DACIA MARAINI: “RIPOPOLIAMO L’ITALIA CON GLI AFRICANI”
Un altro intellettuale d’alto bordo che firma il manifesta della razza meticcia.
Dalle pagine del Corriere della Sera l’ex scrittrice Dacia Maraini rilancia il crimine che i sinistrati definiscono ‘idea’, di ripopolare con gli immigrati le aree interne dell’Italia.
Lo fa riportando nella propria rubrica le considerazioni di Piero Bevilacqua, fondatore dell’Istituto Meridionale di Storia e Scienze Sociali nonché firma de Il Manifesto, Francesco Paglia, fondatore a Pescasseroli dell’associazione Terra di Domani – MamAfrica e di Andrea Salomone, coordinatore del progetto SPRAR presso l’ARCI L’ Aquila.
Tutti insieme non ne fanno uno sano.
Il progressivo spopolamento dei piccoli borghi interni a favore delle zone costiere è un fenomeno in atto da decenni con conseguenze molto pesanti in termini economici e demografici. Questo fenomeno, in base a quanto sostiene Andrea Salomone, potrebbe costituire non un problema bensì un’opportunità di crescita e, insieme a Bevilacqua e Paglia, intravede nei migranti la soluzione adatta a far rinascere quei territori soggetti ad abbandono e degrado. Questa idea ha facilmente trovato la benedizione della scrittrice abruzzese che, residente a Pescasseroli, già da tempo vede negli immigrati coloro che fermeranno l’emorragia di abitanti cui è soggetto l’Abruzzo interno
Forse ha bisogno di giardinieri low-cost. E’ tipico degli intellettuali d’alto bordo arrogarsi il diritto di pensare per il popolo. E avere l’arroganza di credere di essere ‘più migliori’ degli altri.
Inutile dire che, al di là della questione etica – pensare di sostituire i popoli è un atto criminale -, se alcune zone si spopolano, non è per capriccio, ma perché non forniscono possibilità di lavoro. Nemmeno per gli immigrati. Loro le vogliono ripopolare con africani pagati per viverci, con le tasse di chi se ne è andato in cerca di lavoro: basterebbe questo a seppellire sotto una coltre di stupidità quanto partorito dalle ‘menti’ dei fenomeni riuniti dalla Maraini.
Non è la prima volta che Maraini si rende ridicola scrivedo a favore della causa della sostituzione etnica.
Fu lei, nell’ottobre del 2016, a dare il benvenuto a 47 africani ospitati in un hotel di Pescasseroli salutandoli come futuri nuovi cittadini del paese e fu sempre lei, in un dibattito televisivo, a rendersi protagonista di un botta e risposta con Gianni Alemanno sul tema dell’immigrazione e dello ius soli.
Molte furono le polemiche sollevate, in quelle occasioni, dagli interventi della scrittrice che ora ribadisce il proprio pensiero, dando spazio alle opinioni di chi pensa che la rigenerazione del Paese passi per un’iniezione di nuovi abitanti.
Per ideologi della sostituzione etnica come Maraini, i popoli e gli individui sono meri ingranaggi intercambiabili della Globalizzazione. Orfani del Comunismo, per loro siamo tutti mezzi per un fine. Quell’uomo nuovo che non sono riusciti a creare con l’ideologia, vogliono crearlo attraverso il meticciamento. Non ci hanno prostrato con le idee, vogliono farlo con la confusione del Sangue.
https://voxnews.info/2018/01/10/daci...-gli-africani/
PD SCATENATO, PRELEVATI ALTRI 300 CLANDESTINI IN LIBIA: SERVONO ‘NUOVI ELETTORI’
Il PD è senza freni in questo inizio di 2018, si rischiano code di africani con false tessere elettorali alle urne, in stile Primarie.
Quasi 300 clandestini sono stati infatti prelevati nelle ultime ore lungo le coste della Libia mentre erano a bordo di due imbarcazioni. Le operazioni sono avvenute al largo di Garabulli solo 50 km a est di Tripoli.
