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  1. #461
    Viva la piadina!!!
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    Predefinito Re: Focus - Fine del predominio del dollaro.

    Citazione Originariamente Scritto da Metabo Visualizza Messaggio
    IL DEFICIT SPENDING USA CAUSERÁ UNA CRISI FISCALE O LA DISTRUZIONE DEL DOLLARO - Rischio Calcolato
    IL DEFICIT SPENDING USA CAUSERÁ UNA CRISI FISCALE O LA DISTRUZIONE DEL DOLLARO


    Di LucaF. , il 10 febbraio 2015 3 Comment

    di DAVID STOCKMAN*
    A quell’epoca non esisteva affatto una scelta. Non avreste trovato un solo economista keynesiano, o marxista, che avrebbe consigliato la via di un’enorme debito pubblico e della sua monetizzazione da parte della banca centrale (cosa che in realtà sarebbe accaduta tre decenni più tardi). Allora Washington aveva barcollato fino alla cifra di $1 bilione.
    Nell’Ottobre del 1981, con l’economia americana che stava scivolando in una recessione a doppio fondo, la matematica fiscale della Reaganomics stava già cominciando a strappare le cuciture del bilancio. Il “taglio fiscale di Reagan” aveva innescato una guerra monumentale a Capitol Hill tra le varie lobby di interessi particolari, e aveva finito per ridurre la base delle entrate permanenti di circa il 6,2% del Pil.
    Allo stesso modo, il bilancio della difesa si prevedeva che dovesse crescere del 5% in termini reali per alcuni anni, ma il Pentagono aveva spaventato talmente tanto il nuovo presidente da fargli autorizzare un decennio di spese folli che a metà degli anni ’80 avrebbero triplicato il budget della difesa (i neocon gli dissero che l’Impero del Male era prossimo alla vittoria militare, quando invece stava sprofondando in un baratro economico).
    Inutile dire che i modesti tagli nazionali approvati durante l’inizio dell’amministrazione Reagan non intaccarono minimamente questi eccessi monumentali sul fronte fiscale e della difesa. Nell’autunno del 1981 non solo la Casa Bianca oltrepassò per la prima volta la soglia che conduceva oltre il bilione di debito pubblico; ma c’era la paura che grandi deficit permanenti sarebbero diventati la norma ed avrebbero condotto ad una crisi fiscale e, di conseguenza, alla rovina economica.
    E in base agli standard del passato, sebbene si fosse tollerata l’infame politica “guns and butter” di Johnson che prevedeva un deficit pari al 2,5% del Pil, la prospettiva era terribile. Negli anni ’80, infatti, la nazione arrivò ad avere un deficit del 6% del Pil. E c’è un altro punto saliente. La banca centrale era gestita dal grande Paul Volcker, il quale era determinato a spezzare la schiena dell’inflazione a doppia cifra che i suoi predecessori, William Miller e Arthur Burns, avevano generato nel corso degli anni ’70.
    Va da sé, quindi, che nessuno pensava che Volcker avrebbe monetizzato il debito federale per facilitare la vita ai politici spendaccioni. Per l’ultima volta nella storia, Washington avrebbe dovuto stringere la cinghia. Nei tre anni successivi, con le buone e le cattive, venne compensato circa il 40% del gigante taglio delle tasse di Reagan.
    Infatti nel 1983 venne aumentata di circa il 20% anche l’imposta sui salari per salvare dal fallimento il fondo fiduciario della Previdenza Sociale. Nel complesso, queste misure di rigore fiscale non ebbero un effetto trascurabile. Misero un freno al deficit che altrimenti sarebbe andato fuori controllo a causa delle spese per la difesa, della riduzione delle imposte e della recessione economica che stava eruttando dall’inevitabile medicina monetaria di Volcker.
    Tuttavia, dal 1982 al 1986, il deficit federale era in media il 5% del Pil. Niente del genere era mai stato immaginato prima, o perlomeno al di fuori di una guerra mondiale, nemmeno da professori come Samuelson, Heller, Tobin e altra marmaglia keynesiana. Durante il tempo di pace tra il 1954 e il 1964, ad esempio, il deficit federale era in media meno dell’1% del Pil e Eisenhower aveva effettivamente raggiunto diversi avanzi fiscali in quel periodo.
    Fare ricorso a deficit massicci, nonostante gli sforzi di una ripresa nel 1982-84, non era minimamente preso in considerazione da tipi come Paul Krugman. All’epoca lui faceva parte dello staff economico di Reagan. Mai una volta aveva affermato che il debito nazionale al 33% del Pil era troppo piccolo e che fosse necessario uno “stimolo” a tempo indeterminato.
    Poi arrivarono la vittoria di Volcker sull’inflazione, una forte ripresa economica e la campagna “morning in America” del 1984. Ai fini pratici, il lavoro di ripristinare completamente una rettitudine fiscale è rimasto incompiuto, come si è poi scoperto. Il deficit strutturale aveva iniziato a ridursi in modo modesto grazie alla forte ripresa economica del 1983-1985 (quando la crescita del Pil raggiunse in media il 5% annuo), alle entrate di un triplice aumento delle tasse approvato da Reagan tra il 1982 e il 1984, e al massiccio aumento delle tasse sui salari nascosto dietro al cosiddetto salvataggio della Previdenza Sociale (1983).
    Questo fu un punto di svolta storico. Infatti la riforma della Previdenza Sociale e del Medicare passò in secondo piano grazie al trucco dell’aumento delle tasse sui salari. Ciò fece registrare eccedenze di cassa nei fondi fiduciari e nei due decenni successivi permise un accumulo intra-governativo di IOU. Queste eccedenze servirono a spazzare sotto il tappeto il disastro fiscale dei cosiddetti “diritti intergenerazionali sociali”, i quali incarnano proiezioni lunghe 75 anni che risultano sempre troppo ottimiste.
