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    Predefinito L' indipendenza della Scozia è un evento auspicabile oppure no?

    L'indipendenza della Scozia è un evento auspicabile oppure no?, Luigi Tedeschi
    L'indipendenza della Scozia è un evento auspicabile oppure no?
    di Luigi Tedeschi - 15/09/2014

    Fonte: centroitalicum




    L'indipendenza della Scozia è un evento auspicabile oppure no? Il referendum del 18 settembre ha un rilievo che travalica la eventuale secessione della Scozia dal Regno Unito di cui da secoli ne è stata parte integrante. L'autodeterminazione dei popoli è un principio sancito dalle Nazioni Unite e che ha determinato le sorti della geopolitica europea dalla prima guerra mondiale in poi. Non c'è dunque da rammaricarsi per lo smembramento di un Regno Unito che è stato fondato in concomitanza della conquista degli stati limitrofi e ha poi esteso il suo dominio coloniale sui continenti nel corso dei secoli passati. Le identità dei popoli nell'era della globalizzazione spesso si riaffermano quali fenomeni di rigetto verso un sistema di dominio economico e politico planetario.
    La Scozia, fu unita all'Inghilterra mediante la sigla dell' Act Union del 1707, che diede vita alla Gran Bretagna. In realtà tale unione rappresentò una annessione all'Inghilterra, che estese il suo dominio politico ed economico sulla Scozia. L'Inghilterra e la Scozia avevano identità e cultura tra loro diverse. Nel '500 il regno scozzese era legato alla Francia in funzione anti inglese. Con la riforma protestante la Scozia divenne calvinista e aderì alla Chiesa presbiteriana, contrapponendosi a quella anglicana. La conquista inglese comportò la recinzione delle terre comuni e la creazione di fattorie con relativa gestione in forma capitalista della agricoltura locale. Gli inglesi inoltre si appropriarono di vaste aree già destinate al pascolo che divennero tenute adibite all'allevamento e alla caccia. Tali trasformazioni dell'agricoltura scozzese rappresentarono un colpo mortale per la cultura autoctona e per una economia già dedita alla pastorizia. I mercanti scozzesi furono inoltre esclusi dalle reti commerciali instauratesi tra l'Inghilterra e le colonie delle Indie orientali e del Nord America. L'impoverimento della popolazione determinò massicce ondate migratorie scozzesi e l'arruolamento in massa nell'esercito inglese. La rivoluzione industriale favorì l'inurbamento della popolazione nella città di Glasgow, dando vita alla povertà diffusa di un proletariato industriale che duramente pagò le conseguenze delle crisi economiche susseguitesi. Tali eventi sono rimasti nella memoria storica del popolo scozzese e hanno suscitato alla lunga un sentimento indipendentista, quale recupero di una identità perduta.
    Tuttavia tale secessionismo si colloca in un contesto europeo in cui si sono affermati vari movimenti indipendentisti di regioni quali la Catalogna, le Fiandre, la Corsica, i Paesi Baschi, la Padania ed altri ancora. L'affermarsi di tante piccole patrie potrebbe condurre allo smembramento degli stati nazionali. La rivendicazione delle identità comporta infatti l'aspirazione all'indipendenza delle piccole patrie regionali, legittimate ideologicamente dalla storia e dalla cultura, ma in realtà queste entità regionali si affermano sulla base di interessi economici regionali propugnati dalle ambizioni delle classi politiche locali emergenti. La secessione dalla madrepatria avviene dunque in virtù di egoismi localistici, il cui fine è quello di far convergere entrate fiscali e risorse materiali sul proprio territorio. Nel caso della Scozia, l'indipendentismo è favorito dalla prospettiva della spartizione delle riserve di greggio situate nelle coste settentrionali del Mare del Nord. Le piccole patrie europee non sorgono quindi quali fenomeni di reazione al processo di globalizzazione economica del mondo, ma ne costituiscono un elemento localizzato, funzionale