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    Predefinito La disoccupazione giovanile in Italia? Colpa di scuola e imprese: non si parlano"

    "La disoccupazione giovanile in Italia? Colpa di scuola e imprese: non si parlano" - Repubblica.it
    "La disoccupazione giovanile in Italia?
    Colpa di scuola e imprese: non si parlano"


    La società di consulenza McKinsey lancia un progetto per rimediare alla "drammatica situazione" degli under 30 e indirizzare i ragazzi per tempo alla professione del futuro fin dai banchi di scuola (come nel resto d'Europa)

    Lo leggo dopo



    MILANO - Tra le nuove assunzioni che ogni giorno vengono firmate in Italia, solo 1 sua 10 riguarda un giovane sotto i 30 anni. Una media che ci pone in fondo alla classifica tra i grandi paesi europei, visto che il rapporto è di 3 su 10 in Gran Bretagna e di 2,6 su 10 in Germania. E' uno dei dati emblematici del rapporto della società di consulenza McKinsey sul tema della disoccupazione giovanile in Italia. I cui numeri sono i peggiori della Ue: per dare un altro elemento significativo, il rapporto tra disoccupati complessivi e under 30 in Europa è in media di 2 a 1, nel nostro paese è di 3,5 a 1.

    In sostanza, in Italia i giovani fanno più fatica a trovare una occupazione e lo trovano più tardi rispetto ai loro coetanei europei. "E anche quando i posti di lavoro ci sono - si legge nel rapporto - non è facile coprire le richieste: nel 2012, le aziende hanno faticato a trovare almeno il 16% delle posizioni ricercate, corrispondenti a circa 65mila posti di lavoro. In particolare, mancano diplomati commerciali e tecnici nei settori delle telecomunicazioni e del legno, tra i laureati, progettisti informatici ed elettronici.

    Tra l'altro, abbiamo anche meno laureati rispetto agli altri paesi europei (il 21,7% dei giovani in età tra i 30 e i 34 anni, contro il 35,8% della media Ue) e non li sfruttiamo al meglio: la struttura industriale italiana fatta soprattutto di aziende manifatturiere avrebbe bisogno di professioni ad alta specializzazione: categoria che si ferma solo al 18% degli occupati, 5% in
    meno rispetto alla media europea.

    Sono tre le cause individuate dal gruppo di esperti di McKinsey alla base "della difficile transazione dei giovani dalla scuola al mondo del lavoro". Al primo punto troviamo "lo sbilanciamento quantitativo" tra la domanda delle imprese e le scelte dei giovani. manca qualcuno o qualcosa che li metta in contatto: così, solo il 38% degli studenti è a conoscenza dell effettive possibilità di trovare un impiego alla fine del suo percorso scolasticoe e solo il 30% è informato sulle retribuzioni correlate.

    Al secondo punto la "carenza di competenze adeguate ai bisogni del sistema economico". Anche in questo caso ci poniamo a un livello più alto in Europa: in quasi la metà dei casi (47% contro la media Ue del 33% e il 18% in Gran Bretagna) le aziende del nostro paese ritengono che tali carenze abbiano un impatto negativo sulla loro attività. In particolare, carenze sulle competenze generali, la limitata esperienza pratica e la scarsa padronanza delle lingue.

    Infine, McKinsey individua "l'inadeguatezza dei canali di supporto alla ricerca di lavoro". In Italia, ma come in tutto il sud Europa, nell'80 per cento dei casi per trovare una occupazione si ricorre alla rete di conoscenze, amici, e parenti. Sia le Agenzie private per il lavoro, sia i centri pubblici l'impiego sono pochissimo uilizzati: rispettivamente il 5 e l'1 per cento.

    Come rimediare? McKinsey propone un piano di interventi nazionale che coinvolga il governo, il sistema scolastico e il mondo delle imprese con iniziative mirate che abbiamo ricadute sul territorio: se ne parlerà a un convegno a Milano il prossimo 28 gennaio, cui hanno dato la loro adesione il ministro del Lavoro Giovannini, il ministro della Pubblica istruzione Carrozza e i vertici di Confindustria. (22 gennaio 2014)

  2. #2
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    Predefinito Re: La disoccupazione giovanile in Italia? Colpa di scuola e imprese: non si parlano"

    McKinsey & Company: disoccupazione giovanile si ridurrebbe 40% con scuola efficiente
    McKinsey & Company: disoccupazione giovanile si ridurrebbe 40% con scuola efficiente


    di: Pubblicato il 27 gennaio 2014| Ora 105


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    I dati della ricerca.