    Dal Gennaio 1985 qualsiasi altro aumento delle tasse o taglio al bilancio della difesa, sarebbe stato fuori discussione per la Casa Bianca. I politici di entrambi gli schieramenti, allergici a qualsiasi taglio della spesa, erano più che felici di accantonare eventuali riduzioni di spesa più significative. Così dal 1985 la politica di bilancio è andata per i fatti suoi.
    La scritta sul muro era visibile ben prima della follia fiscale di George W. Bush scoppiata nel 2001. Durante i dodici anni delle amministrazioni Reagan-Bush, il debito pubblico avrebbe raggiunto $4,3 bilioni e sarebbe stato 4 volte superiore a quello che Jimmy Carter ci aveva lasciato. Ironia della sorte, il flagello della spesa in deficit e il suo avversario primario (es. i Repubblicani) avrebbero unito le forze per generare un deficit che in media sarebbe stato del 4,1% del Pil.
    Il ricorso dodecennale ad un deficit permanente non era dovuto ad un’economia debole o ad una crescita insufficiente del Pil, come i revisionisti di Reagan hanno sostenuto sin da allora. Infatti tra il 1982 e il 1993 la crescita del Pil è stata in media del 3,6% l’anno. No, fu una scelta politica che cambiò per sempre la linea di politica.
    I deficit delle amministrazioni Reagan-Bush furono pari a 3 volte il deficit medio maturato in tempo di pace da FDR, Truman, Kennedy-Johnson e Jimmy Carter messi insieme. Di conseguenza i Democratici non avrebbero mai più affrontato la grande paura di Tip O’Neill — ovverosia, che un giorno avrebbero perso la loro maggioranza al Congresso a causa di un attacco del Gop (come nel 1946) alla loro propensione per la spesa in deficit.
    Ma c’è di più. Non c’è stata la rovina economica che sarebbe dovuta scaturire dai grandi deficit fiscali, almeno non nel lasso di tempo che ci si immaginava. Di conseguenza il Gop ha progressivamente abbracciato una dottrina anti-tasse che però ignorava i livelli abnormi del debito nazionale. Nel frattempo, Democratici e Repubblicani cercarono di ristabilire (per l’ultima volta) una parvenza di rettitudine fiscale durante i primi tempi della presidenza Clinton.
    E sulla carta fecero notevoli progressi. In effetti, il bilancio federale fece registrare eccedenze tra il 1996 e il 1999; anche se insostenibili, a causa dei grandi guadagni inattesi della bolla dot-com di Greenspan. Ma il problema fiscale strutturale non è stato mai risolto; è stato solo temporaneamente sepolto sotto tre illusioni. La prima: la gigantesca macchina bellica di Reagan (che in realtà era una grande armata di forze terrestri, marittime e aeree ideali per guerre di invasione e occupazione) sarebbe dovuta andare in pensione quando finì la guerra fredda e l’Impero del Male crollò.
    Le cose non sono andate così. Invece il complesso militare-industriale e i suoi propagandisti neoconservatori hanno costantemente mandato nel panico la nazione per un’inutile “guerra al terrorismo” dopo la tragedia del 9/11. In poco tempo il bilancio della difesa è raddoppiato, passando dal 3,0% del Pil nei primi anni post-Guerra Fredda a quasi il 6,0% del PIL dopo le campagne belliche di Bush.
    Allo stesso modo, l’aumento delle tasse sui salari ha infine esaurito la sua capacità di compensazione. Di conseguenza nell’anno fiscale 2013 il Fondo AVS (pensione) ha registrato un deficit da $95 miliardi e il fondo DI (disabilità) ha registrato un ulteriore deficit da $45 miliardi. Ciò significa che il deficit complessivo è quasi di $140 miliardi l’anno e in rapida ascesa.
    In effetti il cosiddetto surplus della previdenza sociale, che ha finanziato il deficit del fondo generale per più di due decenni, non solo è scomparso, ma è ormai entrato nella falsa contabilità del fondo fiduciario di Washington. Detto in modo diverso, oltre ai $3 bilioni di IOU rilasciati ai fondi fiduciari nei decenni precedenti, non c’è volontà di emetterne altri poiché ci si sta concentrando solamente sui redditi reali dei datori di lavoro e dei dipendenti.
    Invece i fondi fiduciari sperano illusoriamente di intascare i proventi degli “interessi” intra-governativi sui bilanci precedenti, in modo da trasmettere un’immagine di apparente solvibilità. Ma anche secondo le proiezioni economiche dell’OMB, in cui la piena occupazione verrà raggiunta nel 2017 e rimarrà così per tempo immemore, il deficit del fondo fiduciario dovrebbe raggiungere i $190 miliardi l’anno entro il 2019.
    Per quell’anno, però, il gioco contabile del fondo fiduciario sarà già stato esposto. In realtà le proiezioni dell’OMB mostrano solo $95 miliardi di falsi “interessi attivi” entro il 2019, il che significa che gli “attivi” del fondo fiduciario dovranno essere liquidati per $100 miliardi solo in quell’anno, e poi dovrebbero scomparire completamente nel decennio successivo.
    Ciò significa che i $18 bilioni di debito pubblico rappresentano debito reale, non la comoda illusione spacciata da Washington e dagli economisti keynesiani secondo cui il debito “detenuto dal pubblico” è solo $13 bilioni e quindi il 75% del Pil. No, il vero rapporto di leva della nazione è 106% del Pil. In trentatré anni l’onere del debito pubblico sul reddito nazionale è triplicato.
    E quando si aggiungono i $3 bilioni di debito statale e locale, il rapporto del debito pubblico totale è quasi il 120% del Pil.

