A Doha, 200 tonnellate di Hirst in 14 statue
Alte fino a 11 metri, sono costate 20 milioni di dollari. Nell'Emirato, il "viaggio miracoloso" della nascita.
Duecentosedici tonnellate e 20 milioni di dollari. Questi i numeri del Viaggio miracoloso che ha portato l’impareggiabile Damien Hirst, l’artista che ha fatto della sottile linea tra shock visivo e scandalo mediatico il paradigma della sua creatività, a Doha. Nel regno delle donne velate, infatti, là dove il niqab copre completamente il volto femminile e le immagini del corpo umano sono considerate tabù, Hirst ha scelto la strada più impervia e creato 14 gigantesche sculture in bronzo che raccontano, passo per passo, la storia della vita, dal concepimento alla nascita. Mecenate della costosa operazione sempre lei, Sheikha al Mayassa Hamad bin Khalifa al-Thani, la sorella dell’emiro, presidente della Qatar Museum Autority e fautrice di una maggiore divulgazione dell’arte contemporanea nel più arabo dei paesi arabi.
“Il viaggio miracoloso” di Damien Hirst a Doha. Le sculture vengono “svelate” al pubblico.
Il progetto. Le 14 statue bronzee sono rimaste nascoste agli occhi di chi passava davanti al Sidra Medical Research Center di Doha, un istituto pubblico dedicato alla ricerca nel campo della salute delle donne. Chiuse all’interno di enormi palloni fluorescenti, hanno celato il loro prezioso contenuto fino alla sera di lunedì 7 ottobre quando, al suono di un battito cardiaco che faceva da colonna sonora, sono state svelate alle autorità e al pubblico alla presenza dell’artista.
Damien Hirst, “Il viaggio miracoloso”, Doha.
L’idea. “Il viaggio miracoloso” è nato da un’idea di Hirst che nel 2009, incontrando nel suo studio di Gloucestershire in Inghilterra la facoltosa Sheikha al Mayassa, da molti considerata la donna più influente nel mondo dell’arte contemporanea, le ha mostrato alcuni disegni che riguardavano lo sviluppo prenatale, realizzati nel 2005. «Ho immediatamente immaginato che potessero diventare delle sculture monumentali – ha spiegato al “New York Times” la donna – ma ho continuato a mantenere il segreto sul progetto finale anche con gli architetti che lo avrebbero realizzato, per non rovinare l’effetto sorpresa». E nei tre anni successivi, in tanti hanno continuato a lavorare per far diventare il progetto realtù. Adesso le sculture sono visibili dall’autostrada che porta e Doha, e si sono trasformate in uno straordinario biglietto da visita per una città che punta a stupire il mondo non solo per la ricchezza pro capite (circa 100 mila dollari l’anno) ma anche per il ruolo d’avanguardia nell’arte contemporanea.
Damien Hirst, “Il viaggio miracoloso”, Doha.
L’artista. «In definitiva, il viaggio di un bambino inizia prima della nascita, ed è un viaggio più grande di qualsiasi cosa sarà l’esperienza della sua vita umana. – spiega Hirst – Mi auguro che la scultura sappia instillare nello spettatore un senso di stupore e meraviglia per questo straordinario processo umano». Le colossali sculture bronzee sono state realizzate ciascuna con oltre 500 pannelli di metallo fuso in una grande fonderia del Regno Unito, prima di essere trasportate e assemblate in Qatar.
Lo “scandalo”. In un paese dove la libertà d’espressione è molto limitata e dove molte sono le riserve rispetto alla riproduzione del corpo femminile, in tanti si aspettano forti reazioni al nuovo complesso monumentale di Doha. Ma Sheikha non ha timori sull’argomento: «L’arte contemporanea è di vitale importanza – ha detto – per il paesaggio della città; è meno audace della nudità e comunque c’è un versetto del Corano sul miracolo della nascita. Non è un’opera contro la nostra cultura o la nostra religione».
Damien Hirst, “For the love of god”, 2007.
La mostra. Dal 10 ottobre 2013 al 22 gennaio 2014, inoltre, Doha inaugurerà anche la prima grande retrospettiva dedicata all’artista inglese nei paesi arabi. Reliquie porterà nell’Emirato, infatti, un gran numero di opere di Hirst, a cominciare dai famosissimi animali in formaldeide fino al copiatissimo teschio umano tempestato di diamanti. A fianco ci saranno nuove opere, appositamente realizzate per la mostra, che porta la firma di un italiano eccellente nel mondo della curatela delle esposizioni d’arte: Francesco Bonami, attualmente direttore artistico della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e curatore della Biennale di Venezia del 2003.