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Discussione: La nota politica

  1. #1
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    Predefinito La nota politica

    L’essere per accidente


    Il senato della Repubblica ed il difetto di costituzionalità



    Il divino Aristotele, illustrando la metafisica di Platone, dedicava un capitolo “all’essere per accidente”. C’era di che impazzire: come era possibile questo “essere per accidente” in un pensiero logico e deduttivo per cui le cose o erano, o non erano, o erano in divenire? Impossibile, appunto, eppure ecco li Aristotele che lo illustrava. In verità, “l’essere per accidente” è stata la grande eredità dell’Antica Accademia di Atene, tanto che persino i senatori della Roma di oggi, non osiamo contare i secoli passati, ci sono andati dritti a sbattere. Vogliono riformare il loro stesso Senato in maniera formidabile per eliminare costi superflui e dare più fiducia ai bravi cittadini? E guardate, sono inciampati su un semplice accidente di percorso come quello dell’immunità, se si vuole, un dettaglio. Anche in questo caso, possibile che tutta una meravigliosa costruzione elaborata da menti finissime, quella del ministro Boschi e del senatore Romani, quella del presidente Calderoli e della senatrice Finocchiaro, cada al suolo come una mela bacata? E pure è quanto sta accadendo. Purtroppo la questione delle nuove competenze del Senato, o quali che siano, presenta un possibile difetto. Essendo il Senato non più eletto direttamente, ma formato da membri di altre assemblee, i senatori godranno degli stessi riconoscimenti che la Costituzione riconosce ai membri del Parlamento o meno? Se no, il Senato diventerà inevitabilmente pleonastico, tanto valeva abolirlo. Se si, si creerà una discrepanza preoccupante all’interno delle assemblee in cui i senatori sono stati eletti. Questi saranno diversi dai loro colleghi, nonostante le stesse competenze nelle amministrazioni dei comuni e delle Regioni. Sai che garanzia per i nostri buoni cittadini abituati oramai ad uno scandalo locale ogni giorno. Ecco “l’essere per accidente” scatenato in tutta la sua potenza, come forse nemmeno riusciva ad immaginare la mente di Aristotele che non era proprio come quella del ministro Boschi. Va da sé, che tutto il quadro perfettamente disegnato si scompagini in un marasma di macchie e colori. Spettacolare il contributo della senatrice Finocchiaro: “Avevo proposto che a decidere sulle autorizzazioni all'arresto e alle intercettazioni dovesse essere una sezione della Corte costituzionale e non il Parlamento. Valeva sia per il Senato sia per la Camera”, ha detto in un’intervista a “la Repubblica” e la senatrice Finocchiaro è persona che ha presieduto per anni la Commissione affari costituzionali di Palazzo Madama. Siamo davvero in buone mani, non ne discutiamo. Purtroppo non si sono rivelate salde e così per “accidente” accadrà che si fermeranno o loro sponte, perché non capiscono proprio cosa stanno scrivendo, o, altrimenti perché la Consulta inibirà tutto il meraviglioso lavoro svolto per sollevare un clamoroso difetto di costituzionalità. Un dannato accidente, insomma.


    Roma, 23 giugno 2014


    La nota politica


    Il mio stile è vecchio...come la casa di Tiziano a Pieve di Cadore...

    …bisogna uscire dall’egoismo individuale e creare una società per tutti gli italiani, e non per gli italiani più furbi, più forti o più spregiudicati. Ugo La Malfa

  2. #2
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    Predefinito Re: La nota politica

