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  1. #1
    Avamposto
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    Predefinito Mons. Umberto Benigni, il Cattolicesimo Integrale e la Questione Ebraica in Italia

    Umberto Benigni was a Catholic priest and Church historian, who was born on 30 March 1862 in Perugia, Italy and died on 27 February 1934 in Rome.

    A lecturer in Church history from 1885, one year after his ordination to the priesthood, he also engaged in journalism, at first locally, and became in 1893 editor in chief of the national daily newspaper L'Eco d'Italia. Due to a conflict with the Archbishop of Genoa, he moved to Rome in 1895, working at first as an assistant in the historical research section of the Vatican Library. In 1900 he began contributing to the newspaper La Voce della Verità, becoming its director in 1901, the same year in which he also became Professor of Church History at the seminary of the Diocese of Rome.

    In 1902 he was given a position in the Roman Curia, and in 1906 was promoted to the post of Undersecretary of the Congregation for Extraordinary Ecclesiastical Affairs, the forerunner of what is today the Section for Relations with States of the Secretariat of State.

    Monsignor Benigni proved to have special gifts for relations with the press. Beginning in 1907, he provided a daily news bulletin, La Corrispondenza di Roma, which became from 1909 to 1912 La Correspondance de Rome and in 1913-1914 Cahiers de Rome. This gave him influence over the contents of publications in many countries.

    He set up among his contacts the Sodalitium Pianum (Fellowship of Pius X), to report to him those thought to be teaching Modernist doctrines.

    His influence waned during the pontificate of Pope Benedict XV making him ecclesiastically an isolated figure. He became close to the Fascist movement (in 1923 he founded the Entente romaine de Défense social) seeing in it an ally for his anti-Modernist and anti-liberal aims.

    The writings and other documents in the possession of Monsignor Benigni at his death in 1934 can be consulted at the Vatican Secret Archives.[1]

    Most present-day Church historians give a negative judgement on his activity and personality. They recognize his gifts of intelligence and organisation, but criticise his anti-Semitism, the coldness of his character and his spying on his opponents within the Church. They are divided in their opinions about the extent to which Pope Pius X was aware of or approved his initiatives.




    http://en.wikipedia.org/wiki/Umberto_Benigni

  2. #2
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Mons. Umberto Benigni, il Cattolicesimo Integrale e la Questione Ebraica in Ital

    Nec reges nec potestates #1
    Sergio Baratto


    Poiché Dio in questo secolo preferì i ricchi e i potenti ai poveri (…), onorando i potenti concordiamo con l'ordine da Lui stabilito.
    Determinatio francescana, XIII secolo


    "Noi abbiamo rettificato la tua opera e l'abbiamo rifondata sul miracolo, il mistero e l'autorità. E gli uomini si sono rallegrati di essere guidati nuovamente come un gregge", dice nei Fratelli Karamazov il Grande Inquisitore a Gesù tornato sulla terra, prima di mandarlo al rogo.

    Alcune delle storie che seguono sono successe all'incirca otto secoli fa. Sono storie di uomini religiosi che con le loro parole e la loro vita hanno osato scardinare le strutture autoritarie del Sacro.
    In altre parole, hanno cercato di riaprire i giochi. Libertà contro sottomissione, fratellanza contro autorità, invenzione di un rapporto creativo e amoroso con il Mistero.
    Sono storie esemplari di eretici. "Eresia" viene dal greco airesis, "scelta" o "fazione". L'eretico è colui che sceglie, che prende posizione: il peggior scandalo immaginabile, nel momento in cui agli uomini viene imposto di obbedire, di lasciarsi guidare docilmente.

    Alle loro storie si alterneranno alcuni episodi più o meno noti della storia della Chiesa Cattolica nel Novecento: dunque molto più vicini a noi nel tempo.
    Si tratta di storie altrettanto esemplari.

    Di nuovo, in questo inizio secolo soffocante e terribile, ripugnanti caste sacerdotali, luttuosi cascami dell'imperialismo neoliberista, l'euforia suicida della merce autoritaria e del positivismo ipertecnologico.
    Ovunque si guardi, sembra che non ci sia data altra scelta. Al vuoto e alla paura si oppone sempre e solo l'antica, mostruosa ma confortevole soluzione: un'obbedienza cieca e deresponsabilizzante.
    Si torna a respirare un'aria di sottomissione. L'adorazione del suddito per il padrone si fa nuovamente virtù e motivo di vanto. L'amore collettivo va "ai re e alle potestà".

    "Nec reges nec potestates debent esse in ecclesia Dei (…), immo sunt contra Deum", dicevano invece i pauperes Christi nel Duecento, in un tempo in cui la pianura padana ancora pullulava di ribelli e Milano poteva meritarsi l'appellativo di "fogna d'eresie": "Né i re né le podestà devono essere nella chiesa di Dio (…), anzi sono contro Dio". Sono passati ottocento anni, ma l'urgenza delle loro parole appare ancora immutata.


    1. Il monaco Enrico

    "Apprendo che l'eretico Enrico non cessa di inondare di mali infiniti la Chiesa di Dio e che si è introdotto nel paese sottoposto alla vostra autorità coperto da una pelle d'agnello (…). Costui è nientemeno che un monaco apostata, perché ha fatto professione religiosa; e come un cane che ritorna al suo vomito, è in seguito tornato alle impurità della vita secolare. Ma, non osando o non potendo più dimorare tra la sua gente e nel suo paese, a causa della enormità della sua colpa, è partito, con una corda a cingergli i fianchi, senza meta, come un uomo che non ha più né loco né foco. Costretto a mendicare il pane (…), si è messo a predicare per vivere. Tutto quello che, tolto il nutrimento, riceveva in eccesso dagli ingenui o da certe donne rispettabili che gli prestavano ascolto, finiva speso in giochi o in modi ancora più vergognosi. Per non dire delle volte in cui si vide questo predicatore senza pari, dopo aver mietuto durante il giorno gli applausi della folla, trascorrere la notte in compagnia con donne di facili costumi, quando non addirittura con donne sposate!"

    Così, intorno al 1145, scrive Bernardo di Clairvaux (Chiaravalle) a Ildefonso, conte di Saint-Gilles e Tolosa, per annunciargli il proprio imminente arrivo in città. Tutta la lettera trasuda un senso di urgenza e preoccupazione: il dotto monaco cistercense è un uomo di fede e di pensiero, ma all'occorrenza non disdegna l'azione. Tanto più in situazioni di gravità inaudita, come quella che si è creata a Tolosa. È necessario correre quanto prima ai ripari e cauterizzare una piaga eretica che da tempo ha dimostrato di possedere uno spaventoso potere infettivo: "Le chiese sono deserte, la gente privata dei sacerdoti… Le chiese vengono chiamate sinagoghe e i nostri santuari non sono più ritenuti luoghi santi; i sacramenti non si considerano più cose sacre e le nostre solennità hanno smesso di essere celebrate. Si lascia che le persone muoiano nel peccato e che compaiano davanti al temibile tribunale di Dio senza riconciliarli tramite la penitenza e senza somministrare loro la santa comunione. Si arriva a privare i bambini della vita che ricevono in Gesù Cristo rifiutando loro la grazia del battesimo…".
    Cosa sta succedendo nel Tolosano? Perché le chiese all'improvviso si sono svuotate? E chi è l'eretico Enrico, predicatore apostata e puttaniere?

    1116, Le Mans. Una strana figura arriva in città, un giovane vestito come un vagabondo o un padre del deserto, con una tela grezza a mo' di saio e una corda alla cintola. I suoi modi e la sua figura austera tradiscono una vita di penitenza. Dice di chiamarsi Enrico, percorre le vie della città predicando e praticando la povertà evangelica. la gente si incuriosisce, si ferma ad ascoltarlo, comincia a seguirlo. Ben presto, per tutti diventa Enrico l'eremita.
    All'epoca, la massima autorità cittadina è il vescovo Ildeberto. Non appena viene a sapere del curioso predicatore lo manda a chiamare, o forse addirittura lo incrocia nella pubblica piazza e si ferma ad ascoltare le sue parole. Certo è che ne ricava una buona impressione: Enrico parla bene, nel più puro spirito evangelico. Ildeberto gli concede dunque l'autorizzazione a predicare in città.
    Forse il vescovo non ha prestato troppa attenzione agli insegnamenti dell'eremita, forse il caso ha voluto che ascoltasse la parte meno "scandalosa" della sua predicazione. Si sa soltanto che, mentre Ildeberto si trova temporaneamente lontano da Le Mans, nella diocesi scoppia il caos. Le informazioni che gli vengono fatte pervenire sono sconcertanti: il predicatore vagabondo ha istigato il popolo alla ribellione e questi l'ha seguito. Ora l'intera città è in tumulto e il popolino non riconosce più alcuna autorità.
    Ma cosa va dicendo quel pazzo di Enrico? chiede il vescovo, Che razza di messaggio infernale ha instillato nelle menti di quei miserabili straccioni? Gli rispondono: condanna dei soprusi da parte del ceto magnatizio, denuncia dell'immoralità in cui vive il clero. Ildeberto torna precipitosamente a Le Mans e caccia il predicatore.

    Enrico torna a vagabondare per la Francia, predicando nei paesi. Le notizie sul suo tragitto e sulla sua missione si fanno via via più oscure finché, nel 1134, non riappare improvvisamente a Pisa, dove viene condotto in stato di arresto di fronte a un tribunale ecclesiastico. La strada è lunga dal Maine alla Toscana, e quasi venti anni sono trascorsi dai fatti di Le Mans. Praticamente un'eternità.
    Facile immaginare che a Pisa venga torturato, che si cerchi di estorcergli una confessione d'eresia. Così è, almeno in apparenza: di fronte al sinodo ecclesiastico, Enrico abiura, accetta di farsi monaco e promette di ritirarsi nel monastero cistercense di Clairvaux.
    Non si sa se vi si rechi effettivamente, quanto tempo eventualmente vi trascorra, né se vi incontri il magister indiscusso dell'ordine, vale a dire il futuro san Bernardo. Sta di fatto che, a un certo momento, è di nuovo in strada, di nuovo ramingo. Un indisciplinato recidivo.

    Di nuovo il vuoto. Passano altri dieci anni. Verso la metà degli anni Quaranta Enrico ricompare, stavolta a Tolosa. Il suo carisma deve avere qualcosa di veramente demoniaco, deve possedere una capacità infettiva fuori della norma, perché di nuovo si ripete, con maggiore virulenza, lo scandalo di Le Mans: le chiese si svuotano, il popolo minuto comincia a seguire il monaco errante come un nuovo profeta, cresce e si diffonde a macchia d'olio la disobbedienza nei confronti delle autorità religiose, della dottrina ufficiale e dei suoi riti.
    Le voci corrono, giungono all'orecchio di Bernardo di Clairvaux. L'illustre monaco è a conoscenza dei fatti accaduti nel Maine trent'anni prima, del processo pisano, dell'abiura e della successiva apostasia di Enrico. Può essere che una simile ostinazione nella malvagità lo scandalizzi, ma ciò che più gli preme è di estirpare il cancro eretico prima che l'infezione si propaghi. È in questo frangente che, prima di mettersi in marcia verso Tolosa, scrive la lettera al conte Ildefonso di Saint-Gilles. Il tono è minaccioso, le frasi scelte con cura per intimorirlo e costringerlo ad accettare l'imminente ingerenza, l'intervento dell'autorità ecclesiastica nel suo feudo: "Dopo essere stato scacciato dal resto della Francia a causa dei mali da lui provocati, ha finito con l'abbattersi su di voi, nella speranza, con l'appoggio della vostra autorità, di poter senza timore estendere le sue devastazioni nel gregge di Gesù Cristo. Vi lascio decidere, illustrissimo Principe, se ciò vi fa onore".

    La sorte di Enrico è segnata. Nel 1145, con l'avallo del legato pontificio, Bernardo di Clairvaux giunge a Tolosa. Di lì a poco il predicatore viene arrestato e scompare per sempre, inghiottito dai gorghi della storia.

    "Quando con dolore vedeva minacciata o perseguitata la nostra santa religione, non risparmiava fatiche, non viaggi, non premure per difenderla strenuamente e porgerle aiuto secondo le sue possibilità", scriverà papa Pio XII nell'enciclica dedicata a San Bernardo (Doctor Mellifluus, 1953). "Grandi lodi gli vengono tributate non solo dai sommi pontefici e dagli scrittori della chiesa cattolica, ma non di rado persino dagli eretici".

    *

    La figura del monaco Enrico è avvolta da un velo di mistero. Non sappiamo la sua provenienza, non conosciamo il percorso preciso dei suoi vagabondaggi. Del suo carattere e della sostanza della sua predicazione possiamo dedurre qualcosa a partire dalle reazioni e dai pochi resoconti dei contemporanei. Ovunque andasse, la gente semplice capiva le sue parole e all'improvviso, come se un velo le venisse strappato dagli occhi, si ribellava. Erano scoppi di quella rabbia intrattenibile che prende a volte i cuori semplici quando li si pone di fronte a una verità nuda. Così doveva accadere anche per Enrico: che girava vestito di stracci, viveva di elemosine e chiedeva la povertà della Comunità di Dio. A chi aveva la bontà di ascoltarlo e di osservarlo, non poteva sfuggire il contrasto con un clero impastoiato in una amministrazione burocratica del Sacro e profondamente compromesso con il potere politico.
    Se le si capovolge come negativi fotografici, persino le accuse infamanti di Bernardo si trasformano: dopotutto, era stato lo stesso Gesù Cristo a frequentare le prostitute, a parlare con loro come a persone normali. Se Enrico non temeva né aborriva il contatto con la femmina, il precedente era da cercarsi nel Vangelo.

    Per amore di verità, bisogna pur dire che, stando alle testimonianze dell'epoca, Enrico propugnò anche alcuni concetti indiscutibilmente eterodossi, il che in qualche modo giustifica la condanna "dottrinale" di San Bernardo. Pare che Enrico sostenesse la necessità di riformare l'istituto matrimoniale: nella sua visione eterodossa, doveva trattarsi di una scelta consapevole e autonoma, libera da condizionamenti economici o calcoli opportunistici.
    Pare che ritenesse un'assurdità la teoria del peccato originale, perché – diceva – non è ammissibile che un peccato commesso dal padre si trasmetta al figlio.
    Pare che sostenesse la superfluità del battesimo per la salvezza dei bambini morti prematuramente, perché – diceva – non è pensabile che Dio cacci dal paradiso gli infanti solo perché sono morti prima di essere stati battezzati.

    Ma, più di ogni altra cosa, è probabile che la sua rovina si debba alla sua convinzione che ogni cristiano, indipendentemente dal proprio stato, dovesse vivere in libertà e con responsabilità piena il rapporto con Dio. Una visione inaccettabile agli occhi dell'istituzione ecclesiastica, perché, seppure in modo germinale, minava alla radice le strutture fondamentali del Sacro: la paura, l'ossessiva gabbia dei tabù, la distinzione gerarchica tra condizione laicale e sacerdotium, la sottomissione all'autorità egemonica dei mediatori tra l'umano e il divino.

    *

    Bibliografia:

    G. G. Merlo, Eretici ed eresie medievali, Il Mulino, Bologna 1989
    G. G. Merlo, Contro gli eretici, Il Mulino, Bologna 1996




    (continua)

    Il primo amore

  3. #3
    Avamposto
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    Predefinito Rif: Mons. Umberto Benigni, il Cattolicesimo Integrale e la Questione Ebraica in Ital

    Nec reges nec potestates #2
    Sergio Baratto


    "Noi siamo Cattolici-Romani integrali. Come l'indica questa parola, il Cattolico-Romano integrale accetta integralmente la dottrina, la disciplina, le direzioni della Santa Sede e tutte le loro legittime conseguenze per l'individuo e per la società. Esso è «papalino», «clericale», antimodernista, antiliberale, antisettario. Egli è dunque integralmente contro-rivoluzionario, perché è avversario non solamente della Rivoluzione giacobina e del Radicalismo settario, ma ugualmente del liberalismo religioso e sociale. Resta assolutamente inteso che dicendo «Cattolico Romano integrale», non s'intende affatto modificare in qualsiasi modo l'autentico e glorioso titolo di Cattolico-Romano. La parola «integrale» significa soltanto «integralmente Cattolico-Romano», cioè pienamente e semplicemente Cattolico-Romano (…).

    Noi lottiamo per il principio e per il fatto dell'Autorità, della Tradizione, dell'Ordine religioso e sociale nel senso cattolico della parola e nelle sue deduzioni logiche.

    Noi consideriamo come piaghe nel corpo umano della Chiesa lo spirito e il fatto del liberalismo e del democratismo cosiddetti cattolici, come del Modernismo intellettuale e pratico, radicale o moderato, con le loro conseguenze.

    Nel caso pratico della disciplina cattolica, noi veneriamo e seguiamo i Vescovi, posti dallo Spirito Santo a reggere la Chiesa di Dio, sotto la direzione ed il controllo del Vicario di Cristo, col quale noi vogliamo essere sempre, avanti e malgrado tutto.

    (…) Noi sappiamo che nelle contingenze momentanee e locali, c'è sempre, almeno nel fondo, la lotta secolare e cosmopolita fra le due grandi forze organiche: da un lato, l'unica Chiesa di Dio, Cattolica-Romana, dall'altro i suoi nemici interni ed esterni. Gli esterni (le sètte giudeo-massoniche ed i loro alleati diretti) sono nelle mani del Potere centrale della Sètta; gl'interni (modernisti, demoliberali, ecc.) gli servono d'istrumento cosciente o incosciente per l'infiltrazione e la decomposizione tra i cattolici.

    Noi siamo pienamente contro ogni tentativo (…) di ostacolare l'influenza sociale del Papato, di far dominare il laicismo;
    per la rivendicazione instancabile della Questione Romana secondo i diritti e le direzioni della S. Sede, e per uno sforzo continuo affine di ricondurre, il più possibile, la vita sociale sotto l'influenza legittima e benefica del Papato ed, in genere, della Chiesa cattolica.

    (…) Contro l'antimilitarismo ed il pacifismo utopista, sfruttati dalle Sètte allo scopo d'indebolire e addormentare la società sotto l'incubo giudeo-massonico;
    per il patriottismo sano e morale, patriottismo cristiano di cui la storia della Chiesa cattolica ci ha dato sempre splendidi esempi.

    Contro il femminismo che esagera e snatura i diritti e i doveri della donna, mettendoli fuori della legge cristiana; contro la coeducazione dei sessi; contro l'iniziazione sessuale della fanciullezza;
    per il miglioramento delle condizioni materiali e morali della donna, della gioventù, della famiglia secondo la dottrina e la tradizione cattolica.

    Contro la dottrina ed il fatto profondamente anticristiani della Separazione fra la Chiesa e lo Stato, come fra la religione e la civiltà, la scienza, la letteratura, l'arte;
    per l'unione leale e cordiale tanto della civiltà, della scienza, della letteratura, dell'arte quanto dello Stato, con la religione e perciò con la Chiesa.

    Contro la mania o la debolezza di tanti cattolici, di voler apparire «coscienti ed evoluti, veramente del loro tempo», e bonarii di fronte al nemico brutale od ipocrita, ma sempre implacabile, pronti ad ostentare il loro tollerantismo, e ad arrossire, se non a dir male, degli atti di giusto rigore compiuti dalla Chiesa o per essa, pronti ad un ottimismo sistematico verso gli inganni degli avversari, e riservando le loro diffidenze e durezze pei Cattolici-Romani integrali."


    *

    I brani riportati qui sopra sono tratti dal programma del Sodalitium Pianum (S + P), un'associazione – altrimenti nota come Sodalizio di Pio V – fondata nel 1909 da monsignor Umberto Benigni (1862-1934), "prelato domestico" di Pio X, al fine di combattere la diffusione dell'eresia modernista in seno alla Chiesa.

    La scelta di Pio V come nume tutelare dell'organizzazione è di per sé eloquente. San Pio V, al secolo Antonio Michele Ghisleri (1504-1572, canonizzato 1712), passò alla storia per la politica ferocemente antiebraica, il fermo appoggio all'Inquisizione, la scomuinica della regina Elisabetta d'Inghilterra e la promozione della lega antiturca che vinse la battaglia di Lepanto.

    Il Sodalizio non fu tuttavia una semplice associzione di devoti militanti, ma una vera e propria organizzazione di spionaggio clericale, che si avvaleva di delatori, infiltrati e cifrari segreti. Si sa che papa Pio X ne promosse la fondazione (si ha notizia certa di tre autografi papali di benedizione) e ne sovvenzionò le attività, assicurandole una sovvenzione annuale.

    Dopo la morte del pontefice (1914), monsignor Benigni subì gli attacchi di fazioni avverse all'interno della Curia e cadde in disgrazia. Il Sodalitium Pianum venne sciolto definitivamente nel 1921.
    Negli anni successivi collaborò con il periodico cattolico integralista "Fede e ragione", per conto del quale nel 1921 tradusse in italiano I Protocolli dei Savi di Sion.

    Durante il processo di beatificazione di Pio X, alcuni alti prelati condannarono il suo sostegno al Sodalitium. Nel 1949 fu dunque istituita una sorta di commissione d'inchiesta con l'incarico di investigare sulla condotta tenuta da Pio X nella repressione antimodernista. Le sue conclusioni furono raccolte in una Disquisitio che di fatto assolveva il Sodalitium Pianum e ne giustificava i metodi. Vi si può leggere tra l'altro che "mai nella lotta furono usati mezzi illeciti o disonesti; però tutte le arti umane, anche le più scaltre, furono messe al servizio della verità" e che "il segreto e il cifrario erano in un certo senso mezzi necessari, per lo meno utili, certo non immorali".

    Nel 1954 Pio X è stato proclamato santo.


    *

    Fonti:

    Il testo integrale del programma del Sodalitium Pianum

    Su mons. Benigni e il Sodalitium: qui

    San Pio V papa

    San Pio X papa

    Sull'"eresia modernista"

    Monsignor Benigni e i Protocolli dei Savi di Sion: qui

    Lascio alla libertà e alla sensibilità di ciascuno il compito di scoprire se nel programma del Sodalitium si possano rintracciare, in forma più o meno embrionale o implicita, certe attuali tendenze del papato e dell'istituzione ecclesiastica. O, più precisamente, se sia vero o meno che il Concilio Vaticano II è riuscito a correggere definitivamente certe tendenze presenti nella storia della Chiesa cattolica.




    Il primo amore

  4. #4
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Mons. Umberto Benigni, il Cattolicesimo Integrale e la Questione Ebraica in Ital

    CAPITOLO III

    L'atteggiamento del Servo Dio di fronte all'attività del "Sodalitium Pianum" di Mons. Umberto Benigni

    Non ultima fra le difficoltà mosse contro il Servo di Dio è quella che si connette coll'attività, assai criticata e da molti deprecata del cosidetto Sodalitium Pianum, fondato e diretto da Mons. Umberto Benigni; vedi in proposito le Novae Animadversiones: n. 17, p. 39; n. 18, p. 45; n. 22, p. 63; n. 24, p. 71; n. 25, p. 79; e sopratutto n. 21, p. 57, 59, 60, 61.
    I giudizi poco favorevoli, spesso contrari, sull'attività di questo Sodalizio e del suo diretto:re Mons. Benigni, si fanno ricadere anche sul Servo di Dio, il quale si sarebbe mostrato per lo meno troppo passivo, di fronte ad un'azione non chiara, anzi, come si dice, segreta, e sovrapposta alla stessa gerarchia, che non sarebbe stata risparmiata dallo zelo furioso del Sodalizio, o almeno di quelli che stavano sotto l'influsso di Mons. Benigni.
    Questi apprezzamenti poi sono entrati purtroppo anche nella letteratura storica del Pontificato di Pio X. Non fa certo meraviglia quando i veri modernisti o anche tutti i cosidetti modernizzanti parlano con tono astioso contro la «carboneria nera» o contro la «massoneria» organizzata dal Benigni; ma quando autori di buona fama, toccano l'argomento e citano una quantità di fonti e concludono con giudizi meno favorevoli anche verso il Servo di Dio, è facile riportarne un'impressione di disagio. Si veda per esempio la molto diffusa opera di Mons. Giuseppe SCHMIDLIN: Papstgeschichte der neuesten Zeit, vol. III, Papsttum und Päpste im XX. Jahrhundert; Pius X. und Benedikt XV. (19O3-1922) (Monaco in Baviera, 1936), il quale consacra tutto un capitolo, con larga presentazione di fonti, alla descrizione che egli altamente deplora della «Integralistische Verschwörung», cioè della «congiura integralista», capeggiata da Mons. Benigni e svolta dal Sodalitium Pianum e da persone a lui legate. È ben vero che l'autore, come è noto, si mostra prevenuto contro il governo di Pio X; ciononostante rimangono sempre alcuni dati, presentati come certi, che lasciano un'impressione poco gradevole. Perfino un autore serio e sereno come L. A. VEIT, nella sua grande Kirchengeschichte, vol. IV, 2° parte (Friburgo, 1933), non omette di parlare, sebbene senza accennare alla persona del Papa, della «cricca di denunziatori e della loro centrale situata al corso Umberto di Roma» (l. c., p. 154), dove abitava Mons. Benigni. Insomma non si può negare che esiste e ha preso piede nel pubblico colto l'accusa che Pio X abbia permesso, anzi approvato l'attività oscura di vero spionaggio, ordita da Mons. Benigni ed espletata attraverso il Sodalitium Pianum, di carattere segreto, con centri d'informazione un po' dappertutto, che avrebbe sorvegliato perfino la gerarchia, non risparmiando neanche Emi Cardinali, causando, si dice, provvedimenti della Santa Sede talvolta ingiusti e immeritati: accuse che, se fossero accertate, costituirebbero certamente una difficoltà anche contro la Causa del Servo di Dio.
    Da qui la richiesta delle Novae Animadversiones che tutta la questione del Sodalitium Pianum di Mons. Benigni venga illustrata, e che venga illustrato sopratutto l'atteggiamento personale del Servo di Dio nei confronti di questa organizzazione. Fortunatamente anche intorno a questo argomento, l'archivio della S. Congregazione Concistoriale ci ha messo in possesso di una documentazione originale, ricca e sconosciuta, che ci permetterà, speriamo, di poter giungere a delle conclusioni soddisfacenti.
    Prima di entrare nell'analisi dei documenti, crediamo utile, anzi necessario premettere alcune notizie generali: a) intorno a Mons. Benigni, e alla sua attività; b) intorno al Sodalitium Pianum [1].
    Sarà poi piè facile maneggiare i documenti e trarne le conclusioni.

    1 Notiamo che per semplificare le cose, il Sodalitium Pianum sarà indicato con la sigla SP; dovendo poi alle volte citare testi o fare rimandi all'opera di ALFREDO LOISY: Mémoires pour servir à l'histoire religieuse de notretemps, 2 voll., Parigi, 1930, 1931, ci limiteremo ad indicare solo il nome del Loisy, il volume e la pagina, per esempio, LoisY, I, 396.

