui il tono amaro di una cupa leggenda da hinterland indifferenziato, dove esistenze di basso profilo sono il prodotto di una realtà devastata, nel territorio e nella qualità di vita.


    Ragazze insofferenti della banale routine di paese vivono una condizione di frontiera molto simile a quella degli States di Cassavetes, salvo essere a due passi dall’Adriatico e invece di sconfinate praterie vediamo occhieggiare le ciminiere di Marghera addossata a Venezia.Denaro facile, torbidi intrecci sentimentali, miti metropolitani e osservatori strapaesani, in Piccola patria la realtà deborda nello scenario squallido e televisivo di un reality.Il ricatto sessuale di Luisa ( Maria Roveran) ai danni di Menon (Diego Ribon ) con la complicità di Renata (Roberta Da Soller ) e l’uso strumentale di Bilal (Vladimir Doda) l’albanese ignaro di tutto, è cronaca annunciata. Alla fine quello che si perde è il rispetto di sé, il denaro, l’amore, e si rischia anche la vita.


    QUI LA FORTE MISOGINIA DEL REGISTA NON VIENE NEPPURE PENSATA. L'ALBANESE viene sfruttato dalle due ragazze terribili. Stavolta il maschio straniero è vittima della prepotenza femminile.

    Il solito film di denuncia razzista e xenofoba del nord est con pretese intellettuali per rendere il tutto più credibile, specie per darsi quell'importanza da superiore e di sofismo intellettivo che caratterizza la nostra società attuale.

  6. #6
    tra Baltico e Adige
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    Predefinito Re: Nuovo film sul Veneto.

    Citazione Originariamente Scritto da psico Visualizza Messaggio
    Piccola patria di Alessandro Rossetto a Venezia 70: Nord-Est, terra di nessuno | Indie-eye - Cinema Si noti l'odio traboccante razzista che esce da queste parole pronunciate dalla critica nord est, a proposito del film. Denaro facile, torbidi intrecci sentimentali, miti metropolitani e osservatori strapaesani, in Piccola patria, presentato nella sezione Orizzonti di Venezia 70, la realtà deborda nello scenario squallido e televisivo di un reality Ricchezza cresciuta in fretta su radici contadine e sottocultura dominante, perdita di identità, valori e tradizioni, alienazione e assenza di prospettive che non mirino al guadagno ad ogni costo, tutto questo esplode colpito oggi dallo tsunami della crisi finanziaria che, dopo aver sgonfiato la bolla economica degli ultimi decenni, mostra su quali esili basi fosse fondata. QUI COME AL SOLITO, QUESTA REGIONE E' PRESA ANCORA DI MIRA CON PAROLE PESANTI, TRABOCCANTI D'ODIO. SOCIETA' SENZA VALORI, SOLDI A VOLONTA', IL CONTADINATO, L'ossessione dei radical chic ancora messo in discussione. Andiamo oltre; le due ragazze con il vuoto pneumatico in testa, l’albanese che vive in roulotte e sembra migliore di tutti gli altri del posto, padri e madri vuoti simulacri di ruoli perduti per sempre, l’amico di famiglia porco che scopa la figlia dell’amico, il ricatto col filmino hard, e le botte, quelle sempre, basta uscire da una discoteca fumati e strafatti) è il ritratto di una piccola patria molto coerente in tutte le sue parti LO STRANIERO SEMPRE e comunque buono. Qui a differenza del cinema usa stavolta si usa il ragazzo albanese, nella grande mela, il negro, visto sempre come vincente e ricco di quei valori spirituali persi dai giovani bianchi viziati. LA CRITICA DICE CHE IL REGISTA EVITA GLI STEREOTIPI: SI GIUDICHI; spietato film simbolo di un Nord-Est gaudente e bigotto, figlio del boom economico degli anni ’60, conformista e arrivista ma ancora capace di sana autoironia, assume qui il tono amaro di una cupa leggenda da hinterland indifferenziato, dove esistenze di basso profilo sono il prodotto di una realtà devastata, nel territorio e nella qualità di vita. Ragazze insofferenti della banale routine di paese vivono una condizione di frontiera molto simile a quella degli States di Cassavetes, salvo essere a due passi dall’Adriatico e invece di sconfinate praterie vediamo occhieggiare le ciminiere di Marghera addossata a Venezia.Denaro facile, torbidi intrecci sentimentali, miti metropolitani e osservatori strapaesani, in Piccola patria la realtà deborda nello scenario squallido e televisivo di un reality.Il ricatto sessuale di Luisa ( Maria Roveran) ai danni di Menon (Diego Ribon ) con la complicità di Renata (Roberta Da Soller ) e l’uso strumentale di Bilal (Vladimir Doda) l’albanese ignaro di tutto, è cronaca annunciata. Alla fine quello che si perde è il rispetto di sé, il denaro, l’amore, e si rischia anche la vita. QUI LA FORTE MISOGINIA DEL REGISTA NON VIENE NEPPURE PENSATA. L'ALBANESE viene sfruttato dalle due ragazze terribili. Stavolta il maschio straniero è vittima della prepotenza femminile. Il solito film di denuncia razzista e xenofoba del nord est con pretese intellettuali per rendere il tutto più credibile, specie per darsi quell'importanza da superiore e di sofismo intellettivo che caratterizza la nostra società attuale.
    Con le telecamere fai quello che vuoi, quello che vuoi, vuoi far vedere un Veneto dedito all'alcool? vai nelle osterie in tarda serata e punti le persone giuste, vuoi un Veneto devastato? vai a Marghera e in posti analoghi e darai l'immagine che ti eri prefissato, basta essere infido e furbastro e fai quello che vuoi. Il Veneto ha 61.000.000 di visitatori all'anno, la regione più visitata del paese, partono dalla Svezia (tanto per dire) per vedere cemento e degrado?