    Roma, 27 gen. (Labitalia) - ''In Italia il 40% della disoccupazione giovanile è imputabile al difficile rapporto tra scuola e mondo del lavoro''. A rilevarlo è la ricerca "Studio ergo Lavoro", condotta da 'McKinsey & Company', che è andata ad esplorare i motivi alla base della sempre più alta percentuale di giovani italiani senza lavoro. Dalla ricerca si evince come "le cause del problema della disoccupazione giovanile (tra i 15 e i 29 anni) siano solo in parte riconducibili alla recente crisi economica.Al contrario, il fenomeno è radicato nel nostro Paese da lungo tempo e ha natura strutturale: negli ultimi vent'anni, infatti, la probabilità per un giovane sotto i 30 anni di essere disoccupato è risultata essere stabilmente 3,5 volte superiore alla popolazione adulta (la media europea si attesta a 2)"."La componente strutturale -continuano i ricercatori- rappresenta circa il 40% del tasso di disoccupazione giovanile complessivo (oggi al 28% tra gli under 30) e affonda le sue radici nel disallineamento tra capitale umano formato dal sistema educativo e necessità attuali e prospettiche del sistema economico del Paese". Tra le cause principali all'origine della difficile transizione dei giovani dalla scuola al mondo del lavoro, viene indicato lo 'sbilanciamento quantitativo tra domanda delle imprese e scelte dei giovani: molte posizioni restano vacanti a causa dei pochi candidati disponibili', in quanto troppi giovani italiani non avrebbero "piena consapevolezza delle implicazioni lavorative di tale scelta". Basti pensare che "solo il 38% degli studenti intervistati conosce le opportunità occupazionali offerte dai vari percorsi scolastici. Il risultato è un disallineamento tra domanda e offerta, evidente in particolare per i diplomati tecnici e professionali". Il gap domanda-offerta si riscontra "anche nella scelta del percorso universitario: meno del 30% degli universitari sceglie l'indirizzo di studi sulla base degli sbocchi occupazionali".Dalla ricerca emerge,inoltre, la "carenza di competenze adeguate ai bisogni del sistema economico. Solo il 42% delle imprese italiane ritiene che i giovani che entrano per la prima volta nel mondo del lavoro abbiano una preparazione adeguata. Nel 47% dei casi (rispetto a una media europea del 33% e al 18% del Regno Unito), le aziende del nostro Paese ritengono che tali carenze abbiano un impatto negativo sulla loro attività. In particolare, lamentano un deficit di competenze generali (non solo la padronanza delle lingue straniere e della matematica di base, ma anche capacità analitiche, intraprendenza e autonomia, etica e deontologia professionale) e di esperienza pratica". A tal proposito, "in Italia stage e tirocini hanno una durata inferiore a un mese in quasi il 50% dei casi nella scuola superiore e in circa il 30% dei casi all'università, e coinvolgono solo la metà degli studenti d'istruzione secondaria e terziaria".Secondo 'McKinsey & Company' è quindi "necessario intraprendere un piano d'azione sia a livello nazionale sia mirato su territori, distretti o filiere specifiche, che intervenga su più ambiti: offerta formativa adeguata alla domanda, informazione diffusa e trasparente, rivalutazione delle scuole tecniche e professionali, stretta collaborazione tra scuola e lavoro (con giovani e insegnanti in azienda e datori di lavoro nelle scuole), servizi di orientamento per gli studenti, efficacia dei canali di collocamento dei giovani sul mercato". Il tutto "coinvolgendo in modo sistematico i giovani, le famiglie, le scuole, le imprese, le associazioni di categoria e i canali di collocamento presenti sul territorio". ''I dati provenienti da questa ricerca nazionale -commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir- confermano quanto il nostro sindacato sostiene da tempo. E conferma quanto indicato con il dossier Anief-Confedir di inizio 2014: negli ultimi cinque anni il numero di giovani disoccupati è raddoppiato e senza una controriforma della scuola andrà sempre peggio. È evidente, infatti, che sull'attuale deriva formativa dei nostri giovani hanno pesato tantissimo la riforma Gelmini e i tagli draconiani attuati dai Governi sull'istruzione pubblica''.''I risultati sono sotto gli occhi di tutti: la scarsa preparazione di base dei nostri studenti aggravata dalle riduzione delle ore e del tempo scuola; -continua Pacifico-la riduzione di competenze, peggiorata dalla cancellazione delle copresenze e del docente specializzato in inglese nella scuola primaria; la riduzione di fondi per l'orientamento scolastico, che ha inciso sull'altissimo numero di abbandoni scolastici nel biennio delle superiori; la mancanza di esperienze vere di stage e di scollegamento tra scuola e università. Ma il nostro Governo continua ad avere nel mirino altre 'voci' di tagli: è invece giunto il momento di tornare ad investire nella formazione, puntando -conclude Pacifico- proprio su apprendistato, tempo scuola, professionalità e competenze dei nostri docenti''.

 

 

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