alla globalizzazione stessa, poiché costituiscono un fattore importante nel processo di dissoluzione degli stati nazionali. Le piccole patrie sono perfettamente coerenti con l'ideologia liberista globale, in quanto sorgono sulla base di interessi egoistici locali: rappresentano una proiezione sul piano collettivo dell'egoismo individualista che ha frammentato le società occidentalizzate in una miriade di atoni egoistici individuali. Una Europa frantumata in piccoli stati non in grado di esercitare la propria sovranità politica in ambito internazionale, può essere più facilmente dominata dallo strapotere delle lobbies finanziarie della BCE. Con lo smembramento degli stati nazionali si realizzerebbe dunque anche la dissoluzione degli unici elementi di resistenza dinanzi al dominio incontrollato su scala mondiale del capitalismo finanziario. Non è peraltro vero che la globalizzazione abbia rappresentato la fine degli stati nazionali. Gli USA, quale unica superpotenza mondiale può esercitare il suo dominio in forza di un super stato che si contrappone alle potenze emergenti del Brics e di altri stati dell'America Latina e del mondo islamico, che a loro volta sono stati dotati di sovranità politica che affermano le loro prerogative politiche e i loro interessi economici in funzione di difesa dal dominio americano.
    Lo stesso principio di autodeterminazione dei popoli sancito dall'ONU, non viene coerentemente rispettato nella geopolitica mondiale. Non si vede perché esso non debba essere riconosciuto anche per popoli e nazioni quali i palestinesi, i curdi e tanti altri sparsi per il mondo, oltre che le piccole patrie europee. La stessa Nato, è assai solerte nel fomentare disordini e pseudo rivoluzioni variamente colorate negli stati e nelle regioni estranee alla sua area di influenza, al fine di destabilizzare gli stati ad essa sgraditi (vedi la Russia nelle attuali vicende ucraine, nell'area caucasica o nei paesi islamici), mentre è apertamente repressiva verso le istanze indipendentiste interne ai paesi filo occidentali.
    L'indipendenza della Scozia comporterebbe la sua adesione alla UE e l'adozione della moneta unica. Non verrebbe realizzata una secessione dalla Gran Bretagna per divenire parte di una patria più grande, quale l'Europa. Quest'ultima non è una patria, ma una unione economico - monetaria fondata ed eterodiretta da una oligarchia finanziaria che fa capo alla Germania e alla BCE. Assisteremmo allora al paradosso di una sovranità nazionale scozzese che verrebbe meno nel momento stesso in cui fosse proclamata, poiché l'adesione alla UE e all'euro sancirebbe ipso facto la devoluzione all'Europa della propria sovranità economica e parte della sovranità politica.
    L'Europa non ha mai imparato le lezioni impartite dalla storia. Nel 1914 si realizzò infatti il suicidio dell'Europa stessa, con la frammentazione degli imperi centrali in tanti piccoli stati non autosufficienti e soggetti alla influenza delle grandi potenze coloniali capitaliste. La irriducibile conflittualità sulle aree di influenza tra Germania, Francia e Gran Bretagna scatenò poi la seconda guerra mondiale, che ebbe come esito finale lo smembramento dell'Europa e la sua occupazione da parte delle superpotenze USA e URSS e successiva guerra fredda. La stessa dissoluzione dell'URSS determinò, con lo smembramento della Jugoslavia e l'indipendenza dell'Ucraina e degli stati del Caucaso, nuove guerre civili su base etnica, fomentate dall'espansionismo americano. Gli stati europei, divenuti ascari dell'imperialismo americano, hanno sostenuto i movimenti antirussi in Ucraina, nella prospettiva di una estensione della Nato ad est con relativa destabilizzazione della Russia.
    L'indipendentismo delle piccole patrie potrebbe preludere ad una nuova balcanizzazione estesa all'Europa intera. Parafrasando quanto diceva Costanzo Preve, dobbiamo solo augurarci che l'Europa "smetta di suicidarsi".