    A due passi dalla dittatura


    Più sanculotti che giacobini i provvedimenti contro l’inviolabilità parlamentare


    Siamo costretti a correggere un professore illustre come Michele Ainis, non per pedanteria, ma per rafforzare e se possibile approfondire una sua corretta intuizione. Ospite ieri sera del Tg3 per discutere della Riforma del Senato, il professore ha ricordato che persino i giacobini introdussero l’inviolabilità dei rappresentanti della nazione in sede di legislativa nel 1790. Vero, solo che la stessa fazione giacobina preda poi dei sanculotti, abolì tale inviolabilità nel 1793 con i decreti del primo e del 5 aprile. Altrimenti non si sarebbe potuto far arrestare 22 deputati girondini e tempo un anno, Danton, Philippeau, Camille Desmoulin, tutti eletti alla Convenzione e tutti condotti al patibolo. Per cui va detto, ad onore della ricostruzione storiografica, che se la democrazia si accompagna con l’introduzione dell’immunità parlamentare, il primo passo della dittatura è la soppressione di una prerogativa che salvaguardava la libertà del Parlamento. A proposito, nel verbale della sezione dei Giacobini del 2 giugno 1793 si legge che la Convenzione assediata dalle truppe (chiamiamole così) del Comune, non consentiva ai suoi membri di uscire dall’aula “nemmeno per fare i propri bisogni”. Se si vuole trarre un qualche insegnamento dalla Grande Rivoluzione in fatto di dinamiche istituzionali, questo è il primo e pure dovrebbe essere alla portata della comprensione di tutti. Sembra invece che la nostra intellighentsja più riconosciuta (Ainis è editorialista del Corriere della Sera, ospite televisivo ecc ecc.), fatichi a comprendere la deriva imboccata dal Paese a furia di colpi di mano istituzionali, più sanculotti che giacobini. Si finisce così per difendere molto timidamente le principali prerogative democratiche e quando si chiede parità di considerazione per i membri delle due Camere, si complicano le cose: Il presidente Finocchiaro, ad esempio, per ottenere la parità ritiene necessario abolire l’immunità anche per Montecitorio. Non c’è bisogno della rivoluzuione per vedere in agguato mozzaorecchi di ogni genere. Il problema che però ci riguarda è un altro, ovvero nel caso in cui si mantenesse invece, come chiede Ainis, del resto, l’immunità al Senato, ecco che sindaci e consiglieri di Regione eletti a Palazzo Madama, anche quando impegnati nelle loro incombenze amministrative locali, godrebbero comunque un’inviolabilità che escluderebbe gli stessi loro colleghi negli organismi di provenienza. Alterazione altrettanto grave, se non di più, perché discriminerebbe i membri eletti di una medesima assemblea. Davanti ad un tale sfacelo del diritto istituzionale, sentiamoci in dovere di dire una parola chiara: noi siamo per la difesa delle prerogative costituzionali quali furono adottate dall’Assemblea costituente del 1948 per tutti i membri del Parlamento, indistintamente, Senato e Camera. Non vorremmo, invece, che queste prerogative di inviolabilità venissero però estese anche alla comune amministrazione, perché se ancora non lo si è capito è questo il rischio di cui si tratta dopo lo scandalo che ha colpito il Mose.


    Roma, 24 giugno 2014

    La nota politica


    Ultima modifica di Frescobaldi; 24-06-14 alle 20:29
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  3. #3
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    Predefinito Re: La nota politica

    Una riflessione politica costituzionale che serve


    Le risposte del movimento 5 stelle alle domande poste dal Pd sulle riforme mostrano una riflessione politica istituzionale di cui bisognerebbe tener conto. Il movimento di Grillo e Casaleggio comprende sicuramente molto meglio di altri il valore delle questioni costituzionali che solleva la riforma della legge elettorale, così come quella del bicameralismo. In particolare, i 5 stelle hanno ragione, alla luce delle conseguenze del 1996 e del 2006, quando ritengono necessario dover evitare di ricorrere ad un’ammucchiata “di tutto e il suo contrario” per vincere le elezioni. La loro proposta alternativa, prevede “un primo turno proporzionale privo di soglie di sbarramento, in modo da consentire a chiunque di correre per il Parlamento e colmare il deficit di rappresentatività che la legge comporta”. E’ una soluzione di buon senso, anche perché è l’unica preoccupata di rispettare quei criteri di rappresentanza che il sistema maggioritario ignora. Non si tratta solo di una sensibilità democratica che riconosciamo volentieri a Grillo e Casaleggio, quanto di una più che fondata preoccupazione costituzionale, per cui occorre verificare preventivamente la legge elettorale da parte della Consulta. Non si capisce, infatti, in quale modo si dovrebbe introdurre questo controllo una volta che il presidente del Consiglio abbia affermato che la legge elettorale sarà approvata e promulgata dopo la prima lettura da parte del Senato della riforma della Costituzione. Anche nel merito della riforma del Titolo V, il movimento 5 stelle ha ragione quando sottolinea che una clausola di supremazia, “su proposta del Governo” risulti meno efficace e più dubbia rispetto ad una attribuita all`organo legislativo, cioè al Parlamento. E’ il Parlamento il principale potere della nostra costituzione, non il governo. Sarebbe più che utileda parte del Pd e del Pdl aprire subito un confronto con le proposte e gli argomenti addotti dal movimento 5 stelle. Anche alla luce delle perplessità che la cosiddetta intesa del Nazareno ha suscitato all’interno degli stessi partiti che l’hanno contratta. Per quanto si possa capire l’importanza dell’urgenza di fare le riforme, delle scadenze che ci si è dati e quant’altro, si rischia di escludere la seconda forza del paese dal processo di riforma costituzionale, insieme ai tanti cittadini che con il sistema maggioritario si sono allontanati dalle urne. Un processo riformatore i cui esiti appaiono sempre più a rischio e controversi, non può permettersi di sacrificare una parte tanto consistente dell’elettorato.


