Avanti Argentina! | Esteri | Rinascita.eu - Quotidiano di Sinistra Nazionale
Le cronache sono scatenate, gli economisti (da che pulpito!) alzano il dito ammonitore, il coro è pressoché unanime: l’Argentina è fallita, Buenos Aires è di nuovo in “default”.
La colpa, ça va sans dire, viene fatta ricadere sul governo giustizialista della presidentessa Cristina Kirchner, “reo” di aver portato il Paese verso il non-allineamento, fuori dalla sfera di influenza di Washington, vicino alla Russia e ai Brics, verso le nazionalizzazioni, la socializzazione delle aziende. Colpevole di aver traslato nella prassi politica e nell’amministrazione della cosa pubblica il binomio che da sempre ha costituito, che oggi costituisce e che per sempre costituirà il nemico mortale degli oppressori di ogni risma: quello che congiunge le istanze di giustizia sociale a quelle di sovranità nazionale.
Un governo, quello peronista di Buenos Aires, che è riuscito nell’arco di pochi anni a risollevare le sorti di un popolo e di una nazione che – fa sempre bene ricordarlo, a beneficio degli smemorati a orologeria – fino ai primi anni dello scorso decennio, nel periodo dei governi Menem e De La Rua infeudati agli Usa e alla Fed, erano sprofondati nella povertà e nella disperazione più nera (vi fu addirittura un’impennata della mortalità infantile a causa della denutrizione) e vivevano in una condizione di permanente disordine sociale e latitanza delle istituzioni.
Il “default”, quello vero, quello che portò un intero popolo alla fame e alla rivolta, fu determinato 13 anni or sono dai governanti che vendettero il patrimonio della nazione alle banche e agli speculatori internazionali. E sono le stesse banche e gli stessi speculatori che ora tentano la vendetta, attraverso la sentenza di un tribunale (statunitense, quindi con giurisdizione sull’intero pianeta) che impone a Buenos Aires il pagamento di parte di quel debito che lo stesso governo peronista aveva rinegoziato denunciandolo come illegittimo.
Dire che oggi l’Argentina sia a rischio default è – per usare le stesse parole del ministro dell’economia Axel Kicillof – una “cavolata atomica” o se preferite una “cagata pazzesca”, come avrebbe proferito un attore genovese, in quanto questa situazione di insolvenza sarebbe determinata esclusivamente dalla rivendicazione di debiti non dovuti e truffaldini nella loro stessa origine. Situazione aggravata, peraltro, dalle minacce di isolamento internazionale e di embargo economico (minacce a stelle e strisce, ovviamente…. che verosimilmente non troveranno sponda nel resto del mondo) cui l’Argentina andrebbe incontro in caso di rifiuto del riconoscimento della situazione debitoria. “Cavolata atomica” dimostrata anche dal fatto che le politiche dello Stato sudamericano (più volte pubblicamente ribadite dalle presidenza Kirchner) hanno vincolato il concetto di ricchezza nazionale all’effettiva prosperità sociale e popolare della nazione (lavoro, servizi, infrastrutture) e non alle valutazioni delle agenzie di “rating” e alle ossessioni di inflazione e pareggio di bilancio.
Qualche costruttiva critica, tuttavia, può essere rivolta anche a Buenos Aires: quello ad esempio affinché portino definitivamente a termine il processo di riconquista della sovranità nazionale attraverso l’abbandono di questa fase “keynesiana” limitata al pur encomiabile controllo pubblico sull’economia e al “controllo” statale della banca centrale e dell’emissione monetaria, per assurgere finalmente al principio giuridico di proprietà popolare della moneta nazionale, affermazione di forza che affrancherebbe definitivamente il governo del Paese e la Nazione stessa dalle mire predatorie degli speculatori bancari internazionali.
Certo, occorre una ferrea volontà politica per compiere simili passi; ma confidiamo che Cristina Fernández de Kirchner possa essere persona determinata e adatta a questo scopo. Il popolo è con lei e non crede più alle sirene incantatrici della propaganda occidentale che vorrebbe imporgli un modello socioeconomico che solo qualche anno fa uccise i suoi figli.
Il mondo, checché se ne dica, va avanti anche senza la finanza, senza gli speculatori, senza gli avvoltoi nemici dei popoli e delle nazioni. Lo ha ribadito, proprio ieri, la stessa “presidenta”: “oggi è il 31 luglio, il mondo va avanti, come la Repubblica Argentina; domani sarà primo agosto, e così successivamente”.
Adelante!
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