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Discussione: Catalogna libera!

  1. #241
    Lumbard
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  2. #242
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    Predefinito Re: Catalogna libera!

    vuole sputtanare l'europa definitivamente ? (anche se tutti pensano che sia un codardo?)

  3. #243
    Lumbard
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    Predefinito Re: Catalogna libera!

    sono stati presi in contropiede non dalla reazione di madrid (che comunque è stata peggio del previsto) ma dalla TOTALE assenza di supporto/interesse internazionale alla causa... e nonostante le pesanti violazioni spagnole trasmesse in mondovisione
    questo è la prova provata che per gli "esportatori della democrazia occidentale" i diritti interessano solo se ci sono di mezzo "altr€ cos€" ($appiamo tutti quali $ono)

  4. #244
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    Predefinito Re: Catalogna libera!

    L'indipendenza la deve volere il popolo, non conta una persona.
    Se la vorranno l'otterranno, consapevoli che se mollano adesso sarà notte per sempre.
    Se il popolo permetterà alle banche private di controllare l’emissione della valuta, con l’inflazione, la deflazione e le corporazioni che cresceranno intorno, lo priveranno di ogni proprietà, finché i figli si sveglieranno senza casa.

  5. #245
    Lumbard
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    Predefinito Re: Catalogna libera!

    Citazione Originariamente Scritto da ventunsettembre Visualizza Messaggio
    L'indipendenza la deve volere il popolo, non conta una persona.
    Se la vorranno l'otterranno, consapevoli che se mollano adesso sarà notte per sempre.
    infatti il mio discorso (sopra) era rivolto ai Catalani .... a me sembra che stiano mollando un po' tutti, non solo Puidgemont

  6. #246
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    Predefinito Re: Catalogna libera!

    Francesco Erspamer
    I simboli dell'unità della Spagna campeggiano a colori sulla prima pagina del New York Times: che dopo aver ignorato le manifestazioni indipendentiste e avere usato la magica accusa di populismo per squalificare il movimento secessionista catalano, oggi esalta e dà grande risalto alla manifestazione nazionalista di domenica (per inciso, giornata scelta per permettere a migliaia di spagnoli di confluire su Barcellona da tutte le altre regioni).
    Erano anni che non leggevo sul New York Times un articolo dai toni nazionalistici così accesi. Di regola il giornale infatti attacca i governi e i partiti che vogliano difendere la sovranità dei paesi e le loro tradizioni e culture, pretendendo che accettino l’inevitabilità della globalizzazione, del pensiero unico, della correttezza politica universale. Ma evidentemente le piccole nazioni sono per il neocapitalismo più pericolose di quelle medie o grandi in quanto in esse la democrazia rischia di essere il governo di un popolo e non delle multinazionali e degli organismi sovranazionali al loro servizio.
    In altre parole, populista è per il New York Times l'Unione Europea se si rifiuta di accettare il TTIP, più populista la Gran Bretagna se esce dall’Unione Europea e ancor più populista sarebbe la Scozia se uscisse dalla Gran Bretagna. Il trasparente obiettivo del liberal-liberismo è l’impero planetario della finanza; chi non voglia rassegnarsi a esso deve smetterla di illudersi di poterlo contrastare a livello globale: a quel livello ha già vinto. Occorre invece iniziare una resistenza, anzi, tante resistenze, a livello locale.