    I - Mons. Umberto Benigni (1862-1934)

    L'autore della voce «Benigni» nella recentissima Enciclopedia Cattolica (vol. I, col. 1347), parlando della figura e dell'attività di Mons. Benigni, si esprime in questi termini: «Resta, tuttavia, ancora prematuro e difficile dare un giudizio equanime e definitivo su parecchi atteggiamenti della sua vita e della multiforme, e talvolta, non chiara, sua attività». Né pretendiamo noi di dare un giudizio definitivo su Mons. Benigni. Sarà utile però raccogliere almeno i dati principali della sua vita ed accennare alla sua molteplice attività. Il Benigni fu certamente uomo di forte ingegno e di vasta cultura, specialmente nel campo delle scienze storiche e sociologiche; ebbe un temperamento vivace, anzi focoso: pronto nell'intuizione e tenace nei propositi, ebbe doti particolari di organizzatore. Aveva molte relazioni internazionali; conosceva molte lingue; fu lavoratore instancabile; non riuscì o non si preoccupò di farsi una vita comoda; morì infatti povero; acerbo nella critica, né sempre oggettivo e sereno, si creò nemici da ogni parte.
    Umberto Benigni nacque a Perugia il 30 marzo 1862; vi era allora Arcivescovo Gioacchino Pecci. Quando questi fu eletto Papa, il Benigni era seminarista. A soli 22 anni, il 20 dicembre 1884, fu ordinato sacerdote e poco dopo fu promosso segretario dell'Arcivescovo. Dal 1887 al 1893 diresse, come egli riferisce, un «giornaletto locale»; nel 1892 fondò, sempre a Perugia, un settimanale, La Rassegna sociale, con orientamento verso quelle questioni cristiano-sociali che dopo la Rerum Novarum suscitavano tanto interesse. Questa giovanile attività giornalistica lo mise subito in vista, tanto che neI 1893 fu chiamato a Genova per entrare nella: redazione del L'Eco d'Italia: vi si recò, ma non per questo abbandonò la sua Rassegna sociale, cui anzi diede nuova forma: da periodico settimanale divenne una specie di rivista scientifica, mensile, con il sottotitolo:
    Biblioteca periodica.
    Il periodico però, così trasformato, durò appena un anno, e la ragione della fine fu il sopravvenuto trasferimento di Benigni da Genova a Roma, che sarebbe avvenuto, come si dice, per volontà di Leone XIII. A Roma la sua attività specifica si orientò verso gli studi storici, nel senso più vasto della parola. Per un certo tempo fu addetto alla Biblioteca Vaticana; andò per alcuni anni a Berlino per perfezionarsi negli studi storici e per conoscere la situazione sociale della Germania. In questi anni pubblicò alcuni suoi studi in forma: di Miscellanea di storia ecclesiastica, quattro fascicoli, 1898-1899), e un'opera assai seria, intitolata Die Getreidepolitik der Päpste (Berlino, 1898; tradotto anche in italiane). Era una splendida confutazione, a base documentaria, delle tendenziose e malevoli esposizioni che il dottore Nau, nel suo grande studio Die Getreidehandelspolitik der europäischen Staaten vom 13. bis zum 18. Jahrhundert (pubblicato nel 1896 dall'Accademia prussiana di Berlino), aveva avanzato circa la: politica agraria dei Papi e della Curia papale. La Civiltà Cattolica (1899, V, 320-25) ne fece una magnifica recensione. Sempre a Berlino, il giovane studioso pubblicò (1900) la seconda edizione dei suoi Historiae ecclesiasticae prolegomena.
    Ricco di esperienze e di cognizioni, Benigni tornò a Roma all'inizio del nuovo secolo ed entrò nella redazione del giornale «papale» La Voce della Verità. Leone XIII, a quanto si racconta, amava leggere i trafiletti del Benigni, sempre arguti e freschi. In quegli stessi anni Benigni fu chiamato professore di storia ecclesiastica all'Apollinare, poi anche nel Collegio Urbano di Propaganda Fide, nei Seminario Vaticano, e finalmente all'Accademia dei Nobili Ecclesiastici (1911). Nel 1902 pubblicò un Historiae ecclesiasticae repertorium (Siena) e nel novembre dello stesso anno iniziò la pubblicazione di una rivista: Miscellanea di Storia ecclesiastica. Un alto riconoscimento della sua attività professionale il Benigni l'ebbe il 28 novembre dello stesso anno 1902, con la nomina a membro della Commissione storico-liturgica istituita allora da Leone XIII presso la Sacra Congregazione dei Riti, nella quale si trovò collega con uomini come il Duchesne, il Wilpert, l'Ehrle e l'attuale Cardinale Mercati.
    Intanto morì Leone XIII, e nei primi anni del Pontificato di Pio X scoppiò finalmente e violentemente la crisi modernista, già da lungo tempo latente. Il Benigni che già seguiva il movimento religioso, politico-sociale, nel maggio del 1904 allargò il campo della sua done il titolo in Miscellanea di Storia ecclesiastica e di Teologia positiva.
    Il 29 novembre di questo stesso anno fu nominato minutante alla S. Congregazione di Propaganda Fide. In seguito a ciò si fece incardinare nella Diocesi di Roma (1905) ed allargò ancora il campo della sua rivista, che col gennaio 1905 divenne: Miscellanea di storia e di cultura ecclesiastica. Trovò tempo di pubblicare anche una Historiae ecclesiasticae propaedeutica: I. Introductio, Romae 1905.
    Finalmente, il 24 maggio del 1906, il professore Benigni fu nominato Sottosegretario agli Affari ecclesiastici straordinari e entrò così nella Segreteria di Stato. Segretario era allora Mons. Pietro Gasparri e fu lui che propose Benigni in sostituzione di Mons. Aversa, nominato Delegato Apostolico di Cuba e Portorico. Ben presto, il 28 agosto 1906, Umberto Benigni fu nominato Prelato domestico di Sua Santità, e si trasferì in Vaticano.
    Rimase in quella carica fino al 1911, e fu certamente questo il periodo più importante della sua vita. Egli si occupava in particolare del servizio stampa, mansione cui era preparato per la sua ampia conoscenza di lingue estere e per le sue molteplici relazioni personali di valoroso pubblicista. La sua posizione d'altra parte gli conferì nuovo prestigio, offrendogli inoltre il modo di ampliare il raggio della sua attività; Bisogna dire, a questo punto, che da tutte le informazioni che abbiamo, non si può dubitare dell'attaccamento sincero di Mons. Benigni alla Chiesa e al Papa. Egli intendeva mettere se stesso, le sue molteplici qualità intellettuali, le sue vaste esperienze, sopratutto nel campo storico-culturale e sociologico, al servizio della Chiesa. Su questo punto bisogna insistere contro alcuni giudizi malevoli, quasi egli fosse stato un esponente della stessa massoneria; asserzione contradetta esplicitamente da quanti lo conobbero da vicino e dalla sua stessa attività contro il Modernismo.
    Abbiamo nominato il Modernismo. Mons. Benigni si era interessato da molti anni dei vari movimenti sociali, specialmente in Italia e in Germania. Il Socialismo era allora in continuo progresso un po' dappertutto e si stava lavorando, anche fra i cattoliei, per riportare nella vita economica e sociale, secondo le provvidenziali direttive di Leone XIII, la forza rigeneratrice e risanatrice della Fede. Il Benigni si era reso conto, come e quanto questi movimenti sociali siano legati alla politica e ai partiti politici; era quindi in grado di valutare i pericoli che potevano derivare da una concezione politico-sociale, più o meno staccata dalle direttive della morale cattolica; anche la politica sociale, come tutte le attività profane dell'uomo, doveva sottostare alle direttive della Chiesa cattolica. Mons. Benigni quindi era da tempo sull'attenti di fronte al dilagare delle vade teorie liberali o liberaleggianti, molto imprecise e sempre protese verso intese e compromessi, a danno dell'integrità della dottrina e della vita cattolica. Tutte queste teorie e movimenti furono poi comprese sotto il denominatore generale di Modernismo, il quale, di fatto, non fu soltanto una dottrina o tendenza puramente teologica, ma comprendeva anche un vasto movimento sociale, politico, letterario, culturale, che tendeva a «modernizzare» la vita e l'attività cattolica in ogni sua manifestazione. E con questa giusta avversione contro le tendenze modernistiche, nel senso più vasto della parola., Mons. Benigni entrava precisamente nelle vedute del Sommo Pontefice Pio X.
    Questi, il 4 luglio 1907, pubblicò il Decreto Lomentabili sane, col sillabo di 65 tesi modernistiche, cui fece seguito la grande Enciclica Pascendi dominici gregis dell'8 settembre, documento del più alto valore, il quale, oltre ad una vasta esposizione dottrinale degli errori del Modernismo, comprendeva anche una parte pratica per debellarlo efficacemente. La grande lotta aperta con il Modernismo era ingaggiata, e, come ben presto si poté constatare, la vittoria della Chiesa non poteva mancare.
    Il Giornale d'Italia riportò allora la notizia che la detta Enciclica fosse stata elaborata da Mons. Benigni, il quale vi avrebbe lavorato un anno intero.
    Ciò però non è affatto provato [1].
    Più verosimile invece appare la notizia che Mons. Benigni avrebbe preparato efficacemente il terreno ai documenti pontifici intorno al Modernismo, con una avveduta preparazione della stampa cattolica mondiale. Fatto sta che Mons. Benigni, col 23 maggio 1907, iniziò la settimanale Corrispondenza romana, mentre col numero di luglio-agosto dello stesso anno annunziò la cessazione della Miscellanea di storia ecclesiastica, e ciò, come dichiara nel suo «congedo»: «per assorbenti occupazioni» e per poter attendere alla sua monumentale storia sociale della Chiesa, di cui il primo volume vide appunto la luce nel 1907 (l'opera rimase incompleta; l'ultimo volume uscì nel 1933).
    La sopraricordata Corrispondenza romana [2] conteneva notizie raccolte in tutto il mondo, per mezzo di vari corrispondenti ed amici del Benigni, per seguire da vicino i movimenti ideologici, politici, sociali che potevano interessare la Chiesa e la sua attività culturale. Qui sta l'inizio di quello che poi doveva essere il SP.
    L'anno 1907 si chiuse con la celebre allocuzione di Pio X al Sacro Collegio (16 dicembre), nella quale il Servo di Dio parlò con forte insistenza contro il grave male del Modernismo, le sue varie forme e i vari modi anche nascosti, di penetrazione ed infiltrazione. Alla fine di quella allocuzione il Papa elevò alcuni illustri personaggi alla Sacra Porpora, fra cui anche il Segretario agli Affari straordinari, Mons. Pietro Gasparri, immediato superiore di Mons. Benigni. Al posto poi di Mons. Gasparri fu chiamato, il 18 marzo 1908, Mons. Raffaello Scapinelli di Leguigno.
    All'inizio dell'anno 1908, L'Osservatore Romano (10-11 gennaio) pubblicò un importante articolo, documentando la tattica generale e i vari mascheramenti del Modernismo, per insinuarsi insidiosamente tra le fila dei cattolici, tattica che pareva indicare una specie di comune cospirazione dei suoi adepti. Alla fine di ottobre si ebbe la clamorosa denunzia dei modernisti romani, fatta dal sac. Gustavo Verdesi nelle mani del P. Bricarelli, della Civiltà Cattolica, che poi doveva avere un lungo strascico. Verso questo stesso tempo si ebbero i primi inizi del futuro SP come organizzazione, e il detto sac. Verdesi ne fu il primo segretario. Dall'inizio del 1909 la Corrispondenza romana cambiò il titolo in Correspondance de Rome per facilitarne la diffusione. Press'a poco a questo momento Mons. Benigni lasciò la sua abitazione vaticana, per trasferirsi in una casa situata nel corso Umberto I, n. 466, detta poi anche Maison Saint-Pierre, ove installò la sede centrale del SP con la sua segreteria, e la redazione della Correspondance.
    Non sappiamo quale fosse la ragione del cambiamento di abitazione di Mons. Benigni dal Vaticano al Corso, mentre egli continuava ad essere Sottosegretario agli Affari ecclesiastici straordinari; forse per essere più libero nella sua attività particolare, che diveniva sempre più vasta. Comunque è da rilevare che il SP non ebbe mai sede in Vaticano.
    Si era allora nel bel mezzo dell'epica lotta contro il Modernismo e le sue moltiformi manifestazioni. Nel 1908 (7 marzo), uno dei suoi grandi padri, Alfredo Loisy, fu colpito dalla scomunica maggiore («vitandus»); agli studiosi orgogliosi e razionalistici, Pio X, con la sua accorata Exhortatio ad clerum catholicum (4 agosto 1908), contrappose il tipo del vero sacerdote cattolico, di soda pietà e di sana dottrina: contro la sfrenata interpretazione razionalistica e liberale delle Sacre Scritture il Papa istituì un apposito Istituto Biblico (1909); nelle Encicliche scritte in occasione dei centenari di S. Anselmo (1909) e di S. Carlo Borromeo (1910), tornò ad insistere fortemente sui pericolosi equivoci dei modernisti e dei modernizzanti, né si curò gran che delle violente grida degli avversari, che si servirono anche alle volte dei Governi, per inscenare le loro proteste contro Roma. L'Osservatore Romano (23 marzo 1910), tornò a parlare con chiarezza contro la subdola propaganda modernista che continuava a serpeggiare sotto varie forme e maniere.
    Finalmente Pio X, con mano forte e decisa, venne a sradicare energicamente ogni velleità modernista o modernizzante con il suo famoso Motu proprio del i novembre 1910 Sacrorum Antistitum, con cui impose ai clero cattolico di tutto il mondo il giuramento antimodernistico, aggiungendo altre misure energiche per impedire, una volta per sempre, il rigermogliare della velenosissima setta. Alcuni temperamenti locali (come in Germania), non impedirono il successo trionfale: la guerra contro il Modernismo era vinta!
    Tutto questo lasso di tempo era anche il periodo più fecondo e sereno del SP e delle sue varie attività collaterali, come vedremo meglio nel secondo punto.
    Mons. Benigni, noto come combattente sostenitore della politica di Pio X contro il Modernismo in tutte le sue varie manifestazioni, era divenuto, come era da prevedersi, bersaglio di odi e di rancori da parte di quanti si sentirono scoperti e indiziati da lui e dalle sue organizzazioni. Ma il Benigni aveva anche avversari diretti nel campo della grande politica; così Aristide Briand, dal 1906 varie volte ministro, dal 1909 presidente dei ministri francesi, gli fu molto avverso, sapendo molto bene che Mons. Benigni era riuscito non una volta a sventare o ad ostacolare certe sue manovre; incominciò quindi a fare delle pressioni presso la Segreteria di Stato, affinché quel molesto personaggio venisse eliminato. A questo punto, è forse il caso di accennare anche a quella contrarietà che nel frattempo era sorta fra Mons. Benigni e il Cardinale Pietro Gasparri e che si prolungò poi finché vissero. Comunque sia, il 7 marzo 1911, Mons. Benigni lasciò il suo posto agli Affari ecclesiastici straordinari, succedendogli lo stesso giorno, l'allora Mons. Eugenio Pacelli. Che Mons. Benigni uscisse dalla Segreteria di Stato con onore [3] si rileva dal fatto che Pio X creò per lui ex novo il posto di un ottavo Protonotario Apostolico Partecipante, mentre quell'illustre Collegio non aveva mai avuto più di sette membri (7 marzo 1911).
    Da questo momento Mons. Benigni, libero da vincoli di ufficio, si dedicò con tutta la sua energia alle sue varie organizzazioni, per continuare nella lotta ingaggiata contro ogni specie di aperto e velato Modernismo. Questa lotta era diventata quasi un bisogno della sua natura combattiva; ed egli non schivò sempre il pericolo di eccessi e di esagerazioni. Gli succedettero anche altri guai. Lo stesso segretario del SP, il già nominato sacerdote Verdesi, uscì pubblicamente dalla Chiesa cattolica (3 aprile 1911) e passò tra i metodisti. In seguito si ebbe (maggio e giugno) il famoso processo Bricarelli-Verdesi, che finì con la condanna dell'ultimo, il quale però si era sottratto ad ogni azione giudiziaria con la fuga in Svizzera; Nel giugno dello stesso anno 1911 la Segreteria di Stato si vide obbligata, dopo ripetute recriminazioni, a deplorare, in un dispaccio al Nunzio Apostolico di Baviera, Mons. Frühwirt, la pubblicità troppo vivace della Correspondance de Rome, dichiarandola né ufficiale e né ufficiosa, come molti la credevano in vista della posizione dell'editore.
    Il 5 luglio di questo stesso anno 1911, Mons. Benigni ricevette dal Papa il primo autografo di lode per il SP e la sua attività (vedi Doc. 1). Nel gennaio del 1912 mise in piedi un'Agenzia Internazionale Roma (sigla AIR), organizzazione a parte, ma legata in qualche maniera al Sodalizio Piano. L'Osservatore Romano del 3 marzo pubblicò una breve nota del Cardinale Merry del Val, Segretario di Stato, indirizzata al Vescovo di Augusta, nella quale dichiarò ingiustificato l'attacco diretto dalla Kölnische Zeitung, organo del movimento sociale interconfessionale, detto di München-Gladbach, contro le informazioni di Mons. Benigni. L'8 luglio 1912 Pio X indirizzò un secondo autografo di lode al Sodalizio Piano (vedi Doc. 2). Col 19 dicembre di questo anno poi si inizia uno scambio di lettere fra Benigni e il Segretario della S. Congregazione Concistoriale, Cardinal De Lai, intorno all'approvazione canonica del SP (vedi sotto al n. II e Doc. 3 e seguenti). All'inizio del 1913 Mons. Benigni si vide costretto a sospendere momentaneamente la sua Correspondance de Rome, ma poco dopo essa riapparve col titolo Corrispondenza romana. Poco prima della morte di Pio X il Sodalizio Piano ebbe un terzo autografo pontificio (vedi Doc. 18). Appena morto il Papa, Mons. Benigni si affrettò a dichiarare sciolto il Sodalitium Pianum, pronto però a ricominciare qualora si ritenesse opportuna la sua attività. Infatti nel 1915 si ebbe una seconda fase di corrispondenza fra Benigni e il Card. De Lai circa lo stesso Sodalizio (vedi Doc. 20 e seg.). Ma la grande guerra mondiale cambiò totalmente le cose e le difficoltà delle comunicazioni protrattesi per anni, resero praticamente inefficace l'organizzazione di Mons. Benigni, che però non era mai cessata del tutto.
    Nel 1920 Mons. Benigni pubblicò le sue lezioni tenute all'Accademia dei Nobili ecclesiastici, sotto il titolo Manuale di stile diplomatico, specialmente ad uso del servizio ecclesiastico. Va da sé che la sua attività di professore, scrittore e giornalista non aveva mai cessato. A causa della sua non buona salute, si trasferì ai quartieri più alti, in via Arno 97, nei pressi di piazza Buenos Aires, ove alloggiò in un appartamentino di quattro camere.
    Nel 1921, come si dirà al numero seguente, ebbe luogo la clamorosa pubblicazione di unì incartamento del SP, sequestrato nel 1914 a Gand e che fu causa di violenti attacchi a Mons. Benigni e dell'intervento del Cardinale Sbarretti, Prefetto della S. Congregazione del Concilio (vedi Doc. 26); ne seguì, in data 25 novembre 1921, lo scioglimento definitivo del detto Sodalizio (vedi Doc. 29); Mons. Benigni ciononostante, non cessò di lavorare per la buona causa), come egli era convinto; dal 1923 diresse la pubblicazione dei fogli dei CVDS, cioè del Comité Veritas de Documentations Sociales, e continuò a preparare gli ulteriori volumi della sua Storia sociale della Chiesa, di cui, come abbiamo detto, pubblicò l'ultimo volume nel 1933, un anno prima della morte.
    Nel 1928 nuovi attacchi rivolti diedero occasione a Mons. Benigni di presentare al futuro Cardinal Rossi, allora Sostituto della Concistoriale, un nuovo plico con preghiera d'inserirlo all'incartamento già esistente presso la detta S. Congregazione intorno al SP.
    La morte colse Mons. Benigni il 26 febbraio 1934, in età di 72 anni, pieni di lotte. Il punto secondo darà occasione di affrontare un qualche giudizio circa quel personaggio così interessante e complesso.

    1 Anche il Loisy, in genere ben informato per mezzo dei suoi amici romani, attribuisce al Benigni una qualche partecipazione alla redazione della Pascendi. Vedi a proposito i seguenti passi:
    LOISY, II, p. 566. La paternità della parte dottrinale dell'Enciclica Pascendi: a été attribué principalement au P. Billot S. I., assisté de Mgr. Benigni... Il semble que, dans la partie disciplinaire, par laquelle est réglée la chasse aux modernistes, le Pape ait opéré lui-même.
    II, p. 569. Si Mgr Benigni a composé ce réquisitoire, on doit lui reconnaître «une certaine habileté d'avocat», mais il n'a démontré, au fond, qu'une chose: l'incompatibilité de toute interprétation sincère des résultats critiques avec l'épistomologie scolastique» [i citati fra « -» sono da una lettera di von Hügel, 26, 21, sett. 1907].
    II, p. 575. Rappelons-nous que l'encyclique [Pascendi] avait la forme d'un pamphlet assez vivant, et n'oublions pas non plus que Mgr. Benigni savait fort bien soigner la presse.

    2 Loisy, II, 542. Peu aprés l'éclat du bref à Commer [14 giugno 1907; il Commer era allora a Vienna], La Correspondance romaine, que lançait alors Mgr Benigni, pour appuyer la campagne antimoderniste, annonça (7 juillet) un grand complot de catholiques allemands et anglais, formés en société secréte, qui voulaient moderniser l'Eglise...
    Anche lo SCHMIDLIN, nella sua più volte citata Papstgeschichte, III, 151 asserisce lo stesso.

    3 Non è superfluo ricordare, a questo proposito, la netta dichiarazione del Card. Gasparri, che cioè Mons. Benigni era «uscito con tutti gli onori dalla Segreteria di Stato» (Proc. Ord. Rom. IV, 1805; vedi sopra, p. 8). Si riducono anche a dimensioni molto minori giudizi come quello espresso da Mons. C. Respighi nel Proc. Ord. Rom. IV, 1770: «Ricordo ancora l'impressione che fece la nomina di Mons. Benigni a Sottosegretario della C. degli Affari Ecclesiastici Straordinari, perché persone molto autorevoli dubitavano della fedeltà e correttezza dello stesso Monsignore. Il quale fu poi dovuto rimuovere da quell'ufficio. L'impressione che da questo ed altri fatti se ne aveva era quella che il Papa non fosse ben informato e non prendesse le cautele necessarie per avere tutti gli elementi opportuni e che perciò molti atti dovettero essere o revocati o gravemente modificati».




    (continua)


    sodalitum pianum

  5. #5
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Mons. Umberto Benigni, il Cattolicesimo Integrale e la Questione Ebraica in Ital

    II - Il "Sodalitium Pianum"

    Non pretendiamo di fare una storia completa del SP; ciò richiederebbe una lunga e non facile indagine di fonti, in gran parte ancora inedite, e un largo impiego di studi, più o meno vasti, già pubblicati. Si deve ricordare inoltre che, dato la natura e lo scopo del detto Sodalizio, combattere cioè il Modernismo di ogni colore o di tutte le sfumature - combattimento condotto da Mons. Benigni attraverso varie organizzazioni ed organi pubblicitari interdipendenti - il SP e la sua molteplice attività fu a sua volta combattuta e ostacolata con tutti i mezzi, talvolta né belli né onesti; d'altra parte, anche il Sodalizio si difese o passò all'attacco non senza violenza; onde la relativa storiografia rispecchia spesso, non lo stato oggettivo delle cose, ma quello personale di chi ne parla o scrive. Di più, per quanto ci fu possibile controllare le cose, quelli che scrissero di proposito sul SP, dipendono in massima parte da alcune poche pubblicazioni di dubbia provenienza, come avremo occasione di accennare, mentre le fonti autentiche sono ancora in gran parte sconosciute.
    Ora l'incartamento della S. Congregazione Concistoriale, più volte citato, di cui per vera provvidenza possiamo servirci, ci offre documenti di prima mano, i quali, anche se non permettono da soli di scrivere la storia ex omni parte completa del SP e di tutta la sua attività, nondimeno sono di tale entità e autorità da garantire la sicurezza delle conclusioni, necessarie al nostro scopo, di conoscere cioè a sufficienza il detto Sodalizio, il suo scopo, i suoi mezzi e, sopratutto la presa di posizione nei suoi confronti da parte del Servo di Dio Pio X, ciò che è lo scopo precipuo di questo studio documentario.
    Nella storia del SP si distinguono nettamente tre periodi:
    1° periodo: origine e prima organizzazione, 1909-1911. Di questo periodo iniziale non abbiamo documenti.
    2° periodo: 1911-1914. Questo periodo si apre con il primo autografo di Pio X (5 luglio 1911), quando cioè il SP era solidamente organizzato e funzionava appieno; e si chiude con il suo spontaneo scioglimento, l'indomani della morte del Sommo Pontefice, 22 agosto 1914. Questo periodo è ricco di documenti, dei quali presenteremo un buon numero (Doc. 1-19); si tratta in massima parte della corrispondenza ufficiale, corsa fra Mons. Benigni e il Cardinal De Lai, Segretario della S. Congregazione Concistoriale.
    3° periodo: sotto Benedetto XV, 1915-1921. Questo periodo si aure con la formale ricostituzione del SP nell'estate del 1915, e finisce nel novembre del 1921 col suo definitivo scioglimento. Quanto alla documentazione, presenteremo i pezzi più importanti che riguardano la ricostituzione (corrispondenza Benigni-De Lai, Doc. 20-24) e la soppressione (corrispondenza Benigni-Card. Sbarretti, Prefetto della S. Congregazione del Concilio, Doc. 25-30).
    Superfluo notare che i periodi che c'interessano più direttamente, sono i due primi che appartengono al tempo di Pio X; non possiamo però dispensarci dal trattare anche del terzo periodo, poiché i relativi documenti sono in gran parte retrospettivi, e servono ad illustrare ancora meglio i due periodi precedenti.
    Un certo numero poi di notizie intorno al SP, fra cui non poche molto attendibili, sono contenute nelle deposizioni dei testi e sono state riprodotte sopra, nella prima parte del Summarium Additionale (pp. 30-43), dedicato ad estratti dai Processi. D'altra parte, la documentazione della Concistoriale è, per certi lati e dati, alquanto frammentaria e lacunosa. Considerato tutto ciò, abbiamo creduto opportuno di premettere qui, prima di dare la documentazione, uno sguardo generale sul SP e la sua moltiforme attività, basandoci sulle varie fonti storiche a nostra disposizione. Si avrà modo così di toccare anche varie questioni particolari, le quali, inserite nella trama generale, acquistano il loro giusto valore per la valutazione complessiva dei fatti e dei motivi. Le parti poi introduttorie ai singoli documenti potranno essere conseguentemente molto brevi.
    Questa introduzione senza pretendere di essere una esposizione completa e in ogni sua parte definitiva, sarà divisa in questi punti:

    1. Origine del SP.
    2. Idea primitiva.
    3. Funzionamento concreto:

    1) Roma: direzione, dieta, segreteria.
    2) Fuori: membri, collaboratori, le Conferenze di S. Pietro.
    3) Servizio ordinario e straordinario.
    4) Attività collaterali: la «Corrispondenza romana», riviste e periodici affiliati o paralleli, l'«Agenzia Internazionale Roma», l'«Agenzia Urbs».
    5) Secreto, cifrario, il «complotto» modernista, il contro-complotto ossia la «carboneria nera».
    6) Indiziati, denunziati.
    7) Finanziamento.
    8) Amici e fautori.
    9) Avversari e accuse.

