Chi lavora nel privato sa bene quanto siano sempre più esosi, e spesso durissimi da pagare, i contributi pretesi dall'Inps, che prescindono del tutto dai propri guadagni.
Anche dalle parole di questo consulente, De Luca, si capisce quale sia la vera natura e la vera funzione dell'Inps: taglieggiare i lavoratori autonomi e dipendenti del settore privato, per riempire di privilegi gli statali.
L'ente previdenziale pubblico è una vera e propria organizzazione criminale, creata allo scopo di requisire i risparmi per la vecchiaia dei lavoratori (quelli veri, cioè quelli privati), e di metterli a disposizione della classe politica, che li può usare per comprarsi il consenso e per attribuirsi trattamenti faraonici.
L'Inps andrebbe subito chiuso, e tutti coloro che hanno avuto voce in capitolo sulla sua gestione negli ultimi decenni (politici, burocrati, sindacalisti) andrebbero arrestati, processati e condannati a restituire con gli interessi i loro profitti di regime.
L'annientamento dell'Inps dovrebbe essere uno dei primi atti di una rivoluzione libertaria in Italia.
Buco Inps, De Luca: "Colpa dell'Inpdap, dei privilegi, di pensioni baby e d'oro ma anche del ruolo dei patronati"
di Ignazio Dessì
Nel 2014 il risultato d’esercizio dell’Inps tende a colorarsi di rosso per circa 12 mld di euro, mentre il patrimonio rischia di scendere a -4,5 mld. Una pesante eredità, lasciata dalla gestione Mastrapasqua, ma non solo, e in grado di ingenerare non poche preoccupazioni tra le schiere di chi auspica il giusto godimento di una pensione in futuro. Ma quali sono le cause della pesante situazione? Secondo il presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca, molto hanno inciso l’accorpamento di enti come l’Inpdap, la cattiva organizzazione, il fatto che ci sia chi va ancora in pensione col sistema retributivo e altri privilegi come le pensioni d’oro.
In primo luogo l’accorpamento dell’Inpdap all’Inps ha procurato grossi danni, perché "questo ente - spiega De Luca - è in perdita strutturale ormai da anni ed è andato a pesare molto negativamente sulle casse previdenziali". Il saldo tra entrate e uscite dell'Istituto Nazionale di Previdenza comunque non sarebbe neanche male ma “vi sono costi che gravano sulla gestione e vanno a intaccare fortemente l’equilibrio di bilancio”.
Ha avuto un effetto deleterio, per dirna una, l’esternalizzazione che l’Inps ha fatto di molte sue attività. Per esempio, “abbiamo un esubero di personale derivante dall’accorpamento Inpdap e, nonostante tale disponibilità di risorse umane, l’ente deve pagare ai patronati qualcosa come 151 milioni di euro all’anno per la gestione delle pratiche”. Un'opera di intermediazione “frutto delle incrostazioni tipiche del nostro sistema - sostiene De Luca - che potrebbe essere tranquillamente svolta dal personale eccedente che l’ente si è ritrovato all’interno”.
C’è poi il fatto che si continua ad andare in pensione col sistema retributivo quando ormai vige quello contributivo. In sostanza c’è chi continua a prendere la pensione senza aver versato proporzionalmente i contributi. “Porto sempre l’esempio delle pensioni baby – insiste il presidente di FSCL – ,di uno stuolo di persone approdate giovanissime in pensione (militari, insegnanti, pubblici dipendenti in genere) con poco meno di 16 anni di contributi, o 19 nel migliore dei casi”. Tutti pensionati, certo, assolutamente legittimati dalle normative dello stato. Normative figlie, tuttavia, di un sistema clientelare o che trasformava le pensioni in ammortizzatori sociali e strumenti di consenso elettorale. Inevitabile che oggi, "dopo 30 anni di esborsi con zero entrate, se ne paghino le conseguenze". Anche per questo si rischia ora di andare in pensione alla soglia dei 70 anni con trattamenti da fame. Per continuare a pagare l’assegno mensile a questi fortunati e, ancor più grave, ad altri, ancor più fortunati, che fruiscono di "trattamenti d’oro".
Paghiamo insomma il prezzo delle "interferenze della politica con la gestione tecnica", che avrebbe richiesto il controllo dell’equilibrio tra uscite di bilancio ed entrate. Nel primo dei casi citati, comunque, è difficile mettere in discussione i diritti acquisiti, anche se quando si tassano i pensionati a 500 euro nessuno solleva il problema. Certo, "i pensionati baby non hanno pensioni altisonanti (sono sui mille euro al mese) ed è difficile, dopo tanti anni, andare a toccare quelle pensioni, anche per ragioni anagrafiche. Diverso è, invece, il caso delle pensioni d’oro, in cui si percepiscono anche più di 20mila euro al mese. A questo proposito "lo stop al disegno di legge Meloni è stato uno schiaffo alla situazione che sta vivendo il paese, e il tetto dei 3.200 euro proposto è di assoluta dignità, in un momento in cui c’è la necessità di tagliare le spese inutili e ingiuste", sottolinea De Luca.
Come sarebbe un atto di giustizia “ricalcolare, quando possibile ed opportuno, le pensioni su base contributiva”. Precisando una cosa: non si può fare un discorso generalista, perché “non si può sempre urlare all’untore”. Chi ha una "pensione alta, frutto del proprio lavoro, va tutelato – sostiene il presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro - Nel caso dei manager privati, quando si rispetta la meritocrazia, pensioni sostanziose sono giustificabili”. Diverso il caso dei manager pubblici, di nomina politica, i quali “non dovrebbero prendere più del Capo dello Stato”. Ad avviso di De Luca “se uno viene scelto non per le capacità ma per motivi di appartenenza politica, non può percepire, magari assomando più cariche, milioni di euro di retribuzione all’anno”.
Inevitabile pensare a Mastrapasqua, e ai risultati opinabili ottenuti con l’Inps. Citazione scontata e caso non certo isolato, perché sono tanti quelli davanti agli occhi di tutti. "Costi che appesantiscono le voci passive e condizionano il bilancio pubblico". Costi per altro mai toccati dai famigerati interventi di contenimento della spesa sbandierati dai vari governanti di turno. Tanti di questi interventi farebbero volume, insieme ovviamente a quelli di altro tipo, come il contenimento delle spese allegre degli enti regionali. “Da questo punto di vista - precisa De Luca - occorrerebbe eliminare certe competenze concorrenti delle regioni, modificando il Titolo quinto della Costituzione. Per governare, per esempio, esborsi come quelli per la formazione professionale. Fiumi di denaro che escono dalle casse di questi enti senza limiti e con criteri di mera clientela politica”.
Intanto, in attesa di interventi adeguati, lo Stato continua a farsi necessariamente carico della copertura dei buchi aperti da tali storture. Per far fronte a quelli dell’Inps prodotti dall’incorporazione dell'Inpdap e dell’Enpals, dai costi degli intermediari, dalla cattiva organizzazione di struttura e personale e dai privilegi “acquisiti”, serve, per esempio, una copertura di oltre 25 Mld. Soldi provenienti dalle nostre tasche che ovviamente finiranno per mancare ad altri importanti servizi pubblici o per aggravare il già doloroso peso fiscale.
06 febbraio 2014