Illustrissimo dottor Eugenio Corti…

Posted on 11/05/2014 by Il Mastino

IlLastrissimi

Scrivo a voi,Eugenio Corti, ignorato ingiustamente dal gotha della “cultura” italiana

Lettera ad Eugenio Corti, grandissimo autore della letteratura italiana, purtroppo poco noto da noi (non così all’estero). La sua colpa? Aver intrecciato la fede cattolica – lui, credente – con le trame delle sue storie. Imperdonabile per un mondo, quello della cultura italiana, che di solito vuol sentir parlare di tutto tranne che di prospettiva trascendente. Ad Eugenio Corti, lo scrittore che diceva: «senza fede non si vive», scrive il nostro Alessandro Lastra nella sua rubrica “Illastrissimi”.


di Alessandro Lastra

Illustrissimo Dottor Eugenio Corti,

è con reverenziale soggezione che batto sulla tastiera per rivolgermi a voi. A un certo punto del più celebre dei vostri romanzi, Il cavallo rosso, c’è una digressione di poche pagine che illustra la figura di Togliatti. Il pezzo è introdotto da una sorta di auto-giustificazione artistica: «chi scrive ha la facoltà di trasferirsi all’altezza di chiunque». Faccio mia questa frase e, scusandomi per l’infelice paragone, ardisco nel pormi ad un’altezza che non mi spetta, nella speranza che questa mia non vi risulti inopportuna.
Gli illustri personaggi della storia cui ho scritto sino ad oggi erano tutti morti da tempo prima che io nascessi e già assurti ad una sorta d’Olimpo, lontani, per certi versi, dalla realtà di oggi. Voi, invece, siete “passato al mondo di là” da pochi mesi e ci sono ancora, su questa terra, tante persone che ancora non hanno ritrovato il sorriso dopo la vostra scomparsa o, comunque, pensano ad essa con dolore. Mi rincresce davvero di scrivervi solo ora, col rimpianto che, in passato, avremmo avuto l’opportunità d’incontrarci. Forte è l’amarezza per non aver cercato l’occasione di vedervi di persona, d’interrogarvi, di ascoltarvi.
Non ci siete più, ma le vostre storie rimangono in vita

Eugenio Corti, uno dei grandi della letteratura italiana. Ma l’élite culturale italiota lo ha sempre snobbato.

Mi ritrovo così a scrivere la più atipica delle mie epistole. Finora, in questi piccoli esperimenti, ho tentato talora di mettere in luce il prodotto di ciò che i corrispondenti da me scelti avevano seminato in vita. Ho preferito, a questo riguardo, parlare agli scrittori che sono riusciti con la loro arte non solo a darmi un’emozione ma, più che altro, ad aiutarmi a comprendere me stesso. Voi, dottor Corti, ci siete riusciti più di molti altri.
Grazie a Dio, il seme sparso nei lunghi anni che vi sono stati concessi non è andato perduto. Il dono inestimabile delle vostre storie rimane con noi, mantiene viva la vostra memoria e seguita a parlare alle anime delle persone.
Custodisco nel cuore la lettura de Il cavallo rosso come un’esperienza preziosa. La vicenda ripercorre la vostra vita, dalla gioventù in Brianza, passando per i disastri della Seconda guerra mondiale sino al boom economico e all’infausto referendum sul divorzio del 1974. Protagonisti sono un gruppo di giovani che affrontano questo grande viaggio, talora insieme e talora separati, tenendo gli occhi alti al faro della fede. In un’intervista, affermaste che questa storia appartiene a tutti gli uomini e che ciascuno, perciò, vi si sente riflesso. È proprio così: tra le parole di questo racconto, tra i suoi fatti – tutti realmente accaduti o quantomeno ispirati alla realtà – ci si muove agilmente e quasi si riesce a impersonare chi si ritrovò a vivere quell’avventura, vivendola a nostra volta, avvertendo su di noi le medesime impressioni.
Una promessa a Maria per cominciare l’avventura di scrittore

Il cavallo rosso: il capolavoro di Corti.

