Un commentatore (che ringrazio) ha portato la mia attenzione sulla differenza tra descrizione e prescrizione, chiedendo se la matematica sia descrittiva invece di prescrittiva. Come in tutte le questioni, le cose vanno prese alla radice, e la domanda posta mi concede l’occasione di trattare sulla forbice di Hume, al quale risale non la distinzione, ma la separazione tra descrizione e prescrizione.
La prima regola in tali questioni è inquadrare l’ottica in cui sorgono e la loro cornice di senso. L’idea di Hume è che tra dire “le cose sono in tal maniera” e “le cose dovrebbero essere in tale maniera” c’è un abisso incolmabile, come c’è tra mera fattualità e valore morale. Ora, qui come altrove, Hume non si comprende se non si accettano del tutto le sue teorie filosofiche di fondo, di stampo nominalistico. Se togliamo quest’ultimo, la teoria humeana è solo un gioco di parole, per giunta intorbidito dalla surrettizia riduzione della morale ai valori morali, come è evidente dal fatto che si usa esclusivamente il termine “valore” in riferimento alla morale, cosa che ha una chiara impronta soggettiva. Senza prendere la questione troppo alla larga, va fatto notare che questa critica non ha alcun senso in un’ottica metafisica, e l’esposizione di quest’ultima farà capire cosa intendo.
Nella metafisica classica, ogni ente, ogni oggetto, ogni cosa dell’universo ha un’essenza, unquid grazie al quale esso è ciò che è attualmente. Ogni ente qui e adesso possiede un’essenza, altrimenti non sarebbe un qualcosa di determinato....
continua