Originariamente Scritto da
Edmond Dantès
Eccoti servito amico mio.
“Chiunque abbia nell’anima una rivolta segreta contro
qualsiasi fatto dello Stato, della vita o della sorte
è sul limite della sommossa e, non appena questa appare
comincia a fremere e a sentirsi sollevato dal turbine”
(Victor Hugo – I Miserabili)
Il sistema economico delle società democratiche è fondato dal libero scambio delle merci, dei beni e dei servizi ed è regolato dalla autonomia contrattuale dei soggetti protagonisti.
Quando una delle parti viola le obbligazioni nascenti da contratto, la parte che subisce impugna il contratto invocandone la nullità affinché sia fatta valere in giudizio perché il danno provocato dalla condotta trasgressiva trovi riparazione nel giusto risarcimento.
Anche la pretesa dello Stato all’esazione dei tributi è fondata sul medesimo giusto principio.
I contraenti sono da un lato il cittadino contribuente che è obbligato al pagamento del tributo, e dall’altro lo Stato che è obbligato a fornire servizi. Infatti la ragione sottostante il contratto fiscale è il reciproco obbligo di scambio tra danaro (contribuente) e servizi (Stato). Quando il cittadino viola l’obbligazione contrattuale viene perseguito con strumenti efficacissimi affinché, oltre al mancato tributo sia applicata una sanzione che, in realtà, avrebbe più lo scopo di dissuadere il perseguire di simili condotte, che una forma di “ristorazione” per il danno subito dallo Stato.
Quando invece è lo Stato a violare il contratto, il cittadino, di fatto non possiede alcuno strumento efficace per far valere il danno subito. Il cittadino subisce in silenzio. A ciò è associato una ulteriore vessazione: il potere di supremazia affidato allo Stato (in quanto P.A.) che in assoluta autonomia decide (ad libitum) l’incremento delle aliquote e delle imposte. Una sorta di “patente” che autorizza il diritto di sopraffazione.
Di qui l’iniquità a cui si accompagna il danno che ne consegue.
In generale, possiamo sostenere, che ogni sopraffazione, ogni prevaricazione, ogni prepotenza, produce un danno economico e psicologico di questo tipo. Il danno può essere collettivo oppure individuale.
Quando il danno è collettivo, come nel nostro caso, si fa fatica a credere che esista un terzo soggetto in grado di esaminare la situazione in maniera distaccata e razionale tanto da reperire una o più soluzioni per fronteggiare lo stato in cui versa la collettività.
Il patimento collettivo connesso al senso di ingiustizia è quello che stiamo vivendo ora.
I numerosi suicidi testimoniano quanto profondo ed insostenibile sia il tentativo di sopravvivere alla catastrofe economica inflittaci dall’essere inseriti nel contesto dell’euro accampata come “causa di giustificazione” dai politicanti economisti Monti e successori per stritolare il contribuente Italiano. Un risultato devastante.
Dunque all’inerme cittadino non rimane che l’unica strada della rivolta, della disobbedienza, della obiezione fiscale. Dello sciopero fiscale. Non pagare più le tasse perché queste non sono equilibrate e sono solo frutto di estorsione. Infatti lo Stato (entità astratta), violando sistematicamente il contratto fondamento del tributo evirandolo nel fondamento della obbligazione a suo carico, passa da una condotta cd. “lecita” ad una condotta illecita e precisamente alla condotta criminale dell’estorsore caratterizzata dalla tipica associazione per delinquere di tipo mafioso. Tra Riina e Monti/Letta/Saccomanni/Befera/Mastrapaqua (et similia) non vi è alcuna differenza. E quando dico nessuna intendo dire proprio nessuna. L’esito, per chi subisce una violenza di tale portata dall’uno o dagli altri è lo stesso. Ed è fatale! Poiché se Riina, lo abbiamo accertato, è un criminale perché esercitandosi nel delitto (estorsione) uccide chi non paga, Monti con lo stesso spregio, arma la mano del suicida offrendo premurosamente la corda a chi non può più pagare la tangente allo Stato delinquente.
Ma il suicidio non è lo strumento adeguato mediante il quale si possa concepire una risoluzione ideale per mettere in ginocchio la delittuosa macchina estorsiva dello Stato.
Il cittadino Italiano è un contribuente al quale fanno capo diritti soggettivi sacralizzati da principi costituzionali. Non è il bancomat dello Stato.
Non rimane dunque che l’ultima strada da perseguire: lo sciopero fiscale! Nessuno paghi più le tasse sino a che lo Stato (chi per lui) decida di rientrare nel diritto, dal quale è arbitrariamente uscito, riducendo sensibilmente la pressione fiscale nei confronti del cittadino.
Fallita questa iniziativa, allora dalla coscienza del Popolo Sovrano sia liberato il piccolo Georges Danton, affinché si incarichi di organizzare e guidare la rivoluzione che a questo punto costituisce l’unica risoluzione praticabile affinché il Cuore della Nazione Italia riprenda a pulsare come un tempo.