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Discussione: Berlusconi a noi!

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    Predefinito Berlusconi a noi!

    Berlusconi, a noi!


    Dopo la svolta ‘badogliana’ di Fini, per l’estrema destra Berlusconi è diventato l’assoluto punto di riferimento. In lui i moderni camerati vedono il nuovo Mussolini, l’atteso ‘capo carismatico’ capace di scardinare le regole democratiche e costituzionali. Il razzismo del Cavaliere, il suo revisionismo storico e la sua ‘antipolitica’ li affascinano. E oggi puntano sul Pdl.

    di Guido Caldiron e Giacomo Russo Spena, da MicroMega 2/2011

    «Duce, Duce», «Silvio, Silvio». «L’antifascismo che ha portato tante disgrazie e nefandezze dal 1945 ad oggi non potrà mai essere un nostro valore. Oggi la nuova Italia di Berlusconi-Tremonti-Alemanno sta davvero cambiando in meglio la nostra nazione». «Il nostro presidente Berlusconi ancora una volta si dimostra capo popolare e carismatico, fregandosene del “politicamente corretto” e degli antifascisti vecchi e nuovi». «Berlusconi? Mai stato antifascista». «Per chi vuole incentivare politiche nazionaliste è necessario sostenere il centro-destra che si regge intorno alla figura carismatica di Silvio Berlusconi».
    In queste parole ci sono più di tre generazioni di neofascisti che, divisi su tutto, si ritrovano da tempo uniti nel considerare la figura di Berlusconi come quella di un «nuovo Duce». Come è accaduto? Cerchiamo di capirlo ripercorrendo le tappe di questa attrazione fatale.

    «Duce, Duce», «Silvio, Silvio». Teste rasate, bomber e anfibi ai piedi, scandiscono gli slogan a squarciagola. In aria sventolano le celtiche e le bandiere della X Mas: gli «eroi» della Repubblica pro nazista di Salò. Marciano inquadrati, come soldati. Sono venuti da tutta Italia per dire il loro «no» alla sinistra. Dal palco Berlusconi afferma che «è il popolo che sceglie i leader». I camerati rispondono con una distesa di saluti romani e cantando un ritornello che rimanda a un terribile passato: il «me ne frego» degli squadristi mussoliniani. In piazza ci sono anche i neofascisti della Fiamma tricolore, riuniti dietro un grande striscione con su scritto: «Anticomunisti da sempre». Tra chi lo sorregge ci sono diverse generazioni dell’estrema destra: quelli cresciuti nell’Msi e delusi dall’evoluzione politica e dalle «svolte» di Fini, quelli passati per i gruppi radicali da Avanguardia nazionale negli anni Settanta al Movimento politico negli anni Novanta, infine i più giovani frequentatori dei «centri sociali» di destra. Siamo alla manifestazione organizzata dalla Casa delle libertà contro il governo Prodi il 2 dicembre del 2006. Con il Cavaliere, sul grande palco allestito in piazza San Giovanni, ci sono, oltre a tutti i big del centro-destra, Alessandra Mussolini, la nipote del Duce che non ha mai nascosto l’orgoglio di portare quel nome, e Luca Romagnoli, segretario della Fiamma e dal 2004 europarlamentare, che solo pochi mesi prima, durante una trasmissione televisiva su Sky aveva affermato, interrogato sulla Shoah: «Se le camere a gas sono mai esistite? Francamente non ho nessun mezzo per poterlo affermare o negare». In occasione delle elezioni politiche del 2006 il partito di Romagnoli – denominazione completa Movimento sociale Fiamma tricolore, alleato con il centro-destra in tutta Italia – aveva realizzato un manifesto che accanto alla foto di un gruppo di squadristi del Ventennio annunciava: «Sostieni la squadra del cuore».
    Ma, in quello stesso anno, le bandiere neofasciste sventolano anche a Napoli il 7 aprile in occasione di un altro appuntamento della «piazza di destra». Berlusconi sta chiudendo la campagna elettorale della Cdl e dei suoi alleati: pochi giorni dopo, il 9 e il 10, perderà le elezioni vinte invece dal centro-sinistra: «Domenica e lunedì vinceremo perché non siamo coglioni», scandisce. La piazza, gremita, risponde con un’autentica standing ovation. Tra le grida di giubilo della folla si può distinguere nettamente il «Duce, Duce» che, in coro, alcuni manifestanti indirizzano all’oratore prima di stendere il braccio destro nel saluto romano.

