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  1. #1
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    Predefinito La Destra straniera in Italia

    Ultimo editoriale di Indro Montanelli per La Voce:



    Uno Straniero in Italia di Indro Montanelli
    Da domani i lettori resteranno senza “Voce”. La sua ricomparsa è rinviata, come si suol dire, sinedie. Ci sono state molte voci, in questi ultimi giorni intorno alla “Voce”. Si è parlato persino di un golpe. Io ho voluto restarvi del tutto estraneo, anzi mi sono allontanato, per lasciare la redazionelibera di decidere il suo destino. La redazione ha preferito lo harakiri allo stravolgimento del proprio giornale. Io lo sapevo e sottoscrivo. Ma in sede di rendiconto, dobbiamo riconoscere che questo trauma è stato non la causa, ma l'effetto di una crisi che risale più a monte.
    Di questa crisi potrei fornire varie spiegazioni, per così dire, congiunturali: il pauroso calo della pubblicità per la devastante concorrenza della TV, l'impennata dei costi ( il prezzo della carta è raddoppiato in pochi mesi), il distorcimento del mercato operato dai grandi quotidiani con una sfrenata corsa a supplementi, inserti, gadgets di ogni genere, buono e cattivo, cui non potevamo far fronte.Tutto vero. Ma tutto secondario rispetto al difetto d'origine.
    Noi volevamo fare, da uomini di Destra, il quotidiano di una Destra veramente liberale, ancorata ai suoi storici valori: lo spirito di servizio (quello vero, taciuto e predicato), il senso dello Stato, il rigoroso codice di comportamento che furono appannaggio dei suoi rari campioni da Giolitti ad Einaudi a De Gasperi. Insomma, l'organo di una Destra che oggi si sente oltraggiata dall'abuso che ne fanno gli attuali contraffattori. Questa Destra fedele a se stessa in Italia c'è. Ma è un'elite troppo esigua per nutrire un quotidiano.
    Ecco il vizio d'origine che ha fatto della “Voce” - come ha scritto Michele Serra - un giornale sbagliato, anzi un giornale “straniero”. I miei ragazzi, che per difenderlo avevano rinunziato a metà dello stipendio ed al fondo liquidazioni, ora vogliono costituirsi in cooperativa per rilanciarlo e se riusciranno a formare un'Associazione degli amici della “Voce” io ne sarò il presidente. Altro non posso dargli. Sono stanco di grufolare nel pantano cui è ridotta la vita pubblica italiana, dove non si può muovere un passo senza imbrattarsi di fango. Eppoi la mia parte credo di averla fatta. Per tenere e difendere le mie posizioni, ho dovuto, in questi ultimi anni, fondare due giornali “contro”: contro la Sinistra, quando era la Sinistra a minacciarle: ed ora contro l'attuale parodia di Destra che le sta - cosa ancora più pericolosa - discreditando.
    Due battaglie, due sconfitte, di cui vado ugualmente fiero, ma che mia hanno lasciato addosso - nel morale, ed anche nel fisico - troppe cicatrici. Chiedo ai lettori di riconoscermi il diritto al congedo. Mi mancheranno, i lettori, quei lettori. Mi mancheranno terribilmente. Spero di mancare anch'io un poco a loro. Ma spero ancora di più che “La Voce” dei miei ragazzi non faccia rimpiangere la mia.


    Montanelli, il suo ultimo editoriale de ?La Voce? | Linkiesta.it

  2. #2
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    Predefinito Re: La Destra straniera in Italia

    Noi volevamo fare, da uomini di Destra, il quotidiano di una Destra veramente liberale, ancorata ai suoi storici valori: lo spirito di servizio (quello vero, taciuto e predicato), il senso dello Stato, il rigoroso codice di comportamento che furono appannaggio dei suoi rari campioni da Giolitti ad Einaudi a De Gasperi. Insomma, l'organo di una Destra che oggi si sente oltraggiata dall'abuso che ne fanno gli attuali contraffattori.