    Fuga dalla Catalogna, ecco perché Puigdemont é in Belgio
    Il Belgio é uno Stato diviso in due, tenuto insieme solo dalla presenza di un Re. Ecco perché Puigdemont é stato accolto proprio a Bruxelles.
    Carles Puigdemont é in Belgio secondo fonti di stampa che riportano indiscrezioni provenienti dall'interno della Generalitat catalana. Il segretario di Stato responsabile per l'immigrazione, Theo Francken, che e' un esponente di punta della NVA (Nuova Alleanza Fiamminga), ieri aveva detto che il Belgio potrebbe concedere l'asilo a Puigdemont. L'ex governatore, secondo il politico, sarebbe stato perseguitato per le sue idee e dunque potrebbe ricevere protezione dal Belgio. Successivamente, il premier Michel era intervenuto invitando Francken a "non gettare benzina sul fuoco".
    Belgio Paese diviso in due
    Ma perché Puigdemont é andato proprio in Belgio? I bene informati dicono che le trattative con l'Nva andassero avanti da giorni, da quando l'esito del referendum catalano aveva segnato la vittoria dell'indipendentismo e Rajoy aveva giurato di arrestare il governatore.
    Il punto é che il Belgio é uno Stato con un re ma senza anima. Al nord ci sono le Fiandre in cui si parla fiammingo, un dialetto di origine olandese e la cultura é piú vicina a quella dei Paesi Bassi appunto. Mentre a Sud c'é la Vallonia, francofona, più vicina alla Francia. Le due comunitá convivono sotto uno stesso tetto, ma mal si sopportano.
    Il Belgio é uno Stato diviso in due
    Unico elemento di coesione é la famiglia reale e Bruxelles, una città che fa regione a sé in cui le due comunità si incontrano, anche se ci sono istituzioni separate, come le università. Le due lingue vengono riconosciute pariteticamente e, ad esempio, se un automobilista francofono viene fermato da un poliziotto che parla solo fiammingo puó chiedere l'intervento di un traduttore o di un altro agente.
    Il governo Michel in bilico
    Il governo belga, retto dal premier Charles Michel, si basa su una alleanza fragile tra quattro partiti, tre dei quali fiamminghi e uno vallone, il Movimento Riformatore, di cui Michel é leader. Una coalizione fragile dunque in cui la linea generale é poco chiara e in cui i particolarismi prendono facilmente il sopravvento (come é stato per il caso del Ceta).
    Da Bruxelles una dichiarazione di autonomia
    Il Belgio é uno Stato che é sull'orlo della frantumazione visto che i fiamminghi e i valloni sono percorsi da spinte indipendentiste forti. Ed ecco dunque che accogliere Puigdemont é un segnale forte mandato all'interno e all'esterno del Belgio. Sono i popoli a fare gli Stati, e se il popolo decide per la secessione questa decisione deve essere rispettate, in Catalogna come in Belgio.
    Fuga dalla Catalogna, ecco perché Puigdemont é in Belgio - Affaritaliani.it

    Il Real Madrid crolla in Catalogna
    di Sportal.it
    Inaspettata sconfitta del Real Madrid in Catalogna. Nella tana del Girona, in uno dei bastioni dell'indipendentismo catalano, i blancos vengono rimontati e battuti per 2-1, precipitando a -8 dal Barcellona capolista.
    In vantaggio dopo 12' con Isco, la squadra di Zidane ha un tracollo nella ripresa, quando viene raggiunta e superata dalle reti di Stuani al 54' e Portu al 59'.
    Il Real Madrid crolla in Catalogna - Tiscali Sport

    Catalogna: Girona-Real Madrid, allo stadio cori 'libertad'
    per la partita di Liga Girona-Real Madrid
    Cori 'libertad' si sono levati nel corso della partita di Liga tra Girona e Real Madrid, partita per la quale, dopo quanto sta succedendo in Catalogna, erano state disposte severe misure di sicurezza. Girona è la città catalana di cui è originario il presidente della Catalogna Carles Puigdemont, e anche per questo si temevano incidenti.
    Catalogna: Girona-Real Madrid, allo stadio cori 'libertad' - Gazzetta di Parma