    Roma, 9 luglio 2014

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    Predefinito Re: La nota politica

    Prepariamoci al referendum
    Una riforma che sfascia la Repubblica italiana
    Il senatore del partito democratico Gotor al termine di una complessa giornata trascorsa a Palazzo Madama ha dichiarato che “oggi stiamo lavorando a un Senato di secondo grado e non è possibile che la sola camera politica, l’unica a cui sarà demandato l’indirizzo di governo e la sola depositaria della fiducia, sia composta da nominati. In questo modo si rischia una deriva oligarchica della democrazia italiana che va contrastata perché il disegno di Verdini e Berlusconi non può essere il nostro». Per la verità, il timore che abbiamo è inverso, ovvero che il Senato di secondo grado, raccogliendo degli autentici eletti dal popolo come i governatori e i sindaci, abbia un peso politico tale, rispetto ai semplici nominati della Camera, da poter rovesciare gli equilibri del governo. Non ha comunque importanza stabilire se sono giuste le apprensioni di Gotor o le nostre, quanto constatare che entrambe nascono da un meccanismo di elezione che non convince, nemmeno i suoi più strenui sostenitori. Ad esempio, Marcello Sorgi sulla Stampa scrive che “l’intesa tra centrosinistra, centrodestra e Lega, pur destinata a scontare una folta pattuglia trasversale di dissidenti, con tutti i limiti possibili rappresenta un’applicazione del metodo costituente, quello con cui, quasi settant’anni fa, partiti di diverse o opposte tradizioni e culture politiche cercarono e trovarono un compromesso sul testo della Carta che oggi si cerca di rinnovare”. Affermazione apologetica, perché l’assemblea costituente coinvolse forze politiche che rappresentavano più dell’80 per cento del paese, quando Pdl, Pd e Lega non solo sono una semplice maggioranza parlamentare, in un equilibrio politico ridefinito dal voto delle europee, in cui il secondo partito del Paese si trova ancora escluso dalla riforma costituzionale. Qualcosa come se la Dc ed i suoi alleati avessero precluso al Pci la possibilità di partecipare alla stesura dei lavori della Carta. Se già questo non bastasse bisogna aggiungere che l’attuale Parlamento è stato eletto secondo la Consulta sulla base di una legge elettorale incostituzionale. Infine, Pdl, Pd, Lega e quant’altri non raccolgono nemmeno il 51 per cento dell’elettorato visto che quasi il 30% della popolazione non partecipa più alle consultazioni elettorali, e quello dell’astensione è un partito forte di più di undici milioni di italiani, superando persino di 500 mila i consensi presi dal Pd alle passate europee. In ogni caso, anche chi come Sorgi riconosce un profilo di costituzionalità, che non riusciamo proprio a vedere nel processo riformatore in corso, anche lui sbatte contro l’elezione indiretta dei senatori da parte dei consigli regionali, per cui ammette che maggioranze diverse tra Camera e Senato, diventano sicure. “Usciamo da un’anomalia – il bicameralismo perfetto – per infilarci in un’altra, che non a caso doveva chiamarsi Senato delle autonomie, al plurale. Che Dio ce la mandi buona”. Purtroppo qui Dio non c’entra niente e nel caso che il progetto di Renzi Berlusconi e Calderoli arrivi a completare il suo iter, - ne dubitiamo – prepariamoci al referendum.


