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  1. #11
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    Predefinito Re: Nietzsche, nietzschismi e varie interpretazioni

    Citazione Originariamente Scritto da Troll Visualizza Messaggio
    i passi sopracitati erano da "Al di là del bene e del male"

    "Jede Erhöhung des Typus »Mensch« war bisher das Werk einer aristokratischen Gesellschaft - und so wird es immer wieder sein: als einer Gesellschaft, welche an eine lange Leiter der Rangordnung und Wertverschiedenheit von Mensch und Mensch glaubt und Sklaverei in irgendeinem Sinne nötig hat. Ohne das Pathos der Distanz, wie es aus dem eingefleischten Unterschied der Stände, aus dem beständigen Ausblick und Herabblick der herrschenden Kaste auf Untertänige und Werkzeuge und aus ihrer ebenso beständigen Übung im Gehorchen und Befehlen, Nieder - und Fernhalten erwächst, könnte auch jenes andre geheimnisvollere Pathos gar nicht erwachsen, jenes Verlangen nach immer neuer Distanz-Erweiterung innerhalb der Seele selbst, die Herausbildung immer höherer, seltenerer, fernerer, weitgespannterer, umfänglicherer Zustände, kurz eben die Erhöhung des Typus »Mensch«, die fortgesetzte »Selbst-Überwindung des Menschen«, um eine moralische Formel in einem übermoralischen Sinne zu nehmen." (paragrafo 257)

    "Das Wesentliche an einer guten und gesunden Aristokratie ist aber, daß sie sich nicht als Funktion (sei es des Königtums, sei es des Gemeinwesens), sondern als dessen Sinn und höchste Rechtfertigung fühlt - daß sie deshalb mit gutem Gewissen das Opfer einer Unzahl Menschen hinnimmt, welche um ihretwillen zu unvollständigen Menschen, zu Sklaven, zu Werkzeugen herabgedrückt und vermindert werden müssen." (paragrafo 258)

    ovviamente sono solo due esempi fra le centinaia, ne "L'Anticristo" dopo aver teorizzato l'ordine delle caste se la prende con socialisti e anarchici colpevoli di incitare gli sfruttati alla rivolta sociale: "Chi odio maggiormente tra la plebaglia dei nostri giorni? La gentaglia socialista, gli apostoli dei Ciandala che nell'operaio corrodono l'istinto, il piacere, il sentimento di gratificazione per il suo piccolo essere, che lo rendono invidioso, che gli insegnano la vendetta... L'ingiustizia non si trova mai nella disuguaglianza dei diritti, ma nella pretesa di diritti uguali... Che cosa è cattivo"? In verità ho già risposto a questa domanda: tutto ciò che è figlio della debolezza, dell'invidia, della vendetta. L'anarchico e il cristiano hanno un'origine comune..." ("Wen hasse ich unter dem Gesindel von Heute am besten? Das Socialisten-Gesindel, die Tschandala-Apostel, die den Instinkt, die Lust, das Genügsamkeits-Gefühl des Arbeiters mit seinem kleinen Sein untergraben, - die ihn neidisch machen, die ihn Rache lehren ... Das Unrecht liegt niemals in ungleichen Rechten, es liegt im Anspruch auf "gleiche" Rechte ... Was ist schlecht? Aber ich sagte es schon: Alles, was aus Schwäche, aus Neid, aus Rache stammt. - Der Anarchist und der Christ sind Einer Herkunft ...")

    del resto non è chiaro cosa ti stupisca, la possibilità dell'otium creativo (a maggior ragione se insisti come fai tu sul lato edonistico; ma se vuoi dedicarti ai piaceri occorre che qualche instrumentum vocale provveda al tuo sostentamento e ai tuoi bisogni) presuppone lo sfruttamento di altri esseri condannati alle fatiche del lavoro e delle incombenze grossolane; poi certo gli sfruttati strilleranno il loro risentimento e condanneranno come "malvagio" ciò che li contraria, nel caso in cui l'infezione del socialismo e dell'anarchismo li avesse contagiati
    l'otium e i piaceri non presuppongono necessariamente la sofferenza altrui. essa è posta in essere nell'etica del lavoro (che richiede necessariamente una virtù e un'obbedienza).
    "Sono contro tutti i sistemi, il più accettabile è quello di non averne nessuno"
    Tristan Tzara

