In questa crepa potrebbe infilarsi il M5S, se si decidesse a una
seria autocritica dopo la batosta (prendersela con i pensionati allergici al cambiamento fa ridere). Non per ammorbidire la sua opposizione intransigente, che è ciò che chiedono i suoi 5,8 milioni di elettori rimasti. Ma per cambiare linguaggio e strategia. Il linguaggio che paga non è quello provocatorio e paradossale di Grillo (che, tradotto sui titoli di tg e giornali, diventa serio e truculento, spaventa la gente e non basta un’ospitata a
Porta a Porta per cancellarne gli effetti), ma quello dei suoi parlamentari migliori (più concreto sulle cose fatte e quelle da fare), e anche quello autoironico del
video di ieri. Quanto alla strategia, il “mandiamoli tutti a casa” funzionava contro D’Alema, Bersani, Letta jr. e gli altri brontosauri.
Contro Renzi no, non basta. Renzi va sfidato e incalzato sui fatti. Anche perché domenica ha risolto tutti i suoi problemi, non certo quelli degli italiani.
Quando,
intervistato dal Fatto il 2 gennaio, invitò i 5 Stelle al tavolo delle riforme, offrendo la rinuncia ai rimborsi elettorali,
fu demenziale rispondere picche e non andare a vedere le carte, magari per smascherare l’eventuale bluff. E quando il mitico “popolo della Rete” costrinse Grillo ad accettare
l’incontro in streaming con lui, non si aspettava certo il rifiuto totale di ascoltare e di rispondere, anche duramente, ma sul merito. Ciò detto, meno male che M5S c’è: altrimenti anche noi, come la Francia e la Gran Bretagna,
avremmo gli antieuropei xenofobi e lepenisti oltre il 20%. Pur nella cocente sconfitta, i 5 Stelle si attestano su un 21% di voti d’opinione e non di scambio (non governando da nessuna parte, non hanno soldi né favori da elargire e promettere), che potrà aumentare se riusciranno a entrare in partita, imponendo alcune battaglie giuste a un Pd più che mai in cerca di sponde: com’è già avvenuto nei
voti contro B. e
Genovese, e
contro la responsabilità civile diretta dei magistrati. Se aiutassero Renzi a lasciar perdere riforme assurde come l’Italicum e il Senato delle autonomie e a farne di migliori,
sarebbe meglio per loro, per il Pd e per tutti. Questo in fondo chiedono gli elettori: una maggioranza purchessia, che però risolva i problemi. Ed esca finalmente dalla campagna elettorale. Al momento vale il detto di Kierkegaard: “La nave è in mano al cuoco di bordo e ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta, ma che cosa mangeremo domani”.