http://www.corriere.it/economia/14_giugno_29/corte-conti-societa-partecipate-drenano-26-miliardi-all-anno-a17398ae-ffa0-11e3-ae4d-7c1f18234268.shtml
Sono un esercito di oltre 5000 società, espressione di un mondo ancora poco conosciuto e poco trasparente, eppure costano allo Stato ventisei miliardi all'anno: sono le partecipate pubbliche, imprese che è ladenuncia della Corte dei conti - andrebbero sottoposte ad un «disegno di ristrutturazione organico e complessivo». Per il loro peso finanziario e per la dimensione economica, gli enti partecipati - sottolinea il procuratore generale Salvatore Nottola nel suo giudizio sul rendiconto generale dello Stato -«hanno un forte impatto sui conti pubblici, sui quali si ripercuotono i risultati della gestione, quando i costi non gravano sulla collettività, attraverso i meccanismi tariffari
Un terzo delle partecipate dagli enti locali. In realtà le imprese partecipate in Italia sono circa 7500: 50 sono partecipate dallo Stato, 2214 sono organismi di varia natura (come consorzi, fondazione, e così¬ via), e 5258 sono quelle in mano degli enti locali: ed è proprio su queste che si concentra l'analisi impietosa del procuratore generale presso la Corte dei Conti. Perchè un terzo di queste società risulta in perdita: significa che alla fine a rimetterci sono Regioni, Province e Comuni, che rimpolpano le casse quando i conti vanno in rosso. E' il caso, per fare un esempio, delle società di trasporto pubblico locale, che garantendo un servizio essenziale per la collettività vengono spesso mantenute in regime pubblico: con conseguenze però spesso devastanti, visto che oltre il 40% delle società è in perdita nonostante autobus, tram e metro in molte città funzionino male.
Complessivamente, il movimento finanziario indotto dalle società partecipate dallo Stato, costituito dai pagamenti a qualsiasi titolo erogati dai Ministeri nei loro confronti ammontato a 30,55 miliardi nel 2011, 26,11 miliardi nel 2012 e 25,93 nel 2013.Ma anche le società partecipate dai ministeri hanno il loro peso (economico): sono costate 785,9 milioni nel 2011 alle casse dello Stato, 844,61 milioni nel 2012, e 574,91 milioni nel 2013.
Sono numeri che vanno calando nel corso del tempo, e che dimostrano che lo Stato sta provando ad intervenire per razionalizzare i costi. Il piano di razionalizzazione di Cottarelli dovrebbe arrivare a breve, entro il mese di luglio, ma intanto i magistrati contabili rilevano che un giro di affari così consistente richiederebbe "assoluta trasparenza del fenomeno" Invece la realtà è diversa: l'assetto delle società è mutevole e soggetto a vicende che i magistrati contabili definiscono complesse, con aspetti contabili che sono «spesso oscuri». Da qui la richiesta di Nottola al mondo politico: bisognerebbe attuare un disegno di ristrutturazione organico e complessivo, che preveda regole chiare e cogenti, forme organizzative omogenee, criteri razionali di partecipazione, imprescindibili ed effettivi controlli da parte degli enti conferenti e dia a questi ultimi la responsabilità dell' effettivo governo degli enti partecipati
O si taglia o il caos
Non ci salviamo più.
Fino a che la cultura arabo-levantina gestisce la politica e questa gestisce la economia succede che tutto va a rotoli.
Ma ci rendiamo conto di quanto ci è costata la unità d'italia?. Sia da un punto di vista economico come da un punto di vista culturale.
Bisogna verificare attraverso un profondo esame di coscienza se l'unità d'italia è stata solamente un maldestro atto economico oppure sia stata un disegno criminale
O si taglia o il caos
Può servire il compensato?
Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.
sicuramente nelle partecipate la casta ci sguazza,
ed è una riserva per parcheggiare i bocciati alle
elezioni, voto di scambio, e altre comprensibili,
inconfessabili ragioni.
il messaggio che sta passando è che sono costose,
e pesano sulle tasche dei cittadini;
mi chiedo però se una volta cedute ai privati,
i cittadini avranno i benefici promessi, perché mi
da tanto l'impressione che i "privati" altro non siano
più o meno le stesse persone, che si ricollocano
nelle nuove società, per continuare a mangiare
nella greppia, stavolta con altra ragione sociale.
le famose, "privatizzazioni" fin qui realizzate, non mi sembra
abbiano portato i vantaggi che promettevano, se si eccettuano
quelli a beneficio delle nuove società, che ogni anno
pretendono aumenti doppi o tripli, rispetto agli aumenti medi.
insomma, i tromboni suonano perché lo stato svendi tutto,
sicuri che le "nuove" caste si possano ricollocare entro ambiti
non più criticabili per le loro performance.
mi sa che il teatrino continua, mentre l'organetto suona lo stesso
motivetto per chiamare il popolino ad assistere allo stesso,
squallido spettacolo, in cartellone da 150 anni.
"La metà dei dipendenti delle aziende a partecipazione regionale di tutta Italia lavora in Sicilia. E nei cda ecco i soliti “fedelissimi”."
Il buco nero delle Partecipate | Sindacando ? il Blog di Benedetto Mineo
Conti in rosso e troppi dipendenti Il buco nero delle Partecipate - Live Sicilia
Potrebbe accadere che chi parla del costo delle ditte pubbliche, abbia il secondo fine per cui le medesime andando male vengano spinte alla vendita al privato, con enormi guadagni da parte di questo ultimo.
Privato che è quasi sempre in comunella con i politici dello stato venditore.
Ma il dramma del caso patologico dell'italia non è dovuto all'esistere delle ditte pubbliche ma è colpa di chi l'amministra cioè dei politici infilati nella direzione.
Il problema nasce dall'aver fatto con l'italia l'unione di due parti, non soffermandosi che in una parte della penisola vi è una mentalità differente da quella che alberga nella parte continentale.
E' che la politica italiana risente ed è permeata dalla cultura meridionale.
Questa cultura nasce dal condizionamento millenario della natura non maligna, che permette di raccogliere con abbondanza i frutti della terra trasformando l'uomo prettamente in raccoglitore.
Il politico prima di tutto è un essere umano che conserva le sue prerogative ancestrali e genetiche:
RACCOGLIERE.
Conseguentemente il politico nell'amministrale la cosa pubblica in buona fede, in modo naturale,quasi senza accorgersi "raccoglie" per se e per gli amici.
Poi vi è chi raccoglie di più, chi di meno ma tutti sono latini.
Inoltre occorre considerare che il politico nella quasi totalità dei casi è uno che non sa amministrare ed abbraccia la via politica perché è molto facilitata per chi, volutamente o non, ignora il senso dello stato. Nel suo comportamento il politico quai inconsciamente si lascia trascinare da quella maledizione culturale latina che lo perseguita.
Non si può gestire uno stato che vuole progredire seguendo una mentalità latina.
Tale mentalità era validissima quando la cultura era basata sulla prevaricazione,.
Pertanto o si trova la possibilità di permettere ai latini di vivere in una loro terra con le loro regole,oppure dobbiamo continuare con l'attuale bottega fino allo scoppio.
Però è privare della libertà altrui il voler imporre alla massa di latini di natura raccoglitori, l'obbligo di amministrare il bene pubblico senza che pensino prima a loro stessi.
Tuttavia lasciamoli liberi ma lontano.
Ultima modifica di jotsecondo; 30-06-14 alle 13:31
O si taglia o il caos
Il nostro sbaglio è che si scandalizziamo perché siamo condizionati che la Sicilia faccia parte culturalmente dell'Europa.
Se la Sicilia fosse considerata uno stato africano non vi sarebbe alcunchè da ridire.
La culura africana che vi è in Sicilia è eterna, e non si può far nulla.
L'unica cosa è andarsene e non dare più i nostri denari a quella fonderia senza fondo.
Non vi è alcuna cifra di denaro che riesca a trasformare la Sicilia in uno stato europeo.
O si taglia o il caos