  3. #3
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    Predefinito Re: La Destra straniera in Italia


  4. #4
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    Predefinito Re: La Destra straniera in Italia

    Citazione Originariamente Scritto da Florian Visualizza Messaggio
    Ultimo editoriale di Indro Montanelli per La Voce:



    Uno Straniero in Italia di Indro Montanelli
    Da domani i lettori resteranno senza “Voce”. La sua ricomparsa è rinviata, come si suol dire, sinedie. Ci sono state molte voci, in questi ultimi giorni intorno alla “Voce”. Si è parlato persino di un golpe. Io ho voluto restarvi del tutto estraneo, anzi mi sono allontanato, per lasciare la redazionelibera di decidere il suo destino. La redazione ha preferito lo harakiri allo stravolgimento del proprio giornale. Io lo sapevo e sottoscrivo. Ma in sede di rendiconto, dobbiamo riconoscere che questo trauma è stato non la causa, ma l'effetto di una crisi che risale più a monte.
    Di questa crisi potrei fornire varie spiegazioni, per così dire, congiunturali: il pauroso calo della pubblicità per la devastante concorrenza della TV, l'impennata dei costi ( il prezzo della carta è raddoppiato in pochi mesi), il distorcimento del mercato operato dai grandi quotidiani con una sfrenata corsa a supplementi, inserti, gadgets di ogni genere, buono e cattivo, cui non potevamo far fronte.Tutto vero. Ma tutto secondario rispetto al difetto d'origine.
    Noi volevamo fare, da uomini di Destra, il quotidiano di una Destra veramente liberale, ancorata ai suoi storici valori: lo spirito di servizio (quello vero, taciuto e predicato), il senso dello Stato, il rigoroso codice di comportamento che furono appannaggio dei suoi rari campioni da Giolitti ad Einaudi a De Gasperi. Insomma, l'organo di una Destra che oggi si sente oltraggiata dall'abuso che ne fanno gli attuali contraffattori. Questa Destra fedele a se stessa in Italia c'è. Ma è un'elite troppo esigua per nutrire un quotidiano.
    Ecco il vizio d'origine che ha fatto della “Voce” - come ha scritto Michele Serra - un giornale sbagliato, anzi un giornale “straniero”. I miei ragazzi, che per difenderlo avevano rinunziato a metà dello stipendio ed al fondo liquidazioni, ora vogliono costituirsi in cooperativa per rilanciarlo e se riusciranno a formare un'Associazione degli amici della “Voce” io ne sarò il presidente. Altro non posso dargli. Sono stanco di grufolare nel pantano cui è ridotta la vita pubblica italiana, dove non si può muovere un passo senza imbrattarsi di fango. Eppoi la mia parte credo di averla fatta. Per tenere e difendere le mie posizioni, ho dovuto, in questi ultimi anni, fondare due giornali “contro”: contro la Sinistra, quando era la Sinistra a minacciarle: ed ora contro l'attuale parodia di Destra che le sta - cosa ancora più pericolosa - discreditando.
    Due battaglie, due sconfitte, di cui vado ugualmente fiero, ma che mia hanno lasciato addosso - nel morale, ed anche nel fisico - troppe cicatrici. Chiedo ai lettori di riconoscermi il diritto al congedo. Mi mancheranno, i lettori, quei lettori. Mi mancheranno terribilmente. Spero di mancare anch'io un poco a loro. Ma spero ancora di più che “La Voce” dei miei ragazzi non faccia rimpiangere la mia.


    Montanelli, il suo ultimo editoriale de ?La Voce? | Linkiesta.it
    Una vera Destra Liberale scioglierebbe subito l'ordine dei giornalisti, nei abolirebbe i privilegi da aristocrazia, li farebbe arrestare per associazione a delinquere finalizzata all'estorsione, abolirebbe i finanziamenti statali ai giornali.

    Florian, vai studia. L'unico Liberale di questo articolo era Einaudi, contrario alla nazionalizzazione dell'energia e dell'istruzione.
    Tu ne cede malis, sed contra audentior ito, quam tua te Fortuna sinet.