    Le ragioni della diversità della Catalogna
    L’indipendentismo della Catalogna affonda le radici nel carattere “nordico” del paese. La dedizione al lavoro e la predilezione per gli aspetti di vita pratica unita a orizzonti campanilistici nutrono l’orgoglio catalano.
    LO STATUTO D’AUTONOMIA DEL 2006
    La Catalogna non solo non ha accettato la tendenza all’accentramento statale verificatosi lentamente nel corso degli ultimi anni, ma ha sempre cercato di accrescere le sue competenze di regione autonoma, all’interno dello Stato spagnolo. Nel 2006 la Generalitat ha emanato un nuovo Statuto di Autonomia, con il consenso del Governo Zapatero. Il Partido Popular (partito moderato di centrodestra) ha prontamente fatto ricorso al Tribunale Costituzionale, ottenendo nel 2010 l’effettivo annullamento dei principali elementi di discontinuità: la Catalogna non poteva più essere definita legalmente una nazione, la lingua catalana non godeva di un uso preferenziale, ma normale e, soprattutto, la competenza in materia referendaria restava una competenza esclusivamente statale, chiudendo così la strada a una possibile iniziativa referendaria per l’indipendenza da parte della Generalitat.
    LA LINGUA
    La questione linguistica è uno dei campi su cui si gioca la battaglia tra Madrid e Barcellona. In passato, l’uso del catalano non era tanto un atto politico, quanto un fatto inevitabile. Le classi popolari infatti non conoscevano lo spagnolo, che era la lingua di apprendimento utilizzata nelle scuole, e hanno contribuito a mantenere il catalano una lingua viva e vegeta. Solo nei primi anni del Novecento il catalano ha sperimentato un processo di normalizzazione linguistica, elevandosi a status di lingua dell’élite, adatta alla produzione letteraria. Tuttavia, con l’avvento della dittatura franchista l’utilizzo del catalano fu proibito al di fuori di contesti strettamente privati e si propagandò la visione del catalano come semplice dialetto. L’unità nazionale doveva essere assoluta e lo slogan ripetuto era Eres Español, habla Español (sei spagnolo, parla spagnolo). Solo nel 1978 la Costituzione democratica è tornata a riconoscere la lingua catalana come lingua ufficiale all’interno della comunità autonoma della Catalogna e ne è stato promosso l’uso ufficiale e l’insegnamento presso le scuole sul territorio catalano.
    IL RUOLO DEL SISTEMA EDUCATIVO CATALANO
    Sin dai primi anni della transizione democratica la Generalitat ha recepito l’importanza del sistema scolastico all’interno del progetto di recupero dell’identità catalana, dopo anni di repressione politica e linguistica. La decentralizzazione in materia di educazione giocò un ruolo fondamentale nel processo di normalizzazione linguistica attraverso l’uso veicolare del catalano come lingua di insegnamento. In Catalogna infatti non si insegna il catalano; si insegna in catalano. Durante la scuola dell’obbligo lo spagnolo viene trattato alla stregua di una lingua straniera ed è il motivo per cui, nonostante le forte pressioni di immigrazione interne ed esterne alla Spagna verso la Catalogna, il catalano continua a mantenersi vivo, divenendo di fatto un elemento di coesione sociale: le radio, i giornali, la televisione e persino Google sono in catalano. I catalani sono energici sostenitori della territorialità linguistica, ossia della convinzione che la lingua propria di un territorio goda, a livello legislativo e de facto, di una supremazia e di una ufficialità superiori a quelle di altre lingue. Tuttavia la strategia catalana era chiara già nel 1983 quando, nello Statuto d’Autonomia, si statuì la necessità che tutti i cittadini imparassero e usassero il catalano.
    LA MENTALITÀ
    Quella catalana è una mentalità tipicamente nordica all’interno di un paese mediterraneo. Lo storico Vicens Vives la definisce una mentalidad menestral, una forma mentis che esalta la dedizione al lavoro, inteso come prova di elezione e di merito. Secondo la tesi di Vives, la mentalità menestral ha modellato la società catalana fino a renderla una delle regioni più competitive della Spagna (al contrario di altre regioni con caratteristiche meno nordiche e più mediterranee), per quanto impostata su un orizzonte piuttosto campanilista.
    La Catalogna è stata conquistata dal Regno di Spagna nel 1714, pregiudicando così non solo la sua autonomia, ma anche il suo sviluppo. Felipe V, aspirante monarca della dinastia spagnola dei Borboni durante le guerre di secessione, espugnò Barcellona, che, con il regno di Aragón, si era schierata dalla parte di Carlo VI d’Asburgo. Felipe V vinse quindi la guerra di secessione e salì al trono, mettendo in atto politiche di carattere fortemente centralistiche. La salita al trono del Borbone segnò effettivamente una svolta rispetto all’ampia tolleranza amministrativa che avevano dimostrato gli Asburgo. La Catalogna infatti già dal 1479 faceva parte del Regno spagnolo, che si presentava però più come una confederazione di regni, che come una nazione unificata.
    CONCLUSIONI
    La Catalogna subisce da sempre deficit nei confronti del Governo centrale e con il tempo è andato peggiorando, attestandosi oggi intorno al 6% a fronte di una contribuzione del Pil nazionale del 10% (OECD.org). L’applicazione dell’articolo 155 e il commissariamento della Generalitat non faranno che acuire il risentimento catalano nei confronti del Governo centrale e concederanno ulteriore terreno al populismo regionalista.
    https://www.ilcaffegeopolitico.org/5...rsita-catalana

    Le président de l'Assemblée de Corse reconnaît l'indépendance de la Catalogne
    Jean-Guy Talamoni, président de l'Assemblée de Corse reconnaît, "bien sûr", l'indépendance de la Catalogne, sur franceinfo vendredi 27 octobre. "Je précise qu'à cette heure, l'Assemblée de Corse n'a pas voté sur cette question", souligne-t-il, en rappelant que l'Assemblée de Corse a voté pour "soutenir le principe du référendum".
    "Nous avons salué cette nouvelle république catalane. Nous avons des relations anciennes avec les Catalans, des relations amicales, politiques avec les indépendantistes catalans depuis des décennies", se félicite-t-il.
    La situation en Catalogne, pour Jean-Guy Talamoni, est pourtant "troublée" par la "volonté de la part de Madrid de ne pas établir de dialogue". Pour le président de l'Assemblée de Corse, "du côté européen, ce qui est préoccupant, c'est cette solidarité sans faille avec Madrid, qui a utilisé des moyens extrêmement violents pour empêcher des gens qui venaient pacifiquement effectuer un vote". "Les responsables européens auraient dû, au minimum, dire leur désaccord face à cette agression face à un fait purement démocratique", déplore-t-il.
    "Il est important qu'en Europe il y ait, de la part des responsables et des peuples, une volonté de ne pas laisser les choses s'envenimer parce qu'elles sont extrêmement préoccupantes", avance-t-il.
    Le président de l'Assemblée de Corse reconnaît l'indépendance de la Catalogne