    4. Riassunto e giudizio complessivo circa il SP.
    5. Pio X e il SP.


    1 - Origine del SP

    La necessità di procedere contro tutto quel complesso movimento di idee e teorie, che stavano già passando in vari modi nella vita pratica e che poi furono comprese sotto il comune denominatore di Modernismo, si era manifestata nella sua gravità ed urgenza agli occhi di Pio X sin dai primi inizi del suo Pontificato. Non mancarono molteplici atti, diremo preparativi, ma i gravissimi avvenimenti della politica esterna nei confronti della Francia assorbirono ben presto le maggiori attenzioni della Santa Sede. Soltanto nel 1907 il Pontefice poté lanciare il diretto attacco al Modernismo con i due noti documenti, Sillabo e enciclica Pascendi, che aprirono una recisa e vasta battaglia in tutti i campi, dalla politica alla filosofia, alla sociologia, alla teologia nei suoi vari rami, nella cultura e nella vita pratica, e che fu vinta contro immense resistenze, con i durissimi colpi del 1910, giuramento antimodernistico e misure correlative.
    Mons. Benigni, come abbiamo già detto, aveva seguito da anni l'evolversi di quelle idee e di quei contrasti, sopratutto nel campo sociologico, che era la sua specialità; ma la sua vasta cultura, le sue molteplici relazioni personali, la sua posizione poi in Segreteria di Stato e al servizio stampa gli aveva permesso di conoscere, nella sua estensione e profondità, tutto il fenomeno del Modernismo, nelle sue più svariate manifestazioni. Era cosa facile, anzi naturale, che si sviluppasse insensibilmente fra Benigni e i suoi amici e conoscenti un certo commercio di lettere, di avvisi, di indicazioni, le quali, raccolte e messe insieme, potevano facilmente dare l'impressione di trovarsi di fronte ad un attacco quasi concentrico contro la Chiesa, ispirato o diretto da una vera centrale che si sarebbe andata organizzando con dei gangli d'azione in tutti i paesi e su tutti i campi. Ed era un passo facile, per una natura combattiva quale fu Mons. Benigni, concepire e sviluppare l'idea di un contrattacco, diretto da un'altra centrale, che non poteva realizzarsi se non in una qualche connessione colla Santa Sede. Non abbiamo alcun documento che ci possa orientare su questa linea di idee, ma pare che questa sia la naturale e ovvia origine del SP, di cui Mons. Benigni, come tutti ammettono e come egli stesso afferma, fu indubbiamente padre e organizzatore.
    A questo proposito non dispiace trascrivere l'apprezzamento espresso da E. BARRBIER, Histoire du catholicisme libéral et du catholicisme en France, V, 227, con queste parole: «Outre ce rôle extérieur, le prélat [Mons. Benigni] était parvenu, par un travail opiniâtre dirigé avec une intelligence supérieure, à constituer pour le Saint-Siège un centre d'informations d'un prix inestimable sur les affaires catholiques de tous les pays, dont la Correspondence ou l'AIR ne faisait connaître qu'une faible partie. Cherchant aussi à coordonner partout les forces de résistance catholiques, ce fut lui, comme on l'a dit, qui invita leurs représentants divers, avec un succès d'ailleurs restreint, à arborer, à l'encontre de l'étiquette libérale, celle de "catholiques integraux"».

    2 - Idea primitiva

    L'idea primitiva del SP, che purtroppo mai fu potuta realizzare, sarebbe stata veramente luminosa e semplice ed avrebbe potuto essere di grande utilità per la Chiesa. La conosciamo attraverso alcune indicazioni od accenni, sparsi nella nostra documentazione. Vale la pena di fermarci un momento per veder di chiarirla.
    Riassumendo dunque i vari elementi, il SP doveva essere un istituto secolare alle dipendenze della Santa Sede, per far penetrare nelle masse le idee e direttive pontificie, e per informare la stessa Santa Sede di tutti i movimenti ideali, culturali, sociali, politici del mondo, veduti dal punto di vista cattolico. Tutto ciò si doveva attuare attraverso ad una rete aperta, cioè alle cellule (membri isolati, corrispondenti, circoli), sparse in tutto il mondo, e attraverso ad una rete chiusa, cioè la centrale romana detta la Dieta. La rete aperta avrebbe raccolto il materiale utile e l'avrebbe comunicato a Roma; contemporaneamente avrebbe lavorato per la penetrazione nelle masse con opportuni mezzi di stampa e di pubblicità, ma sopratutto con l'esempio della propria vita cattolica integrale, cioè senza alcun compromesso con lo spirito mondano, portando così il cattolicesimo alla sua perfetta forza di azione in ogni ramo della società. La rete chiusa, in base all'immenso materiale, affluente da ogni parte, da un lato avrebbe informato correntemente i vari organi della Santa Sede, e dall'altro lato avrebbe potuto dirigere, in dipendenza dalla Santa Sede, l'azione esterna cattolica, secondo le varie necessità attuali e occorrenti. Tutta questa organizzazione avrebbe formato un vero istituto, con approvazione formale e canonica della Santa Sede, rendendolo così autonomo e esente dagli Ordinari, quasi come un «ordine» laicale; Mons. Benigni usa la formula «istituto secolare», naturalmente non nel senso che oggi, dopo la Costituzione Apostolica Provida Mater Ecclesia, si dà a questo termine; però anche nel SP la base dell'azione doveva essere una vita cristiana «integrale», cioè perfetta.
    Il SP sarebbe stato sottoposto alla S. Congregazione Concistoriale. Un punto difficile però era il «segreto», che Benigni credette essenzialmente necessario, nel senso cioè che il SP doveva poter lavorare e spiegare la sua azione senza notorietà, in forma nascosta, quasi invisibile, per non essere disturbato dalle varie correnti opposte e dalle inevitabili reazioni. Il «complotto» modernistico parve richiedere un'opposta organizzazione, segreta per il pubblico, ma nota e controllata dalla Suprema Autorità ecclesiastica.
    Questa in breve l'idea generale, primitiva del SP, concepita da Mons. Benigni e da lui esposta ai Cardinal De Lai, non solo nei documenti, ma molto più nei vari colloqui, dei quali i documenti spesso sono soltanto un'eco.
    Peccato che questo magnifico progetto non si sia potuto realizzare in pratica come fu concepito. Purtroppo questo è spesso il destino delle cose più belle; vedremo infatti di quanto la realtà dei fatti rimase indietro all'ideale.

    3 - Funzionamento concreto

    1) Roma: direzione, dieta, segreteria. - La centrale del SP e delle opere collaterali, sopratutto della Corrispondenza romana, era a Roma. Lo stesso Mons. Benigni, fondatore di queste organizzazioni, ne fu Direttore Generale. Era coadiuvato per il SP dalla Dieta, costituita da un gruppo di tre o quattro persone, che dovevano essere ecclesiastici, e dei quali uno fungeva da segretario, mentre gli altri furono chiamati assistenti. Il primo segretario stabile del SP, per quanto sappiamo, fu il sac. Gustavo Verdesi, il quale cominciò a firmare con questo titolo sin dal 16 gennaio 1910. Purtroppo, questo giovane sacerdote, come è stato già accennato, lasciò la Chiesa (3 aprile 1911), anzi, fu oggetto di un clamoroso processo, per infamazione, mosso contro di lui dal P. Bricarelli S. I.
    L'ultimo segretario, sin dal 1911, fu il R. P. Giulio Saubat, religioso di vita integerrima, che molti a Roma ricordano. Nel 1913 (26 febbraio, vedi Doc. 12) conosciamo i due assistenti, Don Goffredo Brunner e Don Giuseppe Falsacappa. Don Goffredo apparteneva in un primo tempo ai Salvatoriani, dal 1910 ml 1912 fu sottoarchivista nella Segreteria di Stato; lo SChmIDLIN (opera citata, p 164, 166) si mostra fortemente prevenuto contro di lui. Di Don Giuseppe non abbiamo potuto raccogliere altre notizie. Un altro assistente, in un epoca che non conosciamo, fu il R. P. Carlo Maignen, della Congregazione dei Fratelli di S. Vincenzo de' Paoli, poscia Procuratore Generale della sua Congregazione, religioso molto apprezzato. Addette alla segreteria ci furono, almeno negli ultimi anni, quattro signore polacche anziane, che conoscevano molte lingue.
    La sede di questa centrale, dal 1909 al 1911 si trovava al corso Umberto I, n. 466, all'altezza di S. Carlo al Corso, nell'appartamento dello stesso Mons. Benigni, dove egli si era trasferito, come abbiamo già detto, lasciando l'appartamento che fino allora occupava in Vaticano. Il che fa supporre che Mons. Benigni non abbia voluto o potuto creare entro il Vaticano un centro di tale attività. Questa sede al Corso è nota sotto la denominazione «Maison St. Pierre» e non poche pubblicazioni la ricordano come sede della «congiura nera» del Benigni. Nel 1914 Mons. Benigni cambiò abitazione, passando nella vicina via del Babuino 85, ove rimase fino al 1917 o 1918, trasportando seco anche gli uffici delle sue organizzazioni. Poco dopo, e certamente nel 1921, la sua residenza era in via Arno, dove egli poi morì; ma questi anni non entrano più nell'ambito del nostro studio.
    Sull'ordinamento interno (archivio, schedari, protocollo ecc.) di questa centrale conosciamo ben poco: certo è che Mons. Benigni era mi ottimo organizzatore e che, almeno negli anni più fecondi (sotto Pio X), la corrispondenza doveva essere di una ampiezza considerevole.

    2) Fuori: membri, collaboratori, le Conferenze di S. Pietro. - Una certa difficoltà nasce dal fatto che il SP con i suoi membri ed amici non si identifica senz'altro con i corrispondenti e collaboratori della Corrispondenza romana o di simile stampa. Non tutti quelli che erano in qualche relazione con Mons. Benigni, furono anche membri del SP; ed altri lo furono solo per qualche tempo.
    Il SP, in base alla sua stessa natura, aveva bisogno di membri esterni, sparsi possibilmente nei centri più importanti, per poter seguire da vicino e con sicurezza tutti i vari avvenimenti, le discussioni o evoluzioni del pensiero e delle idee, nei vari campi della, vita e della cultura. Dovevano, essere, naturalmente, persone colte, laici o ecclesiastici, ma dovevano essere sopratutto dei cattolici convinti, ossia, come Mons. Benigni amava denominarli «integrali»; altri dicevano invece: «intransigenti».
    Questi aderenti al SP potevano essere, e furono spesso, personaggi isolati; potevano riunire intorno a sé, senza formalità, dei circoli o convegni liberi, amichevoli; anzi lo statuto prevede e considera come normale l'istituzione di veri circoli di aderenti; essi prenderebbero il nome di Conferenze di S. Pietro [1] ed avrebbero lo scopo di creare, come si direbbe oggi, dei nuclei o delle cellule di attività o di penetrazione, secondo lo spirito del SP.
    Nella mente di Mons. Benigni, questi gruppi esterni facevano parte integrale dell'opera stessa; l'approvazione formale e canonica che egli cercò di ottenere, doveva estendersi anche a questi; altrimenti, diceva egli, poteva succedere (e succedette di fatto) che un Ordinario, dubbioso o meno favorevole, o direttamente avverso alle tendenze dei SP, proibisse o almeno ostacolasse l'opera di tali gruppi. Perciò essi avrebbero dovuto godere della stessa esenzione del centro romano, e (altro punto difficile) avrebbero dovuto rimanere ignoti e segreti, almeno esternamente, verso gli estranei, e anche verso gli, stessi Ordinari: la S. Congregazione Concistoriale però sarebbe stata informata di tutto, anche intorno a questi circoli locali.
    Questi due punti - esenzione ovvero diretta e globale approvazione canonica delle Conferenze di S. Pietro, e la loro natura segreta (non verso la centrale, e, attraverso questa, verso la S. Congregazione Concistoriale, ma verso le autorità locali anche ecclesiastiche) -- costituivano per il Cardinal De Lai (e, si può supporre, anche per Pio X, che il Cardinal De Lai dovette con ogni probabilità tenere informato), gli ostacoli insuperabili per accedere alla desiderata approvazione canonica del SP.
    Gli innumerevoli avversari del SP, o della Corrispondenza romana, o di Mons. Benigni personalmente (poiché questi tre nomi, nella mente degli oppositori, spesso si confondono più o meno e costituiscono un'unica entità), affermavano per sola congettura, o per mala informazione, che i membri del SP fossero nientemeno che un migliaio. Mons. Benigni invece ed altri che lo potevano sapere, insistono nell'affermare categoricamente che i membri effettivi (compresi anche gli amici, fautori o aderenti platonici), non superarono mai il centinaio. L'equivoco, se vogliamo chiamarlo così, si spiega molto facilmente: di cattolici «integrali», o intransigenti, o comunque strenui difensori e sostenitori della ferma e dritta politica religiosa di Pio X, ce ne furono, grazie a Dio, dappertutto e in ogni ceto e condizione sociale. In questi anni di lotta era facile che gli avversari, aperti o clandestini, e i cattolici cosidetti liberali e democratici, venissero a trovarsi un po' dovunque, di fronte a questi difensori intrepidi, e alle volte troppo zelanti, dei principi cattolici senza compromessi. Di qui i sospetti, l'impressione e l'accusa, di trovarsi di fronte a tutta una vera associazione segreta, ben organizzata, universale.
    Di qui le asserzioni che dovevano essere moltissimi gli aggregati a questa unione «integralista» e via, dicendo. È questa un'osservazione e constatazione importante che spiega molte voci e sospetti. Inoltre bisogna ben distinguere i membri effettivi del SP ed altri collaboratori di Mons. Benigni, come semplici corrispondenti dei giornali o periodici detti «integralisti», che spesso non avevano nessuna relazione col SP.
    Riducendo il numero dei veri membri del SP, al tempo di Pio X, alla sua giusta misura, cioè forse ad un buon centinaio, si avrà anche un'idea più oggettiva dell'azione svolta dallo stesso Sodalizio.
    Quanto ai singoli membri del SP, rimandiamo all'elenco, molto incompleto (35 nomi), ma sempre interessante, inserito da Mons. Benigni nella sua relazione ufficiale al Cardinal Sbarretti (Doc. 27, n. 11.). Qui invece crediamo utile e assai istruttivo, presentare uno dei membri del SP più in vista il quale, nell'insieme della sua molteplice attività e delle molte e gravi avversità incontrate, ci appare un esempio tipico di quei cattolici robusti, in certi punti, forse, oltre conservatori, ma saldi nei principi e inflessibili quanto alla loro applicazione nella vita vissuta. È il professore Giacomo Rocafort, figura notissima di lottatore per la causa cattolica in Francia.
    Il Rocafort è un esempio tipico e forse estremo, dei cattolici francesi di vecchio stampo, antirepubblicani e antiliberali. Pubblicista politico-religioso vivace, prese viva parte agli svolgimenti della vita pubblica della sua patria, specialmente sotto il punto di vista dei principii cattolici e delle direttive pontificie. Fra le varie sue opere, due, L'éducation morale au lycée e La Morale de l'Ordre, furono coronate dall'Accademia.
    Quanto alla sua carriera politico-religiosa, scrisse le opere Mes Campagnes catholiques (2 volumetti); Autour des directions de Pie X (2 ed. 19112), con interessanti particolari sulle ripercussioni politica religiosa di Pio X in Francia, opera (327 pp.), che ci offriva qualche estratto utile, e Les resistances à la politique religeuse de Pie X (1920).
    Giacomo Rocafort, nato nel 1860 a Perpignan, fece i suoi studi (fino a 15 anni) nell'Istituto S. Luigi Gonzaga della città natale, li proseguì nel Piccolo Seminario di Prades, e, dalla III, nel Collegio di Perpignan. Prese poi tutti i titoli per l'insegnamento superiore (licenza e laurea in lettere), entrò nella carriera pubblica nel 1880 e fu professore in vari istituti in Africa e in Francia. Nel 1888, a causa di una malattia, prese un anno di riposo e venne a Roma, ove seguì anche dei corsi alla Gregoriana e al Seminario francese: da qui forse l'equivoco (o la calunnia) che fosse stato prete ed avesse gettato l'abito, prendendo moglie. Dal 1891 era professore d'Università a Nîmes e dal 1899 a Parigi; nel 1924 fu onorato colle insegne della Legione d'onore. Sin dal 1892 si era ammogliato.
    Ora si capisce facilmente come un uomo di questo taglio potesse abbracciare all'occasione un programma, che, come quello del SP, volesse realizzare appieno la grande idea del Pontificato di Pio X, la restaurazione cioè totale della vita cristiana. Nel 1907 egli venne, per caso, in contatto con Mons. Benigni. Ci fu allora, a Parigi, il caso «Montagnini», la confisca cioè illegale della corrispondenza del rappresentante della Nunziatura già soppressa. Il Rocafort fu inviato a Roma per prendere informazioni precise su tutto il caso, e, come lui stesso dice (Autour des directions de Pie X, p. 11), «Mgr Benigni étant le souschef du bureau dans lequel travaillait Mgr Montagnini, j'eus également l'occasion de faire la connaissance de ce prélat, que va jouer dans mon histoire un rôle si considerable».
    Divenne membro del SP (fino al 1911) e rimase corrispondente assiduo della Corrispondenza romana, ciò che gli causò gravi ostilità da parte di alcuni vescovi, di alcuni cattolici più liberali, di alcuni uomini politici - è appunto un episodio parlamentare che forma l'oggetto del suo volume Autour des directions de Pie X - e sopratutto da parte di tutti i liberali, socialisti, radicali, insomma laicisti».
    Infatti il combattivo vescovo Turinaz di Nancy, credendo che il nome «Rocafort» fosse un pseudonimo (gli pseudonimi erano allora assai in voga), invitò quel Rocafort a presentarsi al pubblico sotto la sua vera fisionomia; la sua pubblicità prettamente «romana», durante i gravi avvenimenti in Francia di questi anni, lo aveva messo in prima linea. Per esser brevi, avendo egli risposto essere né più né meno che il professore universitario rispondente al nome Rocafort, ne seguì un violento attacco a lui personalmente e a tutto il complesso della pubblicità «romana », con una interpellanza parlamentare. Il 16 gennaio 1910 il deputato Besnard, radicale-socialista, inveì violentemenite contro «il professore d'Università», avversario delle leggi repubblicane, dell'insegnamento laico, e dei cattolici liberali. Attaccò anche, e fortemente, la Correspondance de Rome e Mons. Benigni col suo SP, come contrari alla pacificazione interna della Francia, e via dicendo. Il 18 gennaio il Ministro della Pubblica Istruzione (Doumergue) rispose in senso piuttosto blando. Questo «caso» Rocafort diede ampia occasione anche alla stampa di intervenire, spesso in atteggiamento ostile e offensivo.
    Non poche citazioni dal libro del Rocafort ci saranno utili per illustrare, con un caso concreto, tutta la situazione tesa e violenta di questi ultimi anni di Pio X.
    Il Rocafort fu membro del SP ma solo per qualche tempo; ne uscì nel 1911 (così il Benigni, Doc. 27, n. 11); ma egli agì, prima e dopo - ed è questo il punto saliente - nel senso del SP, poiché egli aveva compreso da sé il valore delle direttive di Pio X e le voleva seguire fedelmente. A parte dunque la brevissima parentesi della sua appartenenza al SP, il Rocafort è uno dei molti cattolici, che in quel tempo turbinoso si proposero di realizzare la loro vita cattolica «integralmente», cioè perfettamente e sotto ogni aspetto, come Pio X desiderava; di modo che questi cattolici, che grazie a Dio non furono pochi, potevano dare l'impressione, con il loro atteggiamento, che esistesse realmente una massa organizzata di «integralisti» come spesso si gridò, i quali, nell'immaginazione degli oppositori, sarebbero stati affigliati tutti alla centrale di Mons. Benigni.
    A questo proposito lo stesso Rocafort dice molto chiaramente: «Mgr Benigni, c'est autre chose! ... Je me demande alors, puisque Mgr Turinaz croyait que j'avais reçu une mission de Mgr Benigni et rien que de lui, comment il s'y prenait, dans son for intérieur, pour isoler à ce point ce prélat subalterne de son supérieur direct, le Cardinal Merry del Val, pour l'isoler même du Pape? Comment admettait-il qu'un simple sous-secrétaire osât se permettre une politique personnelle, qui n'eût pas été celle de ses chefs, et que ceux-ci, depuis de si longs mois, le laissassent faire? ... La vérité est plus simple: je n'étais pas plus l'agent de Mgr Benigni que du Vatican, mais j'avais compris les directions pontificales et je voulais les servir, tandis que les libéraux passaient côté» (RocAFort, Autour des Directions de Pie X, p. 68).

    1 In Francia invalse la denominazione, alquanto equivoca «Les Confiseries», cioè «pasticcerie».




    (continua)


    sodalitum pianum

  6. #6
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Mons. Umberto Benigni, il Cattolicesimo Integrale e la Questione Ebraica in Ital

    3) Servizio ordinario e straordinario. - Una indagine in certi archivi della Curia Romana, che richiederebbe molto tempo, porterebbe senza dubbio alla conoscenza più precisa dell'ambito e dell'efficienza del servizio ordinario del SP. Esso comprendeva la trasmissione giornaliera o quasi-giornaliera del materiale di ogni genere - notizie, informazioni, risposte a certe domande, investigazioni varie e via dicendo - a vari personaggi della Curia, sopratutto alla Segreteria di Stato e a vari Prefetti di Congregazioni, e, se possiamo credere a Mons. Benigni, attraverso le mani di Mons. Bressan, allo stesso Pio X. Le esplicite asserzioni di Mons. Benigni in proposito, con i nomi che egli fa degli stessi Emi Cardinali Merry del Val, De Lai, Vives, van Rossum ed altri, escludono dubbi seri sull'autenticità di questo servizio ordinario dei SP.
    In molti posti dell'immenso incartamento della S. Congregazione Concistoriale si trovano i fogli d'informazione del SP, mai firmati, spesso però muniti del sigillo del Sodalizio; alle volte, in mancanza del sigillo, il formato, la carta, il contenuto e il modo della presentazione ed altre particolarità, danno generalmente l'impressione di aver da fare con uno di questi fogli d'informazione. Di due abbiamo dato il testo (vedi Doc. 15). Le notizie sono di contenuto svariatissimo: religioso, politico-religioso, sociale, letterario; notiziario su congressi, adunanze, corsi di esercizi; relazioni sulla stampa, sulle riviste cattoliche ed altre; su personaggi ecclesiastici e laici: insomma un caleidoscopio della vita, certamente non inutile e alle volte prezioso; non senza il pericolo d'altra parte, di pettegolezzi e futilità. Ma siccome questo servizio era semplicemente informativo, e i vari dicasteri avevano tanti mezzi per altre e ulteriori informazioni ufficiali, è difficile dire fino a qual punto questo servizio influì di fatto sugli organi dirigenti. Intorno a questo punto. che alle volte è stato drammatizzato, si deve essere molto prudenti e riservati.
    Il SP non è stato mai né l'unico, né il principale, né l'ordinario mezzo di informazione dei vari dicasteri, e quindi non si può attribuire, come troppo facilmente si è fatto, ogni responsabilità di certe misure senz'altro al SP e a Mons. Benigni.
    Il servizio straordinario del SP ci è assicurato dalla relazione di Mons. Benigni al Cardinal Sbarretti (Doc. 27, n. 7), ove egli rammenta due casi concreti, facilmente documentabili, uno, per incarico della Segreteria: di Stato, che si riferisce al Congresso dei Cattolici liberali di Berlino dei 1909, e l'altro, per conto della S. Congregazione dei Religiosi, cioè una inchiesta istituita dai membri del SP a Czenstochawa, nella Polonia russa, intorno ai gravissimi disordini dei Mariaviti, già condannati dalla Santa Sede nel 1904 e nel 1906. Alle volte, se si deve credere a Mons. Benigni, egli ricevette ordini direttamente dai Santo Padre; alle volte dalla Segreteria di Stato. Altre indagini, che richiederebbero più tempo di quanto ci è possibile disporre, avrebbero potuto portare alla conoscenza di tali casi di servizio straordinario. Ad ogni modo, è certo, che la Santa Sede alle volte si servì direttamente del SP per espletare alcune difficili missioni, che furono assolte con buon risultato.

    4) Attività collaterali: la «Corrispondenza romana», riviste e periodici affiliati o paralleli, l'«Agenzia Internazionale Roma», l'«Agenzia Urbs». - Uno dei maggiori addebiti fatti a Mons. Benigni e al suo SP è quello di aver esercitato nella Chiesa, ai tempi di Pio X e anche dopo, attraverso un sistema ben collegato di pubblicità e di stampa periodica «integralista», un vero regime di terrore e di coazione morale, non risparmiando nulla e nessuno, portando una fatale divisione tra i cattolici, denunziando impunemente e accusando uomini incensurabili, persino dei Vescovi e Cardinali, insomma, chi accoglie tutto ciò che ormai si continua senz'altro ad affermare intorno a questa particolare attività di Mons. Benigni e del suo SP, è indotto a considerare questo personaggio come un vero malfattore.
    Anche qui la verità oggettiva sta nel mezzo: non si può tutto scusare, ma non si deve neanche tutto condannare.
    Un primo dovere è di non confondere cose che nulla hanno a che fare con Mons. Benigni e col SP, con quelle che per qualche lato esterno gli sono vicine o che loro appartengono direttamente in parte o in tutto.
    Mons. Benigni - non bisogna dimenticano - era uno scrittore, un pubblicista per passione; non a caso, nella sua breve biografia, abbiamo rilevato questo aspetto della sua attività che si manifesta fin dai suoi anni giovanili. Egli s'intendeva di stampa e conosceva bene il suo influsso, in bene e in male. Il «servizio stampa», che egli curò in Segreteria di Stato, lo mise in contatto immediato con tutto quel mondo della stampa periodica e quotidiana che è di capitale importanza.
    È a tutti noto che, ai tempi di Pio X, esisteva già, e non solo in Italia, una stampa cattolica di carattere nettamente «papale», conservativa, espressamente aderente a tutte le direttive della Santa Sede, stampa detta spesso «intransigente» e in seguito «integralista ». Giornali cattolici, o riviste o fogli di questo tipo, con molte sfumature di tendenza più o meno rigide, esistevano dappertutto, anche fuori d'Italia, e alle volte - cosa del resto naturale - non mancò qualche legame anche se di natura puramente amichevole fra queste varie redazioni.
    Ora, Mons. Benigni, sapendo ben valutare l'opposto di questa stampa strettamente cattolica preesistente, le volle venir in aiuto con un notiziario scelto, continuato e frequente, raccolto in base ad informazioni personali internazionali e che abbracciasse, da una parte tutto ciò che nel mondo cattolico (politico, religioso, sociale, culturale) si andava svolgendo in conformità o in contrasto cogli indirizzi dati da Pio X, allo scopo di rafforzare le posizioni salde e difendere quelle minacciate; d'altra parte, per lanciare da Roma la parola d'ordine che indicasse le direzioni da seguire, che coordinasse le forze e unificasse gli indirizzi. Con questo duplice intendimento, fornire notizie e dirigere la stampa cattolica, uscì il 23 maggio 1907 il primo foglio della Corrispondenza romana, salita presto ad una celebrità, che sembra straordinaria per un semplice bollettino di notizie, e che sta a dimostrare come l'iniziativa aveva colto nel segno.
    Era un settimanale di formato piccolo, stampato da un lato solo per permettere più facilmente di poter ritagliare e disporre, a scopo editoriale, le singole notizie. Non era passato un anno e Mons. Benigni poté allargare il raggio della Corrispondenza romana, pubblicandola in lingua francese per una consultazione e diffusione più facile; così dal 15 febbraio 1908 abbiamo la Correspondance de Rome che fece tanto rumore. Per sedare appunto le troppe vive opposizioni, il Benigni sospese la Correspondance nel gennaio 1913; ma poco dopo nello stesso anno, riprese nuovamente la pubblicazione col vecchio titolo Corrispondenza romana. Inoltre già col 9 gennaio 1912 l'infaticabile Monsignore aveva aggiunto alla Corrispondenza una vera e propria Agenzia di informazioni, la AIR vale a dire Agenzia Internazionale Roma, alla quale succedette, più tardi (dopo il 1920?) la Agenzia Urbs, la cui attività esorbita dal nostro studio. Queste Agenzie però, sebbene sotto l'ispirazione di Mons. Benigni, furono gestite da altre persone, fra le quali un suo nipote, tale Mataloni.
    Ma la Corrispondenza non rimase sola; sorsero altri periodici di tendenze identiche: basta accennare ad alcuni.

