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    Predefinito Biografie parallele: Pietro Nenni - Giuseppe Saragat







    Il mio stile è vecchio...come la casa di Tiziano a Pieve di Cadore...

    …bisogna uscire dall’egoismo individuale e creare una società per tutti gli italiani, e non per gli italiani più furbi, più forti o più spregiudicati. Ugo La Malfa

  2. #2
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    Predefinito Re: Biografie parallele: Pietro Nenni - Giuseppe Saragat

    Il dovere dell’unificazione. Lettera di Ugo La Malfa a Nenni e Saragat*






    * “Lettera sugli avvenimenti” del 23 gennaio 1957. All’indomani delle elezioni amministrative del maggio ’56 il leader socialista Pietro Nenni aveva iniziato un processo di avvicinamento al PSDI con la prospettiva della riunificazione tra i due tronconi del socialismo italiano. Tappa importante di questo processo fu l’incontro tra Nenni e Saragat, organizzato a Pralognan, il 6 agosto da Pierre Commin, della SFIO (il Partito socialista francese), che si era attivato su incarico dell’Internazionale socialista per favorire le possibilità di intesa tra i due partiti italiani. Il peso prevalente, all’interno del PSI, delle correnti di sinistra determinerà il fallimento dell’iniziativa e la sconfitta di Nenni al XXXII Congresso nazionale del partito che si svolgerà a Venezia dal 6 al 10 febbraio 1957.