    E questo ci porta alla domanda finale. Come è possibile che al cospetto di cotanta dissolutezza fiscale siamo riusciti a cavarcela? La risposta breve è che non ce la siamo affatto cavata. L’effetto crowding out e un’alta inflazione dei prezzi al consumo non si sono mai verificati perché la Fed di Greenspan ha indirizzato l’intera economia mondiale lungo un sentiero di espansione del credito e massiccia finanziarizzazione, un processo insidioso ingegnerizzato dall’azione concertata di tutte le principali banche centrali.
    Questo convoglio di stampanti monetarie ha aperto le porte dei “caveau” delle banche centrali nei quali è stato temporaneamente parcheggiato il debito dello Zio Sam. Il modello è come quello degli scarafaggi in casa: i bond statali entrano, ma non escono. Quello che è successo in termini pratici è che il credito fiat del settore bancario centrale si è sostituito al risparmio reale privato per quanto riguarda il finanziamento del debito pubblico.
    Infatti, grazie alle economie mercantiliste dell’Asia e ai Paesi esportatori di petrolio, quasi $5 bilioni di debito pubblico degli Stati Uniti sono stati assorbiti dalle banche centrali estere e dai fondi sovrani. Altri $3 bilioni sono finiti nella Fed. E altri $5 bilioni, come indicato in precedenza, sono stati temporaneamente finanziati da fondi fiduciari inter-governativi che ora sono in procinto di immergersi in una modalità di liquidazione irreversibile.
    Credo che ormai siano evidenti due cose. La prima è che la massiccia monetizzazione del debito pubblico non può andare avanti ancora a lungo, o il sistema monetario verrà distrutto. Questo è quello che significa essere bloccati dalla ZIRP. La follia monetaria in Giappone non è altro che il segno di come ci stiamo avvicinando alla fine dell’era della monetizzazione.
    Nel caso del Giappone, il più grande debitore al mondo ha già distrutto il proprio mercato obbligazionario, la BOJ è l’unica che ancora acquista il decennale giapponese con un rendimento dello 0,4%. E la BOJ ora sta anche uccidendo rapidamente lo yen. In secondo luogo, il Pil nominale degli Stati Uniti è cresciuto a meno del 4% l’anno negli ultimi dieci anni, e, in un mondo necessitante di deflazione, non c’è alcuna possibilità che si possa emancipare da tale “vincolo”.
    Di conseguenza lo scenario ottimista proiettato dal CBO per il prossimo decennio, non ha la minima possibilità di realizzarsi. Invece degli $8 bilioni previsti dal CBO, l’attuale situazione politica di Washington (ormai in corso da 30 anni) genererà nel prossimo decennio (come minimo) $15 bilioni di nuovo debito pubblico. Sì, aggiungeteli all’attuale montagna di debito pubblico della nazione e arriverete a $33 bilioni entro il 2024 o giù di lì.
    E poi non bisogna scordarsi la gigantesca bolla finanziaria e gli sconfinati investimenti improduttivi generati dalle banche centrali di tutto il mondo negli ultimi due decenni, i quali ci garantiscono un lungo periodo di deflazione globale. Di conseguenza il Pil nominale degli Stati Uniti sarà fortunato se raggiungerà i $24 bilioni entro lo stesso anno.
    Il debito pubblico sarà pari al 140% del Pil. Questo significa che il futuro prospetta per questa nazione una crisi fiscale senza fine. Questa è la fine dei giochi di una deplorevole dissolutezza fiscale senza precedenti vecchia di 33 anni. Saluti.
    Certo che hai un gran bel coraggio a citare ancora Rischio Calcolato dpo le continue e ripetute "previisoni" andate a puttane.