E con questi gli arrivi nei primi giorni dell’anno sono già più di 1.300, contro gli appena 700 del 2017.
https://voxnews.info/2018/01/07/pd-s...uovi-elettori/
BORGOGNONE E LA GENERAZIONE ERASMUS,
ECCO LA CRITICA AI ''CORTIGIANI DEL CAPITALE''
di Roberto Santilli
L'ultimo libro del giovane intellettuale Paolo Borgognone, classe 1981, si intitola Generazione Erasmus. I cortigiani della società del capitale e la «guerra di classe» del XXI secolo (Oaks Editrice).
Un 'tomo' di analisi, ricostruzioni storiche e di accuse nei confronti di quelli che l'autore, laureato in Storia a Torino ma “di fatto autodidatta per colpa del 'clero accademico' che non permette pensieri autonomi”, definisce i “risultati del modo di produzione post-moderno, cresciuti a pane e globalismo, in teoria contro la precarietà economica e lavorativa ma in realtà a favore della precarietà esistenziale. La vulgata mainstream che li ha tirati su santifica proprio la precarietà e la flessibilità in ogni sua accezione e declinazione, dalle relazioni interpersonali fino alle relazioni di lavoro”.
Un pensiero concreto distribuito su circa 500 pagine (dopo le circa mille de L'immagine sinistra della globalizzazione. Critica del radicalismo liberale) nelle quali trova spazio anche una feroce accusa nei confronti della sinistra dei movimenti no global, “che io ho ribattezzato alterglobaloista o newglobal”, precisa Borgognone.
“E qui mi rifaccio al filosofo, saggista e politologo Costanzo Preve, il quale disse giustamente, io sono d'accordo, che il movimento noglobal è la punta più avanzata del liberalismo culturale. Che poi è quella del cosmopolitismo dei diritti individuali”.
Borgognone poi non dimentica il ruolo avuto dagli “ideologi di riferimento, da Toni Negri in là, tutti post-marxisti dunque già proiettati verso lo slogan della cittadinanza globale che oggi riprende il mondo Erasmus”.
Dunque, il mondo “senza confini, di cui blaterano e si riempiono la bocca a sinistra ma che è perfettamente funzionale agli interessi degli investitori ultracapitalisti. Le barriere - spiega lo studioso - sono un disturbo per chi vuole divertirsi illimitatamente, desiderare, ma poi che cosa desiderare, illimitatamente, ma anche e soprattutto per chi vuole investire. Il modello Amazon, cioè la quintessenza dell'abbattimento di ogni frontiera in ambito etico, culturale, economico”.
“Insomma, si vogliono costruire gioventù completamente omologate in una società che celebra la liberalizzazione dei costumi in ambito sessuale”.
Bognognone sottolinea quindi che “liberalizzare non è liberare, ma adattare al liberalismo. Non si tratta di liberazione, bensì di adattamento dei costumi al regime del liberalismo che è l'autogoverno dei ceti ricchi. È ciò che va incontro a quelli che sono i desiderata dei ceti ricchi che vogliono autogovernarsi, in un regime dispotico in cui chi ha di più definisce non solo i ritmi di lavoro, ma anche di vita di chi ha di meno. E chi ha di meno addirittura parteggia per chi ha di più”.
All'autore inoltre non è sfuggito il "fenomeno" Donald Trump, eletto presidente deglo Stati Uniti d'America tra gli strali e lo sbigottimento di chi si professa democratico, compresi alcuni giornalisti, intellettuali ed artisti, tutti stupìti del fatto che il "popolino" non si sia fidato del coro dei presunti migliori contro il successore di Barack Obama.
