Dagli addosso al " compagno " Napolitano . Così i sinistrati accoglieranno la "dovuta" firma del Capo sello Stato che responsabilmente firmerà il decreto , mandando a cagher i nipotini "riottosi"



Le osservazioni di Napolitano: «Valutare aspetti giuridici-istituzionali»

Manovra, sì alle correzioni
Il Quirinale pronto alla firma

Tensione nel Pdl sulla stangata agli enti. Bondi: «Io, esautorato». Attacco dei finiani: grave se non sapeva

MILANO - È pervenuto domenica sera al Quirinale il testo definitivo del decreto cosiddetto anticrisi trasmesso dal governo dopo l'esame dei rilievi e delle sollecitazioni formulate dal presidente della Repubblica. Il capo dello stato, nel prendere atto degli intendimenti manifestati di dare seguito alle indicazioni da lui prospettate, dopo una rapida verifica del testo provvederà nella mattinata di lunedì alla emanazione del provvedimento. In precedenza il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva espresso alcune osservazioni al Governo sul decreto che contiene la manovra economica e che era stato sottoposto sabato alla sua attenzione. Su questo poi sono cominciati chiarimenti e approfondimenti col Governo. I tecnici dell'esecutivo per tutta la giornata di sabato si sono messi al lavoro nel quadro di un dialogo sereno e normale tra istituzioni. I contatti con il Quirinale sobo stati tenuti dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta. L'obiettivo del governo era che il capo dello Stato potesse essere messo nelle condizioni di fare le sue valutazioni sul testo ai fini di una firma in tempi rapidi del decreto, con la sua pubblicazione in gazzetta ufficiale possibilmente sempre entro lunedì. Il capo dello Stato aveva avanzato e rimesso alla valutazione dell’esecutivo una serie di osservazioni su delimitati aspetti di sostenibilità giuridica ed istituzionale del provvedimento. Tutto ciò fermo restando che l’esecutivo aveva ed ha l'esclusiva responsabilità degli indirizzi e del merito delle scelte di politica finanziaria, sociale ed economica. Alcuni media domenica mattina hanno ipotizzato che il presidente della Repubblica avesse chiesto al governo di stralciare dal decreto quegli aspetti della manovra da circa 25 miliardi che non abbiano effetti immediati di cassa, per riassemblarli in uno o più disegni di legge.

Il Ministro per i Beni e le Attività Culturali Sandro Bondi (Ansa)
Il Ministro per i Beni e le Attività Culturali Sandro Bondi (Ansa)
BONDI - Anche se il decreto legge sulla manovra è in dirittura d'arrivo non mancano le critiche al provvedimento. Ad incominciare dalla maggioranza che quello stesso provvedimento sarà presto chiamata ad approvare in Parlamento. «Avrei voluto che la decisione sugli enti a carattere culturale fosse stata presa insieme, il Ministero dei beni culturali non doveva essere esautorato» sottolinea il ministro della Cultura Sandro Bondi. «Io sono in totale sintonia con Tremonti sulle motivazioni che muovono la manovra, per le difficoltà in cui si muove il paese e la necessità di tagli coraggiosi. Molti degli enti che figurano in quell'elenco - aggiunge Bondi - vanno soppressi, ma alcuni come il Centro sperimentale di cinematografia, la Triennale di Milano, il Vittoriale, non possono in nessun modo essere considerati lussi». Quanto al fatto che il ministero sarebbe stato tenuto fuori dalla scelta, Bondi aggiunge: «Avrei voluto decidere insieme: il ministero non doveva essere esautorato. Ora mi metterò al lavoro con i miei collaboratori per capire quali di quegli enti sono eccellenze e quali sono inutili. Ma la scelta va fatta insieme».

BERSANI - Sul caso del ministro della Cultura è intervenuto il segretario del Pd Pier Luigi Bersani: «Se Bondi non ha visto un dispositivo lungo tre pagine che distrugge metà delle istituzioni e delle fondazioni della cultura italiana, si può sapere che cosa ha approvato il Consiglio dei Ministri? Se l'approvazione è avvenuta "salvo intese" Bondi si è dunque inteso con Tremonti? E se non è così, lo ripeto, che cosa ha mai approvato il Consiglio dei Ministri? Siamo evidentemente fuori da ogni regola, oltre che da ogni logica. Con tutta evidenza abbiamo un governo nel marasma».