  5. #5
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    Predefinito Re: La Destra straniera in Italia

    “Io ho sempre avuto un pubblico più a destra di me, e il mio compito è stato quello di tenerlo dentro i confini della democrazia liberale. Penso che oggi sia ancora utile e necessario farlo” (da Montanelli e il Cavaliere, M. Travaglio, Garzanti, p.137)

    “Se penso che la destra è Berlusconi, ho sbagliato tutto nella vita. Io sono un liberale, ma non come lui. Io sono un cornuto della destra. Ho sposato una moglie puttana sposando la destra, questa è la verità”( da Montanelli e il Cavaliere, M. Travaglio, Garzanti, p.365)

  6. #6
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    Predefinito Re: La Destra straniera in Italia

    Purtroppo Montanelli pagò l'abbraccio della sinistra, avessero continuato a chiamarlo fascista poteva battere berlusconi, almeno dal lato intellettuale
    .
    Il vizio insito nel capitalismo è la ineguale distribuzione della ricchezza. La virtù insita nel socialismo è la uguale distribuzione della miseria.

  7. #7
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    Predefinito Re: La Destra straniera in Italia

    “La destra, più che un’idea, è sempre stata una morale, cioè un catechismo di comportamenti (disinteresse, correttezza, discrezione, orrore dello spettacolo e della demagogia), di cui ditemi quale esempio sta dando la destra attuale”. “ideologicamente parlando (…) la mia destra cosa ha a che fare con la destra attuale; e non parlo soltanto di quella politica, di cui sappiamo benissimo che pastrocchio è; ma anche di quella che ora sembrano scoprire certi intellettuali in cerca di etichetta? Per me la destra non è un idea ma un comportamento, che spesso ho trovato più in alcuni uomini di sinistra (un Gramsci, un Silone, un Valiani, un Foa) che in tanti di destra. (…) Il mio primo istruttore politico è stato un vecchio anarchico chiamato Fischio (…) indefesso fabbricatore di bombe artigianali che gli scoppiavano regolarmente fra le mani di cui gli erano rimaste, in tutto, tre dita”. (da Montanelli e il Cavaliere, M. Travaglio, Garzanti, p.318)
    SADNESS IS REBELLION

  8. #8
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    Predefinito Re: La Destra straniera in Italia

    Citazione Originariamente Scritto da Zaccanasta Visualizza Messaggio
    Purtroppo Montanelli pagò l'abbraccio della sinistra, avessero continuato a chiamarlo fascista poteva battere berlusconi, almeno dal lato intellettuale
    Berlusconi non è Un Liberale. Tantomeno lo era Montanelli, che al massimo era una sorta di LiberalDemocratico mezzo pentito.
    Tu ne cede malis, sed contra audentior ito, quam tua te Fortuna sinet.


  9. #9
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    Predefinito Re: La Destra straniera in Italia

    “Gli italiani non sanno andare a destra senza manganello . Non amano la destra seria e non l’hanno mai amata, prima e dopo il fascismo. Pensa alla grande destra risorgimentale, ai Sella, agli Spaventa, una classe dirigente di alto livello che gli Italiani hanno mandato a casa appena possibilie per buttarsi nelle braccia del trasformismo. E pensa alla parabola di De Gasperi. No, la destra liberale in Italia è stata sempre impopolare, una minoranza odiata e derisa. Gli andava bene Mussolini e gli va bene Berlusconi. Che cos’ hanno Berlusconi e i suoi alleati in comune con la destra liberale, legalitaria? Nulla. E non soltanto per via del conflitto d’interessi e dei processi. Parlo di tratti profondi, dello stile. Il populismo, il vittimismo melodrammatico. La destra è incompatibile con il “parabolismo”, la ciarlataneria e Berlusconi è un parabolano, un grande ciarlatano” (da Montanelli e il Cavaliere, M. Travaglio, Garzanti, p.450)
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  10. #10
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    Predefinito Re: La Destra straniera in Italia