    Come hai scritto tu ogi? NOn bast ascriverlo perhce' sia vero? Eh essatto.

    Non essendo la matematica un opinione:

    https://forum.termometropolitico.it/...l#post14127262
    Globalizzazione..... si grazie.

  2. #462
    cancellato
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    Predefinito Re: Focus - Fine del predominio del dollaro.

    Citazione Originariamente Scritto da Amati75 Visualizza Messaggio
    E... sono pubblicati i dati relativi a Dicembre 2014 per il forex...:

    "The proportion of transactions denominated in yuan climbed to a record 2.17 percent in December, from 1.59 percent in October, the Society for Worldwide Financial Telecommunications said in a statement.."

    ...

    "
    The dollar and the euro remained the two most-used currencies globally in December with respective shares of 44.6 percent and 28.3 percent, according to Swift, a Belgium-based financial-messaging platform. The pound ranked third with 7.92 percent and Japan’s yen was fourth with 2.69 percent."

    http://www.bloomberg.com/news/articles/2015-01-28/yuan-replaces-canadian-dollar-as-5th-most-used-currency-swift


    Quindi abbiamo:


    NOVEMBRE 2014
    RMB 1.59%
    $ 43.50%
    Euro 29.38%
    Yen 2.56%
    Sterlina 8.42%

    DICEMBRE 2014
    RMB 2.17%
    $ 44.6%
    Euro 28.3%
    Yen 2.69%
    Sterlina 7.92%

    Quindi continuazione del trend si rafforzamento dello Yuan nei volumi, ed anche del Dollaro...ovvero come indicato da tempo, l'aumento dello Yuan avviene "mangiando" quote alle value minori (in primo luogo). L'Euro ancora in calo.


    Insomma ancora nessun segno, che dovremmo aver già visto nei dati, di tutti gli articoli fantasmagorici dei siti alternativi che Metabo ci posta ogni giorno.

