La vittoria di Marine Le Pen e il cartello nazionalista europeo.
Come previsto e atteso, le elezioni amministrative in Francia hanno duramente colpito il partito socialista virtualmente ribaltando l’egemonia locale e territoriale a favore della destra dell’Ump e, soprattutto, sancendo l’affermazione della nazionalista Marine Le Pen con il Front National presente al ballottaggio in oltre 200 città chiave della Francia.
Il Fn ha già conquistato una roccaforte di sinistra come Hénin-Beaumont, si prepara a vincere a Beziers, è prima in varie città come Avignone, se la vedrà da pari a pari con la destra nella “capitale” del sud, Marsiglia e dirà la sua anche a Parigi, dove sulla sfida tra le due dame liberaldemocratiche di destra e sinistra (Nathalie Kosciusko-Morizet, fedele a Sarkozy e Anne Hidalgo, socialista della gauche “au caviar” franata ad un secondo posto non messo affatto in conto alla vigilia del voto.
Tattiche da desistenza e da ammucchiata a parte, Marine Le Pen è stata chiara: «Gli elettori francesi non sono idioti. Il Front National al secondo turno non appoggerà nessuno. Destra e sinistra per noi pari sono. Le vere questioni sono l’austerity, l’immigrazione, la fine della sovranità nazionale».
E se pure la mancata desistenza del Fn a Parigi (la candidata di destra (Upm) è la copia conforme della socialista, la sua è una “droite-chic”) renderà possibile una vittoria della Hidalgo non sarà certo la capitale a salvare i socialisti dal disastro. Dopo il ballottaggio, Hollande sarà costretto a cambiare il governo e tra i socialisti ritorna Ségolène Royal che – tuttavia – non sembra affatto in grado di restituire possibilità di recupero alla sinistra.
Peraltro Marine Le Pen guarda al futuro. Non soltanto al ballottaggio del 30 marzo, nel quale il Fn sarà penalizzato da una legge elettorale costruita proprio per lasciare al potere i due partiti maggiori di destra-sinistra, ma soprattutto alle elezioni europee del 25 maggio, dove il voto, con il sistema proporzionale, non potrà essere manovrato. D’altra parte, non è un caso che il Front National guadagni consensi nei quartieri popolari delle metropoli e nelle città già tradizionalmente di sinistra, dove è montante e maggioritario un sentimento anti-eurocrazia.
Come è noto, il Front National fondato nel 1972 dal padre di Marine, Jean-Marie Le Pen, è stato in queste quattro decadi ostracizzato dai media e dagli avversari come un movimento “neofascista”, “razzista” e relegato ai margini della politica francese. Tuttavia Jean Marie Le Pen più volte candidato alla presidenza della Repubblica era anche riuscito a superare nei favori i socialisti, nel 2002, e a giungere al ballottaggio per l’Eliseo.
Il passaggio, nel 2011, del timone del comando del Fn a Marine - detta “la monaca guerriera”, anche per i suoi costanti riferimenti alla necessità di rinascita della Francia e alla stessa Giovanna d’Arco – ha visto in questi ultimi anni, complice la crisi economica e le vergognose politiche del rigore della troika Fmi-Bce-Ue, l’aggregarsi intorno al Front National di un notevole consenso.
Via via che l’economia francese è diventata più debole, il favore anti-sistema per il Fn si è generalizzato.
Marine Le Pen, dopo aver reso meno determinanti le frange frontiste più di estrema destra (in particolare gli integralisti cattolici), ha rafforzato la politica di rifiuto della cosiddetta Unione Europea e la critica alle oligarchie ed ai gruppi di pressione interni alla Francia, e ha riavviato la battaglia contro l’immigrazione selvaggia. E il nuovo consenso così raccolto, seppure in forme iniziali di semplice protesta contro i due partiti destra-sinistra, si sta tramutando in corposa adesione alle linee di critica all’Unione europea e alla finanziarizzazione della società, di abolizione dell’euro, di ritorno alla sovranità nazionale.
D’altra parte la creazione della cosiddetta “eurozona” e la seguente crisi finanziaria ed economica – con l’emergere della Germania a locomotiva decisionale comunitaria – ruolo fino a quel punto svolto dalla Francia – ha reso evidente la perdita di potere subìta dalla politica di vertice transalpina, volente o nolente complice dei vari passi di “integrazione” nell’eurocrazia (allargamento, trattati, sistema monetario, austerità) e per di più, ora, soggetta alle decisioni di Berlino.
Il Fn – benché forte di una messe di voti notevole (alle presidenziali del 2012 Marine Le Pen ottenne il 17,9 per cento dei favori) – è, si diceva pesantemente penalizzato dal sistema elettorale organizzato (come si sta facendo in queste settimane anche in Italia) per escludere dal potere i partiti minori che potrebbero scalfire il regime destra-sinistra incoronato a suprema guida delle cosiddette “democrazie” in Europa. Nell’Assemblea Nazionale (parlamento) il Fn può contare soltanto su due rappresentanti, pochi consiglieri regionali e, fino a oggi, un solo sindaco di una città importante di Francia.
Ma proprio la crisi dell’Unione europea può ribaltare tale forzata repressione politica ai margini del sistema liberaldemocratico.
E’ un fatto come sia, di questi tempi, montante la crescita di movimenti nazionalisti in ogni parte d’Europa, (anche in quella non legata all’eurozona occidentale).
Il processo di integrazione dell’Ue si è evidentemente bloccato e un po’ ovunque si reclama un ritorno alla sovranità nazionale e si respingono i vincoli finanziari, monetari, sociali e di circolazione delle persone codificati a Bruxelles. Quello che veniva definito con sufficienza dagli eurocrati un “euroscetticismo” rischia così di diventare maggioritario in varie parti dell’Ue.
In Francia, in particolare. Ma non solo. Alla vigilia del 25 maggio, infatti il “cartello” dei movimenti nazionalisti europei è tutt’altro che di minoranza ed esiste una fondata speranza, tra i cittadini delle nazioni ora aggregate e dominate dall’eurocrazia, di ottenere un risultato eclatante proprio nelle urne del parlamento europeo.
A prescindere dalle alleanze elettorali – che vedono per esempio, un “patto” anche tra la Lega Nord italiana e il Fn e comunque una prepotente ascesa dei movimenti nazionalisti regionali, come quelli di Catalogna o di Scozia e Galles o comunque dichiaratamente euroscettici come l’italiano M5 Stelle di Beppe Grillo (24%) – i sondaggi già individuano per il Front National in Francia un risultato ben oltre la soglia del 25% dei voti e quindi da primo partito nazionale, per il partito del popolo danese un 15%, per il Partito della libertà (liberale) austriaco un voto attorno al 25%, per il partito per la libertà olandese favori verso il 15%, per il partito della verità finlandese consensi sul 20%, per il partito conservatore di governo ungherese un 35%, per il partito sempre ungherese Jobbik un risultato attorno al 18%, e per Alba Dorata, in Grecia, un successo oltre il 10%.
In fin dei conti è proprio questa prospettiva – devastante per il sistema euro-atlantico – che ha indotto anche in Italia ad un repentino cambio extraparlamentare di governo, per contenere, sventolando promesse a raffica, e possibilmente limitare il successo delle forze anti-euro nazionali, dal M5Stelle, appunto, alla Lega Nord.
Il 25 maggio, tuttavia, è ormai alle porte.
La Francia schiaffeggia l`eurocrazia | Europa | Rinascita.eu - Quotidiano di Sinistra Nazionale