    Solo folklore? Solo casi isolati? Basterà guardare un po’ meglio tra le file dell’arcipelago nero per rendersi conto che non è così.
    «L’antifascismo che ha portato tante disgrazie e nefandezze dal ’45 ad oggi non potrà mai essere un nostro valore. Oggi la nuova Italia di Berlusconi-Tremonti-Alemanno sta davvero cambiando in meglio la nostra nazione. Berlusconi è l’uomo che ha salvato il mondo da una nuova guerra fredda (vedi caso Russia-Georgia) e che vuole restituire sovranità economica ed energetica all’Italia. Enrico Mattei venne assassinato per molto meno. Per questo e tanto altro [il Cavaliere] è il nemico numero uno di mister Sky, Gruppo L’Espresso e l’asse anglo-francese» dichiara Giuliano Castellino, romano, un nome noto delle ultime generazioni del neofascismo, passato per la Fiamma, ma anche per Forza nuova e la cosiddetta Base autonoma, e poi fondatore del movimento Il popolo di Roma, corrente del Pdl capitolino legata al sindaco Gianni Alemanno. Il tutto intervallato da esperienze tra gli ultras del calcio della Roma e concerti di rock estremista, oltre a diverse inchieste della magistratura. Castellino ha un suo gruppo musicale, La Peggio Gioventù, con cui dà sfogo a tutto il suo antiamericanismo: «Quando è arrivata è stata una festa, mister Bush è molto incazzato perché Katrina lo ha devastato, ora speriamo in un suo ritorno ma questa volta vada fino in fondo. Il suo arrivo l’han voluto gli dei, ha sottomesso yankee e farisei. È uno schianto è un uragano, noi gli mandiamo un bacio romano. Katrina ti amo, Katrina ti amo». Altri cavalli di battaglia della band: la «lotta all’ideologia del Sessantotto» e all’antifascismo. Sul sito del movimento guidato da Castellino, che inizialmente si chiamava Area identitaria, si legge: «Noi siamo gli Identitari, i figli d’Italia e d’Europa, pronti a vincere le battaglie del terzo millennio. Noi siamo il locomotore di una nuova e profonda contestazione generazionale contraria e opposta a quella del Sessantotto che ha distrutto i concetti di patria e famiglia». Per questo gli «identitari» hanno condotto per mesi una campagna di boicottaggio del film Il grande sogno di Michele Placido, reo ai loro occhi di esaltare i valori e la storia di quel periodo.

    Se questo è un primo segnale di quali siano gli ambienti neofascisti che guardano a Berlusconi come a una figura di riferimento, l’indagine deve però andare più a fondo: cosa hanno rappresentato e rappresentano ancora oggi Silvio Berlusconi e «il berlusconismo» per nostalgici a vario titolo del Ventennio mussoliano e della Repubblica di Salò? Dove trovare le ragioni profonde del fascino esercitato dall’uomo di Arcore sugli orfani di Mussolini?
    Il 27 maggio 2010 in un discorso pronunciato in occasione di una riunione dell’Ocse il Cavaliere cita un passaggio dei Diari di Mussolini, un testo scovato dal suo fedelissimo Marcello Dell’Utri e che gli storici hanno dimostrato essere falso, e si paragona al Duce. «Io non ho nessun potere, forse ce l’hanno i gerarchi, ma non io. Io posso solo decidere se far andare il mio cavallo a destra o a sinistra, ma nient’altro». Pochi minuti dopo sul suo blog Roberto Jonghi Lavarini, che Paolo Berizzi ha definito nel suo libro sui «nuovi nazifascisti» (Bande Nere, Bompiani 2009) il Barone nero di Milano, ringrazia «il nostro presidente Berlusconi che, ancora una volta, si dimostra capo popolare e carismatico, fregandosene del “politicamente corretto” e degli antifascisti vecchi e nuovi, alla faccia del voltagabbana Gianfranco Fini. «[Siamo] finalmente liberi di gridare: W IL DUCE!».