    Tante altre notizie su www.ariannaeditrice.it
    Ultima modifica di Avanguardia; 18-09-14 alle 20:02
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    Predefinito Re: L' indipendenza della Scozia è un evento auspicabile oppure no?

    Io rispondo di no.
    Questi micro-regionalismi, oltre ad essere animati da spiriti piccolo-bottegai, servono a distruggere lo Stato Nazione.
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    Predefinito Re: L' indipendenza della Scozia è un evento auspicabile oppure no?

    Perché l?indipendentismo scozzese è diverso dagli altri (e dobbiamo quindi appoggiarlo) - Stato & Potenza

    Pubblicato il: 8 settembre, 2014
    Europa | Di Hyblaeus

    Perché l’indipendentismo scozzese è diverso dagli altri (e dobbiamo quindi appoggiarlo)

    Il 18 settembre la Scozia voterà un referendum epocale. Il quesito, cui si dovrà votare con un sì o un no, pone la seguente domanda: “Should Scotland be an independent country?”

    Dovrebbe la Scozia essere un “paese” indipendente? Stando agli ultimi sondaggi, la disfida tra unionisti e indipendentisti si giocherà fino all’ultimo voto. Il che è già una vittoria per il primo ministro scozzese, Alex Salmond, e per il Partito Nazionale Scozzese (SNP) fautore del referendum. La causa indipendentista della Scozia vanta una lunga storia, a partire dalla leggenda della scomparsa della IX Legio Hispana: in base a una delle versioni, con ogni probabilità non vera nonostante abbia ispirato libri e film di successo (su tutti citiamo ‘L’ultima legione’ di Valerio Massimo Manfredi e la sua trasposizione cinematografica), essa sarebbe scomparsa intorno al 120 p.e.v. perché annientata dai Pitti, gli antichi e misteriosi abitanti della Scozia. Fatto sta che Adriano fece poi erigere il Vallo per difendere la provincia di Britannia dalle incursioni di quelle popolazioni mai sottomesse. Il pubblico generalista occidentale cominciò a farsi un’idea concreta del millenario anelito indipendentista degli scozzesi grazie al pluripremiato “Braveheart” di Mel Gibson in cui, tra innumerevoli errori storici probabilmente connaturati anche alle esigenze del mezzo artistico adoperato e alle finalità ideologiche dell’opera, emerge in maniera prepotente la figura di William Wallace, nobile delle Lowlands (nel film è invece un plebeo originario delle Highlands) capace di tener testa agli eserciti dei Plantageneti d’Inghilterra che alla fine del XIII secolo avevano assoggettato il suo popolo. Qualche anno dopo la cattura di Wallace e la sua messa a morte, gli scozzesi riuscirono a conquistare la libertà sconfiggendo gli inglesi nella battaglia di Bannockburn sotto il comando di Robert Bruce. Da lì in poi abbiamo un Regno di Scozia destinato a rimanere indipendente fino al 1707, anno dell’”Atto di Unione” col Regno d’Inghilterra. Non per questo tuttavia gli scozzesi rinunciarono a sfidare la supremazia londinese: alla morte della regina Anna supportarono massicciamente la causa della dinastia Stuart soppiantata da quella Hannover che invece era gradita agli inglesi. I partigiani degli Stuart furono detti “giacobiti”, dal nome di Giacomo II Stuart che nel 1688 era stato deposto da Guglielmo d’Orange, stadtholder d’Olanda (passaggio noto come“Glorious Revolution”). Nel 1746 gli scozzesi andarono tuttavia incontro a una terribile sconfitta sulla radura di Culloden: il comandante in capo degli hannoveriani (noti anche come “orangisti”), Guglielmo di Cumberland, ordinò lo sterminio di tutti gli scozzesi feriti mentre i prigionieri d’alto lignaggio furono giustiziati. Ma per gli scozzesi il peggio doveva ancora arrivare: nei mesi successivi la Corona prese infatti provvedimenti draconiani per distruggere il loro retaggio, arrivando a vietare perfino il kilt e la cornamusa e perseguitando la lingua gaelica fino a quel momento predominante nelle Highlands e lungo la costa occidentale del paese. La repressione della cultura scozzese diede i suoi risultati dal momento che ai giorni nostri, a dispetto della “Gaelic Renaissance”, meno del 5% degli abitanti delle Highlands è in grado di comprendere e parlare il gaelico che resiste ormai come lingua d’uso quotidiano solamente nelle sperdute Ebridi Esterne. Quanto alle Lowlands e alla costa orientale, in cui vivono almeno i 4/5 degli scozzesi, già nel medioevo da quelle parti il retaggio celtico aveva ceduto il passo a quello germanico di ascendenza sia anglosassone che normanna. Dal punto di vista linguistico questo retaggio ha dato forma allo scots, una parlata affine all’inglese ma anche assai differente specie sul piano semantico. Tale diversa evoluzione della lingua è da addebitare almeno in parte al mancato influsso del sostrato romanzo nei territori al di là del Vallo. Ad ogni modo un’identità scozzese ben distinta da quella inglese esiste eccome, e se ne sentono gli effetti già nelle piccole cose, ad esempio nell’accento con cui i discendenti di Wallace parlano la lingua dei loro dirimpettai: nonostante la vicinanza geografica, l’unità politica e l’invasività londinese a tutti i livelli, la pronuncia degli scozzesi è probabilmente la più lontana in assoluto da quella standard nonché la più difficile da cogliere per il neofita e, talvolta, anche per gli stessi madrelingua.

