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    Predefinito Recensione conferenza di Maurizio Rossi "Uomini sopra le rovine". 3-5-2009


    La tre giorni all’Istituto è stata un “Campo d’istruzione”, ovvero di formazione, ed è stata propria in quest’ottica che Maurizio Rossi – terzo ed ultimo relatore – ha inteso la sua relazione. Una relazione, appunto, e non una “conferenza”, come ha tenuto a ribadire: non è ad accademici, né ad intellettuali, che ha parlato, bensì a militanti, ovvero a uomini e donne che cercano quotidianamente di tradurre le parole in fatti. Fatti e non parole: cioè esempi. Esempi come quelli dei combattenti della Repubblica Sociale che abbiamo avuto il piacere e l’onore di incontrare, e rammentare, più volte in questi giorni. Combattenti dell’onore che qui, all’Istituto Storico della R.S.I., si riuniscono anche per tramandare ai giovani la loro esperienza di uomini di militia, creando così quel legame alla base della “continuità ideale” che Maurizio Rossi ha ben sottolineato. Proprio partendo dall’idea d’un legame – d’un sottile filo rosso che ha legato le esperienze dei “fascismi” – Maurizio ci ha parlato della figura del combattente, dell’uomo tra le rovine, arrivando fino ad oggi. Un filo conduttore, quindi, che permette di inquadrare queste esperienze su di un piano non soltanto “politico”, ma universale e cosmico.

    I fascismi, infatti, ove poterono esprimersi in una forma organizzata e stabile, si dedicarono alla selezione ed alla formazione dell’ “uomo nuovo”, ovvero del soldato politico: cioè di colui il quale riesce ad esportare l’esperienza della lotta (il soldato) al dominio della politica (il militante politico). Dopo la Grande Guerra, infatti, gli ex-combattenti tornarono dal fronte trasfigurati nell’animo da un’esperienza brutale ma, al tempo stesso formatrice e vivificatrice di forze. Questi uomini, appreso il senso più vero del cameratismo nelle trincee, tornarono alla vita non concependola più come prima, bensì come lotta. Lotta tra le rovine per la costruzione di un qualcosa di nuovo e più vero.
    Nasce così l’idea stessa che animerà i fascismi: la costruzione dell’uomo che a quest’ordine ideale dovrà corrispondere. L’obbiettivo diviene opporsi alla società riscoprendo la comunità, distruggere l’individuo per riappropriarsi dell’essere.

    E’ una vera e propria pedagogia rivoluzionaria, tesa alla preparazione dell’uomo nobile di domani nel decadente mondo di oggi. Una palestra di vita dedicata allo sviluppo di una weltanschauung, intesa come una visione del mondo centrata sul primato dello spirito sulla materia. «Una scuola militare dell’anima» per usare le stesse parole di Nietzsche che Maurizio ha citato, e non a caso la I Guerra Mondiale fu – nella sua crudezza – il miglior banco di selezione della nuova aristocrazia politica del Novecento.

    Tutto questo è ben evidente nel caso del fascismo italiano. In esso, aggiunge Maurizio, la Scuola di Mistica Fascista e la R.S.I. costituiscono le eredità più significative d’un fenomeno che, nella sua stessa essenza originaria, fece dell’intransigenza (anzitutto verso se stessi), della dedizione al sacrificio e della sobrietà, le armi per attuare una vera e propria rivoluzione dello spirito. Queste esperienze c’hanno perciò insegnato come il combattimento e l’idea stessa di “rivoluzione”, non debbano mai cristallizzarsi ma, essere continuamente vivificate nell’azione quotidiana, dunque mettendosi costantemente in discussione, con umiltà.

    A chiudere l’intervento di Maurizio è stata la riflessione e l’augurio di un combattente dell’onore qual è Stelvio Dal Piaz. Emozionandoci, come solo un uomo che ha saputo eroicamente vivificare ciò di cui parla, ci ha ricordato come l’R.S.I. – ed in generale una scelta militante anche ad essa ispirata – non possa che tradursi, nella sua intima essenza, in uno stato d’animo. Non mitizzare i reduci, né ergerli ad intoccabili maestri di “verità assolute”: accettarli, invece, come qualcuno di noi, perché come noi, impegnati ancora oggi a vivificare quei valori assoluti per i quali in tanti hanno donato tutto, anche la vita. Maturato questo “stato d’animo”, tutto il resto viene dopo, naturalmente. Per questo, conclude il camerata Stelvio, occorre imparare a lottare dai combattenti ma, soprattutto con i combattenti della R.S.I.

