Ora nona. La terra trema, le tombe si aprono
Posted on 29/03/2013 by Il Mastino
ORA NONA
LA TERRA TREMA, LE TOMBE SI APRONO
il Golgota spiegato ai dilettanti
di Antonio Margheriti Mastino
Prima dell’Ora Nona, ossia le 3 del pomeriggio, in cui ricordiamo e in un certo senso riviviamo – silenziosamente e ancora oggi con un certo sgomento – la passione e morte, il dramma magno del Figlio dell’Uomo sulla croce, mentre quell’Elì, Elì, lemà sabachtàni?, scuote ad una ad una le nostre ossa, propongo questa mia riflessione e spiegazione passo passo dei momenti estremi del Nazareno.
Attimi eterni nei quali persino la nostra morte veniva distrutta per sempre. Si tratta di appunti da me scritti per degli eventi nella settimana santa del lontano 2005, mentre Giovanni Paolo II era agonizzante e il cardinale Ratzinger, destinato a succedergli, nella via crucis al Colosseo, pronunciava le famose parole “quanta sporcizia, Signore, nella tua Chiesa, quanta superbia…”. Questi miei appunti qualche anno dopo sono stati riutilizzati in una serie di prediche e lectio da parte di qualche sacerdote e ordine religioso.
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Matteo racconta la morte di Gesùa partire dal vangelo di Marco, accentuando alcuni elementi particolari. Come suo solito Matteo insiste sull’adempimento delle Scritture. Il buio in pieno giorno è la realizzazione delle profezie di Amos sul giorno del Signore. L’aceto riporta al salmo 69. Tutta la vicenda presenta in filigrana il salmo 22. La resurrezione dei giusti nel momento della morte di Gesù realizza la promessa di Ezechiele (Ez 37).Matteo davanti a chi (i pagani e i farisei)accusa Gesù di essere morto come un criminale e dichiara perciò fuorilegge anche i suoi seguaci, afferma che Gesù è morto secondo il piano di Dio, in conformità a quanto era stato profetizzato nelle Scritture e che la morte di Gesù è al centro del piano della salvezza voluto da Dio.E SI FECE BUIO
Dall’ora sesta si fece buio su tutta la terra fino all’ora nona.Questo è il brano centrale di tutta la sezione riguardante la Passione di Gesù. La narrazione è accentuata dall’indicazione dell’orario. L’ora sesta è mezzogiorno; l’ora nona sono le tre del pomeriggio. Questa è l’ora del buio in pieno giorno, com’era stato profetizzato da Amos: «In quel giorno farò tramontare il sole a mezzodì e oscurerò la terra in pieno giorno» (Am 8,9, egli nello stesso contesto parla del “lutto per un figlio unico”). Il giorno del Signore tanto atteso da Israele si rivela essere “tenebra e non luce” (Am 5,20).Siamo come alla fine del mondo: «Subito dopo la tribolazione di quei giorni il sole si oscurerà e la luna non darà il suo chiarore… e allora apparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo» (Mt 24,29s), cioè il segno della croce. Questa è l’ora profetizzata da Gesù quando aveva detto di fronte al sinedrio: «D’ora in poi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo» (26,64).In quest’ora, ora della sua morte in croce, Gesù cessa di essere reperibile come vivente in questo mondo, o meglio cessa di essere definibile come un condannato a morte, e assume una nuova modalità di presenza nella storia, come giudice assiso alla destra del Padre. Dobbiamo ancora attendere l’annuncio della risurrezione, ma tutto già si decide in quest’ora suprema. La quale si presenta come una duplice peripezia: ora di tenebra invece della luce sperata, ma anche ora di salvezza proprio in mezzo alla tenebra più fitta. Ora di una salvezza che si realizza paradossalmente, nel momento dell’estremo abbandono.L’INABISSARSI DELLA DIVINITÀ
Verso l’ora nona Gesù esclamò a gran voce, dicendo: «Elì, Elì, lemà sabachtàni?», cioè: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». (Sal 22,2)Quest’ora è segnata dal grido di Gesù in croce, il grido del salmista “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Si è molto discusso se queste parole vadano interpretate come un grido di disperazione, oppure se vadano lette come l’inizio di un salmo che nel suo insieme è di abbandono fiducioso nel Signore. Questa alternativa, però è falsa e nasce da un errore di prospettiva che facciamo senza avvedercene, perché il nostro modo di pensare non è più quello biblico.Per il salmista il soggetto del rapporto con Dio non è l’uomo/la donna ma è Dio stesso. Per questo motivo una persona non può sganciarsi da Dio, neppure quando dispera nel suo aiuto. Gesù dunque in croce si sente davvero abbandonato da Dio, ma non cessa di rivolgersi a Lui nella supplica, perché Egli è sempre il suo Dio.Alcuni di coloro che stavano là, udito (ciò) dicevano: «Chiama Elia, costui».Secondo la tradizione, Elia era stato rapito in cielo (2 Re 2). Poiché in vita si era schierato spesso in difesa dei più deboli, si pensava che potesse ancora venire in aiuto alle persone che lo invocassero in situazioni disperate.LA SETE DELLA VITA CHE SE NE VA
