Heinrich Himmler rende conto del suo colloquio del 15.1.1945 con J.M. Musy a proposito degli ebrei
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Heinrich Himmler rende conto del suo colloquio
del 15 gennaio 1945 con Jean Marie Musy a proposito degli ebrei
Norvegia 1941, Heinrich Himmler ascolta una musica tradizionale norvegese. Click…
Ho incontrato lunedì, il 15.1.1945, a Wildbad il presidente Dr Jean Marie Musy. Egli mi ha chiesto, evidentemente da parte degli Americani, se si poteva trovare una soluzione della questione ebraica di grande portata. Si è offerto di parteciparvi.
Quando gli ho fatto sapere che, su incarico di Joint [American Jewish Joint Distribution Committee], un ebreo, Sally Meier [Saly Mayer] aveva incontrato in Svizzera un mandatario a mio nome, l’SS-Obersturmbannfuhrer Becher, con un Americano [di nome] McClelland, egli è rimasto molto sorpreso. Al termine di un colloquio abbastanza lungo siamo rimasti fermi sui seguenti punti:
1) Egli vuole accertare qual’è la missione di Sally Meier [Saly Mayer] e con chi esattamente il Governo americano è in rapporto. Si tratta di un ebreo, di un rabbino, o di Joint?
2) Gli ho di nuovo precisato la mia posizione. Noi assegniamo gli ebrei al lavoro e, beninteso, inclusi i lavori duri quali la costruzione di strade, di canali, gli scavi minerari e lì vi trovano una forte mortalità. Da quando sono in corso le discussioni sul miglioramento delle condizioni di vita degli ebrei, essi sono impiegati ai lavori normali, ma va da sé che devono, come ogni Tedesco, lavorare negli armamenti.
Il nostro punto di vista sulla questione ebraica è il seguente:
la presa di posizione dell’America e dell’Inghilterra verso gli ebrei non ci interessa in alcun modo. Ciò che è chiaro è che non li vogliamo avere in Germania e nell’ambito della vita tedesca in ragione dell’esperienza più che decennale dopo la [prima] guerra mondiale, e che non intavoleremo alcuna discussione su questo argomento. Se l’America li vuole prendere, ce ne rallegreremo.
Ma deve essere escluso, e su ciò una garanzia ci dovrà esser data, che gli ebrei che lasceremo uscire tramite la Svizzera non possano mai essere respinti verso la Palestina.
Noi sappiamo che gli Arabi, tanto quanto lo facciamo noi Tedeschi, rifiutano gli ebrei e noi non vogliamo prestarci ad un’indecenza quale quella di inviare dei nuovi ebrei a quel povero popolo martirizzato dagli ebrei;
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3) Economicamente adottiamo lo stesso punto di vista dell’America. Proprio come ogni immigrante negli Stati Uniti deve versare mille dollari, ogni emigrante che lascia il dominio della sovranità tedesca deve egualmente versare 1000 dollari. Il denaro, anche in divise estere, non ci interessa. Ci auguriamo che, per il denaro che sarà versato in Svizzera, derivi una consegna di merci secondo la legge della neutralità poiché il denaro in sé non ci interessa e né ci interessano peraltro i medicinali proposti come il Cibasol, che noi stessi produciamo. Ho specificato che ci interessano trattori, camion e macchine utensili.
Il presidente Musy si è rimesso subito in viaggio e voleva essere di ritorno il più presto possibile. Egli insisteva senza sosta sul fatto che la questione ebraica non era in sé che una faccenda secondaria perché la cosa essenziale era che in questo modo potesse innescarsi uno sviluppo più vasto.
18.1.1945 MF/Bn. H. Himmler
(Documento dell’US-Document-Center Berlin. Riprodotto in fotografia in Werner Maser, Nürnberg, Tribunal der Sieger, Droemer Knauer, Monaco e Zurigo, 1979, p. 262-263).
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Questa trascrizione dattiloscritta (Niederschrift) porta qualche annotazione di pugno di Heinrich Himmler e, alla fine, la sua firma manoscritta.
L’originale della frase “Noi sappiamo […] martirizzato dagli ebrei” è il seguente: “Wir wissen, dass die Araber die Juden ebenso ablehnen wie wir Deutschen es tun und geben uns zu einer solchen Unanständigkeit, diesem armem, von den Juden hinzuschicken, nicht her.”
Joachim von Ribbentrop sosteneva sull’argomento degli ebrei la stessa politica, che era quella di tutto quanto il III° Reich. Il 29 aprile 1944, Eberhard von Thadden, alto funzionario del ministero degli Affari esteri del Reich, sovente in relazione con Adolf Eichmann, ricordava che nel gennaio 1944 il Governo del Reich aveva risposto ai Britannici:
Il Governo del Reich non può prestarsi ad una manovra che tende a permettere agli ebrei di cacciare il nobile e coraggioso popolo arabo dalla sua madrepatria, la Palestina. Questi negoziati non potranno proseguire se non alla condizione che il Governo britannico si dichiari pronto ad ospitare gli ebrei in Gran Bretagna, e non in Palestina, e che esso garantisca loro che potranno stabilirvisi definitivamente.
(Documento di Norimberga NG 1794. Traduzione in La Persécution des juifs dans les pays de l’Est présentée à Nuremberg, raccolta di documenti pubblicata sotto la direzione di Henry Monneray, ex sostituto al Tribunale militare internazionale, con un’introduzione di René Cassin, Paris, Editions du Centre [di documentazione ebraica contemporanea], 1949, p. 169).