    A conclusione della relazione di Maurizio, i ragazzi di Raido ci hanno letto un significativo passo tratto da Militia di Leon Degrelle, che qui riportiamo integralmente per trasmettere anche ai non presenti il senso di quanto detto e fatto in questi giorni con la parola e con l’azione di tutti…

    «Sovente è nel fare, con la massima nobiltà, mille piccole cose spossanti che si è grandi.
    Tendere mille volte la propria anima, ogni giorno, a servizi di poco conto, riesce infinitamente più difficile che darle un brillante impulso per un avvenimento di notevole spicco.
    Il merito è esiguo, in tal caso.
    Soltanto la vastità dell’occasione passeggera dà all’anima la forza di agire, il desiderio di sorprendere, permettendoci inoltre di nutrire la più alta opinione di noi stessi.
    Si può riuscire a meraviglia in una grande cosa, e rimanere lontani dalla vera grandezza.
    La grandezza è la nobiltà dell’anima che si adopera, ed effonde per ciascuno dei nostri doveri, soprattutto quando essi appaiono privi di tutto quel che potrebbe nutrire la nostra vanità quotidiana.
    Per la donna come per l’uomo.
    Per una donna, la grandezza sta sovente nel dedicarsi, istante dopo istante, a doveri silenziosi anche se banali.
    Eppure, chi l’ammirerà?
    Chi conoscerà le mille battaglie combattute, nel fondo del suo cuore, contro la pigrizia, l’orgoglio, il canto delle passioni, la mollezza che richiama l’anima e il corpo verso le calde sabbie della vita facile?
    Colei che nonostante tutto questa va avanti, resiste, progredisce, è grande perché il dono di se stessa è stato totale – senza bisogno del richiamo di illusioni!
    Tante persone soddisfatte si lamentano sempre, trovano tutto sgradevole: non sanno mai rallegrarsi sinceramente di nulla!
    Tutto sembra loro noioso perché non si donano mai, perché accolgono ogni istante – in cui occorrerebbe offrire una parte di se stessi – con l’intenzione ben ferma di dare solo l’indispensabile, e anche questo a malincuore.
    Tutto è questione di donare.
    Gli uomini felici sono coloro che si donano.
    Gli insoddisfatti, coloro che soffocano l’esistenza in un perpetuo tirarsi indietro, chiedendosi continuamente che cosa stanno per perdere.
    Virtù, grandezza, felicità, tutto ruota attorno a questo: donarsi!
    Donarsi completamente, sempre. Fare ciò che si deve: generosamente, con il massimo impegno, anche se l’oggetto del dovere è senza grandezza apparente.
    Dovunque si sia, in alto o in basso, uomo o donna, il problema rimane sempre il medesimo: è il donare che rende le anime chiare o torbide»

  2. #2
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    Predefinito Riferimento: Recensione conferenza di Maurizio Rossi "Uomini sopra le rovine". 3-5-20

    Per ascoltare l'audio della conferenza clicca qui.

  3. #3
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    Ottimo l'audio e superba la conferenza: Maurizio Rossi relatore d'eccezione!

  4. #4
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    Predefinito Riferimento: Recensione conferenza di Maurizio Rossi "Uomini sopra le rovine". 3-5-20

    Come al solito l'oratoria di Maurizio Rossi ha stupito tutti noi!
    Grande conferenza, ben organizzata.

  5. #5
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    Predefinito Riferimento: Recensione conferenza di Maurizio Rossi "Uomini sopra le rovine". 3-5-20

    Si va al dillà del mero intellettualismo: parole da vivere non semplici vibrazioni

  6. #6
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    Predefinito Riferimento: Recensione conferenza di Maurizio Rossi "Uomini sopra le rovine". 3-5-20

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  7. #7
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    Predefinito Riferimento: Recensione conferenza di Maurizio Rossi "Uomini sopra le rovine". 3-5-20

    Citazione Originariamente Scritto da fondazionersi_roma Visualizza Messaggio

    La tre giorni all’Istituto è stata un “Campo d’istruzione”, ovvero di formazione, ed è stata propria in quest’ottica che Maurizio Rossi – terzo ed ultimo relatore – ha inteso la sua relazione. Una relazione, appunto, e non una “conferenza”, come ha tenuto a ribadire: non è ad accademici, né ad intellettuali, che ha parlato, bensì a militanti, ovvero a uomini e donne che cercano quotidianamente di tradurre le parole in fatti. Fatti e non parole: cioè esempi. Esempi come quelli dei combattenti della Repubblica Sociale che abbiamo avuto il piacere e l’onore di incontrare, e rammentare, più volte in questi giorni. Combattenti dell’onore che qui, all’Istituto Storico della R.S.I., si riuniscono anche per tramandare ai giovani la loro esperienza di uomini di militia, creando così quel legame alla base della “continuità ideale” che Maurizio Rossi ha ben sottolineato. Proprio partendo dall’idea d’un legame – d’un sottile filo rosso che ha legato le esperienze dei “fascismi” – Maurizio ci ha parlato della figura del combattente, dell’uomo tra le rovine, arrivando fino ad oggi. Un filo conduttore, quindi, che permette di inquadrare queste esperienze su di un piano non soltanto “politico”, ma universale e cosmico.