    FRANCIA: La Critique da Libéralisme, fondata il 15 ott. 1908 da EM. BARBIER, noto pubblicista, estremo antimodernista, ex-gesuita (n. nel 1851 a Poitiers, morto nel 1925 a Parigi), di cui due opere: Le progrès du Libéralisme catholique en France sous le Pape Léon Xiii, e Ne mêlez pas Léon Xiii au Libéralisme, finirono all'indice (25 maggio 1908), mentre la sua grande Histoire da catholicisme libéral et du catholicisme social en France (VI voll.) non é senza meriti. Però le sue violenze irruenti, specialmente contro i gesuiti, indussero una trentina di vescovi francesi, sulla fine del 1911 e nel 1912 ad interdire la Critique nelle loro diocesi, e finalmente la stessa Santa Sede ne proibì la pubblicazione. E. Barbier non fu mai membro del SP, ma fu un corrispondente o informatore della Corrispondenza.
    In luogo della Critique nacque a Parigi (5 dic. 1912) La Vigie («la vedetta») dell'abbé BOULIN, della diocesi di Troyes, ma dimorante a Parigi, altro scrittore antimodernista il quale, seguendo un modo allora molto in voga, scriveva sotto il nome di Roger Duguet. Ma il 13 marzo 1913 il Card. Amette ottenne dal Vescovo di Troyes che richiamasse il troppo violento ed incomodo sacerdote nella propria diocesi, ciò che non impedì però la continuazione de La Vigie. Il Boulin non solo fu amico di Mons. Benigni e membro del SP, ma era lui che dava ospitalità all'amico romano quando questi si recava a) Parigi.
    Altri fogli, della tempra dei precedenti, furono Foi catholique, Rome et le Monde, Cahiers romains.

    BELGIO: un altro corrispondente di Mons. Benigni fu l'avvocato JONCKX, domiciliato a Gand, il quale, sulle orme della Corrispondenza romana, pubblicò a Gand una Correspondance catholique, la quale suscitò in Belgio, sebbene in minor proporzione, critiche e malumore (vedi in proposito il foglio del SP, Doc. 15). Il Jonckx fu anche membro del SP e il sequestro della corrispondenza corsa fra lui e il SP con le successive rivelazioni, fu l'occasione della levata generale di scudi contro il SP e Mons. Benigni.

    GERMANIA: i periodici più celebri nella lotta antimodernista e quindi proclamati «integralisti» e creduti affigliati a Mons. Benigni, sono Die Petrusblätter, di Treviri, la Köliner Korrespondenz, di Colonia e la fiera Wahrheit und Klarheit del conte OPPERSDORFF, a Berlino. Quest'ultimo fu anche membro del SP. Tralasciando fogli di minore importanza, basta ciò per comprendere come anche in Germania potesse nascere e prendere piede la fama di una organizzazione generale fra la stampa di tale tipo.

    AUSTRIA: il noto istoriografo ed erudito R. v. KRALIK, pubblicò il Der Gral, rivista di alta cultura, in opposizione al Das Hochland di Monaco di Baviera, di carattere molto libero; gli avversari del Kralik lo rimproverarono come capo-integralista austriaco (ciò che è veramente molto esagerato). Di tendenza fortemente antiliberale (e quindi indiziato come «integralista») fu anche il Das Wiener Sonntagsblatt. Certi anti-integralisti pensarono di vedere un precursore del SP di Benigni perfino nel notissimo ed innocentissimo Piusverein der Katholiken Österreichs, fondato sotto gli auspici dell'episcopato nel 1905 (durante il V Congresso cattolico generale austriaco a Vienna) per l'incremento della stampa cattolica, e lodato da Pio X; il bello si è anzi che, in seguito all'attività del Piusverein, venne a scomparire la infausta scissione fra cattolici conservativi e sociali, a scapito però degli organi conservativi; perciò Mons. Benigni e i suoi amici non dovettero essere molto contenti di questo supposto loro «precursore». L'esempio è tipico per le confusioni che anche fra storici e scrittori di buon nome possono occorrere, a danno però della verità.

    OLANDA: il noto giornale Maasbode passa ugualmente per antimodernista, e «integralista», come anche la rivista Rom. Non esiste però, per quanto si sappia, alcun legame fra questa stampa e Mons. Benigni.

    POLONIA: si cita il periodico Mysl Katolica, pubblicato a Czenstochawa, quasi certamente in collaborazione diretta con le signorine polacche della Segreteria del SP di Mons. Benigni.

    ITALIA: superfluo elencare la stampa «integralista» o intransigente, perché nota a tutti; ai nostri scopi invece interessa precisare che di tutta questa stampa, per quanto ci consta, solo La Liguria del Popolo, in qualche senso, può essere considerata collegata con il SP e Benigni, inquantoché il direttore Don BOCCARDO fu anche membro del SP e corrispondente di Mons. Benigni; nel plico Genova della Concistoriale i molti fogli tipici del SP con notizie genovesi possono essere considerati probabilmente come notizie del Boccardo.
    Ci siamo soffermati appositamente nella descrizione - sia pure incompleta - della stampa che passò sotto la denominazione di «integralista» e che esisteva in tutti i paesi in varie forme e con tonalità diversa, dagli estremisti accesi ai più mitigati, ma sempre fermi nei principi e avversi all'infiltrarsi dello spirito modernistico o liberale nella vita cattolica; e ci sembra che possa bastare l'attenta lettura di questo elenco, per quanto incompleto, per dubitare assai della consistenza di certe asserzioni degli anti-integralisti e dei modernisti, dell'esistenza cioè di tutto un blocco organizzato e unitario della stampa cattolica «integrale», sotto la segreta, ma potente direzione di Mons: Benigni e sotto il patrocinio del suo SP. Solo per cinque di questi giornali o periodici è accertata l'appartenenza del direttore al SP (La Vigie con Boulin; Correspondance catholique con Jonckx; Wahrheit und Klarheit con Oppersdorff; La Liguria dei popolo con Don Boccardo; Mysl Katolica coni le segretarie del SP); di questi La Liguria aveva già sin dagli inizi (1872) la tendenza «papale» che ai tempi di Pio X, non senza disprezzo, fu chiamata «integralista»; il fatto che Don Boccardo appartenesse al SP, non cambiò affatto nulla della spiccata «romanità« del giornale. I fratelli Scotton della Riscossa, i redattori della Unità Cattolica, per limitarci a questi due giornali italiani più intransigenti, non ebbero mai contatto con Mons. Benigni o col SP; potevano anzi considerarsi essi stessi come antenati della Corrispondenza di Mons. Benigni per spirito informatore e per valore e forza combattiva.
    In una parola: è falso, è un grave errore storico mettere senz'altro tutta la stampa del mondo di quell'epoca, di colore e di tendenza «integrale», in uno stesso sacco e dirla tutta affiliata alla Corrispondenza romana e proclamare Benigni il padre comune e quindi tutto ciò che si possa o si voglia addossare a quella, addebitarlo al SP e a Mons. Benigni.

    Il fin qui detto, ci permette di fare alcune constatazioni che chiarificano tutta la grossa questione della. stampa integralista, capitanata, come si dice, da Benigni e dal suo SP.
    1° La Corrispondenza romana di Mons. Benigni non dipende direttamente dal SP; le informazioni dei membri del SP possono essere utilizzate e lo sono; ma ci sono anche corrispondenti che non sono membri del SP, amici personali di Benigni, corrispondenti casuali e via dicendo. Né lo Statuto, né il Programma del SP contengono un pur minimo cenno alla Corrispondenza. La Corrispondenza nella sua origine precede il SP di due anni.
    2° Se un periodico, un giornale di carattere «integrale» o intransigente ebbe, in un certo periodo, un direttore, un redattore, un collaboratore che fu anche membro del SP, non per questo è lecito dire che quel giornale era sotto il patrocinio diretto del SP o di Mons. Benigni.
    3° La dipendenza effettiva è diretta di una rivista, di un giornale «integralista» da Mons. Benigni (o dal SP se si vuole) deve essere documentata, come lo è, per esempio, per la Correspondance catholique dell'avvocato Jonckx, almeno per corrispondenza «privata», come la chiama Benigni.
    4° Non avendo ottenuto il SP altro dalla Santa Sede che una certa previa approvazione generica del suo Statuto e del suo Programma, nomi si può chiamare in causa la Santa Sede, per ciò che il SP come tale, avesse eventualmente agito nel campo della pubblicità.
    5° Non essendo la Corrispondenza di Mons. Benigni un organo né ufficiale, né ufficioso della Santa Sede, ma una impresa. sua privata, non si può accusare né il Papa, né la Santa Sede per i difetti, le mancanze, le intemperanze che ad essa, con o senza fondamento, si addebitano.
    A confermare quanto è stato detto e ad illustrare alcuni aspetti della questione, crediamo opportuno di far parlare alcune persone e addurre alcuni fatti concreti.
    a) Un fatto concreto in favore della Corrispondenza romana.
    Sotto il 10 luglio 1911 la Corrispondenza portò la seguente notizia: «Il pericolo religioso in Germania, documentato da quelli che lo negano. Una circolare segreta contro il libro del P. A. M. Weiss», polemizzando contro «lo stato maggiore» modernista tedesco. Il noto apologista domenicano P. Weiss aveva pubblicato un'opera: Lebens- und Gewissensfragen der Gegenwart (2 voll.), attaccato da vari personaggi di tendenze liberali e modernistiche. Il 13 luglio la Kölnische Volkszeitung si dimostrò favorevole ad una recensione contraria al libro del P. Weiss. Il 11 luglio il Der bayrische Kurier (ufficiale) pubblicò una notificazione del Nunzio, Mons. Frühwirt, nella quale egli protestò contro gli attacchi, fatti da giornali esteri, contro l'arcivescovo di Colonia e contro certi cattolici tedeschi, affermando che né Mons. Benigni, né alcun altro prelato romano aveva avuto parte nella campagna contro il cattolicesimo tedesco.
    b) Estratto della interpellanza del deputato Besnard alla Camera francese (vedi sopra, p. 212); molto istruttivo per conoscere il carattere, l'influsso e il prestigio che si aveva della Correspondance.
    «Mais tout cela n'est rien encore! (Exclamations). Ce que je reproche surtout à M. Rocafort, c'est d'être en France l'agent direct de tout un plan d'exécution qui est conçu autour du Vatican et qui est dirigé contre l'école laïque. Ce plan d'exécution est indiqué par une feuille qui s'appelle la Correspondance romaine. Rocafort en est à Paris le collaborateur, ou l'informateur, comme vous voudrez - il tient, lui, à son titre de collaborateur, d'autres pourront l'appeler informateur - il est le collaborateur et l'informateur de cet organe, de ce bulletin de renseignements qu'on appelle la Correspondance romaine et sur lequel je dois maintenant m'expliquer. Qu'est-ce donc que la Correspondance romaine? La Correspondance romaine - j'ai là une partie de la collection, et j'ai eu en ma possession toute la collection depuis les origines - la Correspondance romaine n'est pas un journal, c'est un petit bulletin d'informations, de renseignements, qui a commencé à paraître en 1907.
    Au début, la Correspondance romaine paraissait sur une feuille; d'autres exemplaires en eurent deux; il était écrit à la polycopie, en italien, et le titre en était italien. Le but de la Correspondance romaine, c'était d'indiquer certains avis aux journaux catholiques
    français ou aux journaux catholiques allemands, c'était de se faire en quelque sorte le transmetteur officiel des indications et des ordres du pape, et c'était aussi, à l'occasion, de publier pas mal de fausses informations et de fausses nouvelles, de dénoncer pas mal de gens qui n'avaient pas commis la moindre faute. Dans l'un des premiers nnméros de la Correspondance romaine, on dénonçait une ligue qui s'était formée en Allemagne entre catholiques; on disait qu'un certain nombre de catholiques français y étaient entrés. C'était une information fausse; aucun catholique français n'a jamais appartenu à cette ligue.
    Voici la forme de la Correspondance romaine, qui, je le répète, n'est pas un journal, j'appelle votre attention sur ce point, c'est un simple bulletin d'informations et de renseignements. La Correspondance romaine est-elle bien le bulletin officiel ou officieux de renseignements du Vatican? Je crois qu'à ce point de vue aucun doute ne peut subsister. La Correspondance romain est dirigée, en réalité, par Mgr Benigni, sous-secrétaire à la secrétairerie d'Etat du Vatican; pour tout dire, il est l'homme à tout faire de Merry del Val. Mgr Benigni, donc, dirige la Correspondance romaine, qui est imprimée dans la même imprimerie que la Revue d'histoire religieuse à la tête de laquelle se trouve aussi Mgr Benigni; le directeur et les collaborateurs de la Correspondance romaine sont les collaborateurs de la Revue d'histoire religieuse. C'est bien Mgr Benigni qui a conçu, au Vatican, tout un plan d'organisation de la presse pour exercer une action non seulement contre toutes les lois de laïcité, mais aussi, et je le démontrerai, une action contre la France. Il suffit de lire une note parue dans la Correspondance romaine pour ne conserver aucun doute sur le caractère officieux de cette feuille. La Correspondance romaine insérait ceci à un certain moment où ce journal avait changé de directeur: " Notre nouveau directeur n'aura qu'à continuer et renforcer son oeuvre pour améliorer toujours notre bulletin, tout en le maintenant tel qu'il a été jusqu'à présent: ni officiel, ni officieux, mais simplement un organe digne de toute la considération que mérite a un galanthomme quand il donne quelque information. Pourtant, nous répétons formellement que la nature et la valeur de ces informations sont telles que nous les présentons. Si donc nous donnons une nouvelle en déclarant l'avoir reçue de source compétente, ceci veut dire que nous la donnons comme parfaitement authentique. Si notre bulletin publie des informations ou des notes de nos correspondants et collaborateurs, c'est naturellement sous leur responsabilité personnelles que nous les publions, ni plus, ni moins". Tout atteste le caractère officieux de la Correspondance romaine. Je pourrais prendre quelques exemples. En voici un: Au moment où on a annoncé que des assemblées d'évêques se tiendraient en France, la Correspondance romaine, d'avance, alors qu'on parlait déjà, mais avant que ce ne fût décidé, indique que les assemblées d'évêques n'auront pas lieu. Elles sont décidés, on a arrêté la date à laquelle elles auraient lieu, lorsque viennent des ordres qui font que ces assemblées n'ont pas lieu. Par conséquent, la Correspondance romaine a pour but, et c'est là son rôle, de donner à la presse catholique française - car c'est surtout à la France qu'elle semble s'être attachée - des indications et des ordres. Chaque fois qu'elle dénonce quelqu'un, comme le rédacteur à la Croix révoqué, ou le professeur Bureau, qu'on a dénoncé pour être en même temps professeur à l'Institut catholique et au Collége des hautes études sociales, chaque fois que la Correspondance romaine dénonce quelqu'un, ses dénonciations sont écoutées; chaque fois que la Correspondance romaine annonce une nouvelle, la nouvelle est exacte. Et c'est là qu'on reconnaît le caractère tout à fait officieux de cette feuille. C'est bien là son caractère; j'ai sons les yeux un numéro où il est parlé d'un livre intitulé L'Univers et l'Humanité, à propos duquel le Pape aurait envoyé une lettre de remerciements. On s'était servi de cette lettre de remerciements pour dire que ce livre était agréable au Pape. Ce numéro de la Correspondance romaine dit en substance: "On s'est trompé, jamais le Pape n'a voulu donner aucune approbation à ce livre, qui est, au contraire, un livre impie. On a pris une simple lettre de remerciements pour une lettre d'approbation". Cette feuille a donc bien tout le caractère d'une feuille qui donne les avis, les indications venant du Vatican» (ROCAFORT, Autour des Directions de Pie X, p. 105 ss.).
    c) Estratto da una intervista concessa dal Prof. Rocafort ad un giornalista parigino, in occasione della sopracitata interpellanza, sul vero carattere della Correspondance: intervista che rettifica alcune vedute errate del deputato Besnard:
    «- On dit que vous êtes l'agent de la Correspondance de Rome.
    «- Mes relations avec la Correspondance de Rome sont d'ordre purement journalistique. Comme tout le monde, je préfère les feuilles bien renseignées. Quand j'ai su que celle-là l'était, je l'ai adoptée; puis j'ai connu les rédacteurs, je leur ai envoyé de temps à autre quelques notes de vues générales, des relations très amicales se sont peu à peu établies, et voilà ... Je ne suis ni son agent en titre, ni son informateur ordinaire; je suis un ami et un collaborateur occasionnel.
    «- La Correspondanee de Rome est, je crois, l'organe du Vatican?
    «- Erreur. La Correspondance de Rome n'est ni officielle ni officieuse. Mais les rédacteurs sont des loyaux serviteurs de la pensée du Pape. Ils vont aux sources, ils rapportent exactement ce qu'ils entendent dire dans les bureaux du Vatican. Ils ne truquent pas. Voilà leur crédit et leur force. Si vous étiez au courant comme moi de la presse cathòlique française, vous verriez quel besoin on a de ce véridique et sûr organe qu'est la Correspondance de Rome. On n'y tire pas à soi, à ses conceptions propres, la pensée de Pie X; on la reflète exactement, intégralement.
    «- On dit que vous êtes en relations avec des personnages du Vatican?
    « - Certainement. Depuis que je m'occupe de la question religieuse, et dans le sens des directions pontificales, cela était inévitable, et au reste j'en suis très fier. Mais parce que je ne connaîtrais tel ou tel prélat, fût-ce même le sécrétaire d'Etat, et parce qu'ils auraient pour moi de bons sentiments et de l'estime, serait-ce une raison pour m'appeler leur agent? Alors, tous les amis, toutes les relations de M. Briand sont des agents de son gouvernement?... Vous voyez bien que cela n'a pas le sens commun.
    «- La Correspondanee de Rome est, dit-on, gallophobe.
    «- Pas du tout. La France y est à chaque instant louée, exaltée, comme de juste. C'est facile, avec des critiques qui portent contre le Bloc, ou des constatations pareilles à celles qu'on trouve dans nos journaux les plus patriotes sur la dépopulation, la criminalité, etc., de joindre bout à bout quelque phrases sévères; mais est-ce dénigrer la France, cela? Il faut vraiment que M. Besnard ait une faible estime de l'esprit critique de ses collègues pour avoir espéré le leur faire accroire. Tous nos journaux d'opposition, à ce compte, seraient contre la France» (RocAFORT, l. c., pp. 132-133).
    d) Ulteriori precisazioni sull'origine e lo scopo della Correspondance e sulla sua linea di condotta: «C'est sur ces entrefaites, et pour suppléer précisement à la mauvaise information des journaux religieux, surtout français, que la Correspondance de Rome fut fondée. L'Osservatore Romano était le journal officiel du Saint-Siège, la Correspondance se contentaìt d'être son amie et son alliée; de sorte que, sans avoir une autorité beaucoup moindre, elle conservait, plus que son grand aîné, la liberté de ses mouvements, elle pouvait même, accidentellement, être désavouée. De petit format, imprimée sur un seul còté, elle avait, elle a toujours l'aspect beaucoup moins d'un journal que d'un bulletin d'informations, de documents et de notes, facile à répandre et à reproduire. On y lit des notes romaines très sûres et de bonnes lettres du mond entier. La politique de la Correspondance vis-à-vis de la France était naturellement celle de Pie X: ni intransigeante ni libérale, mais clairvoyante, loyale, opportune sans opportunisme, d'un mot catholique. Le faux libéralisme n'a jamais eu prise sur elle, elle sait trop où l'adversaire veut en venir, à la dissociation progressive de l'Eglise de France et du Siège Romain, et à la décatholicisation de notre pays. Par dela les presents d'Artaxerxés, elle sait distinguer ses intentions. C'est pourquoi, sans se fermer en principe à aucun accommodement légitime, elle encourage ce qui reste en France de catholicisme a s'organiser, elle pousse à resister à un pouvoir qui ne respecte que les forts. Politique très simple, qui n'est pas commandée seulement par l'intérêt particulier de l'Eglise de France, mais aussi par celui de l'Eglise universelle, la France étant le cèntre d'une guerre anticatholique qui se livre dans le monde entier. Avec une politique pareille, la Correspondance de Rome devait fatalement, comme Pie X, heurter tous ceux qui ont l'esprit de négociation beaucoup plus que de combattivité. D'autant plus qu'elle s'exprime généralement avec une netteté et une vigueur plutòt françaises, dont la prose enveloppée et flasque de nos Croix nous a depuis longtemps déshabitués. Elle ne tarda pas à devènir odieuse à tout le libéralisme catholique. La Croix, dédaigneusement, la passait sous silence. Le Bulletin de la Semaine, les Débats, le Figaro, tantôt la raillaient de son manque d'autorité, tantôt l'accusaient de l'excés contraire, et constamment ils lui faisaient reproche de prétendues mauvaises dispositions contre l'épiscopat et contre la France.
    Mais un journal, ce sont des journalistes. Il fallait prévoir que la haine aurait tôt fait de rechercher les personnes de chair et d'os qui rédigeaient la Correspondance ou qu'on supposait qui la rédigeaient. C'est ainsi que furent produits au grand jour le nom de Mgr Benigni et le mien.
    Mgr Benigni occupait alors au Vatican le poste de sous-secrétaire aux Affaires ecclésiastiques extraordinaires. Il n'était pas le directeur de la Correspondance, contrairement à ce qui se répétait tous les jours; mais, organisateur et chargé du service de la presse à la Secrétairerie d'Etat, c'était auprès de lui que venaient naturellement s'informer les rédacteurs de la Correspondance, comme les autres; c'était de lui qu'ils s'inspiraient à l'occasion. Mgr Benigni est un des prélats les plus intelligents d'une Curie où il y en a beaucoup. Ancien professeur d'histoire à la Propagande, ancien rédacteur en chef à la Voce della Verità de Rome, auteur d'une Histoire sociale de l'Eglise en voie de publication qui promet d'être une oeuvre considérable, il a puisé dans les livres et dans la vie une rare connaissance des hommes et des choses politiques. Il possède de la France actuelle une information aussi sûre qu'abondante.
    C'est dans la personne de ce prélat que les mécontents incarnérent la Correspondance, c'est sur lui qu'ils poursuivirent dès les premiers jours la vengeance des sévérités de cette feuille à leur égard. Excellente tactique, semblait il, pour ne pas paraître attaquer le Cardinal Secretaire d'Etat, tout en l'atteignant par dessus la tête de son subordonné» (RocAFoRt, l. c., p. 12-14)
    e) Rapidità e precisione delle informazioni della Correspondance per mezzo di corrispondenti di cui un tipo è lo stesso Rocafort: «Mais cependant, avant cette polémique, on s'était enquiété quelque peu de la pérsonnalité de M. Rocafort et du bulletin auquel il apportait et sa collaboration et ses informations, je veux parler de la Correspondance romaine. On s'étonnait un peu, dans le monde catholique, de voir qu'il y avait en France un homme qu'on sentait toujours invisible et présent, qu'on sentait interposé entre le Vatican et les évêques et les catholiques français. On était surpris aussi que tous les élans de libéralisme provenant du monde catholique français fussent immédiatement dénoncés dans ce journal, qui s'appelait la Correspondance romaine» (ROcAFoRT, l. c., p. 89).
    d) Gli avversari della Chiesa, soprattutto i modernisti, contrari, fino alla ostinazione, alla Corrispondenza, che credono organo ufficioso del Vaticano e del Papa. Valga per esempio il Loisy, nei suoi citati Mémoires.
    Loisy, II, 532: accusa la campagna della Corrispondenza contro di sé (1907) e contro il prof. Paolo Bureau (altro modernizzante);
    Loisy, II, 573, 576: parla del suo amico Tyrrell, modernista inglese, il quale in una sua lettera al Card. Ferrata (29 settembre 1907) «a renouvelé ... la proposition qu'il a déjà fait (dans sa lettre du 30 août), mais en demandant rectification officielle "des fausses nouvelles données par celle dégoûtante Corrispondenza romana"».
    Loisy, II, 648 (nota 2), dopo la scomunica maggiore a lui inflitta (1908, 7 marzo), cita le parole, certamente non troppo dolci della Correspondance in proposito: «Commentant la sentence du Saint-Office, l'organe de Merry del Val et de Benigni disait: "Le décret qui frappe cet ecclésiastique a été accueilli par tous les catholiques sincères avec une douloureuse satisfaction ... Désormais les blocards, les juifs, les modernistes et les francs-maçons peuvent applaudir à Loisy. L'histoire nous enseigne ce que vaut l'applaudissement immoral des ennemis du Christ " (Citation in extenso dans le Siècle du 15 mars 1908)».
    Loisy, III, 27: riparla della Correspondance, la quale - e non poteva essere diversamente - gli dispiaceva assai; ma ci dà anche un magnifico testimonio della bontà di Pio X verso di lui: «Je ne sais pas si je vous ai raconté un trait aussi bizarre en son genre que l'avis dont vous me parlez. Un curé de Châlons, qui est mon ami depuis le séminaire, étant chez le Cardinal de Reims, a reçu de celui-ci l'assurance que Pie X avait dit au nouvel évêque de Châlons, successeur de Latty: "Vous allez être l'évêque de l'abbé Loisy. A l'occasion traitez-le avec bonté; et s'il fait un pas vers vous, faites-en deux vers lui". Dans ce même temps, la Corrispondenza romana imprimait que j'ai vendu le Christ aux Juifs et aux protestants. Encore une fois, toute cette comédie ne m'intéresse pas. Avances et menaces, tout cela se vaut, quoique le langage de la haine soit, dans tout ce monde officiel, plus naturel et plus sincère que l'autre. Ils sont surtout impuissants, et ils ne peuvent pas s'empêcher de le sentir [Lettera a v. Hügel]. Mon appréciation aurait dêtre plus nuancée. La haine, en service payé, parlait dans la Corrispondenza romana. Le désir de conciliation, dans la bouche de Pie X, était sincère, mais continuait d'être subordonné à des conditions inacceptables, dont le Pape lui-même ne mesurait pas la portée».
    Per concludere, dopo gli esempi addotti si può dire che la Corrispondenza romana fu opera privata di Mons. Benigni, non contemplata negli Statuti del SP, indipendente dalla Santa Sede; un bollettino niente affatto segreto, perché tutti vi ci si potevano abbonare liberamente; molto diffuso, molto influente e molto temuto, perché da molti creduto, ma erroneamente, organo vaticano o almeno ispirato; informatissimo finalmente su tutti i movimenti e atteggiamenti che potevano interessare la vita cattolica in tutte le sue svariatissime manifestazioni.
    La Corrispondenza aveva solo pochi organi ad essa direttamente legati o da essa dipendenti. L'immensa maggioranza della stampa cattolica detta integralista o preesisteva già, o anche se contemporanea per fondazione o posteriore alla Corrispondenza, ne era indipendente; vi era unita solo per indirizzo e per spirito. Di qui, il grave equivoco di ritenere la stampa «integralista» come organizzata e ispirata da Benigni. Da qui anche il fatto che certe intemperanze, imprudenze, mancanze di carità e anche di giustizia che gravarono su qualche foglio integralista isolato, per riflesso furono addossate al supposto direttore d'orchestra, Mons. Benigni e al SP, o alla Corrispondenza, o a tutti e tre.
    L'Agenzia Internazionale Roma - AIR, altra impresa di Monsignor Benigni, pare che sia stata una cosa esclusivamente privata sua e di qualche suo parente e non ha nulla a che fare con il SP o con la Corrispondenza, eccettuata forse, qualche comunanza sull'uso delle informazioni. L'Agenzia Urbs è posteriore allo scioglimento definitivo del SP nel 1921 ed è fuori ogni discussione per la Causa di Pio X.