  7. #7
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    Predefinito Re: Nuovo film sul Veneto.

    Citazione Originariamente Scritto da Quayag Visualizza Messaggio


    Con le telecamere fai quello che vuoi, quello che vuoi, vuoi far vedere un Veneto dedito all'alcool? vai nelle osterie in tarda serata e punti le persone giuste, vuoi un Veneto devastato? vai a Marghera e in posti analoghi e darai l'immagine che ti eri prefissato, basta essere infido e furbastro e fai quello che vuoi. Il Veneto ha 61.000.000 di visitatori all'anno, la regione più visitata del paese, partono dalla Svezia (tanto per dire) per vedere cemento e degrado?


    il capitale più prezioso del veneto era
    il territorio.
    vero che milioni di turisti arrivano qui a
    visitarlo e trascorrere le vacanza, ma
    stiamo attenti che la voglia matta di sacrificare
    ciò che resta di una terra meravigliosa,
    è sempre grande, poichè la miseria
    della politica e del ceto produttivo,
    non hanno mai smesso di pensare, che lo
    sviluppo è tale, solo se associato a
    valanghe si catrame e cemento.

  8. #8
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    Predefinito Re: Nuovo film sul Veneto.

    Quanto c’è di vero nella Brianza gelida e ostile di Paolo Virzì?


    Quanto c'è di vero nella Brianza gelida e ostile di Paolo Virzì? - Wired



    L'ennesimo regista politicamente corretto e allineato.

    Concita de gregorio e natalia aspesi hanno elogiato il film.



    Il film è liberamente ispirato al libro di Stephen Amidon, ambientato non certo in Brianza, ma nel Connecticut, e come protagonista una classe dirigente dell’East Coast che si tramuta nella borghesia industriale del Nord-Est di Milano. Virzì ha preso la vicenda e l’ha ricostruita in un altro luogo, l’ha italianizzata, l’ha resa una storia che potrebbe realmente succedere nel nostro paese


    NON POTEVA ESSERE DIVERSAMENTE, altrimenti......

    Mai uno ambientato nel tacco che dica le medesime cose.

    Negli usa nei film e serie tv, i cattivi sono sempre borghesi bianchi, mai appartenenti alle minoranze. Se lo sono, vengono dipinti come vittime del sistema di cuti pallide.

  9. #9
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    Predefinito Re: Nuovo film sul Veneto.