    La Catalogna vuole lanciare una propria criptovaluta
    La rivoluzione in atto in Catalogna non è solo forza distruttrice. La regione pensa a una rinascita che la proietti nel futuro sfruttando il potere della blockchain
    Giuditta Mosca
    Il quotidiano spagnolo El Pais ha pubblicato la notizia secondo cui la Catalogna vuole sviluppare un’economia parallela e una propria blockchain.
    L’intenzione è quella di lanciare una propria criptovaluta e, come ha riferito allo stesso quotidiano il direttore di Smart Catalonia Dani Marco, l’esigenza di separare l’economia locale da quella spagnola non si ferma alle valute digitali ma intende creare una blockhain su cui appoggiare anche la cittadinanza digitale.
    Un progetto imponente che ha dalla sua parte due diversi fattori abilitanti. Il primo viene dall’Estonia, laddove un programma simile è già stato varato nel 2015 e laddove, nel frattempo, con una spesa minima i cittadini possono gestire le proprie esigenze mediante internet, comprese le transazioni finanziarie, i rapporti con la cosa pubblica e persino creare alcuni tipi di aziende. Altro fattore abilitante è la spiccata predisposizione di Barcellona alle tecnologie per le smart city; la capitale catalana è stata scelta come ambiente di test da molti attori del panorama tech, tra i quali BigG che ha a lungo testato il potenziale commerciale di Google Maps.
    Barcellona pensa ancora più in grande dell’Estonia, con la digitalizzazione delle necessità dei cittadini e con una rinascita improntata sull’assenza di una banca centrale, affidando ai nodi e ai blocchi della catena ogni tipo di transazione. La blockchain si adegua infatti a qualsiasi scambio, finanziario e non, con un elevato tasso di sicurezza e di controllo.
    https://www.wired.it/economia/finanz...ta-blockchain/

    La Catalogna pensa ad una propria criptovaluta, con cittadinanza digitale su blockchain
    ARCANGELO ROCIOLA
    Non ci sono conferme al momento. Ma ipotesi. Una di queste in particolare avrebbe causato un rialzo di Bitcoin che alle 5 del pomeriggio del 29 ottobre ha raggiunto i 6,150 dollari (+7%): la Catalogna starebbe pensando di lanciare una sua moneta virtuale. Tanto è bastato per causare un picco nelle quotazioni della criptovaluta.
    Non solo una criptovaluta. Nella battaglia per l’indipendenza dalla Spagna ci sarebbe anche la possibilità di varare un proprio programma di cittadinanza digitale, sullo stile dell’Estonia. Ma legata alla valuta digitale. Una sorta di identità digitale basata sulla blockchain, il cuore tecnologico di bitcoin, da molti considerata la nuova internet.
    La doppia portata potenzialmente rivoluzionaria della scelta
    Se dovesse succedere, avrebbe una portata rivoluzionaria doppia. Sarebbe la prima volta che si lega una cittadinanza direttamente agli ‘smart contract’ di blockchain (non è così evoluto in Estonia). Ma soprattutto sarebbe la prima volta che una nazione si costituirebbe senza una banca centrale. Volontariamente senza una banca centrale (Cointelegraph). Bitcoin infatti è nato come mezzo per disintermediare gli scambi. Di denaro, ma non solo. Tutto ciò che ha bisogno di un ‘garante’ o una parte terza avrebbe poco senso con un sistema di scambi di soldi e contratti e documenti basato su blockchain, fatta da migliaia di nodi in grado di controllare in tempo reale tutti gli scambi in maniera pressoché inattaccabile.
    Pensateci. Nascere con un sistema finanziario e burocratico decentralizzato. A El Pais Dani Marco, direttore di un’agenzia catalana ‘Smart Catalonia’ ha confermato che il modello è quello estone e che la Catalogna sta lavorando a separere la propria economia dai “lacci spagnoli”. Per farlo Marco, che sarebbe uno dei maggiori indiziati tra quelli che lavorano al programma ‘digitale’ catalano, ha detto al quotidiano che creare una blockchain per pagamenti e smart contract è una delle vie più probabili.
    Secondo questo articolo di El Pais, agli esperti di blockchain catalani sarebbe accorso in aiuto il fondatore di Ethereum, Vitalim Buterin. Ethereum è la seconda criptovaluta più nota dopo Bitcoin, particolarmente apprezzata per soluzioni legate agli scambi di contratti tra aziende e privati.
    https://www.agi.it/blog-italia/digit...st/2017-10-29/

