ANGUANE, PICCOLE DONNE DELL'ACQUA E DELLA NOTTE
John William Waterhouse, The Lady of Shalott (1888)
Tra le figure femminili della mitologia popolare una posizione particolare è occupata dalle Anguane, creature adagiate nelle pieghe del folklore, ma con profondi legami nella religiosità del passato. In questi misteriosi esseri sono presenti elementi fisici e culturali che si connettono principalmente alle divinità acquatiche, ma sono anche evidenti concrete relazioni con la figura della donna selvatica, della strega, della fata, della sirena. E non mancano richiami all'inquietante Melusina.
Nel folklore centro orientale dell'Italia del nord, dove il mito delle Anguane è maggiormente diffuso, queste sono spesso indicate come lavandaie. La lavandaia, oltre a essere legata all'elemento acqua, è ritenuta depositaria di conoscenze antiche e fondamentali per l'equilibrio della comunità. Ma sono anche filatrici o, in genere, operatrici che svolgono un lavoro tipicamente femminile, sempre connesso alla procreazione, alla guarigione; non sono comunque assenti funzioni legate al mondo oscuro della stregoneria Nella tradizione del Friuli, per esempio, le Anguane che sorprendevano una donna a filare quando non era consentito, la divoravano e avvolgevano le sue interiora sul fuso. I resti delle vittime, dopo essere stati raccolti, erano utilizzati dalle Anguane per un rito di rinascita.
Etimologicamente si ritiene che il nome possa presentare affinità con la divinità celtica Adgana, tradizionalmente connessa all'acqua. Secondo alcuni folkloristi, esiste una stretta relazione tra queste fate e il potere terapeutico delle acque nelle quali vivono, tanto che in realtà le Anguane sarebbero antiche divinità delle acque paleovenete. Il rapporto donna-acqua è archetipico, e in tutte le religioni le entità divine femminili sono strettamente legate con acque che purificano, risanano, donano la fertilità. È stato suggerito un legame con Anguis, serpente, in relazione "al soma ofìdico che assumono le Anguane nelle loro metamorfosi", ciò anche tenendo conto del suggestivo accostamento "con i nomi della dea peligna e marsica Angitia, Anacta, Anguitia legata al culto dei serpenti".
Altra caratteristica singolare delle Anguane è costituita dalla forma del piede, che in alcune leggende risulta essere simile a quello di una capra, in qualche caso è posto al contrario. Il motivo del piede "altro" è una tipologia non unica, poiché la ritroviamo anche in diverse figure della mitologia popolare: ad esempio la nota Regina Piè d'Oca, frequentemente indicata come strega e in rapporto con il mondo oscuro dell'oltretomba. Un altro interessante elemento caratteristico delle Anguane è dato dalla loro voce. In certe leggende si dice che possiedano una voce melodiosa, capace di incantare fino a stordire. Questa caratteristica sostiene il legame con la sirena che, come è noto, ha nella voce un importante strumento per dominare i potenziali nemici. In altre versioni la sua voce non è che uno stridente urlo, terrorizzante e udibile solo con il buio in alcune zone considerate pericolose in quanto ritenute sede di entità malvage. Il legame oscurità/urlo/male rimanda ancora all'universo della stregoneria a cui le Anguane sono comunque tradizionalmente connesse.
La fonte più antica in cui si fa riferimento alle Anguane è il De Jerusalem Celesti (XIII secolo) di frate Giacomo da Verona che considera "l'aiguana" sinonimo di sirena, chiarendo che la voce di queste due figure femminili è "inferiore a quella degli angeli".
Brani tratti da "Indagine sul piccolo popolo", Laura Rangoni e Massimo Centini (Atlantide edizioni) e "Le Fate", Laura Rangoni (Xenia Edizioni)