Originariamente Scritto da
Metabo
Finita la gita di Letta negli Emirati Arabi
Il premier porta a casa poco più di una mancetta
Il Kuwait concede 500 milioni all’Italia ma ad ottobre
ne aveva dati 2,5 mld alla sola Londra
L’ultima tappa della gita mediorientale del premier Enrico Letta negli Emirati Arabi si è consumata a Kuwait City, dove il premier ha illustrato l’investimento che gli sceicchi hanno intenzione di fare in Italia. Tanto fumo, in verità, considerato il fatto che Letta ha venduto 500 milioni di dollari di investimento da parte del Fondo sovrano kuwaitiano (Kia) nel Fondo strategico italiano come un capitale immenso senza considerare che, in realtà, si tratta solamente di briciole per un Paese che ha investito nell’ottobre scorso 2 milardi e mezzo di dollari per la sola città di Londra (ma è solo uno dei tanti investimenti). La firma dell’accordo, secondo Letta, è stata fissata per marzo. Non si sa bene cos’abbia barattato ieri Letta con i sovrani del Kuwait, dopo aver promesso la creazione di un museo islamico nel cuore di Venezia, progetto che ha già scatenato le ire del Carroccio, il quale - ovviamente - ha promesso battaglia su tutti i fronti nel caso in cui un’idea così scellerata possa anche minimamente essere presa in considerazione a livello istituzionale.
Dal medio oriente, poi, da segnalare il nuovo scambio di batture al vetriolo tra il primo ministro italiano e il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, il quale quale giorno fa aveva criticato duramente l’esecutivo accusandolo di ritardare il processo di riforme che potrebbe far uscire dal pantano il sistema produttivo nazionale. «Spero che Confindustria accolga quello che è successo in questi giorni - ha detto infatti Letta - nella missione nel Golfo e dia segnali di fiducia e non solo di disfattismo». Portare a casa briciole, dunque, per il premier è un segnale di fiducia. Ma già Squinzi ne aveva frenato gli entusiasmi domenica chiedendo non fumo ma «un cambio di passo deciso perché per grazia divina la situazione economica del Paese non cambierà. Bisognerà fare le riforme che sono necessarie». Concetto ribadito anche ieri, visto che Squinzi è tornato a criticare l’eccessiva burocratizzazione italiana: «L’Italia - ha detto il numero uno degli industriali - è un Paese ormai da anni ostaggio di una burocrazia soffocante che assorbe le energie vitali di imprese e cittadini e ne distoglie tempo e risorse da impieghi più produttivi». «Il lavoro - ha precisato Squinzi - lo creano le imprese e questo lo hanno capito bene i Paesi nostri concorrenti che hanno messo al centro delle proprie politiche l’industria, semplificando e riducendo i costi a carico delle imprese». Altro che la carità dai petrolieri arabi.