Era l’estate passata e mi trovavo in vacanza con degli amici sulla riviera del Conero. Forse sono un tipo strano, ma il mare proprio non mi diverte: mi basta fare un bagno e abituarmi alla brezza che subito mi annoio (dalla vostra biografia, apprendo che la scarsa passione per la villeggiatura al mare è una cosa che abbiamo in comune). Da che ho memoria, per passare il tempo mi siedo sotto l’ombrellone a leggere; in questo modo intere giornate trascorrono meravigliosamente, senza un accenno di monotonia. Sia chiaro, non intendo affatto dire che Il cavallo rosso sia uno dei tanti tascabili da spiaggia di dubbio pregio che vengono pubblicati ogni anno; vorrete perciò scusarmi se tale fu il mio approccio.
Mi catturava, vi stavo chino per ore ed ore, senza più rendermi conto del resto. Addirittura, leggendo della rovinosa campagna di Russia e della ritirata dal fronte sul fiume Don nel bel mezzo del terribile inverno, pur trovandomi lì, su una spiaggia a trenta gradi all’ombra, ho avvertito un brivido di gelo.
Raccontate ciò che avete visto, senza inventare nulla. Le brutalità della guerra, riportate con tanta cura, si palesarono davanti ai vostri occhi. Quella di seguire l’esercito in Russia fu per voi una scelta, tanto eravate desideroso di vedere e testimoniare l’esistenza d’una civiltà che si fonda sulla negazione di Dio. Vi ritrovaste sperduto in un deserto di ghiaccio, un luogo in cui nonostante la stessa natura fosse ostile alla vita, gli uomini seguitavano a combattersi con ferocia inaudita. In quell’autentico inferno sulla terra, elevaste una preghiera alla Madonna promettendole che, se mai ne foste uscito vivo, avreste messo all’opera i talenti ricevuti dal Signore per l’affermazione del Suo Regno. A questo fine, in più nobile per un credente, avete consacrato il vostro lavoro di scrittore.
La terribile ritirata nella Campagna di Russia: un disastro per l’Italia, ben documentato da Corti.

In molti vi chiesero com’eravate riuscito a conservare la fede dopo una tale esperienza. Candidamente rispondevate: «L’ho fatto perché senza fede non si vive»; l’assistere a quegli eventi orribili accrebbe addirittura in voi l’amore per quel Dio che dà ai suoi figli anche la libertà di fare a meno di lui. Davanti a chi affermava che nel Novecento, di fronte ai terrori prodotti dal comunismo e dal nazismo, s’era avuta la prova che Dio non esiste, voi scrollavate il capo e con pacatezza replicavate che tali bestialità sono proprio ciò a cui l’uomo giunge quando vuole togliere di mezzo Dio. «Quando per me arriverà il momento di passare al mondo di là» dicevate, abbozzando un sorriso, «non potrò presentarmi davanti a San Pietro e dire che, nonostante tutto, non ho perduto la fede. Per me è stato così naturale che quel merito lì non ce l’ho».
All’inferno e ritorno

Altro libro di Corti: il primo, dedicato alla campagna russa.

In un altro libro, I più non ritornano, il primo da voi pubblicato, nel 1947, ci si concentra sui ventotto giorni che avete trascorso nella sacca, durante la ritirata. Un racconto di una precisione devastante, in cui è ben espressa la condanna all’ideologia ma non v’è astio alcuno per le persone, i poveracci che si sono ritrovati a servirla. «Occorre parlare della guerra per indurre le persone a detestarla». Pure, dopo essere disceso all’inferno e risalito, la vostra vita di soldato era ancora lungi dal concludersi. Rientrato in patria, dopo l’8 settembre, avete combattuto nelle fila dell’esercito regolare italiano contro i tedeschi. L’esperienza di quei giorni è raccontata nel romanzo Gli ultimi soldati del re, una storia di speranza e volontà di riscatto. «Tra la nostra guerra e quella di molti partigiani c’era una differenza fondamentale», affermaste, «noi combattevamo senza odio. Mentre ci battevamo contro i tedeschi, abbiamo sperato con tutto il cuore di non dover combattere anche contro reparti fascisti, cioè contro altri italiani. I partigiani, invece, a causa del livore che nutrivano verso i fascisti, li mettevano sullo stesso piano dei tedeschi».
L’aver visto e affrontato di persona il comunismo vi servì da monito per contrastarlo con tutte le forze durante il dopoguerra. Su modello delle antiche tragedie greche, scriveste un’opera teatrale, Processo e morte di Stalin, la cui messa in onda in televisione fu impedita dalla dominante cultura di sinistra. Seppur escluso e sovente anche ignorato dagli ambienti accademici italiani, riscuoteste uno stupefacente successo di pubblico e le vostre opere sono state tradotte in diverse lingue. Sempre avete tirato dritto, senza vittimismo e con profonda umiltà, convinto di percorrere la vostra strada, di combattere la buona battaglia. «Io sono facile a commettere peccati d’orgoglio», ammetteste, «il successo mi avrebbe senza dubbio fatto male».
Nella storia, la lotta perenne tra il bene e il male

Lo scrittore in una foto giovanile.

