Andrea Pasqualetti
LE FIGLIE DELL'ACQUA... E L'ANTICA ARTE DI SEDURRE
Chiunque, obbedendo al richiamo d'una "nostalgia delle origini" si accosti alle divinità, ai personaggi e ai motivi della mitologia classica, non potrà sottrarsi al fascino dei paesaggi e degli scenari che fanno da sfondo alla narrazione delle vicende. Gli elementi e le forze naturali sono a volte così soverchianti da rivelare la loro presenza in certi tratti fisici o attributi non-umani d'una moltitudine di figure difficilmente distinguibili e inseparabili dai luoghi delle loro apparizioni. Così l'acqua, e il simbolismo che l'accompagna, ha il potere d'attrarre a sé, in un processo simbiotico, alcune strane creature - prevalentemente, ma non solo - di sesso femminile: sono queste le divinità minori delle acque chiare, dei fiumi e delle sorgenti come le naiadi (dal greco Naides, quelle che nuotano) in possesso del dono della profezia e protettrici della poesia e della musica, oppure altre ninfe che vivono nei luoghi umidi, come le caverne, o nel fitto della vegetazione, al riparo dai raggi del sole. Nel mondo antico le ninfe erano venerate soprattutto vicino alle sorgenti, dove si costruivano delle Ninfee, fontane dedicate a loro e che in epoca romana si trasformarono in lussuose dimore ornate di colonne e statue.
Frederic Leighton – Il pescatore e la sirena (1858)
Non sempre, tuttavia, la vicinanza a queste creature può dirsi benevola e rassicurante. Le ondine delle mitologie germaniche e scandinave, per esempio, sono delle fate generalmente malefiche che si offrono di condurre i viaggiatori attraverso le brume, le paludi e le foreste, per farli smarrire o addirittura annegarli. Hanno una capigliatura verde-azzurro che sono solite pettinare maliziosamente alla superficie delle acque per attirare a sé i pescatori ignari del pericolo. E evidente la loro stretta parentela con le sirene, sulle quali stiamo per soffermarci.
I temerari in cerca di avventure che decidono di prendere "la via del mare" possono invocare la protezione delle nereidi, benefiche ninfe che abitano nel fondo dell'oceano e che è possibile talvolta scorgere alla superficie delle onde, a cavallo di pesci e altri animali marini. L'aspetto temibile del femminile "acquatico", tuttavia non tarda a farsi avanti nelle sembianze della sirena, inquietante creatura metà donna e metà pesce nota fin dai tempi più remoti, la cui occupazione principale è quella di esercitare la sua vocazione innata di seduttrice attirando a sé marinai e naviganti con irresistibili allettamenti e lusinghe, costringendoli a cambiare rotta e a sacrificare parte del loro "virile interesse" per le imprese eroiche sull'altare della devozione al fascino femminile.
Uno degli episodi più noti è quello narrato nell'Odissea. Dopo essersi sottratto agli incantesimi della maga Circe, Ulisse giunge all'isola delle Sirene, il cui canto esercitava sui navigatori un'attrazione irresistibile. L’eroe riuscì a eludere questo nuovo pericolo turando gli orecchi ai suoi compagni con la cera e facendosi legare all'albero maestro della nave.
Herbert James Draper, Ulisse e le Sirene (1909)
Gli aspetti meno rassicuranti o addirittura pericolosi del femminile si esprimono non solo nel mito, ma anche in molte leggende dell'antichità, tramite l'abbinamento del corpo umano con parti anatomiche di qualche animale. Sulla terraferma il serpente sostituisce il pesce per rappresentare la seduzione femminile nel suo aspetto malefico, come nella tentazione di Adamo da parte di Eva. Per molti secoli il cristianesimo, relegando nell'ombra la corporeità, allontanò dall'esperienza cosciente delle rappresentazioni qualsiasi contenuto contrastante con un'immagine soltanto "spirituale" del femminile. Ma alcune correnti filosofiche, prima fra tutte l'alchimia, ripresero in segreto il motivo della creatura metà donna e metà animale - pesce o rettile - per rappresentare la duplice natura di Mercurio, prigioniero della materia e in attesa di essere liberato.
Con il Rinascimento dobbiamo soprattutto a Paracelso, famoso medico e alchimista, il ritorno dal passato mitologico e la diffusione, nella prima metà del Cinquecento, della suggestiva immagine della sirena che compare nei suoi trattati come Melusina, nome che ricorda la "mère Lucine", donna di rara bellezza protagonista d'una antica leggenda francese. Questa, sorpresa una volta dal suo sposo con la coda di pesce, che per ragioni ignote doveva portare soltanto di sabato, fu costretta a ritornare nel regno delle acque, dal quale di tanto in tanto riemergeva, e la sua apparizione era sempre presagio di sventura. Secondo Paracelso le Melusine non solo rappresentano un pericolo esterno, ma possono prendere la loro dimora nel sangue, il quale consente a questi strani esseri provenienti dall'acqua di ritrovare all'interno dell'uomo un habitat simile a quello originario. E questo, difatti, assumendo un punto di vista psicologico sconosciuto nelle epoche trascorse, il luogo dove ancora oggi possiamo riscoprire la sirena.
Nel mondo antico, invece, la fantasia della donna-pesce, come tante altre, appariva un fatto esterno assolutamente concreto e reale, e quindi non riferibile ai "pericoli" della seduzione fra umani. Questa si presenta fin dall'antichità con un simbolismo che oggi siamo in grado di comprendere e che, riferito alle dinamiche interne della psiche, può insegnarci molte cose sul nostro conto.