    (continua)


    sodalitum pianum

  7. #7
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Mons. Umberto Benigni, il Cattolicesimo Integrale e la Questione Ebraica in Ital

    5) Secreto, cifrario, il «complotto» modernista, il controcomplotto ossia la «carboneria nera ». - Tutti ricorderanno le gravi parole dell'Emo Gasparri nel Processo Ord. Romano, riportate sopra (p. 10) e che è necessario ripetere anche qui: «Papa Pio X approvò dunque, benedisse e incoraggiò un'associazione occulta di spionaggio al di fuori e al di sopra della Gerarchia, anzi che spionava gli stessi membri della Gerarchia, anche Emi Cardinali: insomma approvò, benedisse ed incoraggiò una specie di Massoneria nella Chiesa, cosa inaudita nella Storia Ecclesiastica». Questa accusa, veramente grave, se fosse vera, era stata ventilata, prima ancora del Cardinal Gasparri, molte volte, fin dagli ultimi anni di Pio X, e continua ad essere ripetuta, senza che alcuno si sia preso la pena di controllare sul serio la questione.
    A consolidare l'accusa ed ad aggravare l'addebito, si adduce il fatto dell'esistenza di un apposito cifrario per la corrispondenza fra Mons. Benigni, i suoi corrispondenti e i membri dei SP.
    Sulle accuse di spionaggio anche verso la stessa Gerarchia diremo di proposito al n. 9; qui ci limitiamo a parlare del secreto e del cifrario.
    Il SP fu realmente una società segreta?
    Sì e no, così come lo stesso Mons. Benigni non si stancò mai di ripetere. Una organizzazione che chiese ed ottenne dall'Autorità ecclesiastica suprema un'approvazione almeno generica delle sue idee generali, non è una società segreta in senso assoluto. Era previsto negli Statuti, che i gruppi esterni (le Conferenze di S. Pietro), aggregati al SP, venissero comunicati alla S. Congregazione della Concistoriale col nome anche del capogruppo. Fui qui non c'è quindi una vera difficoltà; il SP come tale era noto - Direttore, membri della Dieta, gruppi esterni - alla competente autorità. La vera difficoltà invece fu un'altra: la segretezza dell'azione, del funzionamento del SP. Qui sta il vero nodo! Non per nulla il Card. De Lai, durante le lunghe trattative per la definitiva approvazione, che non venne mai, tornò sempre ad insistere su questo punto, e fu precisamente il segreto del funzionamento esterno, con gl'inconvenienti che vi erano connessi, che fece fallire finalmente tutto il SP.
    Il Benigni partì da questa premessa, che al momento in cui sorse il SP non era oggettivamente infondata: gli avversari della Chiesa, sopratutto la Massoneria (che allora veramente dominava in molti governi civili e in tante istituzioni) e il Modernismo (che allora era al colmo delle sue molteplici manifestazioni), per assicurare l'efficacia della propria azione si servivano, in larghissima misura, del segreto, vale a dire, di un'azione o di un funzionamento nascosto, inafferrabile, con tutte le astuzie e tutti gli inganni, necessariamente collegati con tale sistema. Ora - e questa fu una delle convinzioni più radicate di Mons. Benigni - per combattere un nemico che fa del segreto la sua arma più efficace, bisogna servirsi della stessa arma, con la stessa disinvoltura, senza pietà, per scoprire, prevenire, controllare.
    Quanto al segreto della Massoneria, non è il caso d'insistervi. Quanto al Modernismo volevamo presentare, in un quarto capitolo documentato, un certo materiale in proposito, rapidamente raccolto; ma la strettezza di tempo non ce lo ha permesso. Possiamo però fare dei cenni di per sé eloquenti.
    Il primo grande storiografo del Modernismo è l'ex-prete A. HOUTIN (1867-1926), amico del Loisy, con la sua Histoire du modernisme catholique (1913), che divenne umi vero panegirico di Pio X. Ora l'Houtin, del resto lui stesso modernista per molti anni, poi distanziatosi dai modernisti, ma senza tornare alla Chiesa, libellista passionale (alcune sue opere sono finite all'Indice), insiste fortemente sul «complotto internazionale» dei modernisti, come cosa reale, di cui indica attori e capi. Il Loisy, invece, poco favorevole all'Houtin, nonostante le relazioni che ebbe con lui per molti anni, nega insistentemente l'esistenza di quel «complotto»; esso sarebbe una immaginazione creata dall'Houtin, ma prima e sopratutto da Monsignor Benigni, per poter meglio impressionare gli ambienti romani e vaticani, e per indurre così Pio X ai provvedimenti drastici- sillabo, enciclica (1907), giuramento antimodernistico e prescrizioni affini (1910).
    Ci contentiamo di presentare il testo principale del Loisy, molto interessante.
    Loisy, III, 202. - «Il s'agirait donc maintenant de conjurer un si grand péril [il «complotto» modernista]. Mais force est bien de remarquer d'abord que cette "association secrète" dont Pie X «dénonce les manoeuvres ténébreuses, cette franc-maçonnerie internationale qui aurait poursuivi insidieusement sa propagande dans l'Eglise catholique, n'a jamais existé. La Corrispondenza romana, de calomnieuse mémoire, en vait parlé souvent; la pieuse et fidèle Action française, faisant écho, le 13 septembre 1910, au document pontifical, donnait des précisioris, dans un article sensationnel, sons la signature Aventino: "C'est surtout vers le jeune clergé qu'est dirigée l'attention de la Carboneria moderniste. Aussi a-t-elle cherché à placer des créatures et des espions dans tous les Séminaires, Universités, Instituts, Facultés catholiques. On peut dire, presque sans faire erreur, qu'aucun de ces centres n'est indemne. Ces créatures et ces espions - à qui l'on fournit souvent des bourses d'études pour faciliter leurs missions -, sont chargés de faire une propagande discrète, habile, entre les camarades, et de noter tout ce qui peut intéresser le mouvement: rapports sur les camarades et les professeurs". La Croix ne manqua pas de reproduire cette information terrifiante, qui était fausse, comme l'assertion du Pape. Les Etudes du 5 novembre 1910, comprenant qu'un mensonge trop absurde peut avoir plus d'incoiìvénients que la vérité, rectifièrent, par l'orane du P. de la Brière, l'information d'Aventino, en tournant le plus agréablement du monde le démenti qu'elles donnaient implicitement à Pie X lui-même. "L'hypothèse parait gratuite et invraisemblable ... Le Motu proprio pontifical garde assurément toute sa raison d'être, ... sans que le modernisme possède la moindre carboneria internationale". Ce qui est vrai, c'est qu'une agence internationale de délation (Sodalitium pianum), dirigée, comme la Corrispondenza romana, par Mgr Benigni, a été organisé, en ce temps-là (1910), sous les auspices du Vatican, pour l'extirpation de l'hérésie moderniste. On a pu justifier, aux yeux du Pape, l'institution de l'agence secrète des delateurs, en inventant l'agence secrète de propagande moderniste. Mais, à chacun sa gloire: au Pape, à Merry del Val et à Benigni, celle de leur agence d'espionnage; au modernisme perséctité, celle d'avoir été calomnié par le Pape et ses satellites. Le modernisme - et ce fut une de ses faiblesses - n'a jamais eu aucune organisation ni nationale, ni internationale. Même le petit groupe italien de Nova et Vetera, dont l'existance fut éphémère, et qui essaya d'organiser internationalement sa rédaction, n'eut pas la prétention d'instituer la franc-maçonnerie qu'imagina Benigni et que dénoncèrent Pie X et Aventino. Mais, si la raison du nouvel acte pontifical était fictive, les mesures qu'il prescrivait entrèrent dans l'ordre de la réalité».
    Loisy, II, 542. - «Peu après l'éclat du bref à Commer, la Correspondance romaine, que lançait alors Mgr Benigni, pour appuyer la campagne antimoderniste, annonça (7 juillet) un grand complot de catholiques allemands et anglais, formés en société secrète, qui voulaient moderniser l'Eglise en commençant par l'abolition de l'Index. Fiction grandiose, en rapport avec des incidents sans portés; mais il fallait bourrer les crânes catholiques en vue de grands coups dont Pie X allait frapper le Modernisme. On s'en doutait dès avant la publication du décret Lamentabili. Ainsi l'Italie, 13 juillet 1907: "Il fallait justifier par avance les mesures de rigueur prochaines contre les modernistes" ... Le baron [v. Hügel, Lettera del 13 luglio 1907] me dit dans quelles conditions il a souscrit an monument Schell; quant à l'autre affaire, il y est "aussi étranger qu'aux Lettres romaines", et il l'apprécie à sa juste valeur en disant que l'organe de Merry del Val a fait d'un "document très timide et correct une ligue secrète internationale". On pouvait lire, en effet, dans la Correspondance, cette citation que j'emprunte à la Semaine religieuse de Paris (20 juillet 1907): "On projetait d'organiser une Ligue internationale contre l'Index ... C'était une véritable franc-maçonnerie, avec toutes les caractéristiques de la secte odieuse, et, en premier lieu, l'obligation, sur l'honneur, de garder le secret le plus absolu, quelle que puisse devenir dans la suite la nature des actes de la ligue. On aurait donc marché à l'assaut de l'Eglise sans même savoir au juste ce qu'on faisait, ce qu'on voulait, quelques-uns seulement, les chefs gardant tout le sécret du plan de campagne, dont la lutte contre l'Index et son autorité ne devait être qu'une étape, mais une étape importante. ... Le mouvement venait d'Allemagne..."
    Invention grotesque, mais qui a été bientòt reportée sur le Modernisme, anquel ses adversaires, Houtin compris, ont attribué le dessein machiavélique de détruire l'Eglise».
    Loisy, III, 247. - «Cependant le livre de Houtin s'imprimait fort lentement. Lui-même le constate dans une lettre du 19 juin 1912. Il m'envoyait les épreuves à mesure. Je dois dire qu'il acceptait volontiers les corrections de détail pour les erreurs de fait facilement vérifiables; mais c'était temps perdu de critiquer ses jugements sur les personnes, ou ses interprétations de faits et de textes. Ainsi, jusque dans son autobiographie, il a maintenu son idée d'une sorte de conspiration ourdie par des personnes étrangères à l'Eglise pour détruire celle-ci par le moyen du Modernisme; de ce complot Paul Sabatier aurait été l'un des agents les plus convaincus et les plus actifs. Cette singulière fantaisie se rencoritre deja dans Histoire du Modernisme En vain je l'ai combattue en demandant des preuves et en alléguant que le caractère de Sabatier excluait l'hypothèse d'un semblable machiavélisme».
    Loisy, III, 510: «A plusieurs reprises, Houtin, à propos de Paul Sabatier, a parlé d'un complot ourdi par des incrédules pour détruire le catholicisme par le moyen des modernistes. - Rien n'est «plus chimérique».
    Bisogna aggiungere un cenno sul cosiddetto «concilio» o «Conciliabolo» modernista di Parigi e di Molveno. Per onorare Fogazzaro si tennero festeggiamenti solenni a Parigi (17 dicembre 1906-25 gennaio 1907) e in questa occasione fu progettato anche un convegno di capi modernisti: Fogazzaro, Murri, Gallarati-Scotti, Imbart de la Tour, Tyrrell, Paolo Sabatier, Loisy ed altri (Loisy, II, 502); ma la cosa non si fece per la mancanza di alcuni, fra ciii lo stesso Loisy, il quale, in una lettera al barone v. Hügel (il noto «commesso viaggiatore» del Modernismo) scrisse così: «Je n'ai pas plus un très ardent désir de prendre part an petit concile qu'on a l'air de vouloir organiser. On n'y pourra échanger que des voeux stériles. Je ne vois pas comment l'on s'entendrait en quoi que ce soit pour une action commune. Nous ne devons rien tenter contre l'Eglise; et dans les circonstances, nous ne pouvons rien pour la sauver d'elle-même» (26 nov. 1906).
    Si vede che Loisy, il quale senza dubbio conosceva bene i suoi amici e tutta la gente modernista, composta di persone così diverse per studi, interessi personali e tendenze, faceva poco affidamento su di una vera ed efficace collaborazione modernista; e pare che abbia avuto ragione.
    Più noto è il convegno di Molveno, tenuto in questa località di villeggiatura alpestre (nel Trentino, sotto le alte cime del Brenta), ove il barone von Hügel, già menzionato, si fermò per alcuni giorni nell'estate del 1907. Ebbe egli contatto con i modernisti milanesi del «Rinnovamento» e poi tenue un vero conciliabolo : «Se trouvaient réunis, non par hasard, mais pour conférer avec lui v. Hügel sur la situation religieuse, Fogazzaro, Casati, Scotti, Murri, Fracassini - le savant prètre à qui Pie X avait enlevé la direction du séminaire de Pérouse - et quatre autres ecclésiastiques non encore frappés. Houtin les nomme (Modernisme, 117): c'étaient Buonaiuti, Casciola, Mari, Piastrelli... Ce n'était pas une réunion banale...» (Loisy, II, 557).
    L'effetto concreto però di questa riunione che durò tre giorni (fine agosto 1907), non fu gran cosa; ciascuno tirò avanti per le proprie vie; una azione combinata non ci fu: pare che si sia raggiunta una qualche intesa finanziaria. Ma una cosa è abbastanza certa: da parte dei vari modernisti un vero complotto generale non ci fu. È certo invece che ci furono, specialmente in Germania, alcuni gruppi o centri attivi, più o meno modernistici, o almeno fortemente liberali e antiromani (anti-«ultramontani»). La nota «Index-Liga» di Münster è solo un esempio.
    È certo inoltre un altro fatto: in quegli stessi tempi dell'ebollizione modernistica invalse la mania dell'uso, o piuttosto dell'abuso degli pseudonimi. Lo stesso Loisy, uno dei grandi padri del Modernismo, ne dà l'esempio. Come egli più volte afferma, fece largo uso di nomi finti, specialmente all'epoca nella quale incominciò ad essere fortemente sospettato, allo scopo proprio di allontanare da sé i sospetti (vedi Loisy, I, 391-92; II, 440; III, 553). Questo uso dunque degli pseudonimi, era diffusissimo in questi anni e ancor oggi non si è fatta piena luce sugli autori di certi scritti ed opuscoli. Questa grande produzione di scritti modernistici o modernizzanti, di cui non si riusciva ad identificare gli autori, poteva generare l'impressione, e di fatto la produsse, di trovarsi davanti ad un numero ancor più grande di adepti della sétta. Questo trucco, diciamo così, aumentò anche a Roma l'impressione dì aver da fare con una più grande massa di capi e sottocapi di quanti ce n'erano in realtà. Era questo un tasto che anche Benigni amava toccare beni volentieri, perché gli serviva anche per giustificare maggiormente il lavoro del suo SP. Pensiamo poi al patronato per ex-preti ed ex-frati, modernisti e non modernisti, che esistette in realtà, con centri a Parigi, Milano, Napoli ed altre metropoli europee, opera internazionale, alle cui spese contribuirono anche protestanti, ebrei, massoni. A Milano era a capo di questo patronato di ex-sacerdoti un tale Luigi Bossi, Corso Sempione 41 (vedi Sacra Congregazione Concistoriale: plico Roma, Modernismo ecc.; e La Vigie, 26 marzo 1914).
    Insomma, ci furono indizi e fatti che potevano alimentare l'idea di una collaborazione generale, nel campo modernistico, non senza una direttiva centrale. Questa collaborazione ci fu, ma una vera organizzazione internazionale, unitaria, sembra da escludersi.
    Ora, se Mons. Benigni, nella sua costante asserzione del «complotto modernista», era in ottima fede, o se aveva lui costruito o esagerato l'idea, o se a Roma, in certi ambienti anche curiali, la credenza in un tale complotto esistesse, non sarà facile poterlo dire.
    Il certo si è, che Mons. Benigni credette necessario, per la efficace debellazione del Modernismo e dei suoi movimenti, un'azione d'informazione occulta; egli vi impiegò alle volte dei mezzi anche scaltri e polizieschi (lo stesso P. Saubat, teste certamente leale e sicuro, lo attesta). E questo era il punto debole. Ma se guardiamo i fatti in concreto, non troviamo altro che alcune lettere del SP ai membri, e molti rapporti ai vari destinatari della Curia, con in testa le parole: confidenziale, o riservato, o anche (ai membri) sub sigillo. Sembra troppo voler vedere qui dei segreti eccezionali e polizieschi. Mons. Benigni (Doc. 3), fin dall'inizio delle sue trattative, pensò di stabilire per i membri del SP una specie di segreto legale, uguale a quello che esiste anche nelle famiglie religiose, soprattutto per i superiori maggiori e assistenti generali, segreto quasi naturale in molti affari e per nulla immorale: segreto che nel SP - dobbiamo sempre ricordarlo -valeva solo verso gli estranei, mai verso i Superiori ecclesiastici romani.

    Il cifrario. - Posta la necessità o l'utilità di assumere e di trasmettere informazioni, di dare indirizzi e orientamenti alle volte anche in condizioni sfavorevoli, sotto il pericolo di controlli non desiderabili, era facile venire nella decisione di adoperare, per la corrispondenza più riservata, un codice cifrato. Mezzo usuale, come osserva lo stesso Mons. Benigni, anche nelle aziende bancarie o industriali, un cifrario di per sé non è cosa cattiva o sospetta. Tutti i Governi, compresa la Santa Sede, si servono da secoli di cifrari. Il cifrario di Mons. Benigni non fu inserito nel Processo (vedi sopra p. 9); la rivista Le Mouvement lo riprodusse nel suo numero del marzo-maggio 1923; da qui passò nel dominio pubblico (e da qui lo conobbe anche il Cardinale Gasparri. Lo SCHMIDLIN (l. c., p. 1164) dà vari esempi; il FONTAINE, Saint-Siège, «Action française» et «Catholiques inteqraux» (Parigi, 1928), vi accenna e ripubblica due lettere cifrate di Benigni al Jonckx con una sua decifrazione (ibid., p. 146 ss.). Mons. Benigni, nella sua lunga esposizione all'Emo Sbarretti (Doc. 27, n. 7), ammette senz'altro l'uso del cifrario, lo difende e spiega come esso fosse indispensabile nelle circostanze particolari in cui fu adoperato, ma, in un accluso foglio (da noi non pubblicato) spiega anche come non poche voci del cifrario furono male interpretate.
    Tutta la questione o difficoltà del segreto e del cifrario, ci pare, è stata esagerata assai, nella sua reale portata, e non è stata sempre inquadrata nell'ambito di quegli anni agitati; e sopratutto si è dato troppo ascolto alle ben ovvie critiche degli avversari.
    In conclusione, e considerando oggettivamente le cose, il segreto e il cifrario erano in un certo senso mezzi necessari, per lo meno utili, certo non immorali, dai momento che Benigni non ebbe segreti verso l'autorità competente della Santa Sede con la quale si teneva in contatto.

    6) Indiziati, denunziati - Il Card. Gasparri, afferma senz'altro che Mons. Benigni, ossia il SP, tenne un elenco di persone, laiche o ecclesiastiche, anche di Vescovi e Cardinali, da invigilare (vedi sopra, p. 9). Ed egli, a riprova, allegò questo elenco nel foglio B (Proc. Ord. Rom. fol. 1849v) - Ora questo elenco, se fosse autentico, vale a dire, se fosse compilato espressamente come tale e usato come strumento di vigilanza, come farebbero supporre le parole dell'Emo teste, costituirebbe un argomento assai sfavorevole, per non dire altro, per il SP. e Mons. Benigni. Fortunatamente, in un punto della sua deposizione il Cardinale cita l'opera già accennata del FoNTAINE, Saint-Siège ecc., e ci fu facile constatare che questo elenco era desunto ad verbum da quest'opera (p. 143).
    Ora, nel 1921 apparve per la prima volta un opuscolo anonimo, dal titolo Mémoire sur la Sapinière (nomignolo dato al SP), nel quale, al numero V, si leggeva: Les dénoncés. Alla fine dei Memoriale si dava il cifrario del SP, Questo memoriale anonimo è compilato sulle famose «lettere di Gand», cioè sulla corrispondenza sequestrata nel 1914, durante la dominazione tedesca nel Belgio, nella casa dell'avvocato Jonckx, direttore, come abbiamo detto, della Correspondance Catholique e membro del SP. Il memoriale citato col cifrario furono ripubblicati poi dalla rivista Le Mouvement (molto avversa ad ogni specie di integralismo), nel suo fascicolo di marzo-maggio 1923.
    La stessa rivista riprodusse (1923, maggio-giugno) alcuni estratti dal giornale olandese Te Tijd sopra il SP, sempre in base alle rivelazioni delle lettere di Gand, e nel 1924, dal febbraio al dicembre, pubblicò una parte di quella corrispondenza sequestrata. Finalmente, il solo Mémoire, anonimo, fu ripubblicato da Nic. FONTAINE, una prima volta nella rivista Année politique française et étrangère (1928, fasc. I) e una seconda volta niel suo volume già citato Saint-Siege, «Action française», et «Catholiqnes integraux», Parigi 1928, con ulteriori note (per es. egli vi dà anche per conto suo, una decifrazione di due lettere del Benigni). Questa opera del Fontaine fa parte della Collezione: Collection des Réformes politiques ct sociales, diretta da B. Lavergne. Tutte queste varie pubblicazioni hanno creato delle confusioni nell'uso pratico che ne è stato fatto da autori più recenti, i quali, per dirlo subito, nelle loro notizie ed affermazioni circa il SP dipendono tutti dal detto Mémoire. E da qui anche Sua Em.za il Cardinal Gasparri trascrisse il famoso «elenco dei denunziati». È vero che l'accusa rivolta al SP e a Mons. Benigni, per un'attività di denunzia rimonta già agli ultimi anni di Pio X. Ma l'elenco incomincia a figurare dal 1921. Esso contiene una lista di personaggi, la quale, per vari indizi, tradisce la compilazione fatta a posteriori, sulla base, come si può supporre, di fogli o di lettere del SP dove occorrono vari nomi, senza peraltro poter dire se la compilazione sia stata fedele.
    Ora dobbiamo considerare subito alcune cose:
    1. Il SP, così come la Corrispondenza, non ebbe lo scopo statutario di denunziare, ma di informare; non si possono dare però informazioni concrete, senza nominare anche spesso le persone che dissero, che scrissero, che agirono in questo o in quel senso. Infatti, i fogli del SP portano una grande quantità di fatti e di dati concreti, necessariamente coi relativi nomi degli attori. Come si poteva fare altrimenti?
    2. Le informazioni del SP, è necessario ripeterlo, non furono né ufficiali, né ufficiose, e molto meno esclusive (ed è questa una osservazione capitale).
    3. Spesso queste informazioni furono più rapide delle informazioni d'ufficio (Nunziature, Vescovi, ecc.), e potevano essere anche più ampie ed estese, comprendendo stampa, riviste, libri, congressi, convegni, circoli, discorsi, insomma tutte le più svariate manifestazioni della vita religiosa, politica, sociale, culturale dell'epoca; vero specchio del tempo e quindi un utilissimo supplemento all'apparato degli uffici e dei rapporti ufficiali.
    4. Necessariamente questo servizio d'informazioni poteva apparire, veduto da un lato, come una continua denunzia o accusa, poiché sovrabbondano le notizie meno buone, cioè le informazioni sui movimenti più o meno contrari alle direttive della Santa Sede. Da qui, per gli avversari e per tutti coloro che si credettero scoperti, o ebbero la coscienza non del tutto serena, e sopratutto per i modernisti, i cattolici liberali, democratici e progressisti, le accuse di spionaggio, di vigilanza, di denunzie, e l'odio per Mons. Benigni e il SP.
    5. Se fu poi d'uopo procedere contro l'uno o l'altro personaggio (la deposizione di qualche vescovo in Francia, come casi più estremi) ciò non si fece in base alle informazioni del SP, ma bensì per via regolare, attraverso i Dicasteri competenti che ebbero ben altri mezzi di indagine e di giudizio.
    Con ciò nessuno vorrà negare che alle volte, da parte di qualche corrispondente particolare, ci sia stata la tendenza o l'intenzione di denunziare, nel senso cattivo della parola, come ci poterono essere, e ci furono degli errori. Ma ciò non consente di dire che il SP, come tale e per costituzione, fosse un servizio di denunzia; era soltanto un servizio di informazioni, che è cosa ben diversa.