    Già eletto nel consiglio comunale di Milano nel partito La Destra guidato da Francesco Storace – formazione a cui il Cavaliere ha promesso da tempo un posto nel governo – Jonghi Lavarini ha formato il gruppo Destra per Milano e ha aderito al Popolo della libertà. Non ha però rinunciato a nessuna delle sue antiche passioni: sostiene l’estrema destra tedesca, il partito boero sudafricano pro apartheid, il cui simbolo è una svastica a tre braccia sormontata da un’aquila, e rivendica con orgoglio l’appartenenza alla fondazione Augusto Pinochet, in omaggio al feroce dittatore cileno. Non vede del resto alcuna contraddizione tra la sua fede neofascista e l’adesione al partito del Cavaliere: «Avanti liberi e coerenti nel Pdl, con la fiamma nel cuore». E il suo blog è una sorta di museo di questa inedita alleanza: tra i siti segnalati spiccano quelli dedicati a Mussolini, alla X Mas e alla Repubblica di Salò, il tutto mescolato con i nomi di Silvio Berlusconi e Romano La Russa, esponente di spicco del Pdl milanese e fratello del ministro della Difesa Ignazio. Per quanto estreme possano apparire le sue posizioni, Jonghi Lavarini non è però un personaggio marginale della scena politica meneghina. Come racconta Paolo Berizzi nella sua inchiesta, nell’ottobre del 2008 ha partecipato al Lido di Milano alla festa del Popolo della libertà, «partecipando alla cena di gala con Silvio Berlusconi al quale ha anche regalato un libro apologetico sulla storia della Rsi».

    Se per Jonghi Lavarini la passione per il Ventennio e la Rsi conducono direttamente tra le braccia di Berlusconi, per Gabriele Adinolfi, stesso fascismo ma diversa generazione, è quella che viene presentata come una necessità tutta moderna di «ordine» e di «autorità» che spinge a vedere nel Cavaliere una sorta di nuovo Duce. Per Adinolfi, considerato l’ideologo dell’estrema destra italiana dell’ultimo decennio e passato da Terza posizione – neofascisti degli anni Settanta – a Casa Pound – fascisti del terzo millennio, secondo la loro stessa definizione – Berlusconi incarna, al pari del suo amico Putin, quel «neocesarismo» che, anche passando per un restringimento delle libertà democratiche, può salvare l’Europa dalla corruzione democratica. «Questi intendimenti, che mettono in pericolo la Costituzione, come non si stancano di ripeterci i chierici della Prima Repubblica, sono davvero liberticidi?», si chiede il leader neofascista facendo eco alle polemiche spesso suscitate dai progetti del Cavaliere. «La storia», aggiunge, «c’insegna che la libertà va di pari passo con l’autorità centrale», con quella «monarchia popolare, [che] sotto forma regale, imperiale, o cesariana, ha da sempre espresso l’intesa tra popolo e capo chiudendo nella forbice e tagliando le unghie e i canini ai privilegiati e ai proci». Perciò, «nessuno che abbia un briciolo di intelligenza, un minimo di mentalità politica e tenga alla libertà può non augurarsi che Berlusconi abbia la meglio sui proci».
    Bazooka!!!

  2. #2
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    Predefinito Re: Berlusconi a noi!

    Berlusconi ha ripetuto più volte di essere antifascista; nella carta dei valori di FI ci sono non uno; ma ben 2 punti dove si dichiarano antifascisti ed eredi dei partigiani liberali. Silvio Berlusconi ha ringraziato decine di volte quelli d'oltreoceano per averci """liberato"""....

    Basta questo per considerarlo un antifascista o vado avanti?

    Magari ci metto che il suo capitalismo non c'entra nulla col Fascismo, che la sia famiglia è stata antifascista, che nel ventennio non avrebbe fatto neanche il bidello, che la destra c'entra nulla col Fascismo... ecc ecc.

    Quindi per favore, non facciamo questi accostamenti, a dir poco inappropriati.

 

 

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