    La lotta identitaria scozzese non finisce con la brutale repressione dei giacobiti, riemerge progressivamente nel XIX secolo benché con un’intensità assai minore rispetto a quella della “nazione sorella” irlandese. E, così come in Irlanda, abbandona del tutto i pretesti dinastici per caricarsi di valenze che da questa fase in poi fanno della causa indipendentista una questione “socialnazionale”, ove l’elemento patriottico e quello della rivendicazione sociale si fondono in maniera inscindibile. Anche l’Italia, nel corso dell’Ottocento, aveva conosciuto qualcosa di simile col suo miglior Risorgimento, quello dei Mazzini e dei Pisacane per i quali la liberazione nazionale costituiva l’occasione imperdibile anche per il riscatto delle classi subalterne sottoposte al sopruso dei ceti legati all’ancien régime. Com’è noto, l’Unità fu poi completata dalla monarchia sabauda e le vecchie classi dominanti si riciclarono tranquillamente nella nuova compagine rimandando le questioni sociali a tempo indeterminato. In Scozia e Irlanda, diversamente che in Italia, l’indipendentismo è rimasto legato a questa dimensione in maniera profonda, anche perché il dominio inglese è sempre coinciso col dominio di classi privilegiate ai danni di masse tagliate fuori dalle opportunità di ascesa sociale e non di rado anche dai diritti politici. In Scozia gli unionisti sono ancor adesso, in parte non trascurabile, espressione di quelle classi abbienti per secoli favorite da Londra ed emanazione “britannizante” del lealismo orangista; allo stesso modo in Ulster, se vogliamo anche più drammaticamente che in Scozia, un regime di apartheid ha letteralmente segregato la popolazione irlandese per buona parte del ’900 a vantaggio della popolazione originaria della Gran Bretagna reclutata in particolare proprio dai ceti unionisti scozzesi. Simultaneamente all’arrivo in Ulster degli orangisti moltissimi irlandesi, a partire dalla Grande Carestia degli anni ’40 dell’800, attraversavano il mare nel senso opposto per cercare fortuna in Gran Bretagna, e in particolar modo proprio in Scozia, in cui andarono a costituire il nerbo del proletariato. Una città come Glasgow, ad esempio, può vantare origini irlandesi per una buona metà dei suoi abitanti. Dal che si evince quanto intrecciate siano le vicende scozzesi e quelle irlandesi.

    Gli elementi culturali, linguistici e non da ultimo religiosi, per quanto importanti continuino ad essere, non hanno mai funto da molla decisiva dell’indipendentismo scozzese o irlandese in età moderna e post-moderna. Tant’è che se volessimo incarnare questa storia in un simbolo, in un singolo uomo, costui sarebbe senza dubbio James Connolly. Egli nacque infatti ad Edimburgo da genitori irlandesi, e la sua vita si svolse tra Scozia e Irlanda nel tormentato periodo a cavallo tra ’800 e ’900. A undici anni Connolly era già un lavoratore e prima dei trenta aveva guidato diverse organizzazioni di sinistra, dalla Scottish Socialist Federation all’Irish Republican Party fino a diventare un capo dell’Irish Transport and General Workers Union. Per difendere dalla polizia i lavoratori in sciopero costituì, insieme ad altri sindacalisti, l’Irish Citizen Army, piccolo esercito destinato a distinguersi nella Rivolta di Pasqua a Dublino del 1916, occasione in cui questo minuto ma combattivo patriota e sindacalista trovò la morte: non potendo stare in piedi a causa delle ferite rimediate in combattimento, gli inglesi lo fucilarono su una sedia. La Seconda Internazionale generalmente diffidava delle cause patriottiche bollandole come “borghesi”, e la fama di Connolly sembrava destinata a rimanere confinata in Irlanda e Scozia; fu Lenin a intravedere invece nella sua lotta al tempo stesso sociale e nazionale un modello rivoluzionario efficace che non per nulla rivedremo in azione nei decenni successivi ai quattro angoli del mondo (basti pensare al carattere “laico” del panarabismo di organizzazioni come il Partito Socialista Nazionale Siriano).

