Referendum, crescono a sinistra i pentiti del Sì Rutelli: ''È un pericolo''
Vannino Chiti mette in evidenza i rischi. E Di Pietro, che ha raccolto le firme, ci ripensa.
Il referendum del 21 giugno divide maggioranza e opposizioni e gli stessi membri del governo. Se da una lato il “sì” del Pdl appare ormai assodato, la Lega Nord è contrarissima sia al Sì che alla partecipazione stessa al voto per il referendum del 21 giugno. Ma anche nel Pd, che con Franceschini si è espresso per il Sì, cominciano a moltiplicarsi le posizioni contrastanti.
I problemi nel Pd
Ufficialmente il partito, quanto meno il gruppo dirigente che ha affidato la leadership a Franceschini, è per votare a favore del quesito referendario. Ma cresce il fronte del “No”. Anzi, quello per l'astensionismo. La paura, infatti, è che - nel caso passi il referendum - Berlusconi possa accrescere ulteriormente il suo strapotere. A tal punto da ottenere, da solo, facendo anche a meno della Lega, una maggioranza che gli consenta di modificare la Costituzione a suo piacimento.
Rutelli: referendum scriteriato
Attacca anche Francesco Rutelli, che definisce "scriteriato il referendum e appoggia la proposta di Vannino Chiti per l'abolizione del premio di maggioranza.
In un intervento su Facebook, l'esponente del Partito democratico spiega: "Qualcuno pensava che per il Pd fosse possibile far finta che i referendum elettorali non ci fossero. Che bastasse prendere una posizione per il Sì e poi aspettare che mancasse il quorum. Ma la politica spinge, in certe circostanze, a dire la verità più che a uno schieramento tattico.
E il punto è semplice, dal mio punto di vista". Rutelli si dice "disponibile a sostenere anche altre soluzioni, poiché non sono mosso da nessuna ideologia astratta - sottolinea - il sistema istituzionale ed elettorale tedesco; il doppio turno di collegio; una formulazione del 'Mattarellum' 50/50 (metà eletti col maggioritario, metà col proporzionale). Basta che non mi mettiate nella condizione - conclude - di dover ringraziare la Lega, che porta la firma della "legge porcata", per la sua resistenza al proposito di creare un "Regno d'Italia" attraverso questi referendum scriteriati".
Anche Di Pietro si è pentito
Per questo il il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, stamattina ha nuovamente esortato Franceschini a ripensare la sua scelta: “Noi che abbiamo promosso il referendum abbiamo il coraggio oggi di dire ai cittadini di votare No. Se veramente Franceschini vuol fermare Berlusconi ripensi a quel Sì che consegna a Berlusconi tutta l'Italia e tutte le istituzioni. Se veramente vogliamo fare una cosa utile per il Paese evitiamo che Berlusconi si appropri anche del risultato referendario del 21 giugno”.
Ma Di Pietro non ha ancora capito che l'arma vera per battere il Sì è l'astensionismo, cioè non far superare ai votanti il 50%, perché altrimenti dalle urne uscirà con ogni probabilità una vittoria del Sì.
La replica dei democratici a Di Pietro
Gli risponde il senatore del Pd Giorgio Tonini: “Di Pietro è sorprendente: prima ha sollevato il problema del 'porcellum' e raccolto le firme per il referendum per la legge elettorale, e adesso invita a votare no. È un atteggiamento incomprensibile e incoerente. Incomprensibile, perché l'argomento che viene usato per il No non sta in piedi: Berlusconi ha infatti i numeri già ora per andare al voto da solo e prendere il premio di maggioranza”. La linea del Pd è invece un'altra, e Todini la spiega la meglio: “Il Pd ritiene che il voto referendario sia un'occasione per mettere la parola fine all'attuale orrenda legge elettorale, e per fare in Parlamento nuove regole che restituiscano ai cittadini la scelta dei governi e degli eletti”.
Calderoli: "Franceschini ci ripensi"
Ma anche la Lega nord, con il ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, si associa all'esortazione dell'Idv: "Franceschini raccolga l'appello, che gli arriva da Di Pietro, da Chiti, da tanti altri, e per ultimo anche dal sottoscritto, a disertare e far disertare l'appuntamento referendario. Il suo testardo e incomprensibile sì sta infatti mettendo a rischio la democrazia e il suo stesso partito". Secondo l'esponente leghista, infatti, in caso di vittoria del sì in Italia ci sarebbe una vera e propria "emergenza democratica".
Il Comitato di Passigli
Convinto astensionista è anche l'ex senatore Ds, Stefano Passigli, da qualche mese diventato dirigente dell'Italia dei Valori, che ha rimesso su il “Comitato delle arti e delle scienze”. Quello che già si era speso con successo per il “No” alla riforma della Costituzione del centro-destra bocciata nel referendum del 2006. E sono già molti gli intellettuali che vi hanno aderito: c'è il direttore d'orchestra Claudio Abbado, il pianista Maurizio Pollini, l'editrice Inge Feltrinelli. La lista delle adesioni è destinata a crescere ulteriormente.
L'iniziativa di Vannino Chiti
C'è poi chi, invece, la battaglia contro il referendum la conduce nelle aule parlamentari. È il caso di Vannino Chiti, autorevole esponente del Pd e vicepresidente del Senato, che - assieme al capogruppo dell'Udc, Giampiero D'Alia, e al senatore dell'Idv, Pancho Pardi - domani (martedì 12 maggio) depositerà un disegno di legge che punta a eliminare il premio di maggioranza dall'attuale legge elettorale. In modo che rimanga un sistema proporzionale con lo sbarramento. Sono a favore di tale disegno di legge numerosi esponenti del Pd.
Chiti teme il dopo-referendum
Chiti, infatti, al contrario di Franceschini, non crede che dopo la vittoria del referendum ci saranno in Parlamento le condizioni per varare un'altra legge elettorale: “Con il successo dei quesiti referendari, il combinato premio di maggioranza - sbarramento all'8%, creerebbe una deriva veramente rischiosa perché le tensioni della società, quando non trovano uno sbocco istituzionale, possono sfociare nell'estremismo se non addirittura nell'eversione”.
La replica di Barbi (sempre Pd)
L'iniziativa di Chiti, però, non è stata gradita dalla maggioranza del suo partito. In tal senso la risposta a muso duro del deputato del Pd Mario Barbi: “La proposta Chiti di modificare in senso proporzionalista puro il porcellum di Calderoli, togliendogli il premio di maggioranza, interpreta alla perfezione la vocazione restauratrice e la nostalgia da prima repubblica che alberga nel Pd e fa sponda nell'Udc”. “Chiti ritiene che il referendum sia la Caporetto della democrazia ed è libero di pensarlo, anche se a mio parere sbaglia su tutta la linea. Il referendum non è un fine in sè, ma soltanto un mezzo per abrogare e cambiare il Porcellum. Ora prendo atto che Chiti, spinto anche dal referendum, professa finalmente la sua adesione per il proporzionale puro con liste bloccate e la sua avversione al maggioritario. Ancora una volta siamo in presenza di un partito che non c'è, che decide per finta e che è diviso sulle questioni fondamentali”, conclude Barbi.
Ma le divisioni che sta provocando questo referendum non si esauriscono qui. Altri esponenti del Pd, infatti, hanno firmato un disegno di legge presentato dal prodiano Arturo Parisi, tra gli ispiratori di questo referendum, che punta al ritorno al Mattarellum, al vecchio maggioritario insomma.
Ma per far questo c'era bisogno di raccogliere le firme per il Referendum.
http://www.ilsalvagente.it/Sezione.j...idSezione=3072