    Je m'exalte, je degresse encore... Je vous ai reperdu mon histoire... Non! Non!
    (L.F. Céline, Maudits soupirs pour une autre fois)

  2. #12
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    Predefinito Re: Nietzsche, nietzschismi e varie interpretazioni

    Citazione Originariamente Scritto da Artaud Visualizza Messaggio
    l'otium e i piaceri non presuppongono necessariamente la sofferenza altrui. essa è posta in essere nell'etica del lavoro (che richiede necessariamente una virtù e un'obbedienza).
    per poterti dedicare alla contemplazione e alla creazione artistica occorre che le incombenze materiali siano lasciate agli animali da fatica

    "Una civiltà superiore può sorgere solo là dove ci sono due distinte caste della società: quella di coloro che lavorano [Arbeitenden] e quella di coloro che oziano [Müssigen]" (Umano troppo umano", § 439)

  3. #13
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    Predefinito Re: Nietzsche, nietzschismi e varie interpretazioni

    Citazione Originariamente Scritto da Troll Visualizza Messaggio
    per poterti dedicare alla contemplazione e alla creazione artistica occorre che le incombenze materiali siano lasciate agli animali da fatica

    "Una civiltà superiore può sorgere solo là dove ci sono due distinte caste della società: quella di coloro che lavorano [Arbeitenden] e quella di coloro che oziano [Müssigen]" (Umano troppo umano", § 439)
    Nietzsche è milionarmente interpretabile. dipende chi traduce le sue opere. nel nietzsche di deleuze e di onfray non c'è né schiavitu' né sofferenza.
    Ultima modifica di Lèon Kochnitzky; 24-07-14 alle 15:57
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  4. #14
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    Predefinito Re: Nietzsche, nietzschismi e varie interpretazioni

    Citazione Originariamente Scritto da John Rochester Visualizza Messaggio
    Nietzsche è milionarmente interpretabile. dipende chi traduce le sue opere. nel nietzsche di deleuze e di onfray non c'è né schiavitu' né sofferenza.
    non è che "traducono diversamente" (non si può, non si riesce, i richiami allo sfruttamento come presupposto dell'otium sono troppo frequenti e insistiti ed è chiaro anche a un bambino che per essere esentati dalle fatiche occorre che se ne facciano carico altri esseri), ne danno la loro personale e arbitraria interpretazione; ma d'altra parte "cosa volesse Nietzsche" e "quali fossero i gusti di Nietzsche" è veramente un problema insignificante, a meno di volersi appellare a Nietzsche come ad un'ennesima autorità morale; proprio in virtù della demolizione nietzschiana delle istanze prescrittive sappiamo che quand'anche Nietzsche disapprovasse la logica della forza e del dominio (cosa che non fa, ma non è importante) questa disapprovazione resterebbe l'ennesima esortazione priva di intrinseco valore vincolante, ogni valore essendo rimandato a una corrispondente volontà (di potenza o anche non di potenza, ma una volontà impotente non è esattamente nella condizione di affermarsi anziché di subire)
    Ultima modifica di Troll; 24-07-14 alle 16:10

  5. #15
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    Predefinito Re: Nietzsche, nietzschismi e varie interpretazioni