    Sara' mica che le analisi che ti articoli fanno sono semplicemente fallate? Nooooo mica....
    A che numero siamo arrivati con i thread dedicati alla fine del predominio del dollaro, Amati te che ci sei da tanto tempo quanti ne hai contati?
    Ultima modifica di jack9; 11-02-15 alle 23:41

  3. #463
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    Predefinito Re: Focus - Fine del predominio del dollaro.

    Citazione Originariamente Scritto da jack9 Visualizza Messaggio
    A che numero siamo arrivati con i thread dedicati alla fine del predominio del dollaro, Amati te che ci sei da tanto tempo quanti ne hai contati?
    Oddio... se conto dalla prima POL alla quale partecipai (1999), ho perso il conto.
    Globalizzazione..... si grazie.

  4. #464
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    Predefinito Re: Focus - Fine del predominio del dollaro.

    Circa 10,000 ...ad occhio e crece.

  5. #465
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    Predefinito Re: Focus - Fine del predominio del dollaro.

    Ed ecco pubblicati gli ultimi dati della SWIFT sul Forex:

    http://www.swift.com/assets/swift_co...y_2015_SdC.pdf

    NOVEMBRE 2014
    RMB 1.59%
    $ 43.50%
    Euro 29.38%
    Yen 2.56%
    Sterlina 8.42%

    DICEMBRE 2014
    RMB 2.17%
    $ 44.6%
    Euro 28.3%
    Yen 2.69%
    Sterlina 7.92%


    GENNAIO 2015
    RMB 2.06%
    $ 43.42%
    Euro 28.75%
    Yen 2.79%
    Sterlina 8.24%

    e "NEW ENTRY":

    Rublo Nov 2014 : 0.38%
    Rublo Dice 2014 : 0.34%
    Rublo Gen 2015 : 0.21%
    Ultima modifica di Amati75; 02-03-15 alle 23:57
    Globalizzazione..... si grazie.

  6. #466
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    Predefinito Re: Focus - Fine del predominio del dollaro.

    ahahhahahhahhahhhahhahhhahahahahaahahahahahahahahh ahahahaha


    Il Rublo che "doveva sostituire il dollaro"......allo 0.21%.

    Sono le banconote comprate da Metabo!!

  7. #467
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    Predefinito Re: Focus - Fine del predominio del dollaro.

    Citazione Originariamente Scritto da paulhowe Visualizza Messaggio
    ahahhahahhahhahhhahhahhhahahahahaahahahahahahahahh ahahahaha


    Il Rublo che "doveva sostituire il dollaro"......allo 0.21%.

    Sono le banconote comprate da Metabo!!
    Ti ricordi i Brics dovevano creare un sistema alternativo al Fondo monetario internazionale?Focus - Fine del predominio del dollaro.

  8. #468
    cancellato
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    Predefinito Re: Focus - Fine del predominio del dollaro.

    Citazione Originariamente Scritto da Amati75 Visualizza Messaggio
    Ed ecco pubblicati gli ultimi dati della SWIFT sul Forex:

    http://www.swift.com/assets/swift_co...y_2015_SdC.pdf

    NOVEMBRE 2014
    RMB 1.59%
    $ 43.50%
    Euro 29.38%
    Yen 2.56%
    Sterlina 8.42%

    DICEMBRE 2014
    RMB 2.17%
    $ 44.6%
    Euro 28.3%
    Yen 2.69%
    Sterlina 7.92%


    GENNAIO 2015
    RMB 2.06%
    $ 43.42%
    Euro 28.75%
    Yen 2.79%
    Sterlina 8.24%

    e "NEW ENTRY":

    Rublo Nov 2014 : 0.38%
    Rublo Dice 2014 : 0.34%
    Rublo Gen 2015 : 0.21%
    Ora mi chiedo comprando l'oro come fanno i russi a creare un'economia alternativa, Amati se non sbaglio avevano comprato 22 tonnellate di oro?

  9. #469
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    Predefinito Re: Focus - Fine del predominio del dollaro.

    The Dollar Super-Cycle Is Only Half Done


    (Bloomberg) -- Investors counting on a slowdown in the U.S. dollar’s meteoric rise better watch out.