    7) Finanziamento. - La vasta corrispondenza del SP e i servizi di segreteria richiesero naturalmente delle spese. La Corrispondenza invece e l'Agenzia Internazionale Roma sussistettero da sé, coprendo le spese con gli abbonamenti. I membri del SP, in forza dello Statuto (vedi Doc. 16, n. IV; Doc. 20 b, n. 6) erano obbligati a contribuire alle spese della centrale, cosa naturale in ogni associazione. Il Benigni (vedi Doc. 27, n. 12) ebbe alle volte anche offerte particolari da qualche amico o membro del SP. Lo stesso Pio X fece avere a Mons. Benigni, ogni anno, mille lire per le spese del SP, e ordinariamente come egli racconta, in occasione di una udienza concessa allo stesso Benigni (vedi Doc. 27, n. 12). Ora da questo passo veniamo anche a sapere che Mons. Benigni si contentò di una udienza per anno, e una volta, non potendola avere, Pio X gli fece dare le solite mille lire per mezzo di Mons. Bressan. Di questo modesto aiuto si volle fare a Pio X un capo di accusa e di complicità con le asserite malvagità del SP e di Mons. Benigni.
    Per conoscere lo spirito col quale certi avversari di Mons. Benigni scrissero contro di lui, basta ricordare questo episodio. Dalle lettere di Gand risulta (se tutto è autentico) che una volta i Trappisti di Watton offrirono a Mons. Benigni 1000 franchi (non sappiamo se per il SP o per altri scopi); egli allora scrisse a Jonckx: «Quelle misère, au moment où j'aurais bésoin de millions»; Le Mouvement accompagna questa frase con le parole: «così scrisse il Pio Giuda».
    Anche lo SCHMIDLIN (l. c., p. 168), seguendo generosamente tutte le pubblicazioni ostili al SP e a Mons. Benigni, accenna a guadagni lucrativi ottenuti dal Benigni per mezzo dell'Agenzia e della Corrispondenza.
    Ma qui c'interessa solamente il SP e Pio X. Il fatto che Pio X concesse al SP tre volte un qualche segno di benevolenza con i tre noti autografi, e che lo sovvenzionò con mille lire annue, per chi conosce Pio X e la sua mai smentita rettitudine, è indizio assolutamente sicuro che il Papa vide nel SP una istituzione buona; e aveva ragione di pensar così perché gli Statuti e il Programma tali erano.

    8) Amici e fautori. - Il SP aveva anche amici e fautori. È un fatto facilmente controllabile e che dev'essere preso in considerazione oggettiva.
    È vero che è lo stesso Mons. Benigni che indica al Cardinal Sbarretti (Doc. 27, n. 9) i nomi dei suoi amici e fautori del suo SP; ma le persone da lui citate erano allora per la maggior parte in vita e potevano essere interrogate. Non c'è quindi alcun motivo ragionevole di dubitare della verità delle sue indicazioni. Anche P. Saubat afferma apertamente che il SP incontrò favore ed interesse.
    Fra i Cardinali che ebbero stima del SP e di cui si servirono bisogna ricordare Vives y Tuto (Card. 1899, + 1913), Prefetto della Congregazione dei Religiosi (dal 1908); De Lai (Card. 1907, Prefetto della S. Congregazione Concistoriale, + 1928); Boggiani (Assessore della Concistoriale 1914, Card. 1916, Arcivescovo di Genova 1919-21, + 1942); Gotti (Card. 1895, Prefetto di Propaganda, + 1916); van Rossum (Card. 1911, dal 1918 Prefetto di Propaganda, + 1932; e fra i Cardinali esteri in modo particolare l'Arcivescovo di Lione, Sevin (Vesc. di Châlon 1908, Arciv. di Lione 1912, Card. 1914, + 1916), una insigne figura dell'episcopato francese. Egli aveva creata un'opera Pro Ecelesia et Pontifice e pensò seriamente di fonderla col SP, ciò che peraltro non fu possibile.
    Fra gli alti prelati si possono nominare: Mons. Sabadel, cappuccino (P. Pio da Langogne), dal 1880 a Roma, Consultore di molte Congregazioni romane, uomo dottissimo, dal 1911 Arciv. tit. di Corinto, consacrato dallo stesso Pio X, che lo voleva creare Cardinale, come si assicura, dopo la morte dell'Emo Vives, cosa impedita dallo stato di salute del Sabadel che morì il 4 maggio 1914. La benevolenza di un personaggio quale fu Mons. Sabadel, non è mia piccola cosa per il SP. - Mons. Caron, protagonista dei celebre «caso» che da lui prendeva nome, dopo la sua elevazione alla cattedra di Genova (1912), vissuto a Roma, Arcivescovo di Calcedonia, + 1914. - Mons. Giibert, Vescovo di Le Mans (1894), dimissionario nel 1898; visse poi a Roma, Arcivescovo di Arsinoë, dal 1909 Consultore della Concistoriale ecc. (+ 1914); questo prelato conosceva le cose di Francia e l'atteggiamento di Mons. Benigni e fu sostenitore del SP. - Mons. Volpi, il noto piissimo Vescovo di Arezzo (1904-1919); Monsignor Monastès, Vesc. di Digione (1911-1915).
    Gli stessi membri poi del SP, e i corrispondenti di Mons. Benigni certamente non vi avrebbero aderito o collaborato se avessero avuto dei dubbi sulle qualità morali dell'opera stessa cui si dedicarono.

    9) Avversari e accuse. - Le opere e le persone migliori spesso incontrano ostilità e incomprensione, non solo da parte dei cattivi, ma talvolta anche da parte dei buoni.
    Applicando questo criterio al SP e in genere alle organizzazioni di Mons. Benigni ne risulterebbe che esse sarebbero state opere ottime, poiché di avversari, di ostilità e contrarietà ne ebbero di ogni sorta.
    Bisogna solo vedere, di quale genere fossero gli avversari e di quale tenore le accuse. Durante questa esposizione avemmo più volte l'occasione di accennare agli uni e alle altre, e anche di prospettare soluzioni e spiegazioni oggettive.
    Ma siccome gli avversari sono molti e fra essi anche persone ragguardevolissime (Card. Gasparri, per esempio), e le accuse sono gravi e non si cessa dal ripeterle, giova intrattenersi ancora una volta su questo argomento, che ha i suoi riflessi anche sui giudizi circa l'atteggiamento del Servo di Dio verso il SP. Lo SCHMIDLIN, che purtroppo, fino ad oggi, è quasi l'unico storico che abbia scritto ex-professo e con pretesa scientifica sul Pontificato di Pio X, non si fa scrupolo di condannare, con parole severe e penose, la politica religiosa del Servo di Dio, e sopratutto il fatto, per lui certo, che negli ultimi anni permise e favorì l'esistenza e l'influsso «nefasto» di un «supergoverno» nella Chiesa, vale a dire un regime che faceva capo ad alcuni cardinali e che si serviva della terribile «carboneria nera» del SP di Mons. Benigni (SCHMIDLIN, 1. c., 82, 162-169, 176).
    È necessario fare subito un'osservazione che cioè lo SCHMIDLIN, per un falso istoricismo, costruisce meccanicamente, fra i vari Pontificati, un susseguirsi di Papi più moderni e di Papi più conservatori; Pio X, per lui, è di quest'ultima categoria. D'altra parte, in mancanza di documenti autentici, in massima parte ancora chiusi negli archivi, egli si serve di innumerevoli pubblicazioni, senza fare una critica severa delle fonti. Accadde così che proprio per Pio X, egli raccolse una enorme quantità di informazioni anche ostili all'intrepido debellatore del Modernismo e le adoperò senza discernimento.
    L'attività poi di Pio X per arginare in ogni campo l'irruzione violenta dello spirito puramente progressivo, liberale e mondano, non è affatto compresa dallo SCHMIDLIN, il quale peraltro, si deve dire, riconosce in Pio X la vita personale santa e i molti meriti per la Chiesa.
    Ora, un sommario, per così dire, delle lagnanze e delle accuse mosse contro l'asserito sistema di Pio X, e il «potere occulto» che terrorizzò la Chiesa e perfino Vescovi e Cardinali, l'abbiamo nel celebre Memoriale di Mons. Mignot composto e inviato, subito dopo la morte di Pio X, il 14 ottobre 1914, al Cardinal Ferrata, Segretario di Stato di Benedetto XV, il quale però era già morto il 10 ottobre. Chi vorrà conoscere tutto il testo, lo troverà nel Le Mouvement (1924, V, 69 ss.), e, con introduzione e note tutt'altro che benevole, presso FONTAINE, Saint-Siège, ecc. p. 121-137. Lo SCHMIDLIN se ne servì ampiamente. Per noi basta sorvolare il testo.
    Fra molte altre cose, si lagna che emissari o agenti senza mandato (leggi Benigni, Corrispondenza e SP) esercitarono un indebito influsso nella politica francese: «Il nous a donc été pénible, ces dernières années surtout, de voir non seulement nos hommes d'Etat les plus modérés et les mieux disposés, mais la grande majorité des catholiques français, frappée de suspicion et tenue à l'écart, par des gens sans mandat» (FoNTAINE, l. c., 122); si scaglia contro i giornali «integralisti» i quali «ont exercé dans le monde catholique européen une tyrannie» (ibid., l. c., 124); attacca direttamente Mons. Benigni: «Un monseigneur dont les vastes ambitions auraient frustrées sous le Pontificat de Léon XIII, prenait sa revanche, en maltraitant tous ceux qui, soumis de coeur et d'esprit au Siège Apostolique, mais mêlés directement à l'action et à ses difficultés, essayaient d'adapter les principes éternels aux exigences des réalités» (ibid., 1. c., 124); lo chiama: «Mgr Benigni, grand ouvrier de cette entreprise de démoralisation» (ibid., l. c., 124); lo accusa di aver cercato di «"truster" la presse catholique par la Correspondance de Rome» (ibid., l. c., 124) ; stigmatizza, riassumendo, l'opera della stampa «integrale», asserendo che «a été, dans son ensemble, une oeuvre néfaste, parce que oeuvre de division réalisée par la médisance, par la calomnie, par un oubli total des règles élémentaires de la charité chrétienne et des égards dus aux catholiques méritants, aussi bien qu'à l'autorité épiscopale» (ibid., l. c., 125).
    Quanto agli scrittori «integralisti» dice che «la plupart de ces condottieri de la plume, enrégimentés par Mgr B., étaient gens peu recommandable» (ibid., l. c., 125); e viene al grosso delle accuse parlando del: «pouvoir irresponsable et occulte, installé dans l'Eglise à côté de la hiérarchie légitime, en la supplantant parfois» (ibid., l. c., 126); del «système d'espiorinage », con particolare riferimento a Mons. Lacroix, Vescovo di Tarantaise, obbligato dalla Santa Sede a dimettersi (1907), e ciò, secondo il Mignot, a causa di «dénonciations sécrètes et anonymes» (ibid., l. c., 126).
    Continua affermando che tale sistema funzionava a Parigi (contro il Cardinal Amette), a Milano (contro il Cardinal Ferrari), a Vienna (contro il Cardinal Piffl), a Friburgo, Svizzera ecc., e concelude: «Les pratiques du pouvoir occulte dans l'Eglise avaient «abouti, en beaucoup de diocèses, à affaiblir l'autorité des évêques. De toutes les parts commençaient à s'élever des protestations contre une situation intolérable autant qu'anormale)0 +(ibid., l. c., 127).
    Per inquadrare questo Memoriale nel suo giusto posto, bisogna tener presente che Mons. Mignot fu abbastanza largo verso il Modernismo in Francia. Per convincersene, se ve ne fosse bisogno, si leggano i riferimenti a Mons. Mignot nel Loisy (l. c., indice generale, p. 583-584). Detto Memoriale è il riassunto, e la requisitoria ufficiale, si direbbe, da parte modernista, contro Pio X e la sua azione contro questa peste perniciosa.
    Dopo tutto ciò, e dopo le varie esposizioni fatte nei punti precedenti, non è difficile orientarsi verso delle conclusioni:
    1) Tutti gli avversari, di tutti i colori, delle direttive di Pio X, nel campo della politica ecclesiastica, della dottrina, della politica sociale, della cultura, sono anche nemici, accusatori e avversari di quanti diffusero, seguirono, accettarono e difesero le dette direttive. Fra questi i più attivi furono il SP, la Correspondance, o, in fondo, Mons. Benigni.
    2) Dell'accusa di spionaggio o denunzia, si è parlato sopra; informare non è lo stesso che denunziare; i cattivi odiano sempre chi osa contrariarli o scoprirli.
    3) Parlare di un sistema di terrore, di intimidazione dei Vescovi, di un «sopragoverno» sopra la Gerarchia, che elimina il governo regolare, ordinario della Curia Romana, è cosa semplicemente assurda. E, nel fatto concreto, il caso Ferrari, illustrato ampiamente nel capitolo II, è tipico per la falsità delle accuse e delle insinuazioni di questo genere. Tutti gli archivi della Curia Romana, incominciando da quello della Concistoriale, che usiamo in questo studio, sono pieni di lettere, informazioni, domande, istruzioni, che non hanno e non possono avere nulla a che fare con il SP, con Benigni, con la Corrispondenza, con il «potere occulto» che mai esistette.
    Insomma, tutta questa letteratura di accuse generali al governo di Pio X, di cui il Memoriale di Mons. Mignot è l'espressione tipica più divulgata, e dal quale purtroppo dipendono molti storici, con a capo lo Schmidlin, che è usato da tutti tranquillamente, deve essere riveduta a fondo e controllata: e le conclusioni sono tutt'altro che sfavorevoli al governo di Pio X.
    All'opposto, è da deplorare che nessuno fino ad oggi abbia fatto uno studio serio e documentato dell'attività di coloro che seguirono le direttive di Pio X, tra i quali Mons. Benigni, con tutti i suoi difetti personali e con tutte le sue intemperanze, occuperebbe un posto di onore.





    (continua)


    sodalitum pianum

  8. #8
    Avamposto
    Ospite

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    4 - Riassunto e giudizio complessivo circa il SP

    Dopo le precedenti esposizioni, richieste dalla vastità dell'argomento, sarà facile pervenire ad alcune conclusioni e ad un giudizio complessivo sul SP.
    1) Bisogna distinguere nettamente fra SP come tale, e la Corrispondenza romana, e le altre attività di Mons. Benigni, specialmente quelle da lui esercitate dopo lo scioglimento del SP (1921), e che esorbitano completamente da questo studio.
    2) La Corrispondenza romana non è un'opera del SP; lo precede per origine, lo eccede per ambito, collaborandovi non solo membri del SP, ma altre persone estranee.
    3) La cosidetta stampa «integralista», solo in modestissima parte ha un diretto contatto col SP, inquantoché l'uno o l'altro direttore o redattore fu anche membro del SP.
    4) Il SP, per idea primitiva di Mons. Benigni, sarebbe dovuto essere una organizzazione internazionale, formante un vero «istituto secolare», alle dipendenze della Santa Sede, con la centrale a Roma e gruppi aggregati fuori di Roma.
    5) Lo scopo era di fiancheggiare energicamente l'opera di Pio X, non solo contro il Modernismo in senso stretto, ma contro ogni sua manifestazione in tutti i settori della vita cattolica.
    6) Ciò doveva operarsi: a) attraverso la vita personale dei membri in stretta conformità alle norme della Chiesa (cattolicismo «integrale»); b) attraverso una continua informazione della centrale su tutti i movimenti del Modernismo, in senso larghissimo, in tutto il mondo.
    7) Per proteggere i membri dall'odio degli avversari (spesso entro lo stesso campo cattolico: liberali, democratici, modernizzanti), e per garantire un'efficace penetrazione, fu creduto indispensabile un certo segreto verso tutti gli estranei, ma mai verso la centrale, e, per mezzo di essa, verso la suprema autorità ecclesiastica.
    8) In questa forma ideale il SP non si poté mai realizzare; la sua diffusione e attività rimasero sempre limitate, mentre la Corrispondenza ebbe larga eco e produsse anche forti reazioni, che ricaddero in parte sul SP, confuso senz'altro con essa.
    9) Lo stesso vale per altre attività di Mons. Benigni (Agenzie di informazioni), le quali, per sé e direttamente non si identificano col SP.
    10) Il SP ebbe da Pio X autografi di lode e un modesto contributo finanziario, poi anche un'approvazione generica quanto alla idea generale, mai però la formale e definitiva approvazione.
    11) Le accuse e rimostranze, mosse contro Mons. Benigni, la sua Corrispondenza e l'influsso degli «integralisti» e della loro stampa ai tempo di Pio X e dopo, sono in sostanza esagerate e false, e toccano solo in minima parte il SP.
    12) Il SP, in sé considerato, sarebbe stato un organo importante per servire la Chiesa, nel senso delle direttive di Papa Pio X; forse era concepito troppo idealmente per essere realizzato senza difetti, causati dagli uomini con le loro deficienze, e non dallo Statuto o dal Programma.

    5 - Pio X e il "Sodalitium Pianum"

    Ridotta la questione del SP alle sue giuste proporzioni, isolandola dalle varie interferenze con le altre attività di Mons. Benigni per la sua lotta contro il Modernismo, è facile constatare e concludere che nessun addebito può farsi a Pio X a causa dello stesso SP.
    Pio X era favorevole - e lo doveva essere - ad un'impresa, che nel suo Statuto e Programma, si presentava utile al conseguimento degli stessi scopi principali del suo Pontificato.
    Tutte le enormi accuse di organismo di spionaggio, di sorveglianza della Gerarchia, di un «potere occulto», eccedono immensamente il raggio effettivo di azione del SP, e sono false ed esagerate anche in riguardo a Mons. Benigni, la sua Corrispondenza e le sue altre imprese collaterali.
    Dopo questa lunga esposizione generale, veniamo finalmente ai documenti.

    1

    Autografo di Pio X in favore del «Sodalitium Pianum», 5 luglio 1911.

    Questo autografo è il primo documento che abbiamo in favore del SP di Mons. Benigni. Esso suppone naturalmente un certo sviluppo dell'istituto e lo si dice: «ut bene inceptum opnis pergqnt»,; Io si caratterizza come unì «certamen fidei » contro i molteplici errori del Modernismo e le sue astuzie, e si impartisce ai membri l'Apostolica Benedizione.
    Certo, per Mons. Benigni e i suoi collaboratori, questo autografo doveva giungere come testimonianza apprezzatissima del sovrano beneplacito; è certo, inoltre, clic il Papa doveva essere stato informato, almeno in forma generica, sull'esistenza, sullo scopo e anche sull'attività specifica di questa istituzione che, come si può supporre, doveva anche aver potuto offrire qualche saggio concreto della sua utilità, come abbiamo già detto sopra nell'introduzione generale a questo capitolo.
    D'altra parte però è anche certo, che questo autografo pontificio, per quanto benevolo, non era e non voleva essere mina approvazione formale e canonica dell'istituto.

    Dilectos filios socios Sodalitii Piani in Domino exhortamur ut bene inceptum opus pergant, certantes bonuni certaipen fidei, praesertim contra multiformis modernismi errores et versutias; eisdem fausta quaeque a Domino adprecantes, Apostolicam Benedictionem peramanter impertimus.

    Ex Aedibus Vaticanis, die 5 iulii 1911.

    Pius PP. X.

    2

    Secondo autografo di Pio X in favore dei «Sodalitium Pianum », 8 luglio 1912.

    Alla distanza di un anno Mons. Benigni ottenne da Pio X un secondo autografo, che però quanto al contenuto rimane nei limiti del primo: è un nuovo attestato di compiacimento del Papa per l'opera «benemerita» e nulla più.
    Che il SP meritasse un elogio del Papa, è fuori dubbio, come abbiamo esposto nell'introduzione. Siamo nel periodo più prospero e più felice del SP.

    Dilectos filios socios Sodalitii Piani de re catholica optime meritos in Domino exhortamur ut bonum certamen certare pergant pro Dei Ecclesia Sanctaque Sede contra internos externosque hostes; atque eisdem fausta quaeque et salutaria quemadmodum eorundem Instituto a Domino adprecantes, Apostolicam Benedictionem peramanter irnpertimus.
    Die 8 iulii 1912.

    Pius Pp. X.

    3

    Lettera di Mons. Benigni al Card. De Lai intorno all'approvazione canonica del «Sodalitium Pianum», 19 dic. 1912

    I biglietti di Pio X del 1911 e del 1912 in favore del SP non avevano affatto il significato di un'approvazione canonica del sodalizio stesso.
    Esso e tutta la sua attività, compresa quella delle varie organizzazioni collaterali (le varie Corrispondenze, i circoli ecc.) era un'opera privata. Si può ben capire quanto stesse a cuore, al Benigni e ai suoi amici, di arrivare ad una vera e formale approvazione ecclesiastica, anche per meglio salvaguardare l'opera stessa, di fronte alle crescenti reazioni e diffidenze. Di qui i tentativi, continuati per anni, di cui il primo documento è la seguente lettera. Si vede anche che la difficoltà specifica era la questione del segreto, considerato indispensabile in una certa misura per un lavoro indisturbato, ma che poteva avere i suoi inconvenienti e malintesi. Ed era appunto il carattere «segreto» del SP che offriva motivo ed occasione agli attacchi che s'erano già iniziati contro di esso, e che continuarono ad essere m'ossi anche dopo fino ad oggi.

    Roma, 19 dicembre 1912.

    Eminenza Reverendissima,

    Porgo a Vostra Eminenza Reverendissima le più sentite grazie per la Sua benevole lettera; e mi farò un grato dovere di venire sabato sera 21 a prendere i Suoi ordini per tutti i cambiamenti che Ella vorrà indicare.
    Si è parlato di «discrezione», bona fide, come necessità pratica per non indicare i membri al fuoco e alle armi corte di numerosissimi e potentissimi avversari. Tale «discrezione» esiste in qualche modo nelle Congregazioni religiose? Potrà almeno imporsi la discrezione e magari il segreto ai superiori delle CSP (circoli di S. Pietro), come lo hanno i superiori religiosi, cioè (ben inteso) discrezione o segreto verso i terzi e giammai verso i legittimi Superiori Ecclesiastici?
    Sabato sera domanderò a Vostra Eminenza Reverendissima i Suoi ordini e consigli in proposito. Supplico la Sua bontà di voler far sì che la cosa sia subito sistemata secondo la Sua volontà ed intenzione, affinché la modestissima ma volenterosissima cosa possa stare tranquilla nell'adempimento de' suoi doveri e darsi così intieramente al suo compito.
    Prostrato al bacio della Sacra Porpora con la più profonda e riconoscente venerazione ho l'onore di confermarmi

    di Vostra Eminenza Reverendissima

    umilissimo devotissimo obbligatissimo servo
    Umberto Benigni

    4

    Lettera di Mons. Benigni al Card. De Lai circa l'approvazione canonica del «Sodalitium Pianum», 28 dic. 1912.

    Questa lettera è di grande importanza. In essa Mons. Benigni, a complemento e conferma di precedenti colloqui e relazioni, fatte al Card. De Lai circa l'organizzazione e il funzionamento del SP, riassume tutto programmaticamente.

    Riservatissima

    Roma, 28 dicembre 1912.

    Eminenza Reverendissima,

    EccoLe in doppia copia la Regola (Statuti e Programma) che sottopongo come d'intesa, a Vostra Eminenza Reverendissima per la regolare approvazione. Una copia è perché resti in mano a V. E. R., l'altra è perché Ella si degni rinviarmela, se Le piace, con in calce l'approvazione di V. E. R. Così avremo la copia autentica con l'autentica approvazione.
    Il n. 1 è lo Statuto delle Conferenze di S. Pietro, tale e quale è conosciuto da V. E. R. Il n. 2 è il Programma tale e quale; vi ho aggiunto in fondo un Notabene che son sicuro non sgradirà a
    V. E. R., giacché è una precisione a scanso di equivoci degli avversari o dei pusilli. Il n. 3 è, in forma di minimo Statuto del Sodalitium Pianum, quanto si contiene nel foglietto di adesione che ha già V. E. R., combinato con lo Statuto n. 1. Confido che anche esso non sgradirà a V. E. R.; per questo ho preferito mandarglielo così, per non annoiarLa una volta di più. Naturalmente, se pur una parola non piacesse a V. E. R., La prego di voler rimandarmi l'incarto con le rispettive indicazioni, e la parola sarà cambiata.
    Non mi resta che precisare in poche righe quanto già ebbi l'onore di dire a V. E. R.
    Il Sodalitium Pianum è una colleganza amichevole di vari gruppi di cattolici integrali. Se esiste già un gruppo omogeneo al nostro statuto e programma, lo accettiamo nella colleganza; inoltre noi stessi fondiamo dei gruppi a organismo minimo (Conferenze di S. Pietro) aperte ai cattolici integrali di condotta e volontà. Sicché tra i gruppi che adottiamo e quelli che fondiamo, possiamo avere una buona rete con parecchie maglie attraverso il mondo.
    La rete aperta è l'anzidetta colleganza in cui la Dieta centrale funge da recapito di fraterne comunicazioni fra i vari gruppi collegati, allo scopo di reciproche informazioni, consigli, appoggi, ecc., tutti tendenti all'interesse della Causa cattolica integrale. Così la rete aperta ha già la sua piena ragione d'essere, e merita, se non erro, la materna benevolenza della Santa Sede.
    La rete chiusa è composta dalla stessa Dieta centrale del Sodatitium Pianum e dai rappresentanti locali della Dieta, scelti da questi fra i membri più idonei dei vari gruppi collegati. Questi rappresentanti compiono con la Dieta il servizio riservato che V. E. R. sa. Tale servizio sarà sistemato dal «Regolamento interno della Dieta», previsto dallo Statuto di questa, e che naturalmente sottometterò (appena la Regola qui annessa sarà, come spero, approvata), prima in progetto e poi in forma definitiva, all'approvazione di V. E. R.
    Ugualmente, i nomi dei componenti la Dieta centrale saranno altresì notificati a V. E. R., perché siano conosciuti da Essa anche per assicurare la continuità dell'Opera in qualunque caso (morte del Direttore Generale pro tempore ecc.).
    Nella filiale fiducia dell'approvazione, mi prostro al bacio della S. Porpora, e rinnovandoLe i migliori auguri per il nuovo anno, Le offro i più devoti omaggi anche da parte dell'Opera, con i sensi della più viva riconoscenza.

    di Vostra Eminenza Reverendissima

    Umilissimo devotissimo obbligatissimo servo
    Umberto Benigni

    5

    Lettera di Mons. Benigni ai Card. De Lai per preparare l'approvazione canonica del «Sodalitium Pianum», 21 genn. 1913.

    L'inizio dell'anno 1913 non era felice per la Correspondence de Rome di Mons. Benigni; a causa di varie difficoltà, che non conosciamo bene, egli dovette sospenderne la pubblicazione. Urgeva quindi al Benigni e ai suoi collaboratori arrivare presto atia tanto desiderata approvazione formale del SP.

    Roma, 21 gennaio 1913.