I FINIANI - Ma il leader del Pd non è l'unico ad intervenire sul tema. «Se un esponente autorevole del Pdl e del governo come Sandro Bondi dice di non aver saputo e di non condividere i tagli alla Cultura significa che c'è qualcosa di serio che non va», ha detto Italo Bocchino esponente della corrente finiana del Pdl alla Camera e Presidente di Generazione Italia. «Da un lato - aggiunge Bocchino - è impensabile tagliare risorse al bene più prezioso del nostro Paese, risorse che si potrebbero recuperare abolendo cose inutili e non strategiche come il Pra, l'agenzia dei segretari comunali o l'Unire, dall'altro è grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza, nonchè ministro, non fosse stato avvertito e consultato. Siamo dinanzi all'ennesima prova della necessità di una maggiore collegialità nelle scelte politiche del Pdl».

ROTONDI - C'è però chi nella maggioranza punta a rasserenare gli animi ed, anzi invita anche l'opposizione ad appoggiare la manovra. «Rafforzare la ripresa, rilanciare del tutto lo sviluppo, evitare la pressione fiscale, tagliare le spese inutili: è la piattaforma su cui tutti si devono ritrovare», scrive in una nota il ministro per l'Attuazione del programma di governo, Gianfranco Rotondi. «La manovra è articolata, impone certo dei sacrifici ma non tocca il capitolo delle tasse. Anzi, guarda allo sviluppo come azione per consentire che la ripresa sia più rapida. L'opposizione non si chiuda a riccio, dia piuttosto un contributo costruttivo» conclude Rotondi.

IDV - Di tutt'altro parere alcuni degli esponenti dell'opposizione. «È una manovra "lacrime e tagli" e basta. Mancano completamente idee per il rilancio dell'economia e interventi strutturali. A pagare saranno sempre gli stessi, mentre speculatori e grandi rendite improduttive non vengono toccate. Il balletto sulla firma dimostra anche il grado di confusione di questo governo, che sempre ha negato l'esistenza stessa della crisi e ora si trova a doverla fronteggiare senza essere preparato. Se non fossero stati così irresponsabili, oggi il Paese si troverebbe in condizioni diverse » afferma il capogruppo Idv Massimo Donadi.

I CONTENUTI - Intanto si cerca di fare chiarezza sui contenuti del provvedimento. La norma che prevede la cancellazione delle province inferiori ai 220 mila abitanti non è più contenuta nel testo della manovra economica. L'articolo 5 della manovra, quello contenente le misure per le «Economia negli Organi Costituzionali, di governo e negli apparati politici» non conterebbe più - secondo quanto riportano fonti tecniche - i commi da 12 a 17 con i quali si prevede la soppressione delle mini-province. L'ipotesi più probabile è ora quella dell'inserimento della norma nel testo della Carta delle Autonomie ora in discussione alla Camera. Tra le misure modificate prima dell'invio al Colle c'è sicuramente anche la modifica del criterio di rateizzazione della Buonuscita (il Tfr) dei dipendenti pubblici in tre tranche: ora scatterebbe solo per gli importi più alti, lasciando di fatto fuori dal meccanismo «a singhiozzo» i travet ma non i dirigenti. Il complesso cammino normativo della manovra potrebbe però vedere anche altre modifiche, prima che il testo approdi sulla Gazzetta Ufficiale. In particolare potrebbero essere stralciate, perchè prive del criterio di necessità ed urgenza dei decreti, alcune norme ordinamentali. Le norme, ovviamente, rivivrebbero in altri testi, non è escluso in un disegno di legge «collegato» razionalmente con il decreto. Così, tra l'altro, non dovrebbe esserci un impatto sull'entità della manovra. Tra le norme in bilico, tra decreto e ddl, c'è ad esempio l'accorpamento degli enti previdenziali in Inps e Inail. È una norma ordinamentale ma ha un impatto economico e quindi potrebbe rimanere nel decreto. Più incerti sono invece altri articoli: quello sulla creazione di zone a «burocrazia zero», o sulla «fiscalità del Sud» - che consentirebbe di azzerare l'Irap sulle nuove imprese - così come la norma interpretativa sulla fondazioni bancarie. Non è escluso, poi, che possano prendere una strada diversa anche i «tagli» previsti per alcuni enti pubblici, per consentire al Parlamento di valutare le norme con maggior tempo e attenzione.

Redazione online
30 maggio 2010


Manovra, sì alle correzioni Il Quirinale pronto alla firma - Corriere della Sera