Sull'autorganizzazione
«L'"autorganizzazione" implica un soggetto che si autorganizza, dunque un'identità ed un'unità (potenziale ma essenziale) della classe, che sono per l'appunto ciò che la ristrutturazione degli anni '70-'80 ha reso impossibile (frantumazione del processo produttivo, sganciamento dell'accumulazione dalle aree nazionali e reale mondializzazione del mercato del lavoro, conseguente asistemicità della rivendicazione salariale etc.). Ciò che noi diciamo di diverso rispetto alle sinistre comuniste di tutti i tempi e le latitudini, è appunto questo: che l'unità della classe non rappresenta più un presupposto della rivoluzione e dunque non può più essere la base di una pratica/teoria programmatica (il proletariato che si erge a classe dominante e, attraverso l'attuazione del programma rivoluzionario, generalizza la condizione salariale e sviluppa le forze produttive, fino al trapasso – in un avvenire indeterminato – dal socialismo inferiore al comunismo). Per questo riteniamo che la rivoluzione, oggi, sia pensabile solo come comunizzazione, cioè come insieme di pratiche/misure comuniste che aboliscano immediatamente (il che non significa istantaneamente) il valore, lo scambio, la proprietà, la divisione del lavoro, lo Stato etc. Queste misure non costituiscono degli "embrioni di comunismo", non mettono capo a una sorta di riproduzione alternativa in concorrenza con la riproduzione capitalistica, ma sono la produzione del comunismo. Ciò che le distingue dal comunismo, è precisamente la lotta contro il capitale, all'interno della quale si impongono.»
il lato cattivo