    Citazione Originariamente Scritto da Troll Visualizza Messaggio
    non è che "traducono diversamente" (non si può, non si riesce, i richiami allo sfruttamento come presupposto dell'otium sono troppo frequenti e insistiti ed è chiaro anche a un bambino che per essere esentati dalle fatiche occorre che se ne facciano carico altri esseri), ne danno la loro personale e arbitraria interpretazione; ma d'altra parte "cosa volesse Nietzsche" e "quali fossero i gusti di Nietzsche" è veramente un problema insignificante, a meno di volersi appellare a Nietzsche come ad un'ennesima autorità morale; proprio in virtù della demolizione nietzschiana delle istanze prescrittive sappiamo che quand'anche Nietzsche disapprovasse la logica della forza e del dominio (cosa che non fa, ma non è importante) questa disapprovazione resterebbe l'ennesima esortazione priva di intrinseco valore vincolante, ogni valore essendo rimandato a una corrispondente volontà (di potenza o anche non di potenza, ma una volontà impotente non è esattamente nella condizione di affermarsi anziché di subire)
    Ma se Nietzsche decostruisce le sovrastrutture e gli inganni su cui fonda la civiltà da secoli (per lo meno dall'avvento del cristianesimo) - tra cui lo stato - come potrebbe legittimare il dominio e la schiavitù? al limite demolisce il concetto di compassione (e in ecce homo c'è un passo dove deride coloro che si preoccupano della liberazione degli schiavi nel terzo mondo), ma non lo fa al fine di simpatizzare per i dominatori, ma è per affrancarsi dalle illusioni degli altruisti per professione, come i monoteisti.
    Ultima modifica di Lèon Kochnitzky; 24-07-14 alle 18:14
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  6. #16
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    Predefinito Re: Nietzsche, nietzschismi e varie interpretazioni

    Citazione Originariamente Scritto da John Rochester Visualizza Messaggio
    Ma se Nietzsche decostruisce le sovrastrutture e gli inganni su cui fonda la civiltà da secoli (per lo meno dall'avvento del cristianesimo) - tra cui lo stato - come potrebbe legittimare il dominio e la schiavitù? al limite demolisce il concetto di compassione (e in ecce homo c'è un passo dove deride coloro che si preoccupano della liberazione degli schiavi nel terzo mondo), ma non lo fa al fine di simpatizzare per i dominatori, ma è per affrancarsi dalle illusioni degli altruisti per professione, come i monoteisti.
    l'autointerpretazione di Ecce Homo è veramente il meno, ci sono gli altri grandi testi

    "Trattenerci reciprocamente dall'offesa, dalla violenza, dallo sfruttamento, stabilire un'eguaglianza tra la propria volontà e quella dell'altro: tutto questo può, in un certo qual senso grossolano, divenire una buona costumanza tra individui, ove ne siano date le condizioni (vale a dire la loro effettiva somiglianza in quantità di forza e in misure di valore, nonché la loro mutua interdipendenza all'interno di "un unico" corpo). Ma appena questo principio volesse guadagnare ulteriormente terreno, addirittura, se possibile, come "principio basilare della società", si mostrerebbe immediatamente per quello che è: una volontà di "negazione" della vita, un principio di dissoluzione e di decadenza. Su questo punto occorre rivolgere radicalmente il pensiero al fondamento e guardarsi da ogni debolezza sentimentale: la vita è "essenzialmente" appropriazione, offesa, sopraffazione di tutto quanto è estraneo e più debole, oppressione, durezza, imposizione di forme proprie, un incorporare o per lo meno, nel più temperato dei casi, uno sfruttare - ma a che scopo si dovrebbe sempre usare proprio queste parole, sulle quali da tempo immemorabile si è impressa un'intenzione denigratoria? Anche quel corpo all'interno del quale, come è stato precedentemente ammesso, i singoli si trattano da eguali - ciò accade in ogni sana aristocrazia - deve anch'esso, ove sia un corpo vivo e non moribondo, fare verso gli altri corpi tutto ciò da cui vicendevolmente si astengono gli individui in esso compresi: dovrà essere la volontà di potenza in carne e ossa, sarà volontà di crescere, di estendersi, di attirare a sé, di acquistare preponderanza - non trovando in una qualche moralità o immoralità il suo punto di partenza, ma per il fatto stesso che esso "vive", e perché vita "è" precisamente volontà di potenza. In nessun punto, tuttavia, la coscienza comune degli Europei è più riluttante all'ammaestramento di quanto lo sia a questo proposito; oggi si vaneggia in ogni dove, perfino sotto scientifici travestimenti, di condizioni di là da venire della società, da cui dovrà scomparire il suo «carattere di sfruttamento» - ciò suona alle mie orecchie come se si promettesse di inventare una vita che si astenesse da ogni funzione organica. Lo «sfruttamento» non compete a una società guasta oppure imperfetta e primitiva: esso concerne l'"essenza" del vivente, in quanto fondamentale funzione organica, è una conseguenza di quella caratteristica volontà di potenza, che è appunto la volontà della vita. - Ammesso che questa, come teoria, sia una novità - come realtà è il "fatto originario" di tutta la storia: si sia fino a questo punto sinceri verso se stessi!"