    Roma, 11 luglio 2014

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    Predefinito Re: La nota politica

    Governo e rappresentanza


    Più vicini allo sfascio che alla dittatura


    La politica italiana ha subito un trauma quando nell’opinione pubblica ci si è iniziati a convincere che governabilità e rappresentanza fossero conflittuali. Governi incapaci di pensare ed agire, scaricarono le loro deficienze sull’eccesso di rappresentanza. Restringiamola ed ecco che i risultati che sono mancati arriveranno come d’incanto. Si è visto come il paese è crollato pezzo pezzo, con il maggioritario prima e i presunti partiti unici poi. Oggi abbiamo perso quasi trent’anni di potere economico reale, retrocedendo in tutte le graduatorie, nemmeno fossimo usciti da una guerra. Il ministro Alfano ha avuto una trovata geniale: aboliamo l’articolo 18. Lo voleva fare Berlusconi nel 2001 e appena annunciato questo intento, si prese un tale spavento davanti alla faccia feroce del sindacato che lasciò perdere. Per carità, aboliamolo pure questo articolo 18, sapendo però che andava abolito 13 anni fa. Ora le imprese sono sul lastrico o hanno già chiuso i battenti. Assumere o licenziare sono illusioni. D’altra parte, hai voglia a fare una battaglia di verità con il sindacato. Fosse per la Cgil si mandano a quel paese anche gli emiri di Etihad e si lascia a terra Alitalia per sempre. Almeno la Cgil chiedesse agli arabi i cammelli per spostarsi. Ma restiamo pure fermi, dove vorreste andare? Costoro che ritengono governo e rappresentanza disgiunti sono gli stessi che erano convinti dell’illusorietà del progresso. Fosse stato per loro non saremmo nemmeno usciti dal medioevo. Alla faccia di Grozio, restano convinti che un popolo intero, si possa rappresentare solo attraverso il re o il papa. Forse che un libero parlamento potrebbe mai rappresentare il popolo? Ovvio che no, subito scatta un criterio di diffidenza fra rappresentati e rappresentanti. Chi sei tu, se non sei il papa o il re, Craxi, Prodi, D’Alema o Berlusconi, per avocarti poteri sulla mia persona? Il rappresentante dovrà essere controllato passo passo, altrimenti cadrà in fallo e se gli si concede l’immunità per i suoi atti, come potete stare sicuri che non vi tradirà per soddisfare i suoi volgari interessi? Non possiamo fidarci nemmeno del nostro vicino, con cui abbiamo condiviso fortune e sventure, perché questo è il dramma della pretesa eguaglianza: siamo comunque individui diversi. Ecco allora come i nostri nostalgici del medioevo vorrebbero spezzare una lancia a favore della dittatura, per cui solo lo Stato comanda. Ma per fare la dittatura non bastano le istituzioni. Forse che Renzi, con una camera o con due, o abolendo entrambe per andare solo ospite da “Amici”, potrebbe essere un dittatore? Simpatico ragazzo, non sembra rendersi conto e nessuno lo aiuta a riguardo che lui non riesce nemmeno a farsi obbedire da Civati. Inutile persino discutere di poteri, il suo senato federale, eletto con una procedura distinta e composto dalle principali personalità locali, contro una camera di nominati, conterà da solo quanto un governo centrale. Ecco l’effetto dialettico fra governo e rappresentanza, in democrazia. Ogni ente, istituto o corpo che non è il governo, gli si contrappone e lo Stato va in pezzi, senza un club, un associazione, un partito capace di mediare. State tranquilli, prima della dittatura, se Renzi non si sveglia, questo sfascio in corso da vent’anni lo avrà travolto.


    Roma, 14 luglio 2014

    La nota politica

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    Predefinito Re: La nota politica