    A proposito di Brianza.

    PREMESSA GEOGRAFICO-PAESISTICA (DA SALTARE A PIE’ PARI PER CHI E’ GIA’ STATO IN BRIANZA).
    Se siete nati a sud di Milano avrete un’idea molto vaga di dove stia esattamente la Brianza.
    Forse la parola “Brianza” vi evoca idee di ricchezza e noia.
    Bene, le vostre impressioni sono del tutto fondate. La Brianza, rispetto alla media italiana, è clamorosamente ricca, e annoiarsi è l’unica opzione (gli eventi culturali di un certo spessore sono la Fiera degli Uccelli con annessa Esposizione Canina, la Corsa della Cadrega, e ogni tanto, per la serie Mesteè e Laurà (arti e mestieri) qualche rassegna sul Pizzo di Cantù).
    Quanto al non saperla localizzare, state certi che anche molti brianzoli non sanno farlo. Grosso modo dovrebbe essere il territorio a nord di Milano, esteso tra Varese, Como, Lecco, Monza e Bergamo. Ma non ha alcuna importanza: infatti ogni brianzolo rivendica il suo paese e l’immediato circondario come la Sola Vera Brianza, quella di una volta. E tutto il resto è fuffa.


    Sempre per i fortunati che non ci sono mai stati, agevolo breve descrizione paesistica: vi sarà utile se doveste mai recarvi in Brianza per lavoro, per curiosità o per disperazione (certe domeniche pomeriggio a Milano fanno fare di peggio).
    Intanto scordatevi di andarci senza navigatore o mappe. Vi perderete e non sarete mai più ritrovati.
    Si narrano leggende di turisti che, sottovalutando il rischio, si siano smarriti traCarate e Cabiate e Cairate, o tra Cusano, Cassano, Cusago e Cassago senza avere mai più ritrovato la Milano-Meda o un qualsiasi altro modo per venirne fuori.
    Perché il problema del paesaggio della Brianza è questo: è un non-paesaggio.“Uniformità”, “indifferenziazione”, “senza soluzione di continuità” sono modi gentili per descriverne la piattezza mortale. Vagherete per ore attraversando paesotti tutti brutti e tutti simili (non solo nel nome), passando da uno all’altro attraverso desolate aree industriali/artigianali con atroci capannoni (questi ultimi invece tutti caoticamente diversi, per forma, dimensione, colore e stato di conservazione). Qua e là, un malinconico lembo di bosco, un pezzo di campagna, un laghetto che forse vi faranno esclamare: “Che bello!”, mentre a me si stringe il cuore perché una volta la Brianza era bella davvero, ma bella come la campagna toscana, prima che lo sfacelo edilizio e paesaggistico degli anni ’50-‘60 la trasformasse in questa città diffusa, in questo continuum edificato, una sorta di Los Angeles di noialtri (molto meno figa, però).