    "Sich gegenseitig der Verletzung, der Gewalt, der Ausbeutung enthalten, seinen Willen dem des andern gleichsetzen: dies kann in einem gewissen groben Sinne zwischen Individuen zur guten Sitte werden, wenn die Bedingungen dazu gegeben sind (nämlich deren tatsächliche Ähnlichkeit in Kraftmengen und Wertmaßen und ihre Zusammengehörigkeit innerhalb eines Körpers). Sobald man aber dies Prinzip weiter nehmen wollte und womöglich gar als Grundprinzip der Gesellschaft, so würde es sich sofort erweisen als das, was es ist: als Wille zur Verneinung des Lebens, als Auflösungs- und Verfalls-Prinzip. Hier muß man gründlich auf den Grund denken und sich aller empfindsamen Schwächlichkeit erwehren: Leben selbst ist wesentlich Aneignung, Verletzung, Überwältigung des Fremden und Schwächeren, Unterdrückung, Härte, Aufzwängung eigner Formen, Einverleibung und mindestens, mildestens, Ausbeutung - aber wozu sollte man immer gerade solche Worte gebrauchen, denen von alters her eine verleumderische Absicht eingeprägt ist? Auch jener Körper, innerhalb dessen, wie vorher angenommen wurde, die einzelnen sich als gleich behandeln - es geschieht in jeder gesunden Aristokratie -, muß selber, falls er ein lebendiger und nicht ein absterbender Körper ist, alles das gegen andre Körper tun, wessen sich die einzelnen in ihm gegeneinander enthalten: er wird der leibhafte Wille zur Macht sein müssen, er wird wachsen, um sich greifen, an sich ziehn, Übergewicht gewinnen wollen - nicht aus irgendeiner Moralität oder Immoralität heraus, sondern weil er lebt, und weil Leben
    eben Wille zur Macht ist. In keinem Punkte ist aber das gemeine Bewußtsein der Europäer widerwilliger gegen Belehrung als hier; man schwärmt jetzt überall,
    unter wissenschaftlichen Verkleidungen sogar, von kommenden Zuständen der Gesellschaft, denen »der ausbeuterische Charakter« abgehn soll - das klingt in meinen Ohren, als ob man ein Leben zu erfinden verspräche, welches sich aller organischen Funktionen enthielte. Die »Ausbeutung« gehört nicht einer verderbten oder unvollkommnen und primitiven Gesellschaft an: sie gehört ins Wesen des Lebendigen, als organische Grundfunktion, sie ist eine Folge des eigentlichen Willens zur Macht, der eben der Wille des Lebens ist. -Gesetzt, dies ist als Theorie eine Neuerung - als Realität ist es das Ur-Faktum aller Geschichte: man sei doch so weit gegen sich ehrlich!"