    Catalogna, Puigdemont torna a Barcellona: «Elezioni, accettiamo la sfida di Madrid». Il giudice lo convoca e gli chiede 6 milioni
    Il leader catalano ha parlato da Bruxelles da dove poi è ripartito per Barcellona: «Non sono qui a chiedere asilo politico»
    di Elisabetta Rosaspina, inviata a Barcellona, e Redazione Online
    «Le elezioni dello stato spagnolo sono una sfida democratica. Rispetteremo il risultato delle consultazioni convocate per il 21 dicembre. Chiedo al governo spagnolo: faranno altrettanto? Il blocco dell’articolo 155 rispetterà il risultato delle urne? Chiedo una risposta chiara dallo Stato: rispetterà il voto che darà una maggioranza assoluta agli indipendentisti?». Carles Puigdemont, il leader della Catalogna che ha indetto una conferenza stampa a Bruxelles, ricompare e attacca il governo centrale. In serata è tornato a Barcellona con almeno due dei suoi ministri. Lo riporta La Vanguardia citando alcuni passeggeri che si trovano sullo stesso volo.
    Le autorità di Madrid non restano a guardare: il giudice della Audiencia Nacional Carmen Lamela ha convocato il `President´ catalano Carles Puigdemont e i suoi 13 ministri indagati per interrogarli giovedì e venerdì . In più la stessa magistrata ha ordinato al President della Catalognae ai suoi 13 ministri di versare entro 3 giorni una `garanzia´ di 6,2 milioni di euro, come chiesto dalla procura dello Stato spagnolo. Altrimenti, ha avvertito, i loro beni saranno pignorati.
    Sondaggio: indipendentisti al 48%
    Il braccio di ferro tra Barcellona e Madrid non sembra comunque aver raffreddato gli entusiasmi degli indipendentisti. Il 48,7% della popolazione catalana, la percentuale più alta finora registrata, è per l’indipendenza, e il 43,6% contro, secondo un sondaggio del Centro Studi di Opinione della Generalità reso pubblico oggi.
    Il `si´ cresce di oltre il 7% rispetto al precedente sondaggio di giugno, quando era al 41,1%, il `no´ perde quasi sei punti (dal 49,4). Secondo il sondaggio - 1.550 intervistati dal 16 al 29 ottobre, margine di errore del 2,69% - se si votasse oggi il fronte indipendentista otterrebbe una maggioranza assoluta nel Parlamento con 68-72 seggi (60-63 a una coalizione Erc-Pdecat, 8-9 la Cup) su 135. Fra i partiti unionisti otterrebbero 25-26 seggi Ciudadanos, 17-19 il Psc, 10-11 il Pp. La coalizione Sqep vicina a Podemos e al sindaco di Barcellona Ada Colau avrebbe 12-14 deputati. L’affluenza alle urne sarebbe alta, al 75%.
    Catalogna, Puigdemont resta in Belgio: «Elezioni, accettiamo la sfida di Madrid». Il giudice lo convoca e gli chiede 6 milioni - Corriere.it

  7. #247
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  8. #248
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  9. #249
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    Predefinito Re: Catalogna libera!

    Citazione Originariamente Scritto da sciadurel Visualizza Messaggio
    infatti il mio discorso (sopra) era rivolto ai Catalani .... a me sembra che stiano mollando un po' tutti, non solo Puidgemont
    Sono gli effetti della società attuale , 100 anni fa sarebbe stato diverso , ma ora gli eroi esistono solo sullo schermo .Questo è dovuto sia a cause culturali, ma penso anche di selezione "naturale" , non credo che la sola opera dei mass media possa portare direttamente a questo .
    Il Silenzio per sua natura è perfetto , ogni discorso, per sua natura , è perfettibile .

  10. #250
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    Predefinito Re: Catalogna libera!