    ———————————————————————————————————————-
    4 MODI INFALLIBILI PER RICONOSCERE UN RANZANTE.
    1- Il Ranzante è indistinguibile in look da un altro Ranzante.
    Per convincersene, basta passeggiare un sabato pomeriggio nel centro di Monza o Seregno. Se vi sentite osservati da tutti, o peggio, totalmente ignorati, forse è perché state indossando delle converse un po’ sdrucite, o magari avete il colorito sano di chi non si è mai fatto una lampada. Tutte cose che vi distinguono dalla massa e che non vi saranno perdonate. Vedrete famigliole dove persino i bambini portano il Moncler del papà se maschi e le scarpette Prada della mamma se femmine, una sorta di aggiornamento brianteo delle Meninas di Velazquez.
    Questa monotonia sartoriale semplifica l’operazione di copiare il look brianzolo (nell’improbabile caso che vogliate integrarvi). Vi occorrono solo un portafoglio ben fornito per comprare cose di marca (ma alcuni arrivano a indebitarsi, pur di salvare le apparenze), e una totale mancanza di buon gusto, in modo da riuscire ad abbinare tutto alla cazzo.
    Per lo shopping ci sono quelle 4/5 boutique di riferimento dove si vendono quelle 4/5 marche di riferimento, o meglio: i 4/5 modelli di riferimento per marca (selezionati tra quelli col logo più in vista di tutta la collezione). Capitolo colori: ammessi solo marrone, nero, grigio e l’immancabile scozzese di Burberry. Qualsiasi forma di originalità, qualsiasi tentativo non dico di andare controcorrente, ma di far risaltare un minimo la personalità, è disdicevole e oggetto di compatimento. Nel migliore dei casi, potrebbe attirare un paterno ammonimento, di solito in dialetto (passare al dialetto, nel mezzo di una frase in italiano, è il modo che hanno i brianzoli di segnalare che si torna a parlare di cose serie). Una frase tipica potrebbe essere: Te set cunsciada cuma ‘na strolega (cioè “sei abbigliata come una gitana”: forse hai osato un rosso o un giallo, o peggio un foulard del mercato, a fantasia floreale anziché marrone col logo intrecciato di Gucci). Mi è capitato di litigare con commesse che volevano rifilarmi cose logatissime dai prezzi improponibili. Quando chiedevo qualcosa di più discreto mi sentivo rispondere: “Sì, è carino anche questo, però non si capisce che è di marca. Personalmente starei sull’altro, anche perché ne ho venduti tantissimi”. Questa frase mi convinceva definitivamente a lasciare il negozio. A gambe levate.

    2- Il Ranzante odia Milano e i milanesi.
    Uno si immaginerebbe il Ranzante come il razzista per eccellenza verso i meridionali e gli stranieri. Ma il razzismo, come tutte le forme di idiozia, è troppo trasversale per essere la sua caratteristica saliente. Più che razzista egli è campanilista.
    Cercate di capire la sua cosmografia. Per un Ranzante, il proprio paesino (in genere sugli ottomila abitanti) è l’apice della civiltà umana; il paese vicino (del tutto identico al suo) è già un gradino più in basso; l’intero mondo civilizzato finisce a Sesto San Giovanni. Dopo, c’è solo Milano – cioè, il Male assoluto. (Il resto del mondo è troppo lontano, troppo diverso, troppo poco riportabile ai parametri brianzoli per essere odiato davvero).
    Per riconoscere un Ranzante, quindi, provate a parlargli di Milano. La conferma la avrete quando lo vedrete animarsi, e con labbra piegate all’ingiù dal disgusto spiegarvi che i milanesi sono: montati, fighetti e sboroni (in opposizione a umiltà, modestia e basso profilo locali).
    Il Ranzante infatti pensa che Milano faccia schifo, ma senza conoscerla. Le classiche frasi che potrebbe pronunciare sono:
    - Se dovessi vivere a Milano morirei, con quegli appartamenti così piccoli.
    - Il vero problema di Milano sono i milanesi.
    - Milano è brutta e a parte il Duomo non c’è niente (poco dopo aggiunge fiero Io a Milano sono stato solo tre volte e solo in Piazza Duomo).
    - Milano è troppo frenetica (e subito dopo, A Milano mica si lavora davvero, come qua da noi).
    Oltre al Duomo e, per i più audaci, Montenapoleone, alcuni conoscono un paio di locali (in genere in corso Como) che si degnano di frequentare il sabato e la domenica- quando i milanesi ne stanno alla larga-calando in gruppi compatti e scontrosi come neanche le modelle nella Fashion Week.
    Nonostante odino la città, immaginaria antitesi diabolica a tutti i loro valori e tradizioni, una cosa la ammettono: a Milano si mangia bene il pesce. Il pesce. Non il risotto, la cotoletta, l’ossobuco, la cioccolata del Sant’Ambroeus: il pesce. Il che può essere anche vero, ma la cosa mi è sempre parsa strana. Forse questa convinzione è dovuta alla mancanza quasi totale di ingredienti ittici nei ricettari tradizionali brianzoli. Per cui non c’è terreno di sfida, e nemmeno metro di paragone.

