Sono entrati nella leggenda, i trucchi per controllare i voti degli elettori. Ai tempi in cui ancora non c’erano i cellulari e la possibilità di imporre ai «clientes» di fare la foto alla scheda,
i gran feudatari del voto mettevano a punto tutte le combinazioni possibili (prima questo numero, poi quest’altro, poi quest’altro ancora in ordine perfetto…) così da controllare la fedeltà dei propri beneficiati. Se non veniva dimostrata, niente trasferimento del figlio militare in una caserma vicina a casa, niente raccomandazione per un posto da bidella, niente sostituzione estiva all’Aci… Erano così tanti, i sistemi di controllo e gli accorgimenti necessari per costruirsi un buon bacino elettorale che Aldo Giannuli, dietro lo pseudonimo di Algido Lunnai, si sentì di dover scrivere il Manuale dell’aspirante deputato . Un libro mai letto, si capisce, da chi già sapeva tutto.
Come Vittorio Sbardella, detto «lo Squalo», che con la sua mascella da centurione e l’accento da «Gregorio, er guardiano der Pretorio», era il braccio destro elettorale di
Giulio Andreotti e quando zio Belzebù diventò senatore a vita si candidò a raccogliere le sue vagonate di voti personali (
367.000 alle politiche del 1972) e sparò a zero su tutti i possibili concorrenti, bollati come mezze cartucce: «De eredi, credime ammè, nun ce ne stanno proprio».