Molti altri documenti e molti altri fatti attestano che il III° Reich ambiva all’espulsione degli ebrei dell’Europa continentale e non al loro stermino.
Aggiuntivo del 13 luglio 2012
Ecco per completezza il documento integrale firmato di pugno da Heinrich Himmler:
Fonte: ROBERT FAURISSON: Heinrich Himmler rende conto del suo colloquio del 15 gennaio 1945 con Jean Marie Musy a proposito degli ebrei
http://olodogma.com/wordpress/2014/07/26/0759-heinrich-himmler-rende-conto-del-suo-colloquio-del-15-1-1945-con-j-m-musy-a-proposito-degli-ebrei/
Negare la storia?
presentazione di Michele Fabbri
Carlo Mattogno (1) si segnala come il più importante storico revisionista italiano. La sua ultima pubblicazione Negare la storia? Olocausto: la falsa “convergenza delle prove” vuole essere una risposta a un libro scritto a quattro mani da Michael Shermer e Alex Grobman, pubblicato negli Stati Uniti, e tradotto anche in italiano: Negare la storia. L’Olocausto non è mai avvenuto: chi lo dice e perché (Editori Riuniti, Roma, 2002). Il libro di Shermer e Grobman dimostra che la cultura ufficiale è sempre più spaventata dai risultati scientifici ottenuti dalla storiografia revisionista, e gli stessi autori ammettono che gli storici revisionisti sono altamente motivati e molto preparati. Essi aggiungono anche che i revisionisti sono “ben finanziati”, e questa è una menzogna che si commenta da sola, poiché chi segue questo filone storiografico sa benissimo che i libri revisionisti sono pubblicati da piccole case editrici con capacità di diffusione quasi irrilevante, senza contare che pubblicare studi revisionisti costa sempre l’emarginazione intellettuale, spesso la perdita del lavoro, e talvolta anche persecuzioni giudiziarie.
Carlo Mattogno analizza le “prove” che Shermer e Grobman adducono a sostegno della veridicità dell’Olocausto secondo un decalogo di “metodologia storiografica scientifica” che gli stessi autori considerano come fondamento di una storiografia attendibile. Partendo da questo presupposto Mattogno rileva come Shermer e Grobman contravvengano sistematicamente ai punti del loro decalogo. Le fonti sono talvolta citate in modo errato e con dati bibliografici imprecisi, spesso si tratta di documenti passati attraverso più traduzioni (in genere dal tedesco al polacco e poi all’inglese), e la loro attendibilità è minata dalle condizioni che le hanno viste nascere: un esempio su tutti è la famosa “confessione” di Rudolf Höss, il comandante di Auschwitz, che fu ottenuta con la tortura. Inoltre gli autori traducono alcune parole tedesche in modo tale da assecondare le loro tesi, estrapolandole dal contesto in cui vennero utilizzate e arrivando a fenomeni che Mattogno definisce di “superstizione della parola”. In particolare i documenti riguardanti l’evacuazione degli ebrei nei territori orientali vengono presentati come prova dello sterminio intenzionale. Sfiorano il ridicolo le pagine in cui Shermer e Grobman affermano che in effetti le vittime dei Lager sarebbero molte meno di quelle dichiarate dalla versione ufficiale, però questi “buchi” sarebbero colmati dalle fucilazioni degli Einsatzgruppen! Una parte del libro di Mattogno è poi dedicata alla famosa questione delle camere a gas, di cui la storiografia ufficiale ribadisce la finalità omicida, sebbene il funzionamento delle camere a gas a questo scopo fosse estremamente macchinoso e del tutto inadatto a esecuzioni di massa. Alcuni studi hanno mostrato come questi locali fossero verosimilmente destinati alla disinfestazione del vestiario, tuttavia la credenza popolare nelle camere a gas omicide è talmente diffusa e radicata che viene tenuta in vita anche per non deludere le folle di turisti che visitano i campi!
Il lavoro di Mattogno è una lettura irrinunciabile non solo per gli specialisti del dibattito storiografico, ma per tutti coloro che si fanno domande sul ruolo degli intellettuali nella società contemporanea. Infatti il revisionismo storico è la grande avventura culturale del futuro: ai risultati della ricerca storica sul tema dell’Olocausto sono legati gli assetti geopolitici del mondo a venire, e alla possibilità di divulgare questi risultati sono connessi i diritti individuali relativi alla libertà d’opinione. Attualmente la situazione sembra volgere al peggio: la cappa dell’intolleranza è sempre più soffocante e la lista dei martiri si allunga. Ma forse l’ora più buia è quella che annuncia l’alba: se i revisionisti riusciranno a resistere alla grande persecuzione, in futuro il loro lavoro uscirà dalle catacombe, e potrà finalmente mettere in discussione tanti aspetti della storia del XX° secolo che oggi sono cristallizzati nei rassicuranti dogmi “democratici”.
Il libro di Mattogno è dotato di una nutrita bibliografia (varrebbe la pena di acquistarlo solo per quella) nella quale spicca il libro che lo stesso Mattogno ha pubblicato nel 1996 per le Edizioni di Ar, e il cui titolo riassume efficacemente i termini della questione storiografica presa in esame: Olocausto: dilettanti allo sbaraglio.