    In carcere il governo Puigdemont, tutta la Catalogna scende in piazza
    La giudice Lamela ha ordinato che gli otto ministri indipendentisti siano separati e detenuti in cinque prigioni diverse. Folla nelle strade. Il leader da Bruxelles: ci arrestano per le idee
    Ore 19, la Catalogna risponde all'appello delle organizzazioni della società civile indipendentista e scende in piazza per denunciare l'arresto ordinato oggi dalla giudice spagnola Carmen Lamela di otto membri del Govern di Carles Puigdemont, fra cui il vicepresidente Oriol Junqueras, leader del primo partito catalano. Da Bruxelles Puigdemont twitta "Il governo legittimo della Catalogna - commenta su Twitter - è stato incarcerato per le sue idee e per essere stato fedele al mandato approvato dal parlamento catalano. Il clan furioso della 155 (la legge che è stata applicata da Madrid per destituire il governo, ndr) vuole il carcere. Il clan sereno dei catalani, la libertà". Sulla testa del leader separatista preme intanto un mandato di cattura internazionale.
    Folla in piazza a Barcellona, Girona, Badalona, Tarragona, Lleida. Di quanto sta accadendo in queste ore non c'è memoria in Europa. Mai era accaduto.
    La giudice ha ordinato che gli otto ministri siano separati e detenuti in cinque prigioni diverse. Il vicepresidente Oriol Junqueras e il ministro Joaquim Forn saranno trasferiti nel carcere di Estremera, Jordi Turull e Raul Romeva a Valdemoro, Josep Rull a Navalcarnero e Carlesd Mundò a Aranjuez. Dolors Bassa e Meritxell Borras saranno detenute nel carcere per donne di Alcalà.
    Sono accusati di «sedizione» e «ribellione» per avere portato avanti senza violenza il progetto politico dell’indipendenza catalana. Autorevoli giuristi in Catalogna e in Spagna le contestano e denunciano violazioni delle norme europee e spagnole. Lo stesso “padre” della riforma del Codice Penale post-franchista, Diego Lopez Garrido, ha detto che l’accusa di «ribellione» esiste solo «nell’immaginazione del procuratore generale dello stato». In Catalogna, ha detto, non c’è stato quel «sollevamento violento» che prevede il codice penale.
    Il fronte indipendentista ha reagito con indignazione all’arresto di mezzo Govern, denunciando una repressione «mai vista dai tempi del franchismo» ma lanciando nello stesso tempo appelli alla calma e alla «tranquillità», nel timore che la nuova «vendetta» di Madrid possa innescare un ciclo di esasperazione e violenza.
    La leader del partito di Junqueras, Marta Rovira, con voce rotta dal pianto ha chiesto «a tutti i democratici del mondo» di «reagire, alzarsi, impedire che questo accada nel XXI secolo: un governo eletto democraticamente messo in prigione!». «L’Europa ora sarà ancora complice dello stato spagnolo autoritario?», ha chiesto polemicamente la leader del PdeCat di Puigdemont, Marta Pascall.
    In carcere il governo Puigdemont, tutta la Catalogna scende in piazza | Globalist

    Dopo l'arresto di 7 membri del Govern catalano, arriva la dura replica ufficiale del club di Bartomeu.
    Calcio e politica, in questo caso, vanno avanti di pari passo. La dichiarazione d'indipendenza della Catalogna dello scorso 27 ottobre e tutto ciò che ne è derivato, ha visto il Barcellona, Piqué e tutti i catalani del mondo dello sport coinvolti in prima persona.
    Non potevano dunque non seguire questo trend anche gli ultimi sviluppi, quelli che hanno portato all'arresto di sette membri del Govern catalano, accusati dalla Procura spagnola di "ribellione", sedizione e malversazione.
    L'ex vicepresidente Oriol Junqueras, più Jordi Turull (Presidenza), Josep Rull (Territorio), Carles Mundò (Giustizia), Raul Romeva (Esteri) e Joaquim Forn (Interno) si trovano adesso nel carcere di Estremera, a Madrid, e rischiano 30 anni di carcere. Stesso pericolo per le due donne, Meritxell Borras (Governo) e Dolors Bassa (Lavoro), che invece sono detenute nella prigione femminile di Alcalà (poco fuori Madrid).
    Ecco, a questa importante svolta della politica spagnola, è seguita anche in questo caso una presa di posizione importante, direttamente da parte del club più rappresentativo della Catalogna, il Barcellona.
    Attraverso un comunicato pubblicato sul sito ufficiale della società, infatti, i blaugrana hanno manifestato le loro contrarietà per i provvedimenti.
    Il Barcellona è sgomento per le incarcerazioni stabilite oggi dall'Audiencia Nacional e esprime la sua solidarietà con coloro che ne sono stati colpiti e i loro familiari. Data l'eccezionale natura della situazione attuale, il Barcellona ribadisce, ancora una volta, il suo impegno verso le libertà e i valori democratici, al fine di risolvere questo conflitto in maniera concordata, pacifica e politica.
    https://www.foxsports.it/2017/11/03/...ltimi-arresti/


    https://www.facebook.com/bertoni.cla...2991290010330/




    Catalogna: agenti spagnoli insultano Junqueras dopo arresto
    Solleva reazioni sdegnate sui social un video diffuso da La Vanguardia nel quale tre agenti spagnoli prendono in giro e insultano il vicepresidente catalano Oriol Junqueras dopo la decisione di arrestarlo con altri 7 membri del governo di Carles Puigdmeont.
    Nelle immagini i tre agenti della Audiencia Nacional fanno fra l'altro commenti volgari sulle possibili sevizie sessuali che il vicepresidente, che chiamano "l'orsetto", potrebbe subire in carcere. Il video è stato ripreso 5500 volte su Twitter, con commenti indignati, in poche ore.
    https://www.swissinfo.ch/ita/catalog...resto/43649318