    (Al di là del bene e del male, § 259)

    ad ogni modo se per assurdo gli fossero stati antipatici la schiavitù e il dominio nondimeno gli sarebbero mancati gli strumenti per condannarli, avendo demistificato le morali partorite dalla rabbia frustrata degli oppressi
    Ultima modifica di Troll; 31-07-14 alle 16:18

  7. #17
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    Predefinito Re: Nietzsche, nietzschismi e varie interpretazioni

    ha demistificato la morale degli uomini di risentimento non relativa alla frustrazione degli oppressi. Dici che Ecce Homo è il meno, ed invece è ritenuta da molti una delle opere più complete e importanti di N. perchè per primo annuncia profeticamente che verranno fraintese le sue opere.
    Per Nietzsche il massimo del peggio cui possa aspirare un uomo è il risentimento verso la vita, che impedirebbe di crearsi lo spazio utile ad edificarsi come oltreuomo.
    Ultima modifica di Lèon Kochnitzky; 31-07-14 alle 16:22
    "Sono contro tutti i sistemi, il più accettabile è quello di non averne nessuno"
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  8. #18
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    Predefinito Re: Nietzsche, nietzschismi e varie interpretazioni

    "Ma torniamo indietro: il problema dell'altra origine del «buono», del buono visto dall'uomo del "ressentiment", deve essere risolto - Che gli agnelli non amino i grandi uccelli predatori non sorprende nessuno: ma non autorizza certo a rimproverare i grandi predatori per il fatto di cacciare gli agnellini. E se gli agnelli dicono tra loro: «Questi predatori sono malvagi; e chi è rapace il meno possibile, anzi chi è addirittura l'opposto, un agnello cioè, non dovrebbe essere buono?», non possiamo certo biasimare questo criterio di edificazione di un ideale, anche se i predatori stessi considereranno la cosa con un certo scherno e si diranno probabilmente: «"Noi" non li odiamo affatto, questi buoni agnelli, anzi li amiamo, niente è più squisito di un tenero agnello». - Pretendere dalla forza che essa "non" si manifesti come forza, che essa "non" sia volontà di sopraffazione, volontà di oppressione, di potere, che essa non sia sete di nemici e di resistenze e di trionfi, è tanto assurdo come il pretendere dalla debolezza che essa si manifesti come forza. Un "quantum" di forza è un preciso "quantum" di istinto, di volontà, di azione - anzi non è altro che questo istinto, questa volontà questa azione stessa, e solo la seduzione del linguaggio (e degli errori fondamentali, in essa pietrificati, della ragione) che intende e fraintende ogni agire come condizionato da un agente, da un «soggetto», può far apparire la cosa sotto una luce diversa. Così come infatti il popolo separa il fulmine dal suo baleno e considera quest'ultimo come un "fare", come l'azione di un soggetto che si chiama fulmine, così la morale popolare separa la forza dalle manifestazioni della forza, come se al di là del forte esistesse un sostrato