“Oggi - il pensiero di Borgognone - la separazione totale tra intellettuali, classi politiche e masse popolari, sia politica che antropologica, ha portato queste pseudo élites a odiare quelli che stanno in basso. A questo punto, chiaramente, chi sta in basso affida la propria delega di rappresentanza anche al primo Trump che passa contro questi prepotenti che legittimano il loro essere prepotenti, i loro soprusi, la loro separazione dalla realtà, non solo dalle masse popolari, attraverso una giustificazione 'colta' che è quella del cosmopolitismo. Cioè: voialtri siete una massa razzista xenofoba, sessista, non siete degni, al contrario di noi che siamo i custodi della democrazia. Peccato che la democrazia si sia svuotata di significato e che non abbia nulla a che vedere con il liberalismo”.
“La democrazia liberale è una mistificazione e una contraddizione, è la democrazia della sinistra che chiama guerra umanitaria una spedizione coloniale in Libia, o in Jugoslavia, che amplia, nel nome della delocalizzazione, del mercato globale nei Paesi in cui il lavoro costa due soldi, i meccanismi di sfruttamento dei popoli e di distruzione degli Stati”.
“E qui mi riallaccio alla generazione Erasmus, i cui ragazzi si formano alla ideologia della delocalizzazione culturale per cui si è qualcuno se si è fatto l'Erasmus a Londra. Che però non vuol dire conoscere il mondo, poiché il mondo si conosce attraverso la storia, la lingua, la cultura dei vari popoli, le tradizioni, il percorso appunto dei popoli nel divenire tali”.
D'altra parte, “Mtv trasmette in Russia ciò che trasmette negli Usa, l'hamburger del McDonald's è sempre quello. Cambierà qualche piatto, ma alla fine la zuppa è sempre la stessa nei non-luoghi della crisi globale, della distruzione dell'identità omologata in un'ideologia senza sbocchi che io definisco iperborghese e metropolitana, aperta cioè solo a chi ha i soldi, ma che poi, se la vedi com'è davvero, è la più chiusa del mondo e non ha sbocchi”.
“Viviamo - spiega ancora Borgnognone - nella società governata da chi predica un unico modo di pensare, che fa guerre e rivoluzioni colorate per omologare tutto e tutti: unico modo di produrre, unico modo di desiderare”.
Attraverso uno sguardo più attento a ciò che sta accadendo nell'Europa della moneta unica e dei Trattati sovranazionali, tra gli allarmi di una sinistra in forte difficoltà sul fronte della difesa del lavoro che per questo si aggrappa ai diritti civili, tra allarmi per i presunti pericoli definiti populisti e rischi di derive nazionaliste, lo studioso afferma che “il nazionalismo può essere buono o cattivo a seconda dei casi, ad esempio potrebbe essere buono in caso di lotta al colonialismo. Esiste però il patriottismo fortemente identitario, volto alla tutela dello Stato-nazione come baluardo per far rispettare i principi dello Stato sociale e del contratto sociale”.
Ed è quindi “importantissimo che si guardi alla tutela e alla salvaguardia delle frontiere dello Stato, che se non ha queste e una moneta viene meno e si trasforma in una mera struttura di governance che in qualche modo deve garantire agli investitori stranieri il loro agire liberamente, rimuovendo gli ostacoli per consentirgli di fare ciò che vogliono sulla pelle delle persone nei territori in cui si insediano”.
In tale contesto, per il giovane astigiano, “la sinistra ha delle responsabilità, ossia delle colpe, enormi”.
In conclusiuone, “la situazione del futuro è imprevedibile per definizione, ma senza dubbio siamo in una fase acuta del conflitto chiaramente negato. "Se accendi la tv siamo la società più pacificata del mondo, ma gli ultimi eventi di politica sia italiana che a livello di Paesi della Ue denotano che masse incoerenti si stanno comunque muovendo e hanno ancora voce in capitolo. Naturalmente, i dispositivi di repressione del dissenso si muoveranno per impedire uno sbocco autenticamente antiglobalista alla crisi in corso”.
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