    Esponente del pensiero liberista e federalista europeo, Einaudi è convinto che il liberalismo debba svilupparsi concretamente in tutti gli aspetti della vita politica, sociale ed economica di un uomo. Per questo era spesso in disaccordo con Francesco Saverio Nitti, tant'è che Einaudi si oppose al suo disegno di legge sulla monopolizzazione delle assicurazioni sulla vita che, poi, porterà alla nascita dell'INA.[4]
    Einaudi introduce alcune novità nella politica economica dei liberali italiani: a suo parere vi è una mutua implicazione tra liberalismo e liberismo, discostandosi in questo dalle teorie di Benedetto Croce, che preconizzava il liberalismo italiano come un affare innanzitutto morale. La parolaliberismo infatti, che in inglese non trova una traduzione che la distingua dal liberalismo, è stata creata appositamente da Benedetto Croce[senza fonte] per differenziare le libertà economiche dalle libertà civili, attribuendo alle seconde un rango nettamente superiore alle prime.
    Einaudi invece, pur riconoscendo questa distinzione, ne riduce le distanze affermando che le libertà civili e le libertà economiche siano reciprocamente dipendenti: ciascuna forma di libertà emerge solo in presenza delle altre.
    Secondo Einaudi, il liberismo non è semplice economicismo. Rifacendosi ai classici anglosassoni del pensiero liberale (John Stuart Mill e John Locke su tutti), egli esalta l'individualità, la libertà d'iniziativa, il pragmatismo.
    La libertà funziona solamente laddove è esplicata nella sua completezza: un liberale "completo" è anche "liberista", perché tenta di applicare una reale corrispondenza tra ideale di libertà e società concretamente libera.
    Secondo Einaudi, in un regime statalista la vita sociale ed economica è destinata alla stagnazione: l'individuo si perfeziona solo se è libero di realizzarsi come meglio crede; il liberalismo educa gli uomini perché insegna loro ad autorealizzarsi. La meritocrazia risulta strettamente connessa a un'economia di mercato: l'individuo più competente o creativo può rendere migliore l'azienda e quindi viene assunto.

    Einaudi stesso ha curato direttamente la conduzione della sua azienda agricola presso Dogliani, applicandovi le tecniche di coltivazione più moderne.

    L'autorealizzazione può portare allo scontro tra individui con interessi concorrenti. Questo genere di lotta è però una lotta di progresso: gli uomini sono così costretti ad assumersi la responsabilità (guadagni e fallimenti) delle proprie imprese economiche, senza gravare su altri individui, come invece accade in uno stato assistenziale.
    L'ideale liberale è un ideale in costante mutamento: può essere oggetto di critica perché nasce e si nutre di ideali concorrenti. Il liberalismo vive del contrasto.
    Per Einaudi, con l'eccesso di statalismo si rischia di "impigrire" l'individuo. Portato a disinteressarsi e a non assumersi responsabilità, si lascerà "trasportare dalla corrente", accettando con fatalismo anche illegalità e cattivi servizi, percependoli come prassi. Il liberalismo, diversamente, è una pratica più dura, ma attraverso l'autorealizzazione riesce a responsabilizzare i cittadini.
    Una società libera ha bisogno di istituzioni minime e basate sulla trasparenza, in modo che siano più vicine al cittadino e da lui facilmente utilizzabili o contestabili: federalismo e decentramento rispondono bene a queste esigenze; Einaudi punta ad un federalismo europeo, con ciò a dire una sola politica economica, un forte esercito europeo in grado di tenere a bada le pressioni provenienti da oriente e in grado di confrontarsi paritariamente con gli USA. Einaudi non vuole la dissoluzione dei singoli stati ma auspica una federazione europea dotata di varie libertà, soprattutto economiche.
    Muore a Roma nel 1961; fino ai primi di ottobre dello stesso anno, il “Corriere della Sera” pubblica i suoi articoli nella rubrica Le prediche della domenica.




    Luigi Einaudi - Wikipedia
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