    Il progetto del governo

    Una strada senza ritorno

    L’ammirevole decisionismo del presidente del Consiglio tale da illanguidire gli occhi del ministro Boschi, avrebbe avuto miglior causa se, invece di riformare gli articoli della Costituzione riferiti al Senato, avesse riscritto gli art. 2, 3, 23, 36, primo comma, 38, secondo comma, 53 e 117, primo comma. Ovvero, tutti gli articoli posti alla base della sentenza con cui la Consulta ha ritenuto incostituzionale il blocco delle perequazioni del decreto Salva Italia. Invece il governo Renzi, preoccupato della stabilità del sistema, non si è accorto che si sarebbe aperto un buco superiore ai dieci miliardi. E pensare che per colmo dell’ironia, qualche settimana fa, al Tesoro si gongolava all’idea di aver scoperto un tesoretto. Trovare limiti all’incompetenza, alla superficialità e alla spocchia, dentro il governo Renzi è davvero impresa degna di considerazione. Siamo giunti al punto in cui un oscuro sottosegretario si mette a ribattere alla decisione della Corte Costituzionale, smentendo il suo stesso ministro che almeno ha un qualche senso della decenza. Stando al ministro Boschi, il governo avrebbe un progetto, solo che non accorgendosi dell’entità dei danni, pensa di procedere con una legge sul conflitto di interesse. Legge che aspettiamo con ansia: finalmente all’interno del pd si mette un qualche discrimine per impedire che si faccia l’amministratore locale, il sindacalista, il deputato, e magari anche l’alto funzionario, collezionando cariche di tutti i generi senza pudore alcuno. Nelle condizioni in cui ci troviamo, potrebbe anche essere utile, anche se il ministro Boschi si troverà in difficoltà a spiegare ai tanti boiardi disperati del suo partito che l’intento era di colpire Berlusconi. Quanto alla legge elettorale, appena approvata, il ministro è convinto di aver fatto un capolavoro, tale che persino l’Inghilterra dopo il voto di oggi ci dovrà fare un pensierino. Non osiamo commentare, ma almeno il ministro non si faccia particolari illusioni sulla Spagna. Solo ieri il quotidiano El Pais, scriveva nel suo editoriale dedicato all’Italia che il governo Renzi con la sua nuova legge elettorale “sta portando l'Italia lungo una strada senza ritorno”: perché “il consolidamento del bipartitismo provocherà la cancellazione di uno spazio di centro che, a partire dalla metà del XX secolo fino ad oggi, è stata nel bene e nel male la spina dorsale della politica italiana”. Era tesi questa di Giovanni Spadolini, quando vide il superamento politico della democrazia cristiana in luogo di un maggioritario che considerava incapace di dare equilibrio. Questione che il ministro Boschi non comprende, ovvero quella di un sistema elettorale che dopo aver accompagnato l’Italia in una crisi irreversibile, dai tempi del ministero Giolitti al fascismo, è stato riproposto come panacea. I difetti mostrati nei primi anni del secolo scorso sono ancora tutti presenti.


    Roma, 8 maggio 2015

    Il progetto del governo



    Ultima modifica di Frescobaldi; 09-05-15 alle 20:14
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    Predefinito Re: La nota politica

    Il precursore


    Gli italiani sanno giudicare da soli


    Non abbiamo speso una sola parola e non la spenderemo sul volo di Stato del presidente del Consiglio per assistere ad una partita di tennis a New York. Gli italiani sono sufficientemente maturi per giudicare da soli. Siamo invece rimasti colpiti dalle parole proferite in una trasmissione televisiva lunedì sera dove Matteo Renzi giustificava la sua scelta sulla base del fatto che un paese pretende anche di emozioni e che non ci si può rinunciarvi. E questo è giustissimo, non fosse che la sfera emotiva si riferisce alla soggettività e all’intimità di una persona e al proprio interesse particolare. La vita politica aspira principalmente ad un' etica pubblica, magari qualcuno se ne è dimenticato, ovvero all’interesse generale, capace di porre un fondamento oggettivo a cui ogni soggettività possa riferirsi. Se si fondasse la vita pubblica sull’emotività di ciascuno ci ridurremmo in breve alla frammentazione a cascata del corpo della nazione. A riguardo c’è tutto un pensiero occidentale che trova un caposaldo in Rousseau. Fu il "Contratto sociale" a sottolineare l’esigenza di una “volontà generale” da soddisfare per salvaguardare lo Stato. Rousseau non parlava di “interesse generale” proprio perché la parola "interesse" appariva troppo legata alla sfera della particolarità di ciascun individuo, mentre la volontà si credeva orientata più idealisticamente. Questo non significa rinunciare necessariamente alla propria capacità di emozionarsi. Al contrario, Rousseau si emozionava fortemente all’idea di superare il potere assoluto della monarchia attraverso un sovrano popolare. Pochi anni dopo, quando le idee di Rousseau penetrarono in Francia, la massima emozione era quella di morire per la patria, altrimenti non ci sarebbe modo di spiegare i venticinque anni di guerre ingaggiati dalla rivoluzione prima e Napoleone poi. Ovviamente ci furono altre emotività molto più portate alla conservazione dell’individuo e a soddisfare felicità meno pericolose, che presero il sopravvento. Iniziò allora l’età borghese che avrebbe trionfato nella seconda metà dell’800. Per tornare ai nostri tempi, la grande emozione del tennis a New York ha prodotto un certo risentimento a chi aspettava il premier negli impegni istituzionali di routine a Bari ed a Verona. Bisognerebbe allora chiedersi semplicemente se è giusto in nome di un’emozione produrre una forte delusione in tanti cittadini. Il governatore della Puglia, Michele Emiliano ha risposto a proposito, con chiarezza. Non vogliamo certo mancare di rispetto allo sport che ha capacità formidabili di alimentare valori etici pubblici e sotto questo profilo lo Stato fa bene a preoccuparsi di conseguire successi e di celebrarli. Si è ricordato il 1982 quando lo stesso presidente Pertini partecipò alla finale dei mondiali di calcio. A parte che Pertini fu invitato e viaggiò al ritorno con li giocatori, il calcio è uno sport popolare, nel senso che basta una palla di stracci e lo puoi giocare scalzo in strada, mentre il tennis è uno sport un po’ più selettivo. Può darsi che diventerà popolare alla fine di questo secolo e dunque Renzi sarà ricordato come un precursore. Non vorremmo solo che a furia di voler riformare il Paese, il premier rischi di scordarsi la costituzione vigente. Chi rappresenta lo Stato è il presidente della Repubblica e in sua assenza il presidente del Senato. Il premier non è sullo stesso livello istituzionale, ha altre incombenze. Per cui sarebbe meglio che agli eventi sportivi presenziasse il Capo dello Stato ed il presidente del Consiglio rinunziasse a qualche emozione per attenersi ai suoi impegni ordinari.