indifferente, il quale sarebbe "libero" di manifestare o no la forza. Ma un tale sostrato non esiste, non esiste nessun «essere» dietro il fare, l'agire, il divenire: «colui che fa» è solo un accessorio inventato dal fare - il fare è tutto. Il popolo, in fondo, raddoppia il fare; quando fa balenare il lampo, si tratta di un far fare: l'avvenimento viene posto prima come causa e poi, la seconda volta, come effetto di questa. I naturalisti non si comportano diversamente, dicendo: «La forza muove, la forza produce» e via di seguito - tutta la nostra scienza, malgrado tutta la sua freddezza o la sua liberazione dal sentimento, soggiace ancora alla seduzione del linguaggio e non si è liberata dei falsi bastardi, dei «soggetti» (l'atomo, per esempio, è uno di questi bastardelli, così come la «cosa in sé» kantiana): nessuna meraviglia quindi se i sentimenti repressi di vendetta e di odio, ancora ardenti sebbene nascosti, sfruttino questa fede ai propri fini, e, in fondo, non tengano viva più profondamente altra fede se non quella nella "libertà di scelta del forte" di farsi debole, e dell'uccello rapace di farsi agnello - col che si conquistano il diritto di "imputare" all'uccello da preda il fatto di essere appunto un uccello da preda... Se, in preda all'astuzia assetata di vendetta, gli oppressi, gli offesi, gli afflitti, si dicono: «Fateci essere diversi dai malvagi, cioè buoni! e buono è colui il quale non violenta, non ferisce nessuno, non attacca, non fa rappresaglie, rimette la vendetta a Dio che, come noi, si tiene nascosto, che evita ogni male, e inoltre non esige molto dalla vita, simile a noi pazienti, umili, giusti», questo non significa, se lo si considera freddamente e senza prevenzioni, altro che: «Ecco, noi deboli siamo proprio deboli: è bene che non si faccia nulla "per cui non si possegga forza bastante"»; ma questa cruda realtà, questa accortezza di infimo rango, che anche gli insetti hanno (e infatti fingono di essere morti, in caso di grave pericolo, per non dover fare niente di «troppo») grazie all'arte falsaria e alla capacità di rinnegare se stessi propria dell'impotenza, si è rivestita degli abiti sontuosi della virtù che rinuncia, è muta, attende, come se anche la debolezza del debole, cioè la sua "essenza", il suo agire, tutta la sua unica, inevitabile, non redimibile realtà, fosse una prestazione volontaria, qualcosa di voluto, di scelto, un'"azione", un "merito". Per questa specie di uomini credere in un soggetto «indifferente», libero di scegliere è una "necessità", derivata dall'istinto di conservazione, di autoaffermazione, in cui ogni menzogna è solita santificarsi. Il soggetto (ovvero, per dirla più popolarmente, l'anima") è stato forse sino ad oggi sulla terra il miglior articolo di fede, perché ha permesso alla maggioranza dei mortali, dei deboli, degli oppressi di ogni tipo, quella sublime mistificazione di sé che interpreta anche la debolezza come libertà, il suo essere-così-e-così come "merito"."

