Secondo Stalin, il Leninismo è “il Marxismo nell’epoca dell’imperialismo e della rivoluzione proletaria . . . Il Leninismo è la teoria e la tattica della dittatura del proletariato in particolare” (Dei Principi del Leninismo, 1924). Di conseguenza, questa ideologia è spesso denominata “Marxismo-Leninismo”. Questa espressione, però, è una contraddizione in termini: il Marxismo è essenzialmente antileninista. Ma non tutto quello che scrisse Lenin è senza valore; per esempio, il suo articolo intitolato Tre fonti e tre parti integranti del marxismo (1913), contiene una concisa esposizione del Marxismo. Per quale motivo, quindi, il Leninismo è deplorevole? Perché, per i socialisti, è antidemocratico e sostiene una linea di azione politica che non può assolutamente portare al socialismo.
In Che fare? (1902) Lenin disse: “La storia di tutti i paesi attesta che la classe operaia colle sue sole forze è in grado di elaborare soltanto una coscienza tradunionista”. Lenin sosteneva che la coscienza socialista doveva essere portata alla classe lavoratrice da rivoluzionari di professione, provenienti dalla piccola borghesia, e organizzati come un partito d’avanguardia. Ma nel 1879 Marx ed Engels distribuirono una lettera circolare in cui dichiaravano:
Quando l’Internazionale fu fondata noi formulammo espressamente il grido di battaglia:
L’emancipazione della classe lavoratrice deve essere conquistata dalla classe lavoratrice stessa. Noi non possiamo, perciò, cooperare con persone che apertamente affermano che i lavoratori sono troppo ignoranti per emancipare loro stessi e che devono essere liberati dall’alto da grandi borghesi filantropici e da piccoli borghesi.
E questa non è una questione accademica, dal momento che la storia del Leninismo al potere mostra che il permettere a élite di governare “per conto” della classe lavoratrice è sempre un disastro. L’autoemancipazione della classe lavoratrice necessariamente preclude il ruolo della leadership politica. In Stato e Rivoluzione (1917) Lenin disse che il suo “compito è, innanzi tutto, ristabilire la vera dottrina di Marx sullo stato”. Lenin sosteneva che il socialismo è una società di transizione tra il capitalismo e il pieno comunismo, in cui “vi è ancora la necessità di uno stato . . . Perché lo stato di dissolva completamente, è necessario il comunismo completo”. Inoltre, Lenin sosteneva che secondo Marx il lavoro e i salari dovevano essere guidati dal “principio socialista” (benché in realtà provenga da San Paolo): “Chi non lavorerà non mangerà”. (Talvolta ciò è riformulato nel seguente modo: “a ognuno secondo il proprio lavoro”.) Marx ed Engels non usarono nessun “principio” di quel genere; non fecero alcuna distinzione tra socialismo e comunismo. Lenin in realtà non ripristinò il punto di vista di Marx ma sostanzialmente lo distorse per adattarlo alla situazione in cui i bolscevichi si trovavano. Quando Stalin annunciò la dottrina del “Socialismo in Un Paese” (cioè il Capitalismo di Stato in Russia) si basò su un’idea implicita negli scritti di Lenin.
In Stato e Rivoluzione, Lenin diede particolare enfasi al concetto della “dittatura del proletariato”. Questa frase fu talvolta usata da Marx ed Engels e significava la conquista del potere da parte della classe lavoratrice, conquista che essi (diversamente da Lenin) non confondevano con la società socialista. Engels citò la Comune di Parigi del 1871 come un esempio di dittatura del proletariato, tuttavia Marx nei suoi scritti concernenti questa materia non menzionò questa come un esempio, dal momento che per lui significava la conquista del potere statale, e la Comune non lo fu. Ciò nonostante, la Comune fece colpo su Marx ed Engels per le sue caratteristiche ultrademocratiche, non-gerarchiche, l’uso di delegati revocabili, ecc. Lenin, d’altro canto, tendeva a identificare la democrazia con uno stato governato da un partito d’avanguardia. Quando i bolscevichi riuscirono ad arrivare al potere centralizzarono sempre di più il potere politico nelle mani del Partito Comunista. Per Lenin la dittatura del proletariato era “la vera essenza dell’insegnamento di Marx” (La Rivoluzione Proletaria e il Rinnegato Kautsky). Occorre notare, tuttavia, che l’articolo di Lenin intitolato Tre Fonti – con riferimento a quanto detto sopra – non contiene nessuna traccia della frase o della particolare concezione di Lenin riguardante la dittatura del proletariato. E per i leninisti moderni questo concetto, nell’interpretazione di Lenin, è centrale nella loro politica. Perciò, per il suo elitarismo antidemocratico e per il suo sostegno di una irrilevante società di transizione nominata erroneamente “socialismo”, nella teoria e nella pratica, il Leninismo merita dovunque l’ostilità dei lavoratori.
Letture
Harding, N., Lenin's Political Thought, 1982.