    Roma, 15 settembre 2015


    Il precursore

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    Predefinito Re: La nota politica

    in effetti

  9. #9
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    Predefinito Re: La nota politica

    Un errore di valutazione


    Grandi partiti piccolo Paese


    L’ipotesi che il governo possa cadere è molto seria e deve essere presa in considerazione perché i segnali di uno scollamento della maggioranza sono oramai costanti e si ripetono da tempo. Nell’interesse del Paese una crisi politica in questa fase della legislatura sarebbe traumatica, Renzi è subentrato ad un governo raccogliticcio ed in difficoltà, mostrando un grande slancio. Il premier gode ancora del consenso di molti ambienti della società italiana, dovesse lasciare Palazzo Chigi vi sarebbero conseguenze gravi, anche perché, non essendovi una sfiducia costruttiva, la crisi sarebbe al buio e con una possibilità concreta di elezioni anticipate. Non osiamo pensare a cosa possa venirne fuori. Anche se dubitiamo di molti dei provvedimenti proposti quando non li avversiamo apertamente, preferiremmo avere torto noi ed il governo ragione. Se conseguisse felicemente i risultati che vanta, sarebbe il bengodi. Eppure, a meno che lo scontro all’interno del Pd non sia una sceneggiata tale da risolversi in extremis, pensare che il percorso dell’esecutivo possa continuare costretto ad appoggiarsi su gruppi di deputati fuoriusciti da altri schieramenti, non avrebbe alcuna prospettiva. Abbiamo già visto nelle passate legislature che quando si è prodotto uno scollamento interno alla coalizione di governo, il destino suo era segnato. Questo però mette in risalto un aspetto proprio del decantato sistema politico maggioritario. Per avere una stabilità di governo mancata negli anni si ritenne necessario liberarsi dei piccoli partiti. Erano questi insignificanti cespugli, che con i loro pochi voti mettevano a rischio le meravigliose sorti progressive dei governi della Repubblica. Evidentemente abbiamo vissuto un’altra storia perché non ricordiamo una crisi di governo che non partisse dai contrasti interni alla Dc e dalle scelte operate da quel partito. È accaduto infatti in diverse occasioni che il Pri lasciasse i governi ed i democristiani ed altri alleati andassero avanti. Anche quando il partito socialista, che non era un piccolo partito, aperse la crisi del governo De Mita, giocava di sponda con i nuovi equilibri interni alla democrazia cristiana. Le crisi del sistema maggioritario sono dipese dalle stesse dinamiche. Non è stata Rifondazione comunista a far cadere Prodi nel 1999, è stata la determinazione del segretario del partito di maggioranza relativa di subentrargli. La seconda crisi del governo Prodi potrà pure essere spiegata nelle aule di giustizia con la compravendita dei deputati, la nostra valutazione resta che la nascita del Pd superava la vecchia coalizione che aveva vinto le elezioni di uno 0, qualcosa. Il successivo governo Berlusconi era retto da soli due partiti ed è imploso proprio il partito unico del centrodestra, la Lega ha sostenuto l’esecutivo fino alla fine. Se il governo Renzi cadrà non è perché Berlusconi ha fatto saltare il patto del Nazareno o perché lo Ncd teme di sparire, ma semplicemente perché una parte consistente del partito di maggioranza non si riconosce nel suo leader, anzi non ne può proprio più a costo di preferire tornare all’opposizione. Non vogliamo nemmeno discutere della legge elettorale che il governo ha riscritto ignorando completamente i rilievi di costituzionalità, creando un disaccordo anche su quella. Rimanga solo a futura memoria la nostra testimonianza di un errore drammatico posto alla base del sistema, di cui ancora non si vuole prendere atto. Se c’è qualcosa da cambiare in questo paese è il pregiudizio sull’autosufficienza dei grandi partiti che si rivelano più vuoti e più miseri di quelli che pure hanno fatto, nonostante le loro proporzioni, grande questo paese che stranamente sta diventando più piccolo.