    Eminenza Reverendissima,

    Le sono oltremodo riconoscente per la Sua lettera così benevola. inutile aggiungere che si faranno tutte le modificazioni che Vostra Eminenza Reverendissima giudicherà opportune. Essendo in verità sommamente utile che la sospirata approvazione venga possibilmente non ritardata, per rincuorare i Sodales depressi da tanti... incidenti, e per sistemare l'opera a principio d'anno, oso sperare che Vostra Eminenza Reverendissima avrà la bontà di ricevermi domani sera (mercoledì) o dopodomani sera (giovedì), affinché Vostra Eminenza Reverendissima possa, se Le piacerà, riferirne al Santo Padre alla prossima Udienza.
    Per incomodarLa il meno possibile, prego Vostra Eminenza Reverendissima, che si degni restare intesa così: se Ella non mi farà telefonare, verrò domani sera (mercoledì); se mi farà telefonare, verrò secondo l'indicazione. Basterà, in tale caso, telefonare (1608) così: « Dite a Mgre. che vada alla stazione giovedì sera» senz'altro.
    Rinnovando le più vive grazie ed umili sensi, mi prostro al bacio della Sacra Porpora, e con profondo ossequio godo ripetermi
    di Vostra Eminenza Reverendissima

    Umilissimo devotissimo obbligatissimo servo
    Umberto Benigni

    6

    Lettera di Mons. Benigni al Card. De Lai, con accluso «specimen» dei cambiamenti introdotti negli statuti e nel programma del «Sodalitium Pianum», 23 genn. 1913.

    Continuò viva fra Benigni e il Card. De Lai la discussione sul testo del programma e degli statuti del SP da sottoporsi al Santo Padre per una formale approvazione.
    Una difficoltà per il Cardinale, come risulta dall'esame dei fogli aggiunti, era questa: il SP si serviva di una estesa rete di piccoli circoli o gruppi (detti Conferenze di S. Pietro), dai quali provenivano le relazioni e informazioni; ora non sembrò conveniente includere questi gruppi, difficili a controllarsi, nell'approvazione generale dell'opera. Ad ovviare alla difficoltà, Benigni propose degli adattamenti al testo primitivo per regolare la loro aggregazione e dipendenza dal SP.

    a) Lettera di Mons. Benigni

    Roma, 23 gennaio 1913.

    Eminenza Reverendissima,
    Ecco, in doppia copia, il foglio che Vostra Eminenza Reverendissima ebbe la bontà di domandarmi iersera. Redigendo questo breve esposto, mi ha parso ch'esso possa veramente dare un assetto conveniente alla cosa.
    Se Vostra Eminenza Reverendissima si degnerà domandare, e Sua Santità concedere la grazia dell'approvazione su questa base, mi affretterò a sottometterLe due fogli definitivi: uno con lo statuto (corretto come nei foglio qui annesso), e il Programma del Sodalitium Pianum per l'approvazione di questo, ed uno con la domanda della facoltà per le Conferenze di S .Pietro insieme al loro Statuto (ugualmente corretto). Così, se a Vostra Eminenza Reverendissima piacerà, in calce al primo potrà esser posto il rescritto d'approvazione del Sodalitium Pianum, e in calce del secondo il permesso per le Conferenze di S. Pietro.
    RinnovandoLe i più sentiti ringraziamenti, mi prostro al bacio della Sacra Porpora, e con la più devota venerazione ho l'onore di ripetermi
    di Vostra Eminenza Reverendissima

    Umilissimo devotissimo obbligatissimo servo
    Umberto Benigni

    b) «Specimen» dei cambiamenti proposti, allegato alla lettera precedente.

    SODALITIUM PIANUM E CONFERENZE DI SAN PIETRO

    Si domandano umilmente due grazie distinte:

    I) L'approvazione del Sodalitium Pianum (Statuto e Programma già presentati) come centro d'intesa e di azione fra vari gruppi cattolici integrali.
    Si propone la modificazione seguente al 1° articolo dello Statuto del Sodalitium Pianum:
    [Si eliminano le «Conferenze di S. Pietro» come elementi approvati anch'essi dalla Santa Sede].
    Con questa modificazione le Conferenze di S.Pietro non figurano come gruppi necessari od almeno primarii del Sodalitium Pianum.
    Del resto, il Sodalitium Pianum è obbligato di comunicare alla S. Congregazione Concistoriale: a) i nomi dei membri della Dieta del Sodalitium Pianum, b) i nomi di tutti i Gruppi appartenenti al Sodalitium Pianum. In tal modo la Santa Sede conosce direttamente il Centro (Dieta) del Sodalitium Pianum et i membri (Gruppi) di questo, potendo così prendere a riguardo degli uni e degli altri qualunque misura credesse opportuna.

    II) La facoltà al Sodalitium Pianum, approvato come sopra, di organizzare ed aggregare gruppi privati di sua fiducia, col nome di «Conferenze di S. Pietro».
    Tale facoltà si domanda con la condizione: a) che le dette Conferenze siano regolate dal loro Statuto, già presentato;
    b) che siano collegate e soggette al Sodalitium Pianum;
    c) che questo comunichi alla S. Congregazione Concistoriale l'indicazione di ciascuna Conferenza da esso organizzata e aggregata.
    Si propone perciò la sostituzione seguente del X ed ultimo articolo dello Statuto presentato per le Conferenze di S. Pietro.
    [Viene meglio spiegata la dipendenza delle Conferenze di S. Pietro dalla centrale romana].
    Si prega ossequentemente di voler notare che in tal guisa la S. Sede non approva le Conferenze di S. Pietro come una istituzione; soltanto autorizza il Sodalitium Pianum di costituirle ed aggregarle con le debite cautele.
    Così le Conferenze di S. Pietro provvederebbero al bisogno pratico (bisogno che l'esperienza ha già mostrato al Sodalitium Pianum) di avere dei gruppi fedeli ed attivi, i quali, da una parte, non siano obbligati - perché privati - di dichiararsi all'Ordinario locale (purtroppo, qualche volta, ostile all'azione cattolica papale o per pregiudizio liberale o per insufficiente intelligenza della situazione), e che, dall'altra parte siano conosciuti e sorvegliati - almeno attraverso il Sodalitium Pianum - dalla S. Sede.

    7

    Lettera di Mons. Benigni al Card. De Lai in cui si espone l'idea fondamentale del «Sodalitium Pianum» come «istituto secolare» sottoposto alla Santa Sede, 29 genn. 1913.

    Lettera di fondamentale importanza per valutare l'idea che Monsignor Benigni si era andato formando circa la natura e l'indole del SP, il quale, secondo lui, doveva divenire un «istituto secolare» sottoposto alla Sacra Congregazione Concistoriale, in analogia degli istituti religiosi, sottoposti alla S. Congregazione dei Religiosi; idea grandiosa, ma che difficilmente poteva prendere consistenza, come fu di fatto.

    Riservata

    Roma, 29 gennaio 1913.

    Eminenza Reverendissima,

    La prego gradire i miei più distinti ringraziamenti per il Suo benevolo biglietto e per la Sua squisita bontà verso la modesta opera sottomessaLe.
    Spero che il Santo Padre si degnerà di autorizzare Vostra Eminenza Reverendissima, nella prossima Udienza, per l'approvazione. Oso pregarLa di permettermi di venire a incomodarLa sabato sera, 1° febbraio, anche perché domenica, lunedì e martedì sera, qui al Corso, siamo assediati dalla baraonda carnevalesca. Come già ebbi l'onore di dirLe, sarebbe veramente provvidenziale che l'approvazione sovrana venisse quanto prima.
    E giacché si è in tempo, voglia l'Eminenza Vostra Reverendissima perdonarmi se aggiungo qualcosa in vista di quanto sopra.
    Il Sodalitium Pianum, come Intesa amichevole di Gruppi integralmente cattolici in base al semplice Statuto ed al pratico Programma già noti, mi sembra abbia già ottenuto favorevole accoglienza da Vostra Eminenza Reverendissima e da Sua Santità. Siccome questo è la base di tutto, supplico che la regolare approvazione ex Audientia Ssmi gli venga accordata, anche prescindendo - al bisogno - dalle Conferenze di S. Pietro.
    Quanto a questo, confido che il loro buon lato pratico le farà approvare nel senso, già esposto, di autorizzare il Sodalitium Pianum ad organizzarle con le debite cautele.
    È certo che non basta sempre di unire Gruppi integralmente cattolici, già esistenti, bisogna organizzarne là dove non ci sono o non ci sono abbastanza. Ma in tal caso, non sempre si può farlo pubblicamente e ufficialmente, vista l'incredibile ostilità di Prelati ed altri influenti contro tutto ciò che è schiettamente ed attivamente papale. Le notizie tedesche dopo la Singulari quadam [1] parlano chiaro, e non è tutto. Dunque molte volte, il nuovo gruppo denunziantesi alla Curia Diocesana, riceverebbe un rifiuto o, peggio, un infido nulla-osta che male coprirebbe una guerra a coltello contro i disgraziati suoi membri. Vostra Eminenza Reverendissima sa certi fatti parigini assai suggestivi.
    A tale deplorevole situazione rimediano i gruppi «essenzialmente privati» delle Conferenze di S. Pietro. Denunziata ufficialmente dal Sodalitium Pianum la loro fondazione alla S. C. Concistoriale da cui esso dipenderà, le Conf. di S. Pietro non sono un «gruppo segreto» davanti alla Chiesa; ed il Sodalitium Pianum è impegnato direttamente a tenerle in regola.
    In verità, Eminentissimo Principe, l'osservazione attenta dei tristissimi tempi in cui Roma si trova soprattutto a causa della incomprensione degli uni e del tradimento degli altri, sembra sottomettere alla speciale considerazione della S. Sede un problema, se non erro, di somma importanza, - un'organizzazione, cioè, secolare ma direttamente dipendente dalla S. Sede pel tramite naturale della S. C. Concistoriale, - con una talquale analogia col regime degl'Istituti Religiosi dipendenti dalla S. Congregazione omonima.
    Tale organizzazione secolare, facilmente maneggevole per la sua semplicità e adattabilità, sembra che sarebbe, per la Santa Sede, uno strumento opportuno per l'informazione come per la diffusione fedele della parola d'ordine romana, come altresì per qualunque servizio straordinario in momenti di grave difficoltà ecc. Il Sodalitium Pianum potrebbe forse essere un modestissimo saggio su questo terreno.
    Con infinite scuse per tante noie e con i più devoti ossequi mi prostro al bacio della Sacra Porpora ripetendomi

    di Vostra Eminenza Reverendissima

    Umilissimo devotissimo obbligatissimo servo
    Umberto Benigni

    1 Enciclica di Pio X (24 settembre 1912) circa i sindacati confessionali.






    (continua)



    sodalitum pianum

  9. #9
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Mons. Umberto Benigni, il Cattolicesimo Integrale e la Questione Ebraica in Ital

    Lettera di Mons. Benigni al Card. De Lai, ove si chiede di «autorizzare» il «Sodalitium Pianum», sottoponendolo alla Sacra Congr. Concistoriale, 5 febbr. 1913.

    Continua fra Mons. Benigni e il Segretario della Concistoriale lo scambio di idee intorno all'organizzazione del SP. Una vera approvazione canonica formale si dimostrò inattuabile; allora tutto si orientò ad ottenere un'altra base legale di esistenza, cioè una specie di autorizzazione o permesso da parte della Santa Sede, e, conseguentemente, la sottomissione del SP alla S. Congregazione Concistoriale, per evitare anche molteplici e disparati influssi dei vari Ordinari, sotto la cui giurisdizione si trovavano i diversi gruppi esterni del sodalizio stesso. Da notare che tutto questo lavorio si svolse, non solo con una benevole comprensione del Cardinale De Lai, ma con il suo illuminato consiglio, e, come si rileva da qualche cenno alle Udienze del Cardinale, probabilmente non senza una qualche intesa con lo stesso Santo Padre.

    Roma, 5 febbraio 1913.

    Eminentissimo Principe,
    Giacché Vostra Eminenza Reverendissima si degnò dirmi di venire domani sera (giovedì) per la nota Lettera, penso che queste righe umilmente sottomesse fin d'ora, Le abbrevieranno l'incomodo della mia visita.
    Riflettendo a quanto Ella mi disse, giacché non si tratta di concederci l'approvazione canonica, supplico che almeno siano espresse nella Lettera queste due cose: che Sua Santità, dietro l'esposizione fattale da Vostra Eminenza Reverendissima intorno al Sodalitium Pianum, autorizza questo a continuare e lo sottopone direttamente alla S. C. Concistoriale
    Queste due cose sono veramente necessarie per la nostra opera modesta, se la S. Sede vuole, per sua bontà efficacemente appoggiarla.
    L'autorizzazione, come Vostra Eminenza Reverendissima m'insegna, non è l'approvazione canonica, ma è la base legale per esistere ed essere riconosciuto come esistente. Quanto alla dichiarazione di sottomissione del Sodalitium Pianum a codesta S. Congregazione, evidentemente se questo favore non è scritto, non esisterà di fronte al diritto comune che sottomette all'Ordinariato locale tutto quanto non ne ha ufficialmente l' esenzione.
    Dopo ciò, non insisto perché la Lettera sia il più possibilmente favorevole allo sviluppo dell'opera. La squisita bontà di Vostra Eminenza Reverendissima mi rassicura. Certo, il Sodalitium Pianum intende fare, nella cerchia delle sue modeste forze, opera veramente religiosa in difesa alla completa ortodossia e disciplina romana. Ciò basta... [1] ed avanza per procurargli nemici, non dico di fuori, ma soprattutto di dentro. Per questo una solida base di benevolenza, dirò così, ufficiale della S. Sede è veramente necessaria perché l'opera duri e faccia un po' di bene.
    RinnovandoLe le più umili scuse ed azioni di grazie, mi prostro al bacio della Sacra Porpora, e con i più devoti ossequi mi confermo

    di Vostra Eminenza Reverendissima
    Umilissimo devotissimo obbligatissimo servo

    Umberto Benigni

    1 I puntini sono nel testo.

    9

    Biglietto di Mons. Benigni al Card. De Lai per sollecitare l'approvazione del «Sodalitium Pianum», 19 febbr. 1913.

    L'interesse che desta questo biglietto sta nel fatto che ci rivela le difficoltà fra le quali si dibatteva Mons. Benigni e il SP di fronte agli attacchi di varia origine, e non solo da parte degli avversari esterni, ma anche (vedi numero precedente) da parte di certi circoli interni.

    Roma, 19 febbraio 1913.

    Eminenza Reverendissima,

    Mentre La ringrazio vivissimamente del Suo benevolo biglietto, Le chiedo umile scusa per tanta noia. Voglia compatirmi che mi trovo in una posizione delicatissima; come il lieto annunzio ha rinfrancato i poveri Sodales, così il relativo ritardo li mette in apprensioni e in angustie: cosa bene comprensibile sapendo quanto essi hanno sofferto e soffrono in questo tristissimo momento che la Chiesa traversa. Ed io mi trovo nel centro del fuoco... [1]
    Perciò supplico Vostra Eminenza Reverendissima di volermi perdonare. Oso anzi pregarLa di un favore: quando Ella avrà pronta la Lettera da mandarmi, farmi telefonare (1608) che la mandi a prendere; ed io manderò subito il mio cameriere.. La posta ritarda di un giorno.
    Grazie e scuse vivissime, ancora una volta.
    E prostrato al bacio della Sacra Porpora con la più profonda venerazione e riconoscenza, godo confermarmi

    di Vostra Eminenza Reverendissima

    Umilissimo devotissimo obbligatissimo servo
    Umberto Benigni

    1 I puntini sono nel testo.

    10

    Previa approvazione dell'idea generale del «Sodalitium Pianum» da parte di Pio X attraverso la S. Congr. Concistoriale, 25 febbr. 1918.

    Questo documento costituisce la base giuridica dell'esistenza e dell'attività del SP di Mons. Benigni. Non era la desideratissima approvazione «canonica», come «istituto secolare», nel senso indicato da Mons. Benigni, e non era neanche l'approvazione definitiva del programma e degli statuti, ma solo un previo assenso all'idea fondamentale dell'opera, della sua organizzazione e attività, con la riserva esplicita di una eventuale approvazione formale degli Statuti in un tempo successivo. Per il momento e per l'avvenire (poiché l'approvazione completa e formale non venne mai), questo documento costituì la vera base giuridica ecclesiastica di esistenza e di attività del SP.
    Pio X, dunque, non approvò e non benedisse senz'altro ogni e singola azione di Mons. Benigni o dei suoi amici e corrispondenti, come autori superficiali o malevoli vogliono insinuare, e molto meno i supposti e reali eccessi, errori o violenze; ma diede soltanto - e perché non avrebbe potuto darlo? - il suo assenso e la sua benedizione ad una «iniziativa», in sé certamente geniale e ottima e di evidente utilità per la Chiesa. È lo stesso caso della stampa cattolica «intransigente»: il Papa la sostiene, l'approva, l'incoraggia, ma ne riprova costantemente gli eccessi e le violenze.
    Da notare infine, che il documento della Concistoriale evita di. proposito la denominazione, tanto cara al Benigni, di cattolici «integrali», ma parla solo di «fede cattolica intera ed incondizionata».

    Sacra Congregazione Concistoriale

    Num. di protoc. 300/13

    Roma, 25 febbraio 1913.

    Ho presentato al Santo Padre il programma col quale gli egregi componenti cotesta «Direzione del Sodalizio Piano» mirano di collegare in una comune intesa con un comitato romano vari gruppi di cattolici, che, condividendo un eguale sentire di fede cattolica intera ed incondizionata, secondo le direttive della Santa Sede, si sono qua e là, in Italia od all'estero, riuniti in famigliari ed amichevoli convegni o comitati od altre organizzazioni per opere di azione cattolica.
    L'idea di questa federazione è piaciuta a Sua Santità, ed è stata trovata opportuna sia per conservare i vari gruppi ed i soci dei medesimi in quell'ambito di fede e di professione cattolica, che è nei loro propositi, sia per infondere nel loro animo quel coraggio e quella forza, che dà l'unione, per poter sempre meglio operare a prò della Chiesa e della società cristiana.
    Per questi motivi, il S. Padre approva e benedice questa iniziativa, e fa voti ch'essa possa attuarsi per la maggior gloria di Dio e per il bene delle anime, riservandosi a suo tempo di esaminarne gli Statuti e di approvarli nelle debite forme pel tramite di questa Sacra Congregazione Concistoriale.

    G. Card. De Lai,
    Vescovo di Sabina, Segretario.

    11

    Avviso di Mons. Benigni ai membri del «Sodalitium Pianum» per notificare ad essi l'ottenuta approvazione della S. Sede, 25 febbr. 1913.

    A questo avviso fu aggiunto, in foglio separato, il testo di due autografi del Santo Padre (Doc. 1, 2), con versione francese, e in più la lettera della Concistoriale (n. 10), parimenti in francese.

    Sodalitium Pianum

    N.1

    Rome, le 25 février 1913.

    Chers Sodales,

    Nous avons la grande joie de vous communiquer, ci-joint, un docurnent qui confirme d'une façon éclatante la bienveillance paternelle du Saint-Siège envers notre modeste institution.
    Le Saint-Père a daigné déjà - par deux précieux Autographes dont nous voulons joindre ici la réproduction avec celle du document susdit - donner ses encouragements si touchants aux premiers membres du Sodalitium Pianum quand celui-ci n'était encore qu'un groupement amical d'individus. Ces encouragements du Souverain Pontife nous ont permis de continuer notre route jusqu'au moment où l'idée de compléter notre ceuvre s'est présentée spontanément.
    Le Sodalitium Pianum, en devenant une Entente Romaine de Groupes catholiques intégraux, ne sort pas de son cadre. Il s'élargit; comme nous le disions tout à l'heure, il se complète.
    Nous avons soumis au Saint-Siège notre essai. Le Saint-Siège vient de répondre par le document ci-joint. Notre reconnaissance filiale envers Sa Sainteté Pie X aussi bien qu'envers Son Eminence le Cardinal De Lai, ne saurait mieux s'exprimer qu'en offrant, comme nous le faisons, nos humbles mais ardentes prières au Seigneur pour Son Vicaire bien-aimé qui a daigné couronner nos efforts, et pour le Prince de l'Eglise qui a bien voulu patronner notre cause auprès du Pape.
    Tous nous redoublerons de zèle et de dévouement envers le Saint-Siège et l'Eglise pour n'étre pas indignes de tant de bienveillance.
    A l'oeuvre donc, plus que jamais, chers Sodales: Nos groupes fédérés, en attendent d'autres qui sont en voie de se former ou de se fédérer. Comme toujours, nous ne chercherons pas le nombre, mais la qualité. Nous sommes une vraie «Entente» dont les membres doivent toujours étre «un seul coeur et une seule àme», comme ils l'ont été jusqu'ici.
    Chacun de vous va recevoir les Statuts et les autres indications nécessaires et opportunes pour le fonctionnement du Sodalitiurn Pianum tel qu'il vient d'être reconnu par le Saint-Siège.
    En attendant, veuillez agrées, chers Sodales, nos salutations fraternelles en Notre Seigneur.

    Vive le Pape!

    La Diete du SP.

    12

    Lettera della Direzione del «Sodalitium Pianum» al Card. De Lai per ringraziare della benevola approvazione ottenuta, 26 febbraio 1913.

    Interessanti le firme che ci fanno conoscere la composizione della Direzione del SP. A questo momento, oltre Mons. Benigni, Direttore Generale, ci sono: un segretario, il noto P. Giulio Saubat S. C. J. e due preti secolari come assistenti, Don Goffredo Brunner e Don Giuseppe Falsacappa.
    Quanto a Don Brunner, lo ScHMidLIN, nella sua più volte citata Papstgeschichte III, 164, 166, lo dice ex-frate e si dimostra poco benevolo verso di lui. Dal noto Annuaire Pontifical Catholique di Mons. Battandier, risulta che il Brunner, negli anni 1910-1912 era Sottoarchivista nella Segreteria di Stato; in seguito comparisce fra il clero secolare di Roma, senza particolare mansione. Da notare che è lui che nel 1908 pubblicò a Ratisbona la nota biografia di Pio X di Mons. Daelli, continuandola e perfezionandola sotto il titolo: Pius X. Ein Lebensbild, nach der ital. Originalausgabe übersetzt und fortgeführt, Regensburg 1908.

    Sodalitium Pianum

    Roma, 26 febbraio 1913.

    Eminenza Reverendissima,

    La lettera con cui Ella si è degnata di farci conoscere la sovrana benevolenza del Santo Padre per il Sodalitium Pianum, ci ha riempiti di gioia e di riconoscenza. La nostra devozione verso la Santa Sede cercherà, secondo le sue ben modeste forze, di non rendersene indegna.
    Anche a nome di tutti gli altri Gruppi, preghiamo umilmente Vostra Eminenza di voler gradire i sensi della nostra imperitura devozione e gratitudine per la Sua somma bontà verso il Sodalitium Pianum, e di voler altresì porre questi nostri sensi ai Piedi di Sua Santità.
    Pronti ai comandi di Vostra Eminenza Reverendissima, e prostrati al bacio della Sacra Porpora, con la più profonda venerazione abbiamo l'onore di confermarci

    di Vostra Eminenza Reverendissima

    umilissimi devotissimi obbligatissimi servi

    Umberto Benigni, Direttore Gen. del SP.
    Giulio Saubat S. C. I., Segretario.
    Goffredo Brunner, Assistente.
    Giuseppe Falsacappa, Assistente.

    13

    Attergato del Card. De Lai al programma e allo statuto del «Sodalitium Pianum», presentatogli da Mons. Benigni per l'approvazione, 1 marzo 1913.

    La previa approvazione del SP nelle sue linee generali del 25 febbraio, terminava con la riserva dell'approvazione a suo tempo del programma e degli statuti. Infatti, nell'incartamento della S. Congregazione Concistoriale, si trovano, a questo punto, due copie di questi testi. L'una di esse porta un importante attergato, di mano dello stesso Cardinal De Lai, che merita di essere riprodotto. Qui si vede chiaramente dove stava il vero nodo della difficoltà che non si riuscì a superare. Era il timore che il SP per la sua stessa natura e organizzazione potesse scivolare verso una segretezza pericolosa e oltrepassare i limiti di una raccolta prudente ed onesta d'informazioni, per divenire una specie di agenzia delatoria; pericolo in realtà non immaginario e fortemente imputato al SP, in quegli stessi anni, che furono gli ultimi del pontificato di Pio X.
    Si vede che le spiegazioni date al Cardinal De Lai da Mons. Benigni, direttore del SP, e dal P. Saubat, segretario, non lo rassicurarono completamente.

    Sodalitium Pianum

    1 marzo 1913.

    Fascicoli esibiti da Mgr. Benigni e dal P. Saubat per l'approvazione.
    Io li ò avvertiti però che la S. C. non può approvare né una società segreta, né un copro inquisitorio segreto sopra i Vescovi etc.
    Ne ànno convenuto; ma... [1]

    G. Card. De Lai.

    1 I puntini sono del Cardinale.

    14

    Avviso della Direzione del «Sodalitium Pianum» ai suoi membri per indicare alcuni giorni di preghiere particolari, 12 marzo 1913.

    Fa certamente onore alla Direzione dei SP di proclamare la preghiera, come uno dei mezzi più importanti per rendere fruttuosa la sua attività.
    Seguendo l'articolo II dello Statuto (vedi doc. 16), i membri sono obbligati a pregare ogni giorno per la Chiesa e per il Papa. La Direzione indica poi alcuni giorni festivi per particolari esercizi di pietà.

    Rome, 12 mars 1913.

    Chers Sodales,

    Au moment où le Sodalitium reprend son action depuis longtemps bénie par le Souverain Pontife, et aujourd'hui sanctionnée par Lui, il nous faut plus que jamais recourir aux grands secours qui peuvent rendre cette action efficace et féconde. Par conséquent, toute notre activité s'appuiera dans son essort et dans son développement sur la prière, fondement le plus sùr que le Divin Maitre nous a indiqué.
    En vous rappelant l'article de nos Statuts qui recommande aux Sodales de prier chaque jour pour l'Eglise et pour le Pape, la Diète a cru bon de vous indiquer quelques jours dans lesquels nous devons faire monter au Ciel des prières spéciales pour obtenir de Dieu le triomphe de l'Eglise et du Pape sur leurs ennemis ìntérieurs et extérieurs, aussi bien que la protection divine pour l'oeuvre et les ouvriers du SP.
    La piété de chaque Sodalis lui inspirera pour ces jours-là le choix des pratiques religieuses plus compatibles avec sa situation personnelle, surtout l'audition de la Sainte Messe et la Sainte Communion pour les Sodales laïques, un memento spécial dans la Sainte Messe pour les Sodales prétres, la récitation du Saint Rosaire pour tous.
    Veuillez agréer, chers Sodales, nos salutations fraternelles en Notre Seigneur. Vive le Pape!

    La Diète du SP.

    Jours de prière spéciale

    18 janvier: Chaire de St-Pierre à Rome;
    7 mars: St Thomas d'Aquin;
    5 mai: St Pie V, Pape, Patron du SP;
    24 mai: Notre-Dame «Aide des Chrétiens», Patronne du SP;
    25 mai: St Grégoire VII, Pape;
    29 juin: Sts Pierre et Paul, Princes des Apôtres, Patrons du SP;
    4 novembre: St Charles Borromée;
    8 décembre: Immaculée Concéption;
    Le jour du Couronnement du Souverain Pontife régnant.

