Difendere
la famiglia significa difendere le donne
13
marzo 2014
Dagli anni ’60 in poi la famiglia è
sotto attacco: il matrimonio è roba antica (a parte quello tra persone dello
stesso sesso, che è sinonimo di progresso) ed è meglio non avere figli o per lo
meno averne pochi.
Questo è quello che ci viene insegnato da
parecchi anni su televisioni, quotidiani e intellettuali. Noi cattolici
siamo liberi pensatori e la pensiamo in modo completamente opposto: difendiamo e
sosteniamo la famiglia e ci dispiaciamo molto che i politici cattolici non siano
mai stati davvero capaci di farlo anche politicamente. Non sosteniamo la
“famiglia tradizionale” perché non esiste e non sosteniamo le
cosiddette “nuove famiglie” perché non esistono, questi termini
servono semplicemente per annacquare il senso della famiglia.
La famiglia è sempre stata una sola, lo ribadisce la Costituzione
italiana: una società naturale fondata sul matrimonio. Ovvero: è
famiglia solo quando c’è la fecondità del matrimonio tra un uomo e una donna
(altri tipi di matrimoni non sono legali in Italia, dunque non sono
famiglie).
Il dramma della violenza sulla
donna è spesso usato per attaccare la famiglia, luogo indicato come
epicentro del fenomeno. Eppure un’indagine dell’Agenzia europea per i
diritti fondamentali (Fra) su 42mila donne di età
compresa tra i 18 e 74 anni, 1550 per ognuno dei 28 stati membri dell’Europa,
ha rilevato dati interessanti. Il tasso di
violenza si impenna nel Nord Europa, dove la famiglia è
ormai un lontano ricordo: Danimarca (52% di abusi subiti), Finlandia (47%) e
Svezia (46%). L’Olanda è al quarto posto con il 45%, seguita da Francia e Gran
Bretagna, entrambe al 44%. L’Italia invece, dove permane
nonostante tutto una solidità delle famiglie, è al 27%
cioè nel settore medio-basso della classifica delle violenze. La maggior parte
degli abusi, inoltre, avviene nei luoghi di lavoro (55%)
mentre minore è il tasso di abuso da parte del partner (22%), non si specifica
se coniugato o convivente.
Il dato ha infastidito molto e le femministe
italiane, come Sonia Renzini dell’“Unità”, al posto di
prenderne atto hanno giustificato i risultati dando la
colpa alle donne italiane, dicendo che non saprebbero
riconoscere quando vengono abusate e per questo le denunce non sono
così alte come nel Nord Europa. Ci sembra una spiegazione non
convincente oltre che offensiva verso le stesse donne che si vorrebbero
difendere.
Noi invece spieghiamo questi dati in un altro
modo, come già abbiamo fatto: esiste
una consolidata letteratura scientifica che certifica come le
donne sposate corrano minori rischi di subire violenze rispetto
alle donne non sposate (o conviventi) (cfr. “American Journal of Public Health 2013; “BMC Public Health” , 2011; “Bureau of Justice Statistics”, 2011). Il matrimonio
inoltre, come abbiamo mostrato nel nostro dossier specifico, non soltanto riduce
i casi di violenza sulla donna, ma porta a numerosi benefici per entrambi i
partner e, sopratutto, ai figli.
Difendere la famiglia significa
anche difendere le donne. Sarebbe ora che lo capissero anche le amiche
femministe, sempre impegnate nelle loro piccole guerre
controproducenti. Papa Francesco ha parlato spesso della famiglia, spiegando
perché occorre sostenerla, difenderla e valorizzarla: «La famiglia oggi è
disprezzata, è maltrattata, e quello che ci è chiesto è di riconoscere quanto è
bello, vero e buono formare una famiglia, essere famiglia oggi; quanto è
indispensabile questo per la vita del mondo, per il futuro
dell’umanità. Fin dal principio il Creatore ha posto la sua benedizione
sull’uomo e sulla donna affinché fossero fecondi e si moltiplicassero sulla
terra; e così la famiglia rappresenta nel mondo come il riflesso di
Dio, Uno e Trino». La famiglia è la vocazione cristiana dell’uomo,
assieme al sacerdozio.
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