Pesci e serpenti sono animali a sangue freddo, assai distanti dal sentimento umano, ma appunto da ciò trae origine il misterioso fascino che da essi emana nell'abbinamento con un corpo di donna. La seduzione non coincide con l'amore, anche se in qualche modo ne fa sempre parte, soprattutto nelle fasi iniziali. Essa poggia non di rado sul lato freddo e "distante" dell'istinto che è proprio l'opposto di quel calore che caratterizza il rapporto amoroso autentico.
Queste affascinanti "figlie dell'acqua', come insegna il mito, rappresentano un pericolo mortale per coloro che ne restano affascinati al punto di dissolversi completamente in esse, e l'equivalente di questo destino è riscontrabile al giorno d'oggi in quei casi d'infatuazione in cui l'uomo diviene succube e vittima d'un "femminile fatale" erroneamente identificato con la donna reale. Da questo "abbaglio", o errore di percezione - che nel mito appare provocato dal balenio dei piccoli specchi che le sirene usavano per insidiare i marinai - hanno origine gli attaccamenti morbosi e nei casi peggiori la perdita di se stessi.
Come Ulisse, l'uomo che non abbia dimestichezza con questo tipo di sortilegi, deve attaccarsi all'albero maestro al centro della nave, per non essere trascinato via da se stesso. Cadremmo senz'altro in errore sopravvalutando il significato meramente sessuale di questo tipo di figure femminili. La sirena, è bene sottolinearlo, è sprovvista di genitali, e lo stesso vale per gli altri esseri mitologici che rientrano nella medesima categoria. Ciò non deve sorprendere, poiché la forma ammaliante e seducente del femminile ha come bersaglio innanzitutto l'anima dell'uomo e può passare nel suo sangue, come la Melusina paracelsiana, anche in assenza dell'amplesso fisico.
John William Waterhouse, La sirena (1900 circa)
Con quest'ultima considerazione ci stiamo spostando in un terreno sul quale, prima di congedarci, vorrei brevemente soffermarmi. L'analisi etimologica del termine "seduzione" non accenna in maniera esclusiva all'attrazione erotica fra due esseri. "Sedurre" deriva dal latino seducere che tradotto significa "condurre altrove". Con la seduzione, in altri termini, avviene uno "spostamento" da un luogo a un altro, sia in senso concreto sia metaforico per una forte, spesso irresistibile attrazione che il "sedotto" subisce, ma non sempre e necessariamente da parte di un'altra persona. Difatti, si può essere sedotti da un'idea, da un ideale, da una certa immagine di noi stessi, da un paesaggio, da un'opera d'arte, da una città o da un posto che si deve assolutamente raggiungere.
L'individuo sedotto è catturato, sottratto a un preciso ordine di significati, afferrato da una forza a cui non può opporre resistenza. Qualcuno, in nome d'un percorso o d'una scelta che sembrano annunciarsi come soli veri e autentici, non esita a "fare le valigie" per obbedire alla chiamata. Nel concreto ciò può significai abbandono di luoghi, di persone e d'interessi coltiva negli anni, sacrificati in toto alla nuova meta. Se la scelta, o il nuovo oggetto del desiderio - che spesso, contrariamente alla logica o come per predestinazione siamo decisi a volere a ogni costo - potranno portarci verso di noi o lontano da noi, avremo modo di comprenderlo in seguito. Non sempre, difatti, un movimento deciso in direzione di qualcosa o di qualcuno equivale a un allontanamento da noi, ma al contrario ci consente di ritrovarci a un nuovo livello se ciò verso cui, tendiamo è la manifestazione esterna d'interessi e potenzialità latenti che appartengono al nostro vero Sé.
Del resto, l'amore e l'interesse autentico esigono la rottura del guscio narcisistico E l'atto di seduzione, e chi lo subisce, può essere a volte l'unico modo per crollare un arroccamento difensivo con il quale l'Io timoroso di tutto ciò che sta "oltre la porta" cerca di proteggere i suoi angusti confini. In questo caso la seduzione sta operando all'inverso: non il nuovo che ci attende, ma le vecchie abitudini, i vecchi rapporti, il vecchio stile di vita insomma tutto quanto già conosciamo - e che in fondo detestiamo - hanno il potere di legarci a loro, di non farci andare... "altrove", di convincerci a restare dove si è.
"Chi s'accontenta gode", recita un noto proverbio contraddetto però da un altro che avverte che "ogni lasciato è perso". Ognuno di noi, inchiodato alla propra croce, spesso non sa quali pesci prendere: se lasciarsi “sedurre” dal vecchio o accogliere il richiamo del nuovo. Accade a volte un attimo prima di cogliere la "mela d'oro", di scivolare sull "buccia di banana." e di crollar a terra. "Te l'avevo detto... dirà qualcuno, "potevi immaginartelo..." dirà qualcun altro, ci sarà chi per risollevarci un po' cercherà d'infonderci coraggio con frasi come: "non potevi sapere", oppure: "quando si chiude una porta se ne apre un'altra...".
Il canto della sirena potrà di nuovo giungere alle nostre orecchie, e in fondo ce lo auguriamo, perché in assenza di desideri e di tentazioni saremmo già morti. La seduzione come "allusione al possibile" e come promessa spesso non mantenuta continuerà a mettere alla prova il nostro coraggio e a chiedere, da noi, sempre e comunque l'accettazione del rischio.
Andrea Pasqualetti - Il Giornale dei Misteri n° 410 (dicembre 2005)