    15

    Lettera di Mons. Benigni ai Cardinale De Lai con preghiera d'introdurre alcuni cambiamenti nel testo degli Statuti e del Programma del «Sodalitium Pianum », 22 nov. 1913.

    L'incartamento della Concistoriale intorno al SP è mutò dalla primavera fino all'inoltrato autunno del 1913, forse anche a ragione, almeno in parte, delle vacanze estive.
    Ad ogni modo, in data 26 ottobre 1913, Mons. Benigni si rivolse al Cardinal De Lai, con la preghiera di voler approvare alcune variazioni nei testo già esistente degli Statuti e del Programma del SP.
    Con altro biglietto (9 novembre 1913) sollecita una soluzione alle sue proposte.
    Finalmente con lettera del 22 novembre, insiste nuovamente per l'approvazione dei cambiamenti proposti. Si dichiara pronto a conformarsi ad ogni cenno di Sua Eminenza e spiega che non si tratta di avere una nuova approvazione, ma semplicemente di introdurre negli Statuti e nel Programma alcuni punti già da tempo in uso.
    Si voleva naturalmente preparare l'approvazione formale, riservata alla Congregazione Concistoriale nel febbraio scorso, senza esigere peraltro un'approvazione immediata. Per il momento bastava a Mons. Benigni di avere un testo più preciso e che potesse essere presentato come noto alla S. Congregazione, anche se non formalmente approvato.

    Roma, il 22 novembre 1913.

    Eminenza Reverendissima,

    Sono tenagliato tra la mortificazione di annoiare eccessivamente Vostra Eminenza Reverendissima e tra il bisogno dì evitare al nostro povero Sodalizio il danno di non avere un testo corretto da adoperare in questo momento in cui tanto gli sarebbe utile.
    Mi è venuto pensato che per ridurre al minimo possibile la perdita di tempo per Vostra Eminenza Reverendissima, si potrebbe fare così: che Ella si degnasse accordarmi un semplice quarto d'ora durante il tempo d'udienza, tempo sufficientissimo per passare le poche ed ovvie modificazioni apportate al testo. Giacché, in verità si tratta di cose delle quali sono sicuro che Vostra Eminenza Reverendissima sarà contenta a primo colpo d'occhio. Del resto, inutile dire, basta che Ella dubiti soltanto della opportunità di una modificazione, per metterla subito da parte. Ed aggiungo ancora una volta: non chiedo a Vostra Eminenza Reverendissima (dacché Ella mi disse essere bene aspettare) un nuovo atto di approvazione, ecc., ma soltanto, per la modificata redazione dei nostri testi, il nulla osta sicut et in quantum nulla ostava per la redazione precedente. Domando la semplice sostituzione del testo corretto al precedente testo, nella posizione in cui questo si trovava finora.
    Fo appello alla Sua paterna bontà perché voglia compatirmi e scusarmi.
    Prostrato al bacio della Sacra Porpora con la più devota venerazione, godo confermarmi

    di Vostra Eminenza Reverendissima

    Umilissimo devotissimo obbligatissimo servo
    Umberto Benigni

    Mons. Benigni accluse uno dei soliti fogli d'informazioni del SP, che crediamo bene riprodurre, come tipo di queste informazioni che forniva il SP e di cui anche nell'incartamento della Concistoriale esistono molti pezzi.

    VARIA

    22 novembre 1913.

    Italia - Dal 28 al 31 ottobre u. s., al Santuario della Madonna del Monte presso Cesena (Romagna), fu tenuto per alcuni giovani un corso di esercizi spirituali sotto l'ispirazione e la direzione di Mgr Ravaglia, curato della Cattedrale di Cesena.
    Intervennero, invitati dal medesimo, il Padre Giovanni Giovannozzi, scolopio di Firenze, e il Prof. Rodolfo Bettazzi, dell'Università di Torino, che tennero delle conferenze.
    Mons. Ravaglia è un propagandista della «Lega dem. nazionale». Come Mgr. Pini ed altri sacerdoti dello stesso partito, egli si occupa di esercizi spirituali come di un mezzo poco scrupoloso ma efficace d'influenza partigiana sui giovani.

    Baviera - Scrivono da Monaco: «Nous vivons dans des temps et dans un entourage où les meilleurs perdent la tête. Je viens d'apprendre que des prétres ont été éloignés de Munich pour avoir favorisé activement la réalisation du décret pontifical concernant la communion des enfants».

    Belgique - De Gand: « ... Vous savez la guerre implacable que les catholiques libéraux, gladbachistes, [1] etc. font à la vaillante petite Correspondance Catholique de Gand. Elle a dû récemment changer d'imprimerie, car le propriétaire de la première avait été menacée de boycott commercial (c'est-à-dire de la faim, lui et sa famille), s'il ne renvoyait pas la Corr. Cath. Celle-ci dut émigrer chez une autre imprimerie hors de Gand, à Merchtem; mais la haine demo-libérale ne la lâche pas. Le nouvel imprimeur a reçu de son curé avis que ce n'était pas de son goût qu'il lui envoie de temps à autre la Corr. Cath. C'est le premier coup de fusil; le boicottage suivra.
    Notre brave M. Sacré, qui est membre du Cercle Ouvrier, s'est opposé à ce qu'on dénomme ce Cercle de "Chrétien" et a prégonisé le titre de "Cercle Ouvrier Catholique". Fureur du clergé de Merchtem.
    Quelqu'un a fait accroire à ces bons prêtres que cette «christianisation» universelle est la volonté du Cardinal [2] et de NN. SS. Evêques. Ainsi le curé ne dit-il pas à M. Sacré: «Moi, je me soumets à mon évéque!... ».

    1 Gli aderenti alle idee sindacali più liberali e interconfessionali, propugnate dalla scuola di München-Gladbach, Germania.
    2 Cioè dell'Emo Mercier, arcivescovo di Malines.

    Appendice al n. 15

    Aggiungiamo subito anche un estratto da un altro foglio d'informazioni del SP, conservato nel plico della Concistoriale Roma-Modernismo, e che è molto significativo per questa specie di notiziario.
    Di particolare interesse la conclusione che ci fa intravedere la reazione suscitata soprattutto dalla Corrispondenza romana, nella quale tutte le varie relazioni e notizie venivano raccolte e commentate, non con piacere, si capisce, di quanti vi si vedevano scoperti o indiziati.

    Riservato

    Monaco, luglio 1914.

    Centri Demo-liberali e Modernisti nella Germania cattolica

    Accanto al gran centro bachemista 1-gladbachista di Colonia, München-Gladbach ne esistono altri più ristretti; essi lavorano su di un piano che va dal moderatismo dei gesuiti liberali fino al modernismo radicale della società di Kraus.
    Ecco delle note pratiche a tale proposito:

    a) La Krausgesellschaft (Società di Kraus) di Monaco, Baviera, col suo organo Das Neue Jahrhundert, diretto dal dottor Filippo Funk di Monaco...
    b) La Kulturgesellschaft (Società per la cultura) di Münster in Westphalia, l'antica Indexliga (Lega per la riforma dell'Indice), rivelata a suo tempo dalla Corrispondenza Romana...
    c) Hochland, la nota rivista di Monaco...
    d) Circolo di studi religiosi di Monaco di Baviera...

    [Dopo una lunga serie di indicazioni e nomi segue la considerazione conclusiva:]

    Senza dubbio ci sono nella Germania cattolica altri centri simili. Ormai il demoliberalismo e il modernismo hanno gruppi od almeno uomini di fiducia in tutti i centri cattolici del paese.
    Questi centri e questi uomini lavorano in tutta libertà, perché quelli che dovevano combatterli di autorità, o non li vedono o non li vogliono vedere o li vedono per aiutarli più o meno sotto mano.
    Quel mondo non ha che una paura ma che cresce rapidamente: è la paura della «polizia» dei cattolici integrali. Per salvarsi da essa, ricorre a tutti i mezzi (fuorché gli onesti), dal terrorismo contro i sacerdoti ed i laici, sospetti di informare, fino alla diversione geniale -delle così dette rivelazioni sulle relazioni internazionali dell'«integralismo»; le rivelazioni fantastiche (come quelle recentissime del Düsseldorf Tageblatt) hanno lo scopo reale di fuorviare l'attenzione dell'Autorità ecclesiastica e del mondo cattolico, affinché la loro attenzione non si fermi all'organizzazione perfettamente reale e minacciosissima dell'antiromanismo nella Germania (e nell'Austria) cattolica.

    1 Giulio Bachem, membro del «Centro» e capo del sindacalismo tedesco di tendenza interconfessionale, chiamata scuola o tendenza di Colonia, o di München-Gladbach.

    16

    Statuto e Programma del «Sodalitium Pianum», nella redazione dell'autunno 1913.

    Allegato alla corrispondenza dell'autunno 1913, nell'incartamento della Congregazione Concistoriale, si trova il testo a stampa dello Statuto e del Programma del SP, con le variazioni di cui è stata questione nei numeri precedenti.
    Non esiste alcuna traccia di una approvazione particolare; ma dal contesto della documentazione risulta a sufficienza che lo Statuto e il Programma erano a conoscenza del Cardinal De Lai e che, a questo momento, si trattava soltanto di dare al SP un testo di statuti completato o adattato secondo la mente dell'approvazione generica del 25 febbraio dello stesso anno.
    Il testo consta di due parti distinte:
    1) lo Statuto del SP, testo breve e semplice, dai quale risulta l'organizzazione razionale dell'opera: centro a Roma, e gruppi privati fuori di Roma (circoli, o convegni anche senza formalità), i quali si obbligano a realizzare il Programma del SP, mantenendosi in contatto con il centro romano;
    2) il Programma, nella cui fraseologia e formulazione si sente subito tutta la mentalità di Mons. Benigni, tutta la sua larga concezione di vita ed azione cattolica nel senso «integrale», ossia sotto ogni aspetto e in ogni manifestazione; e si intravede l'urto inevitabile nei confronti dei cattolici liberaleggianti o modernizzanti. Anche le ripetute antitesi: contro, per, fanno sentire l'aria di lotta implacabile che pervadeva di fatto l'organizzazione di Benigni contro ogni atteggiamento modernistico.
    Questo documento è di una importanza capitale. La lettera e lo spirito sono indubbiamente lodevoli: se poi l'applicazione o l'esecuzione peccò talvolta di eccesso o di imprudenza, di per sé non è colpa del Programma.
    Mar sopratutto è da rilevare che il Programma, così com'è nella carta, risponde alle idee e agli intendimenti di Pio X. che voleva ricondurre il mondo alla piena ristaurazione in Cristo, senza compromessi di sorta.





    (continua)



    sodalitum pianum

  10. #10
    Avamposto
    Ospite

    Predefinito Rif: Mons. Umberto Benigni, il Cattolicesimo Integrale e la Questione Ebraica in Ital

    SODALITIUM PIANUM

    (Lega di S. Pio V)

    STATUTO

    I - Il Sodalitium Pianum (così denominato dal Sommo Pontefice S. Pio V, strenuo difensore della Chiesa e del mondo cattolico dai loro nemici interni ed esterni, al principio dell'epoca moderna) è una Intesa Romana di Gruppi cattolici-romani integrali che accettano questo Statuto e l'annesso Programma. Tali gruppi, composti di almeno tre persone, possono essere tanto dei comitati od altre organizzazioni cattoliche, quanto dei semplici convegni familiari ed amichevoli.

    II - Lo scopo del S + P si è di assicurare a quei Gruppi federati i vantaggi di una intesa fraterna nella loro opera cattolica integrale, secondo le direzioni papali.

    III - Il S + P venera come suoi celesti Patroni Maria Santissima «Auxilium Christianorum», S. Pietro e Paolo Principi degli Apostoli, e S. Pio V. I soci di ogni Gruppo federato pregheranno ogni giorno per la Chiesa e per il Sommo Pontefice.

    IV - Un gruppo federato si obbliga verso il S + P: a)ad osservare i propri Statuti, Regole, Norme, ecc., da esso presentate al S + P ed approvate da questo, con l'obbligo di non modificarle senza l'assenso del S + P; b) di osservare lo Statuto e Programma del S + P; c) a non unirsi ad altre Intese, Leghe ecc. senza ëassenso preventivo del S + P; d) ad inviare a questo una offerta annua da fissarsi volta per volta, dal Gruppo oblatore, per contribuire alle spese dell'opera.

    V - Il S + P è retto da una Dieta composta di ecclesiastici, almeno in numero di tre, de' quali uno è il Direttore Generale del S + P, e un altro è il Segretario del S + P. Nei vari paesi l'opera della Dieta è coadiuvata dai vari rappresentanti di questa.

    VI - La Sede abituale del S + P è a Roma.

    VII - La Dieta: a) nomina i suoi membri e rappresentanti; b) ammette i Gruppi nel S + P; e) dichiara uscito dal S + P un Gruppo che non avesse mantenuto i suoi impegni fissati dall'art. precedente; d) cura lo sviluppo morale e materiale del S + P e della sua opera.

    VIII - La Dieta fissa i regolamenti interni per il funzionamento del S + P secondo lo spirito e i termini del presente Statuto e Programma.


    Il S + P è stato approvato ed incoraggiato dalla Santa Sede (Rescritti Autografi di S. S. Pio X, del 5 luglio 1911 e dell'8 luglio 1912; Lettera della S. Congr. Concistoriale, del 25 febbr. 1913).

    PROGRAMMA

    1. - Noi siamo Cattolici-Romani integrali. Come l'indica questa parola, il Cattolico-Romano integrale accetta integralmente la dottrina, la disciplina, le direzioni della Santa Sede e tutte le loro legittime conseguenze per l'individuo e per la società. Esso è «papalino», «clericale», antimodernista, antiliberale, antisettario. Egli è dunque integralmente contro-rivoluzionario, perché è avversario non solamente della Rivoluzione giacobina e del Radicalismo settario, ma ugualmente del liberalismo religioso e sociale. Resta assolutamente inteso che dicendo «Cattolico Romano integrale», non s'intende affatto modificare in qualsiasi modo l'autentico e glorioso titolo di Cattolico-Romano. La parola «integrale» significa soltanto «integralmente Cattolico-Romano», cioè pienamente e semplicemente Cattolico-Romano senza le aggiunte o restrizioni corrispondenti (anche al di fuori dell'intenzione di chi ne usa) tanto alle espressioni di «cattolico liberale», «cattolico sociale», è qualunque altra, quanto al fatto di chi tende a restringere in teoria od in pratica l'applicazione dei diritti della Chiesa e dei doveri del cattolico nella vita religiosa e sociale.
    2. - Noi lottiamo per il principio e per il fatto dell'Autorità, della Tradizione, dell'Ordine religioso e sociale nel senso cattolico della parola e nelle sue deduzioni logiche.
    3. - Noi consideriamo come piaghe nel corpo umano della Chiesa lo spirito e il fatto del liberalismo e del democratismo cosiddetti cattolici, come del Modernismo intellettuale e pratico, radicale o moderato, con le loro conseguenze.
    4. - Nei caso pratico della disciplina cattolica, noi veneriamo e seguiamo i Vescovi, posti dallo Spirito Santo a reggere la Chiesa di Dio, sotto la direzione ed il controllo del Vicario di Cristo, col quale noi vogliamo essere sempre, avanti e malgrado tutto.
    5. - La natura della Chiesa cattolica c'insegna, e la sua storia ci conferma, che la S. Sede è il centro vitale del cattolicismo: per ciò stesso, da un certo punto di vista e specialmente in alcune circostanze, il contegno momentaneo della S. Sede è altresì la risultante della situazione religiosa e sociale. Così noi comprendiamo pienamente come Roma possa talvolta tacere ed attendere, in vista della situazione stessa, quale nel momento si presenta. In tali casi noi ci guarderemo bene dal prenderne pretesto per restare inattivi davanti ai danni ed ai pericoli della situazione. Dacché abbiamo compresa e sicUramente controllata, in ogni caso, la realtà delle cose, noi agiamo nel miglior modo possibile contro quei danni e pericoli, sempre e dovunque secondo la volontà e il desiderio del Papa.
    6. - Nella nostra osservazione ed azione noi ci mettiamo soprattutto dal punto di vista «cattolico», cioè universale, - sia nel tempo, attraverso i differenti momenti storici, - sia nello spazio, attraverso tutti i paesi. Noi sappiamo che nelle contingenze momentanee e locali, c'è sempre, almeno nel fondo, la lotta secolare e cosmopolita fra le due grandi forze organiche: da un lato, l'unica Chiesa di Dio, Cattolica-Romana, - dall'altro i suoi nemici interni ed esterni. Gli esterni (le sètte giudeo-massoniche ed i loro alleati diretti) sono nelle mani del Potere centrale della Sètta; gl'interni (modernisti, demoliberali, ecc.) gli servono d'istrumento cosciente o incosciente per l'infiltrazione e la decomposizione tra i cattolici.
    7. - Noi combattiamo la Sètta interna ed esterna, sempre e dovunque, sotto tutte le forme e con tutti i mezzi onesti ed opportuni. Nelle persone dei settari interni ed esterni e dei loro complici noi combattiamo soltanto la realizzazione concreta della Setta, della sua vita, della sua azione, dei suoi piani. Questo, intendiamo farlo senza alcun rancore verso i nostri fratelli traviati, come altresì senza alcuna debolezza e senza alcun equivoco, come un buon soldato tratta sul campo di battaglia quanti militano sotto lo stendardo nemico, i loro ausiliari ed i loro complici.
    8. - Noi siamo pienamente:
    - contro ogni tentativo di diminuire, di rendere secondarie, di dissimulare sistematicamente le rivendicazioni papali per la Questione Romana, di ostacolare l'influenza sociale del Papato, di far dominare il laicismo;
    - per la rivendicazione instancabile della Questione Romana secondo i diritti e le direzioni della S. Sede, e per uno sforzo continuo affine di ricondurre, il più possibile, la vita sociale sotto l'influenza legittima e benefica del Papato ed, in genere, della Chiesa cattolica.
    9. - contro l'interconfessionalismo, il neutralismo e il minimismo religioso nell'organizzazione ed azione sociale, nell'insegnamento, come in ogni attività dell'individuo e della collettività, la quale dipende dalla vera morale, dunque dalla vera religione, dunque dalla Chiesa; per la confessionalità in tutti i casi previsti dal comma precedente; e se, in casi eccezionali e transitori, la S. Sede tollera delle unioni interconfessionali, - per l'applicazione coscienziosa e controllata ditale tolleranza eccezionale e per la sua durata ed estensione le più possibilmente ristrette, secondo le intenzioni della S. Sede.
    10. - contro il sindacalismo apertamente o implicitamente «areligioso», neutro, amorale, che fatalmente conduce alla lotta anticristiana delle classi secondo la legge brutale del più forte; contro il democratismo, anche quando si chiama economico-sociale, che spinge col suo individualismo alla disgregazione sociale;
    per l'armonia cristiana delle classi fra loro, come fra l'individuo, la classe e la società intiera; per l'organizzazione corporativa della società cristiana secondo i principi e le tradizioni di giustizia e di carità sociale, insegnati e vissuti dalla Chiesa e dal mondo cattolico per molti secoli, e che perciò sono perfettamente adattabili ad ogni epoca e società veramente civili;
    11. - contro il nazionalismo pagano che fa riscontro al sindacalismo areligioso (quello considerando le nazioni, come questo le classi, quali collettività di cui ciascuna può e deve fare amoralmente i propri interessi al di fuori e contro quelli degli altri, secondo la legge brutale di cui abbiamo parlato); e, nello stesso tempo, contro l'antimilitarismo ed il pacifismo utopista, sfruttati dalle Sette allo scopo d'indebolire e addormentare la sociètà sotto l'incubo giudeo-massonico; per il patriottismo sano e morale, patriottismo cristiano di cui la storia della Chiesa cattolica ci ha dato sempre splendidi esempi.
    12. - contro il feminismo che esagera e snatura i diritti e i doveri della donna, mettendoli fuori della legge cristiana; contro la coeducazione dei sessi; contro l'iniziazione sessuale della fanciullezza; per il miglioramento delle condizioni materiali e morali della donna, della gioventù, della famiglia secondo la dottrina e la tradizione cattolica.
    13. - contro la dottrina ed il fatto profondamente anticristiani della Separazione fra la Chiesa e lo Stato, come fra la religione e la civiltà, la scienza, la letteratura, l'arte; per l'unione leale e cordiale tanto della civiltà, della scienza, della letteratura, dell'arte quanto dello Stato, con la religione e perciò con la Chiesa.
    14. - contro l'insegnamento filosofico, dommatico e biblico «modernizzato», il quale, anche quando non è prettamente modernista, si rende per lo meno uguale ad un insegnamento archeologico od anatomico, come se non si trattasse di una dottrina immortale e vivificatrice che tutto il clero, senza eccezione, deve imparare soprattutto per il suo ministero sacerdotale;
    per l'insegnamento ecclesiastico ispirato e guidato dalla gloriosa tradizione della Scolastica e dei Santi Dottori della Chiesa e dei migliori teologi, del tempo della Controriforma, con tutti i seri sussidii del metodo e della documentazione scientifica.
    15. - contro il falso misticismo a tendenze individualistiche ed illuministe; per la vita spirituale, intensa e profonda, secondo l'insegnamento dottrinale e pratico dei Santi e degli autori mistici lodati dalla Chiesa.
    16. - in genere, contro lo sfruttamento del clero e dell'azione cattolica da parte di qualsiasi partito politico o sociale, e ispecie, contro l'esagerazione «sociale» che si vuole inoculare al clero ed all'azione cattolica sotto pretesto di «uscire sagrestia» per non rientrarvi che troppo raramente, o di nascosto, od almeno con lo spirito assorbito dal resto; per il mantenimento dell'azione ecclesiastica e rispettivamente della azione cattolica nel suo insieme sul terreno apertamente religioso, avanti tutto, e senza esagerazioni «sociali» o simili per il resto.
    17. - contro la mania o la debolezza di tanti cattolici, di apparire «coscienti ed evoluti, veramente del loro tempo», e bonarii di fronte al nemico brutale od ipocrita, ma sempre implacabile, - pronti ad ostentare il loro tollerantismo, e ad arrossire, se non a dir male, degli atti di giusto rigore compiuti dalla Chiesa o per essa, - pronti ad un ottimismo sistematico verso gli inganni degli avversari, e riservando le loro diffidenze e durezze pei Cattolici-Romani integrali; per un contegno giusto e conveniente, ma sempre franco, energico ed instancabile di fronte al nemico, alle sue violenze, alle sue astuzie.
    18. - contro tutto quanto è opposto alla dottrina, alla tradizione, alla disciplina, al sentimento del cattolicismo integralmente romano; per tutto quanto gli è conforme.

    17

    Lettera di Mons. Benigni al Card. De Lai circa alcuni affari riguardanti il «Sodalitium Pianum», 25 marzo 1914.

    L'unico pezzo documentario dell'anno 1914, fuori di quelli che seguirono la morte di Pio X, e che saranno esaminati in seguito, si riferisce ad alcuni fatti particolari concernenti il SP, e fa supporre che ci siano state altre comunicazioni fatte al Cardinal De Lai.
    La «Vigie», di cui al primo comma, era una rivista «integralista», che si pubblicava a Parigi dall'abbé Boulin, membro del SP, presso il quale Mons. Benigni, recandosi a Parigi, prendeva alloggio. Non sappiamo di quale incidente si tratti, occorso alla «Vigie».
    Ad ogni modo consta che il Cardinal De Lai era al corrente della cosa.
    Il «supersedendum» del secondo alinea, e l'aspettativa dalla bontà non solo del Cardinale ma anche del Papa, di almeno un cenno di incoraggiamento per i membri del Sodalizio, ci sembrano riferirsi alla questione, sempre aperta, dell'approvazione definitiva.
    Il terzo comma poi, nel quale l'oggetto principale viene designato con una parola cifrata, Aire, dimostra ancora una volta che Benigni e il suo SP cercarono di tenersi in relazione col Cardinal De Lai e che questi non mancò d'interessarsi anche di cose, come pare, ordinarie.
    L'ultimo alinea finalmente sta a confermare, se ve ne fosse ancora bisogno, che il SP, attraverso i suoi membri e corrispondenti, seguiva continuamente e da vicino il movimento religioso-politico-sociale dei vari paesi, fra i quali la Germania ebbe un posto particolare, non solo perché Mons. Benigni conosceva la situazione anche personalmente, ma perché le cose di Germania meritavano davvero un occhio vigile; si trattava delle questioni sindacali e della posizione del «centro» come partito «cattolico».

    Roma, 25 marzo 1914.

    Eminenza Reverendissima,

    La ringrazio vivamente a nome di tutti del Suo paterno intèressamento per la causa della nostra stampa, colpita nella Vigie. Se Vostra Eminenza Reverendissima vorrà comunicarmi a suo tempo una parola di guida per trasmetterla alla Vigie sul modo di contenersi ecc., Le saremo profondamente riconoscenti.
    C'incliniamo con filiale dolore davanti al «supersedendum»sperando che le circostanze, ma più la grande bontà di Vostra Eminenza Reverendissima e del Santo Padre, vorranno non ritardare ai nostri buoni confratelli una parola d'incoraggiamento che essi fanno del tutto per meritare, e che sarà discretissimamente comunicata.
    Grazie altresì per le rettificazioni che Ella si è presa la pena di comunicarmi su A ire, e che prudentemente trasmetterò. Penso che non sia inutile che vengano comunicate tali notizie non conformi alla realtà, giacché essendo esse trasmesse da uomini di buona fede e di buona volontà, si può stare sicuri che, se le notizie sono false, è pur vero che le si fanno correre e che ci si crede; ed è sempre opportuno di saperlo.
    Gli affari cattolici di Germania vanno di male in peggio: mi farò un dovere di trasmetterLe quanto prima constatazioni e documenti pubblici d'una eloquenza... terribile.
    E prostrato al bacio della Sacra Porpora, con la più profonda venerazione e riconoscenza godo confermarmi

    di Vostra Eminenza Reverendissima

    Umilissimo devotissimo obbligatissimo servo
    Umberto Benigni

    18

    Terzo autografo di Pio X in favore del «Sodalitium Pianum », 6 luglio 1914.

    Mentre nell'anno 1913, per ragioni che non conosciamo, il SP non ebbe alcuna benedizione particolare del Santo Padre, quest'anno 1914, ultimo di Pio X, e alla solita data, ai primi cioè di luglio, Mons. Benigni ottenne un terzo breve autografo del Papa, veramente molto incolore, ma che è sempre un segno di interesse e di benevolenza.

    Dilectis filiis gratuiantes et fausta quaeque ac salutaria in retributionem a Domino adprecantes, praecipuae benevolentiae Nostrae testem, Apostolicam Benedictionem. amantissime impertimus.

    Die 6 iulii 1914.

    Pius Pp. X.





    (continua)



    sodalitum pianum

 

 
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