    "Doch kommen wir zurück: das Problem vom andren Ursprung des »Guten«, vom Guten, wie ihn der Mensch des Ressentiment sich ausgedacht hat, verlangt nach seinem Abschluß. - Daß die Lämmer den großen Raubvogel gram sind, das befremdet nicht: nur liegt darin kein Grund, es den großen Raubvogel zu verargen, daß sie sich kleine Lämmer holen. Und wenn die Lämmer unter sich sagen »diese Raubvogel sind böse; und wer so wenig als möglich ein Raubvogel ist, vielmehr deren Gegenstück, ein Lamm - sollte der nicht gut sein?« so ist an dieser Aufrichtung eines Ideals nichts auszusetzen, sei es auch, daß die Raubvogel dazu ein wenig spöttisch blicken werden und vielleicht sich sagen: »wir sind ihnen gar nicht gram, diesen guten Lämmern, wir lieben sie sogar: nichts ist schmackhafter als ein zartes Lamm.« - Von der Stärke verlangen, daß sie sich nicht als Stärke äußere, daß sie nicht ein Überwältigen-Wollen, ein Niederwerfen- Wollen, ein Herrwerden-Wollen, ein Durst nach Feinden und Widerständen und Triumphen sei, ist gerade so widersinnig als von der Schwäche verlangen, daß sie sich als Stärke äußere. Ein Quantum Kraft ist ein ebensolches Quantum Trieb, Wille, Wirken - vielmehr, es ist gar nichts anderes als ebendieses Treiben, Wollen, Wirken selbst, und nur unter der Verführung der Sprache (und der in ihr versteinerten Grundirrtümer der Vernunft), welche alles Wirken als bedingt durch ein Wirkendes, durch ein »Subjekt« versteht und mißversteht, kann es anders erscheinen. Ebenso nämlich, wie das Volk den Blitz von seinem Leuchten trennt und letzteres als Tun, als Wirkung eines Subjekts nimmt, das Blitz heißt, so trennt die Volks-Moral auch die Stärke von den Äußerungen der Stärke ab, wie als ob es hinter dem Starken ein indifferentes Substrat gäbe, dem es freistünde, Stärke zu äußern oder auch nicht. Aber es gibt kein solches Substrat; es gibt kein »Sein« hinter dem Tun, Wirken, Werden; »der Täter« ist zum Tun bloß hinzugedichtet - das Tun ist alles. Das Volk verdoppelt im Grunde das Tun, wenn es den Blitz leuchten läßt, das ist ein Tun-Tun: es setzt dasselbe Geschehen einmal als Ursache und dann noch einmal als deren Wirkung. Die Naturforscher machen es nicht besser, wenn sie sagen »die Kraft bewegt, die Kraft verursacht« und dergleichen - unsre ganze Wissenschaft steht noch, trotz aller ihrer Kühle, ihrer Freiheit vom Affekt, unter der Verführung der Sprache und ist die untergeschobnen Wechselbälge, die »Subjekte« nicht losgeworden (das Atom ist zum Beispiel ein solcher Wechselbalg, insgleichen das Kantische »Ding an sich«): was Wunder, wenn die zurückgetretenen, versteckt glimmenden Affekte Rache und Haß diesen Glauben für sich ausnützen und im Grunde sogar keinen Glauben inbrünstiger aufrechterhalten als den, es stehe dem Starken frei, schwach, und dem Raubvogel, Lamm zu sein - damit gewinnen sie ja bei sich das Recht, dem Raubvogel es zuzurechnen, Raubvogel zu sein... Wenn die Unterdrückten, Niedergetretenen, Vergewaltigten aus der rachsüchtigen List der Ohnmacht heraus sich zureden: »laßt uns anders sein als die Bösen, nämlich gut! Und gut ist jeder, der nicht vergewaltigt, der niemanden verletzt, der nicht angreift, der nicht vergilt, der die Rache Gott übergibt, der sich wie wir im Verborgnen hält, der allem Bösen aus dem Wege geht und wenig überhaupt vom Leben verlangt, gleich uns, den Geduldigen, Demütigen, Gerechten « - so heißt das, kalt und ohne Voreingenommenheit angehört, eigentlich nichts weiter als: »wir Schwachen sind nun einmal schwach; es ist gut, wenn wir nichts tun, wozu wir nicht stark genug sind«; aber dieser herbe Tatbestand, diese Klugheit niedrigsten Ranges, welche selbst Insekten haben (die sich wohl totstellen, um nicht »zu viel« zu tun, bei großer Gefahr), hat sich dank jener Falschmünzerei und Selbstverlogenheit der Ohnmacht in den Prunk der entsagenden stillen abwartenden Tugend gekleidet, gleich als ob die Schwäche des Schwachen selbst - das heißt doch sein Wesen, sein Wirken, seine ganze einzige unvermeidliche, unablösbare Wirklichkeit - eine freiwillige Leistung, etwas Gewolltes, Gewähltes, eine Tat, ein Verdienst sei. Diese Art Mensch hat den Glauben an das indifferente wahlfreie »Subjekt« nötig aus einem Instinkte der Selbsterhaltung, Selbstbejahung heraus, in dem jede Lüge sich zu heiligen pflegt. Das Subjekt (oder, daß wir populärer reden, die Seele) ist vielleicht deshalb bis jetzt auf Erden der beste Glaubenssatz gewesen, weil er der Überzahl der Sterblichen, den Schwachen und Niedergedrückten jeder Art, jene sublime Selbstbetrügerei ermöglichte, die schwäche selbst als Freiheit, ihr So- und So-sein als Verdienst auszulegen."