    Catalogna: Venezuela esige liberazione 'prigionieri politici'
    (ANSA) - CARACAS, 3 NOV - Il ministro degli Esteri del Venezuela, Jorge Arreaza, ha chiesto al governo spagnolo di liberare i dirigenti indipendentisti catalani accusati di sedizione, definendoli "prigionieri politici". "Esigiamo alle autorità spagnole che liberino i prigionieri politici", ha scritto Arreaza su Twitter. Il capo della diplomazia di Nicolas Maduro ha espresso solidarietà con i "prigionieri politici" catalani, di cui ha detto di condividere "l'angoscia e il dolore che soffrono in questi momenti difficili". "Speriamo che il governo spagnolo rispetti i diritti umani e politici di questi prigionieri di coscienza e che si imponga la democrazia", ha concluso Arreaza.
    Catalogna:Venezuela esige liberazione 'prigionieri politici' - Gazzetta di Parma

    L'internazionale separatista e il rischio di un contagio dai fiamminghi a corsi e baschi
    Il catalano si è rifugiato a Bruxelles, che è una delle Capitali più fragili d'Europa. Per seminare zizzania indipendentista.
    Gian Micalessin
    L'indipendentista in fuga s'è fatto monatto. E ora sogna di disseminare la sindrome catalana nel resto d'Europa. A partire da quella Bruxelles.
    Per capirlo basta ascoltarlo. «Ho voluto portare la questione, nel cuore dell'Unione Europea... Sono qui perché l'Ue deve farsi sentire - spiega ieri Carles Puigdemont, aggiungendo che parte dell'esecutivo di Barcellona rimarrà qui a lavorare». Insomma dopo aver cercato di far a pezzi la Spagna il destituito presidente catalano tenta di seminare la zizzania separatista nel resto del Continente. Da questo punto di vista la scelta di Bruxelles, gli va dato atto, è quanto mai azzeccata. La capitale del Belgio, oltre ad essere il cuore istituzionale di un'Unione assai male in arnese, è anche la capitale di una delle nazioni più fragili d'Europa. Una nazione dove l'unitarietà è da tempo puramente teorica e dove lo Stato non è minimamente in grado di contrastare un eventuale referendum secessionista. Anzi se ad organizzarlo fossero le Fiandre, da sempre le più insofferenti per la forzata convivenza con la Vallonia francofona, quel poco che resterebbe del Belgio e del suo Stato centrale non avrebbe né l'autorità, né la forza, né i mezzi per contrastare la voglia d'indipendenza fiamminga. Una voglia scritta non solo nella storia, ma anche nei numeri.
    Se la sindrome catalana è mossa dalla presunzione di essere la forza trainante dell'economia spagnola, nel Belgio l'egemonia fiamminga è difficilmente contestabile. Tramontata l'era del carbone, delle colonie e delle industrie sono le aziende e le società di servizi delle Fiandre a tenere in piedi lo Stato centrale garantendo, come rivela uno studio dell'Università di Leuven, i 16 miliardi di euro annui indispensabili per far quadrare i bilanci della depressa regione francofona. Quel salasso ha progressivamente moltiplicato il malcontento indipendentista. Dopo aver conquistato il più alto numero di seggi in Parlamento i nazionalisti della Nuova Alleanza Fiamminga sono - dal 2014 - un partito capofila all'interno della coalizione di governo guidata dal premier Charles Michel. In questo scenario, già assai instabile, l'invito a Bruxelles rivolto a Puigdemont da Theo Francken, sottosegretario di governo del partito nazionalista fiammingo, rischia di rivelarsi ulteriormente destabilizzante. E non solo per il Belgio.
    La battaglia contro un'eventuale estradizione di Puigdemont manovrata da Francken e dai nazionalisti delle Fiandre minaccia di trasformarsi in una causa transnazionale capace di riscaldare nuovamente i cuori dei tanti indipendentisti che - dalla Corsica ai Paesi Baschi, dalla Sardegna alla Scozia - hanno già palpitato per la causa catalana. Ma dietro quella battaglia c'è anche l'attività insondabile di un movimento fiammingo che potrebbe trovare nuovi stimoli per mettere fine alla convivenza con i valloni spaccando in due non solo il Belgio, ma anche la capitale europea. Quanto basta per far riflettere e tentennare quei politici europei che fin qui hanno difeso - non si sa con quanta convinzione - la causa di Madrid e condannato quella di Barcellona. E che sono capacissimi - in un futuro non troppo lontano, di convertirsi alla causa delle piccole patrie.
    L'internazionale separatista e il rischio di un contagio dai fiamminghi a corsi e baschi