    That’s the warning from Morgan Stanley’s Hans Redeker, who says the currency’s only about halfway through what analysts at the bank are calling a super-cycle that compares with other large moves going back to the 1980s. Until it fell on Thursday, the greenback had surged 3.8 percent versus a basket of currencies this month, the biggest increase over two weeks since May 2010, when investors were gripped with concern the euro would disintegrate.
    Almost five years later, the 19-nation shared currency is again a key catalyst for a stronger dollar. The European Central Bank’s 60 billion euro-a-month ($64 billion) bond-buying program has investors pouring cash into the U.S. as yields evaporate in Europe.

    “The U.S. dollar is not yet done,” Redeker said Wednesday from London, where he’s head of global currency strategy. Demand from investors seeking dollar-denominated assets “is driving this, and we think there is much more to come.”
    The flood of liquidity from Europe comes as the Federal Reserve prepares to raise U.S. borrowing costs for the first time since the global financial crisis. On March 6, the dollar climbed the most in more than three years after a report showing strength in the U.S. labor market fueled speculation the Fed may raise rates as early as June.
    Fed Expectations

    Morgan Stanley isn’t the only large bank calling for further gains in the greenback. JPMorgan Chase & Co. lifted forecasts against the euro and emerging currencies, including the Chinese renminbi and the Turkish lira, to reflect U.S. employment gains and easier monetary policy from other central banks around the world.
    “By some measures the currency is behaving as if the Fed has already tightened by 100 basis points, which illustrates how high expectations are for a multi-year divergence between the Fed and other major and EM central banks,” JPMorgan strategists John Normand and Niall O’Connor wrote in a March 6 note. “These expectations will be met eventually.”
    JPMorgan forecasts the dollar will end the year at $1.05 per euro and that the greenback will buy 2.55 lira, compared with prior forecasts of $1.10 and 2.5. The U.S. currency fell 0.6 percent to $1.0607 per euro at 1:11 p.m. in New York, after earlier touching $1.0495, the strongest since January 2003. It bought 2.6 lira.
    Super Cycle

    Prior dollar super-cycle rallies lasted about seven years and involved gains of around 50 percent on average against baskets of currencies, according to Morgan Stanley. The bank, which predicted the dollar’s rally since 2012, is forecasting a similar increase this time around. The dollar has strengthened 23 percent since 2012 against 10 major peers including the euro and yen as measured by the Bloomberg Dollar Spot Index through Wednesday.
    Not all analysts are convinced. John Hardy, head of foreign-exchange strategy at Saxo Bank A/S, said an accelerating dollar rally isn’t such a sure thing. The pace of gains may prompt the Fed to refrain from raising rates sooner rather than later or from changing the language from its last policy statement, he said.
    “The Fed isn’t completely tone deaf,” Hardy, who’s based in Hellerup, Denmark, said Wednesday. “The Fed has to blink. They will be even more cautious than normal in their wording.”
    Deflation Concern

    The U.S., the world’s largest economy, is one of the few global hot spots as Europe seeks to avoid deflation, China slows and falling commodity prices hurt countries such as Brazil and Canada.
    The International Monetary Fund in January made the steepest cut to its global growth forecast in three years, reducing it to 3.5 percent in 2015 from 3.8 percent previously. The U.S. was the one standout, with the IMF upgrading its forecast for America’s growth to 3.6 percent growth in 2015, up from 3.1 percent in October.
    “There’s still very good reasons for the dollar gains to extend,” said London-based Anezka Christovova, a foreign-exchange strategist at Credit Suisse Group AG, which predicts the U.S. currency will rally to 98 cents per euro in 12 months. “A big portfolio shift is underway with a global re-balancing from countries where yields are very low and the central banks are easing toward the dollar.”
    To contact the reporters on this story: Liz Capo McCormick in New York atemccormick7@bloomberg.net; Lukanyo Mnyanda in Edinburgh atlmnyanda@bloomberg.net
    To contact the editors responsible for this story: Dave Liedtka at dliedtka@bloomberg.net; Paul Dobson at pdobson2@bloomberg.net Garfield Reynolds

    The Dollar Super-Cycle Is Only Half Done - Bloomberg Business
    Globalizzazione..... si grazie.

  10. #470
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    Predefinito Re: Focus - Fine del predominio del dollaro.

    la cosa divertente sarà leggere i post quando terminerà, perchè è certo che terminerà ( come e quando non è dato saperlo) , la fase rialzista del dollaro.

 

 
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