    3- Il Ranzante è abitudinario nelle relazioni sociali.
    Non cercate lontano. Lo troverete sempre negli stessi locali fighetti, con ampio parcheggio esterno non asfaltato per gli ampi macchinoni (tra cui l’ormai leggendario Cayenne), intento a socializzare solo ed esclusivamente con quelli che conosce. Non può accettare il fatto di entrare in un posto senza essere riconosciuto da metà delle persone presenti. (Tra i corollari c’è una agguerrita indifferenza verso Facebook e gli altri social, considerati al più come un passatempo per gente poco seria).
    E di cosa parla il Ranzante quando si ritrova, tutto agghindato dallo shopping pomeridiano, coi soliti amici? Di soldi, ovviamente: e di come spenderli. Oltre ai classici trending topics vestiti-auto-moto-palestre, va di moda raccontare i viaggi fatti. Ovviamente vanno tutti negli stessi posti, in modo da potersi raccontare tutti lo stesso viaggio- cercando di aggiungere qualcosa in più degli altri in termini di soldi spesi.

    4- Il Ranzante lavora.
    Non mi sono mai pervenute notizie di Ranzanti Disoccupati. In effetti suona come un ossimoro. Eppure, io credo che esistano. Dovrebbero esistere, a rigor di logica – soprattutto adesso. Però non ne conosco. Secondo me vengono coperti dalle loro famiglie, la disoccupazione non essendo per questa gente una sfortuna o una fase temporaneaneamente problematica dell’esistenza, ma un’infamia morale. Secondo la filosofia di un Ranzante “basta rimboccarsi le maniche, che c’è sempre qualcosa da fare”.
    I Ranzanti lavorano in Brianza, spesso nella ditta di famiglia (un mobilificio ben avviato). Questo consente anche ai più giovani stipendi da favola, inimmaginabili dalla maggior parte dei coetanei italiani. Per questo motivo i Ranzanti non capiscono chi per lavoro se ne va dalla Brianza; e soprattutto, non capiscono i pendolari.
    I pendolari sono uno dei pochi fenomeni che provochi nei Ranzanti uno sgomento reale. Agli occhi di un Ranzante, essi non possono che essere persone sfortunate, che non ce l’hanno fatta a trovare un posto fisso in Brianza. L’idea che un pendolare affronti sacrifici quotidiani per scelta, e non per obbligo, è troppo folle per essere accettata con serenità.
    Perciò se gli parlate di pendolarismo i commenti saranno del tenore: Quel poco che guadagni in più lavorando a Milano te lo bruci con l’abbonamento del treno (ma su che base si guadagna di più lavorando a Milano?) oppure: Qua sì che ci facciamo il culo, non come chi va a Milano, passa più tempo in treno che in ufficio.
    I poveri pendolari coinvolti in queste discussioni reagirebbero anche, se non fossero stremati per averci messo due ore da Milano a Seveso anzichè i previsti trentacinque minuti, dopo una partenza ritardata di altre due ore “causa avarìa tecnica del materiale rotatorio nella stazione di Cormano” (ma un giorno Trenord assumerà un copy che scriva gli avvisi in italiano?).

    ——————————————————————————————————————-
    Vale la pena di ripetere che non tutti i brianzoli sono così. Ci sono anche persone curiose, aperte, di buon gusto, simpatiche eccetera (di solito, quelle che se ne vanno).
    Il Ranzante è un indigeno particolare, e particolarmente diffuso, ma grazie a Dio non è l’unico.
    I brianzoli normali che leggono mi capiranno. A loro voglio dire una cosa: resistete. Avete tutta la mia comprensione. E buona fortuna.
    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  10. #10
    Lumbard
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    Predefinito Re: Nuovo film sul Veneto.

    una massa di stronzate, la Brianza è tutt'altro che uniforme: tra un canturino, un monzese e uno di Nava c'è un'abisso di modi di vivere (anche di conto in banca), mangiare e pensare ... per non parlare del paesaggio e delle costruzioni
    e di Cayenne se ne vedono sempre meno

    ma la cosa migliore per questi itagliani di merda è che i Brianzoli smettano una volta per tutte di pagare quei maledetti F24
    Ultima modifica di sciadurel; 11-01-14 alle 20:54

 

 
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