    Spagna: ministro Esteri Ossezia del Sud a Barcellona per monitorare il processo indipendentista
    Il ministro degli Esteri della Repubblica dell'Ossezia del Sud, Dimitri Medoev, ha iniziato lunedì la sua visita ufficiale in Catalogna con l'apertura di un ufficio per stabilire relazioni bilaterali con le istituzioni indipendentiste catalane. Medoev è arrivato a Barcellona con un ordine del giorno non noto alla stampa e ha pianificato fin da subito una serie di incontri con alcuni uomini d'affari catalani.
    "L'interesse è quello di promuovere relazioni bilaterali nel campo degli affari umanitari e culturali. Ventisei anni fa, il popolo dell'Ossezia del sud ha vissuto gli stessi passaggi politici per arrivare alla formazione del proprio Stato" ha commentato Medoev, creando così un parallelo tra la crisi catalana e i movimenti indipendentisti delle repubbliche filo-russe.
    Medoev ha visitato anche le regioni italiane di Lombardia e Veneto, dove domenica scorsa si è tenuto un referendum consultivo per chiedere maggiore autonomia al governo centrale di Roma.
    Le autorità dell'Ossezia del sud avevano rilasciato un comunicato ufficiale già il 25 settembre scorso, in cui chiedevano il rispetto del "diritto sovrano dei cittadini della Catalogna" e avevano avvertito che qualunque tentativo di repressione sarebbe stato inaccettabile.
    https://www.agenzianova.com/a/0/1682...ndipendentista

    La Catalogna verso elezioni molto incerte
    Bernard Guetta
    L’unica certezza è che i catalani andranno a votare. Lo faranno tra poco meno di due mesi, il 21 dicembre 2017, con un’elezione regionale organizzata dallo stato spagnolo e da cui usciranno il nuovo parlamento regionale, il nuovo governo e il nuovo presidente della Catalogna.
    È una certezza perché il presidente destituito da Madrid, l’indipendentista Carles Puigdemont, ha raccolto il 31 ottobre, da Bruxelles dove si è trasferito, quella che ha definito una “sfida democratica”. Tutti i partiti catalani, indipendentisti e non, hanno accettato le elezioni o si preparano a farlo.
    Indipendenza o meno, saranno gli elettori a deciderlo. Ma qui finiscono le certezze, perché per il resto la crisi catalana è fatta esclusivamente di interrogativi. Prima domanda: quale sarà il risultato del voto?
    Stando agli ultimi sondaggi, dovrebbe prevalere l’indipendentismo, perché i sostenitori della separazione catalana sembrano in aumento, con circa il 49 percento degli iscritti contro un 43,6 che vorrebbe restare all’interno della Spagna. Se le urne confermeranno questa istantanea, sarà il trionfo degli indipendentisti e la sconfitta del primo ministro spagnolo Mariano Rajoy, a cui Puigdemont ha già chiesto di accettare la volontà degli elettori, qualunque sia il risultato.
    Una partita a scacchi
    Il primo ministro Rajoy rischia grosso. In ogni caso restano otto settimane prima del voto, un periodo molto lungo durante il quale l’opinione pubblica catalana può cambiare orientamento, confermando o accentuando l’attuale prevalenza degli indipendentisti ma anche riducendola.
    Dipenderà da due incognite: la credibilità che gli indipendentisti sapranno conferire al loro programma e i procedimenti giudiziari contro Puigdemont e i suoi ministri. Se saranno emessi mandati d’arresto, gli indipendentisti potranno facilmente sostenere che Madrid vuole far tacere i leader secessionisti prima di far parlare le urne. Sarebbe un’azione controproducente per l’unità spagnola, ma è altrettanto vero che per Rajoy sarà difficile evitare di applicare la legge.
    È in corso una lunga partita a scacchi. Per il momento possiamo avanzare tre ipotesi: con una percentuale di voti inferiore al 30 per cento o anche del 40 per cento, l’indipendenza della Catalogna sarà rinviata a data da destinarsi; con oltre il 40 per cento saranno inevitabili difficili negoziati, mentre con la maggioranza assoluta è probabile che l’indipendenza diventi una realtà.
    https://www.internazionale.it/opinio...zioni-sondaggi


 

 
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