    (Genealogia della morale, § 13)

  9. #19
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    ha demistificato la morale degli uomini di risentimento non relativa alla frustrazione degli oppressi. Dici che Ecce Homo è il meno, ed invece è ritenuta da molti una delle opere più complete e importanti di N. perchè per primo annuncia profeticamente che verranno fraintese le sue opere.
    Per Nietzsche il massimo del peggio cui possa aspirare un uomo è il risentimento verso la vita, che impedirebbe di crearsi lo spazio utile ad edificarsi come oltreuomo.
    Ecce Homo è il meno nel senso che le espressioni più violente di demistificazione della morale che condanna lo sfruttamento e la sopraffazione (morale con cui i deboli e gli sfruttati aspirano nel proprio interesse a legare le mani ai forti) sono ammassate negli altri principali testi anche senza aspettare le espressioni di disprezzo formulate in Ecce Homo nei confronti della "virtù della compassione" spacciata per virtù da chi trarrebbe vantaggio a che gli animali da preda si tramutino in compassionevoli
    Ultima modifica di Troll; 31-07-14 alle 16:38

  10. #20
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    Predefinito Re: Nietzsche, nietzschismi e varie interpretazioni

    Citazione Originariamente Scritto da John Rochester Visualizza Messaggio
    ha demistificato la morale degli uomini di risentimento non relativa alla frustrazione degli oppressi.
    "Chi odio maggiormente tra la plebaglia dei nostri giorni? La gentaglia socialista, gli apostoli dei Ciandala che nell'operaio corrodono l'istinto, il piacere, il sentimento di gratificazione per il suo piccolo essere, che lo rendono invidioso, che gli insegnano la vendetta... L'ingiustizia non si trova mai nella disuguaglianza dei diritti, ma nella pretesa di diritti uguali... Che cosa è cattivo"? In verità ho già risposto a questa domanda: tutto ciò che è figlio della debolezza, dell'invidia, della vendetta. L'anarchico e il cristiano hanno un'origine comune..." (L'Anticristo)

    "Ma che il suo ritmo [del movimento democratico] sia ancor troppo lento e indolente per gli impazienti, i malati e i morbosamente smaniosi, lo attesta il tumulto ognor più furibondo dell'anarchica canea, digrignante i denti in guisa sempre più manifesta, che va girando per le strade della cultura europea: in apparente antitesi coi democratici e cogli ideologi rivoluzionari pacificamente operosi e ancor più coi melensi filosofastri e zelatori della fratellanza, i quali si dicono socialisti e vogliono la «libera società», ma in verità unanimi con tutti costoro nella radicale e istintiva inimicizia contro ogni altra forma sociale che non sia quella della mandria "autonoma" (arrivando persino al rifiuto del concetto di «padrone» e «servo» - "ni dieu ni maître", dice una formola socialista); unanimi nella tenace opposizione a ogni pretesa particolare, a ogni particolare diritto e privilegio (la qual cosa, in definitiva, significa opposizione ad "ogni" diritto: giacché se tutti sono uguali, nessuno ha più bisogno di «diritti»); unanimi nel diffidare della giustizia punitiva (come se essa rappresentasse una violenza esercitata su chi è più debole, un torto arrecato alla "necessaria" conseguenza di tutte le società anteriori); ed egualmente unanimi nella religione della compassione, nel simpatizzare interiormente con tutto quanto è sentito, vissuto, sofferto (scendendo in basso fino al livello della bestia, o innalzandosi a «Dio» - l'aberrazione di una «compassione verso Dio» appartiene a un'epoca democratica); tutti quanti unanimi nel grido e nell'impazienza della compassione, nell'odio mortale contro il dolore in generale, nella quasi femminea incapacità di poter restare a guardare, di poter "lasciare" che si soffra; unanimi nel forzato offuscamento e infrollimento, alla mercé del quale l'Europa sembra minacciata da un nuovo buddhismo; unanimi nella fede in una morale della pietà "comunitaria", come se questa fosse la morale in sé, la vetta ormai "raggiunta" dagli uomini, l'unica speranza dell'avvenire, il conforto del presente, il grande riscatto di tutte le colpe del passato; tutti quanti unanimi nella fede verso la comunità quale "redentrice", dunque, verso l'armento in «sé»..." (Al di là del bene e del male, § 202)
    Ultima modifica di Troll; 31-07-14 alle 16:44

 

 
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