    Questo appello, in favore di una rapida e piena unificazione socialista, è rivolto a voi da un repubblicano, da un uomo che intende rimanere fedele all’ideologia e alla dottrina politica del suo partito. Ma appunto per questo, per partire da un repubblicano, esso acquista un suo particolare significato: sta a indicare che l’unificazione socialista non è problema dei soli socialisti, ma dell’intero schieramento democratico.
    In effetti, in nessun momento della nostra storia recente uomini e correnti del socialismo si sono trovati di fronte a una svolta più importante, a una scelta più carica di responsabilità. Finora poteva essere consentito presentarsi divisi, militare chi nel campo del quadripartito e della cosiddetta formula di solidarietà democratica, chi nel campo avverso; e da quelle due posizioni contrapposte, combattere e condurre interminabili polemiche. Molte cose apparivano opinabili e potevano dar luogo a valutazioni diverse: la politica estera, la politica interna, la politica economica e sociale, le condizioni stesse da cui bisognava partire per difendere i valori di libertà e di democrazia e i diritti delle classi diseredate. Ma da quando fondamentali avvenimenti sono accaduti nel campo interno e internazionale, è chiaro che i socialisti di tutte le tendenze, i repubblicani, i democratici di sinistra non possono percorrere la vecchia strada, obbedire a vecchi schemi politici.
    Uno di questi avvenimenti, il più grave e il più sintomatico, è costituito dalla crisi del comunismo. Qualunque giudizio si voglia dare di tale crisi, è certo che il rapporto Kruscev ha messo in luce la grave debolezza costituzionale dello Stato sovietico, mentre la rivolta dell’Ungheria ha mostrato la fragilità dei rapporti tra Stati satelliti e Stato guida. Ora questa grave crisi, indebolendo il mito comunista e la capacità di proselitismo dei comunisti, apre grandi prospettive, ma crea altrettanto gravi responsabilità, per tutte le forze socialiste e democratiche del nostro Paese. Un mito non cessa senza che a esso si abbia la capacità di sostituire un compito più alto e suggestivo, anche se più aderente ai precedenti storici, politici, sociali e culturali del nostro Paese. E la crisi comunista non potrà toccare la coscienza dei migliori comunisti, e portarli a una revisione fondamentale del loro pensiero politico, se i socialisti, se i democratici di sinistra, se i loro partiti e le loro correnti, non sapranno offrire agli intellettuali comunisti, agli operai, ai contadini, al popolo, una base di azione politica intransigente e ferma, nei suoi ideali e nei suoi obiettivi. La crisi del comunismo non si svilupperà se a fianco del Partito comunista rimarranno forze socialiste e democratiche divise e contrastanti, pregiudicate dal peso di vecchie e superate impostazioni politiche, malate di riformismo paternalistico o di massimalismo: si svilupperà se, accanto al Partito comunista in declino, sorgerà una forza nuova, intransigente sul terreno ideale e morale, capace di attuare profonde modificazioni nella struttura economica e sociale dell’Italia, ricca di fermenti culturali. La crisi del comunismo non si svolgerà fino in fondo se i comunisti avranno come punto di riferimento il vecchio partito di Nenni o quello di Saragat, i repubblicani del quadripartito, o i radicali che prima hanno militato nel Partito liberale e poi se ne sono usciti. La crisi del comunismo si svilupperà di fronte a una “nuova” sinistra consapevole delle sue responsabilità e della sua missione. Senza profonde innovazioni, senza il coraggio di superare vecchi schemi, vecchi giudizi e vecchie polemiche, la crisi del comunismo si arresterà come un frutto non maturato, e il grande processo, che potrà trasformare le basi della lotta democratica in Italia, non avrà più luogo.
    L’altro importante avvenimento, che non assume certo le proporzioni che ha assunto la crisi del comunismo, ma non può essere trascurato dagli italiani, è il sempre più pieno, profondo, inarrestabile inserimento della Democrazia cristiana nella vita del Paese, nelle sue strutture politiche, economiche e sociali. Le drammatiche divisioni che, nei confronti della politica da seguire verso il comunismo, si sono prodotte fra socialisti, in tutte le correnti democratiche della sinistra, ha servito indubbiamente alla Democrazia cristiana per affermare un potere quasi incontrastato.
    Oggi che il comunismo è nella sua parabola discendente, la Democrazia cristiana può raccogliere i frutti di una situazione che le è stata particolarmente propizia. Da dieci anni partito di maggioranza assoluta o relativa, da dieci anni nucleo fondamentale dell’attività di governo, da dieci anni sostenuta da potenti forze extrapolitiche, essa si è assicurata un controllo della vita del Paese, che neanche lo Stato liberale aveva conosciuto. La Democrazia cristiana è il solo partito, nel campo occidentale, che non abbia di fronte a sé una seria e concreta forza politica, capace di contenderle il potere. I cattolici di Germania combattono contro un’alternativa socialista, i conservatori d’Inghilterra hanno di fronte i laboristi, i repubblicani degli Stati Uniti difendono il potere contro i democratici. In Italia la grande forza politica della Democrazia cristiana non sembra minacciata, nel controllo del Paese, da nessuna altra forza.
    Il significato della unificazione socialista è di porre il nucleo centrale di una alternativa, che va arricchita dell’apporto di tutte le forze democratiche laiche. Non si tratta di minacciare una battaglia anticlericale alla Democrazia cristiana: l’anticlericalismo è morto come molte altre cose. Si tratta di stabilire un giusto equilibrio tra forze cattoliche e forze laiche; si tratta di evitare che, in mancanza di una serie ed efficiente forza politica di ricambio, lo Stato italiano degeneri in uno Stato confessionale e paternalistico, con tutte le conseguenze che una siffatta degenerazione porta con sé. La democrazia è tale quando, nell’ambito delle sue istituzioni fondamentali, e nel rispetto di tali istituzioni, vi sia possibilità di alternative. Questa condizione è finora mancata in Italia.
    La vita democratica di questi anni è stata una vita di emergenza e di fortuna. Si è cercato di evitare ogni minaccia di carattere totalitario, senza tuttavia trovare le forze necessarie per garantire uno sviluppo normale della nostra vita democratica. La crisi del comunismo, l’unificazione socialista, la costituzione di un fronte democratico di sinistra avranno questo valore, di garantire una dialettica della vita democratica, di porre in termini chiari il problema di una scelta. Noi non possiamo pensare di creare in Italia una democrazia moderna, senza che i problemi dell’organizzazione autonomistica dello Stato, i problemi della disoccupazione e della depressione strutturale, dell’integrazione economica e politica dell’Europa siano risolti. Solo una grande forza di sinistra può proporre al Paese e alla stessa Democrazia cristiana, senza equivoci giuochi di falso sinistrismo, soluzioni del genere.
    Tutti i democratici di sinistra saranno responsabili di questa svolta, ma soprattutto i socialisti. E fra i socialisti, coloro che, con il loro nome, hanno espresso finora le due posizioni drammatiche e contrapposte del socialismo. Se il passato è dimenticato, e se la visione dei compiti futuri è chiara, non esiste difficoltà che non possa essere sormontata, nell’interesse supremo della vita democratica. Se questa consapevolezza mancherà, non saranno i cattolici responsabili della deviazione confessionale dello Stato italiano, ma quei laici, quei socialisti e non socialisti, che non avranno saputo compiere, tempestivamente, il loro dovere.

    Da Ugo La Malfa, Scritti. 1953-1958, Presidenza del Consiglio dei Ministri-Fondazione Ugo La Malfa, Roma, 2003.
    Ultima modifica di Frescobaldi; 10-09-14 alle 20:20
    Il mio stile è vecchio...come la casa di Tiziano a Pieve di Cadore...

    …bisogna uscire dall’egoismo individuale e creare una società per tutti gli italiani, e non per gli italiani più furbi, più forti o più spregiudicati. Ugo La Malfa

 

 

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