E subito uno di loro, essendo corso e presa una spugna, avendola inzuppata di aceto e messa attorno a una canna, gli dava da bere (Sal 69,22).Gli fanno bere dell’aceto, che i romani erano soliti bere come bevanda dissetante. Non si sa se gli sia stato dato per compassione o per disprezzo. Matteo riporta questo particolare in riferimento al salmo 69: “Mi danno come cibo fiele e nella mia sete mi fanno bere aceto”.Ma gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!».Il termine “salvezza” è importante in tutto il vangelo di Matteo. E’ legato alla missione salvifica di Gesù, a partire dal suo stesso nome (l’angelo dice a Giuseppe di chiamare suo figlio Gesù poiché “salverà il suo popolo dai suoi peccati”, Mt 1,21).E LA TERRA TREMÒ, LE ROCCE SI SQUARCIARONO
Ma Gesù, avendo gridato di nuovo a gran voce, emise lo spirito.Gesù è ormai agli estremi. Il suo grido è in linea con l’atteggiamento del giusto sofferente che prega con il salmo 22 (vv. 6.9.22). Egli gridò ed emise lo spirito, letteralmente lo rilasciò, modo di dire unico nei vangeli sinottici. Si può pensare alla semplice volontarietà della morte di Gesù, ma poiché Matteo non usa mai il termine pneuma in senso antropologico, non si è lontani dall’idea del dono dello Spirito Santo, come sarà chiaro nel Vangelo di Giovanni.Ed ecco, il velo del santuario si squarciò dall’alto in basso in due, e la terra tremò, e le rocce si squarciarono.La morte di Gesù è l’evento escatologico per eccellenza, l’ora finale della storia. Matteo lo sottolinea con termini apocalittici che gli sono propri, con una serie di sette sconvolgimenti dell’ordine naturale che vengono elencati con delle semplici congiunzioni “e”. Il velo del santuario segnava la distinzione tra la stanza più interna e più sacra del santuario (detta “santo dei santi”), dal resto del tempio. Il fatto che si sia squarciato in due indica che è ormai caduta la separazione tra Dio e i pagani. Un riferimento a questa comunicazione tra cielo e terra si trovava già nel vangelo del battesimo di Gesù, quando si squarciarono i cieli (Mt 3,16).Gli altri fenomeni apocalittici sono tutti concatenati: terremoto, rocce che si squarciano come il velo del santuario.I MORTI USCIRONO DALLA TOMBE
E i sepolcri si aprirono e molti corpi dei santi addormentati risuscitarono.In questo sconvolgimento della natura vi è anche la resurrezione dei “santi”, ovvero dei giusti dell’Antico Testamento, che era attesa per i giorni del Messia. Matteo fa propria la dottrina della discesa di Cristo nel regno degli spiriti defunti, come in 1Pt 3,19. Questi versetti però sembrano soprattutto il realizzarsi della profezia di Ez 37, la resurrezione delle ossa aride (con gli stessi elementi del terremoto, resurrezione, ingresso nella terra santa).E uscendo dai sepolcri, dopo la risurrezione di lui, entrarono nella Città Santa e apparvero a molti.In questo modo Matteo anticipa l’annuncio della risurrezione già al momento della morte di Gesù. C’è un certo anacronismo e Matteo cerca di correggerlo. Non potendo affermare che i santi siano risorti prima di Gesù, si trova costretto a precisare che essi sono usciti dal sepolcro solamente dopo la risurrezione del “primogenito” dei risorti da morte. In questo modo morte e risurrezione sono viste come un evento unico.LO SGOMENTO DEL CENTURIONE
Ora, il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, vedendo il terremoto e quello che accadeva, temettero grandemente, dicendo: «Davvero questi era il Figlio di Dio». (Sap 2,18).Mentre Marco parla soltanto del centurione (Mc 15,39), Matteo accompagna il romano con quelli che facevano la guardia con lui. Il riconoscimento di Gesù come Figlio di Dio è provocata dai portenti cosmici che hanno accompagnato la morte di Gesù e diventa una confessione corale. Si può trovare in queste righe l’allusione al salmo 22,28-29: “si prostreranno davanti a lui tutte le famiglie dei popoli”.Ora nona. La terra trema, le tombe si aprono | Papalepapale.com