Poi gli ultimi anni, il disappunto per il pessimo esito dei referendum su divorzio e aborto, la pubblicazione de Il cavallo rosso nel 1983 e gli altri romanzi scritti con uno stile simile alle sceneggiature cinematografiche, da voi definiti “racconti per immagini”. Incantata dalla verità di queste storie, una folla sterminata di lettori vi ha scritto ed è venuta a trovarvi, per ringraziarvi delle parole che siete riuscito a scolpire nelle loro anime. A molti giovani come me, spesso scoraggiati dalla totale deriva che caratterizza questi nostri anni, voi rispondevate che, nella Storia, il bene e il male sono sempre esistiti insieme e sempre si sono alternati il trono. Nel tempo in cui ci ritroviamo a vivere, io credo che sia importante prendervi ad esempio, impegnare le nostre esistenze e se occorre combattere per l’affermazione del Regno, anche a costo della vita, che infatti non ci appartiene. È per questo che ciascuno di noi ha ricevuto i propri talenti.
Raramente ho trovato qualcosa che conforti il cuore, appaghi la mente e rafforzi la coscienza come ci sono riuscite le vostre storie. Ahimè, Dottor Corti, anche io mi trovo tra i tanti che hanno la passione – e a volte la tentazione – di scrivere e già alla mia acerba età mi sono reso colpevole di un paio di libri. Pur essendo ovviamente lontano anni luce dal livello da voi raggiunto, continuo a impegnarmi perché riconosco che questa cosa è importante per me e sogno di riuscire, se Dio vorrà, a combinare qualcosa con le mie parole. Ricordo la sensazione che provai, commosso, una volta finito di leggere Il cavallo rosso. Dapprima un profondo senso di solennità, poi quasi la disperazione, come se avessi esaurito tutti i libri del mondo. Mi torna in mente un personaggio del romanzo, ispirato a vostro padre, che legge e rilegge di continuo I promessi sposi perché, egli crede, è un libro che rende inutili tutti gli altri.
I suoi fans lo volevano premio Nobel.

«Quando uno fa lo scrittore», aveste a dire in un’intervista, «intanto dev’essere fedele alle cose in cui crede, perché se mente a se stesso, tanto più finisce per mentire al lettore. Poi se uno ha fede, ha la stessa conoscenza ed esperienza della realtà naturale che hanno gli scrittori senza fede: come essere umano ciascuno ha le stesse possibilità. Ma, avendo fede, ha tutta una parte di realtà che quegli altri non hanno. Si ritrova in un certo senso handicappato perché, di fronte al lettore, il credente si riconosce immediatamente – io poi lo dico subito, fin dalla prima parola – e allora c’è qualcuno che abbandona la lettura del libro. Se però prosegue, si trova davanti tutta l’esposizione di una realtà di cui magari non ha neanche il sospetto. Dopodiché è libero, nessuno lo obbliga ad accettare ciò che si dice, ma ha davanti anche questa realtà. Per me è stato naturale. Senza le possibilità che mi dava la fede non avrei potuto entrare in tante realtà che sono della condizione umana. Di meriti dico di non averne perché francamente non ne ho. Semplicemente, trovandomi in una grande esperienza, non ho voluto mettermi dei paraocchi; quello che ho visto poi l’ho reso e l’ho riferito».
Più come uomo che come aspirante scrittore, non posso che far tesoro di questi vostri consigli. Mi avete mostrato che, se pure viene osteggiata e sconfitta, la Verità rimane tale e occorre difenderla per far sì che l’avventura umana si concluda bene. Per dirla come l’umile personaggio di Marietta, che appare alla fine, in una veduta del Paradiso: «Non uno di quelli per cui Cristo è morto si perde, se non vuole».
Sinceramente Vostro,

Alessandro Lastra

Illustrissimo dottor Eugenio Corti? | Papalepapale.com

Fonti
Paola Scaglione, Parole scolpite. I giorni e l’opera di Eugenio Corti, Edizioni Ares, Milano 2002
Interviste:
https://www.youtube.com/watch?v=OX3Mp3G98uQ
https://www.youtube.com/watch?v=J3tpqTFBQBM