    Roma, 16 settembre 2015


    Un errore di valutazione
    Il mio stile è vecchio...come la casa di Tiziano a Pieve di Cadore...

    …bisogna uscire dall’egoismo individuale e creare una società per tutti gli italiani, e non per gli italiani più furbi, più forti o più spregiudicati. Ugo La Malfa

  10. #10
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    Predefinito Re: La nota politica


    Un paese incivile


    Quando si rimpiangono i partiti laici


    La diatriba che ha paralizzato il Parlamento sulla legge Cirinnà, è una delle pagine meno edificante della storia della Repubblica. Si tratta di diritti che dovrebbero essere garantiti senza dover assistere ad un dibattito mortificante per la civiltà giuridica di qualsiasi paese occidentale. La stessa pietra dello scandalo, le stepchild adoption, è qualcosa che il comune buon senso dovrebbe approvare immediatamente nell’interesse di bambini che rischiano di essere abbandonati. Il clamore dato al fatto che i genitori possano essere anche omosessuali è affatto privo di senso. Basta pensare ai casi di violenza che concernono l’infanzia in famiglie ritenute normali. Lo Stato deve poter vigilare in ogni caso sui minori e senza pregiudizi di sorta. Anche chi resta legato profondamente ai sentimenti della famiglia tradizionale non può chiudere gli occhi di fronte alla realtà di oggi. Il Parlamento della Repubblica ha chiuso anche le orecchie. Il partito democratico ha proposto la legge e si trova in un imbarazzo che ha dell’inquietante. Non solo perché i suoi alleati dimostrano un tasso culturale che ci fa ritornare ai tempi della Dc di Fanfani, ma perché al suo interno si respirano gli stessi miasmi di arretratezza. Che la Chiesa possa essere contrario ad una simile legge, si comprende facilmente, che lo sia un partito della Repubblica, è disarmante. La situazione è divenuta talmente grave che giornali da sempre sostenitori del sistema maggioritario, si sono messi a lamentare l’assenza dei laici. Quelli che fino a ieri erano dai loro editorialisti definiti "cespugli" e "partitini" destabilizzanti, vengono rimpianti. Al tempo di Fanfani, in effetti, i partiti laici, liberali, radicali repubblicani, sommavano almeno un 7, 8 per cento dell’elettorato ed erano in grado di giocare una grande parte per spingere avanti sul piano del diritto un paese ancora arretrato come era stata l’Italia clerico fascista e monarchica fino al 1948. Quell’esperienza dispersa, sarebbe ancora utile alla luce di quanto sta avvenendo oggi. Il partito democratico invece vorrebbe addirittura irrobustire il maggioritario, restringendo ulteriormente gli spazi di agibilità politica. In caso di difficoltà potrà sempre confidare sull'appoggio dei 5 stelle che stanno dando grande dimostrazione della loro modernità: più o meno il tardo medioevo.


    Roma, 17 febbraio 2016


    http://www.partitorepubblicanoitalia...2016/PAESE.HTM
    Il mio stile è vecchio...come la casa di Tiziano a Pieve di Cadore...

    …bisogna uscire dall’egoismo individuale e creare una società per tutti gli italiani, e non per gli italiani più furbi, più forti o più spregiudicati. Ugo La Malfa

 

 
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