    I fascismi, infatti, ove poterono esprimersi in una forma organizzata e stabile, si dedicarono alla selezione ed alla formazione dell’ “uomo nuovo”, ovvero del soldato politico: cioè di colui il quale riesce ad esportare l’esperienza della lotta (il soldato) al dominio della politica (il militante politico). Dopo la Grande Guerra, infatti, gli ex-combattenti tornarono dal fronte trasfigurati nell’animo da un’esperienza brutale ma, al tempo stesso formatrice e vivificatrice di forze. Questi uomini, appreso il senso più vero del cameratismo nelle trincee, tornarono alla vita non concependola più come prima, bensì come lotta. Lotta tra le rovine per la costruzione di un qualcosa di nuovo e più vero.
    Nasce così l’idea stessa che animerà i fascismi: la costruzione dell’uomo che a quest’ordine ideale dovrà corrispondere. L’obbiettivo diviene opporsi alla società riscoprendo la comunità, distruggere l’individuo per riappropriarsi dell’essere.

    E’ una vera e propria pedagogia rivoluzionaria, tesa alla preparazione dell’uomo nobile di domani nel decadente mondo di oggi. Una palestra di vita dedicata allo sviluppo di una weltanschauung, intesa come una visione del mondo centrata sul primato dello spirito sulla materia. «Una scuola militare dell’anima» per usare le stesse parole di Nietzsche che Maurizio ha citato, e non a caso la I Guerra Mondiale fu – nella sua crudezza – il miglior banco di selezione della nuova aristocrazia politica del Novecento.

    Tutto questo è ben evidente nel caso del fascismo italiano. In esso, aggiunge Maurizio, la Scuola di Mistica Fascista e la R.S.I. costituiscono le eredità più significative d’un fenomeno che, nella sua stessa essenza originaria, fece dell’intransigenza (anzitutto verso se stessi), della dedizione al sacrificio e della sobrietà, le armi per attuare una vera e propria rivoluzione dello spirito. Queste esperienze c’hanno perciò insegnato come il combattimento e l’idea stessa di “rivoluzione”, non debbano mai cristallizzarsi ma, essere continuamente vivificate nell’azione quotidiana, dunque mettendosi costantemente in discussione, con umiltà.

    A chiudere l’intervento di Maurizio è stata la riflessione e l’augurio di un combattente dell’onore qual è Stelvio Dal Piaz. Emozionandoci, come solo un uomo che ha saputo eroicamente vivificare ciò di cui parla, ci ha ricordato come l’R.S.I. – ed in generale una scelta militante anche ad essa ispirata – non possa che tradursi, nella sua intima essenza, in uno stato d’animo. Non mitizzare i reduci, né ergerli ad intoccabili maestri di “verità assolute”: accettarli, invece, come qualcuno di noi, perché come noi, impegnati ancora oggi a vivificare quei valori assoluti per i quali in tanti hanno donato tutto, anche la vita. Maturato questo “stato d’animo”, tutto il resto viene dopo, naturalmente. Per questo, conclude il camerata Stelvio, occorre imparare a lottare dai combattenti ma, soprattutto con i combattenti della R.S.I.

    A conclusione della relazione di Maurizio, i ragazzi di Raido ci hanno letto un significativo passo tratto da Militia di Leon Degrelle, che qui riportiamo integralmente per trasmettere anche ai non presenti il senso di quanto detto e fatto in questi giorni con la parola e con l’azione di tutti…

    «Sovente è nel fare, con la massima nobiltà, mille piccole cose spossanti che si è grandi.
    Tendere mille volte la propria anima, ogni giorno, a servizi di poco conto, riesce infinitamente più difficile che darle un brillante impulso per un avvenimento di notevole spicco.
    Il merito è esiguo, in tal caso.
    Soltanto la vastità dell’occasione passeggera dà all’anima la forza di agire, il desiderio di sorprendere, permettendoci inoltre di nutrire la più alta opinione di noi stessi.
    Si può riuscire a meraviglia in una grande cosa, e rimanere lontani dalla vera grandezza.
    La grandezza è la nobiltà dell’anima che si adopera, ed effonde per ciascuno dei nostri doveri, soprattutto quando essi appaiono privi di tutto quel che potrebbe nutrire la nostra vanità quotidiana.
    Per la donna come per l’uomo.
    Per una donna, la grandezza sta sovente nel dedicarsi, istante dopo istante, a doveri silenziosi anche se banali.
    Eppure, chi l’ammirerà?
    Chi conoscerà le mille battaglie combattute, nel fondo del suo cuore, contro la pigrizia, l’orgoglio, il canto delle passioni, la mollezza che richiama l’anima e il corpo verso le calde sabbie della vita facile?
    Colei che nonostante tutto questa va avanti, resiste, progredisce, è grande perché il dono di se stessa è stato totale – senza bisogno del richiamo di illusioni!
    Tante persone soddisfatte si lamentano sempre, trovano tutto sgradevole: non sanno mai rallegrarsi sinceramente di nulla!
    Tutto sembra loro noioso perché non si donano mai, perché accolgono ogni istante – in cui occorrerebbe offrire una parte di se stessi – con l’intenzione ben ferma di dare solo l’indispensabile, e anche questo a malincuore.
    Tutto è questione di donare.
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    Scusa,ma é Maurizio Rossi di Firenze?
    Primo Ministro di TPol...[MENTION]
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  8. #8
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    :mmm: secondo me sì

 

 

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