    Da questo “background” provengono anche lo SNP e le altre formazioni indipendentiste scozzesi, ancorché decise a perseguire in modo pacifico e non più con le armi le loro istanze. Così, dopo aver ottenuto la “Devolution” nel 1997, la Scozia si trova adesso al suo bivio più importante. Il fronte del no vede in prima fila i laburisti, guidati dall’ex ministro delle Finanze Alistair Darling: i laburisti sono molto preoccupati perché, in caso di vittoria dei sì, perderebbero la loro più importante roccaforte elettorale. In realtà, molti laburisti scozzesi sono già stati conquistati alla causa indipendentista. Più che le future performance elettorali del Labour, ad ogni modo, a preoccupare Londra sarebbero i mancati introiti del brent di Aberdeen e di altre attività produttive scozzesi per un ammontare di almeno una quindicina di miliardi annui. Gli indipendentisti, dal canto loro, si dicono sicuri di poter affrontare l’eventuale “salto nel buio” senza troppi scossoni, anzi con migliorie sociali significative. Per parte nostra, la preoccupazione espressa in merito a un’eventuale autodeterminazione scozzese da colossi bancari come Lloyd e Goldman Sachs ci spinge a un più convinto sostegno alla causa. A farci ben sperare in caso di vittoria del sì possiamo aggiungere anche la solida tradizione antimperialista dello SNP e dei suoi alleati, da sempre contrari alle avventure militari di Londra che oltretutto per parte sua, proprio in questi giorni, dichiara di voler moltiplicare sullo scacchiere in cui si sta giocando la partita contro il multipolarismo. Menzione a parte merita la situazione dell’Ulster: è chiaro che in caso di indipendenza della Scozia ai lealisti nordirlandesi, come detto per lo più di origine scozzese, verrebbe un po’ a mancare il terreno sotto i piedi ed inevitabilmente anche la riunificazione dell’Irlanda guadagnerebbe nuovo slancio.
    La questione in essere ci spinge però anche ad altre considerazioni. Il quadro generale europeo vede il progressivo indebolimento, e forse anche il superamento, degli stati-nazione. Una Scozia che si separa dal Regno Unito potrebbe così dare il via alla disintegrazione della mappa geografica dell’Europa così come la conosciamo. A questa preoccupazione rispondiamo con alcune puntualizzazioni che non saranno forse superflue nel dibattito che si sta sviluppando in merito. In primo luogo, dobbiamo rilevare che l’indebolimento degli stati-nazione non è affatto provocato dalle spinte autonomiste o indipendentiste che agiscono a livello locale, bensì da quelle accentratrici, verticistiche e sempre più piramidali che agiscono dall’alto su impulso dell’Unione Europea e in particolare del segretario della BCE, Mario Draghi, che proprio in queste ultime settimane ha moltiplicato gli appelli affinché stati-nazione come l’Italia cedano la loro sovranità al suo consiglio d’amministrazione. Se ne avessimo la possibilità lo chiederemmo proprio a Draghi cosa pensa della causa indipendentista scozzese, sicuri che la sua risposta ci illuminerebbe definitivamente al riguardo. A questo tipo di considerazione, incentrata sull’attualità, vogliamo affiancarne un’altra di respiro più ampio. Cos’è irredentismo? Cos’è secessionismo? Quando è lecito l’uno, quando l’altro se mai lo è. Così come esiste una differenza sostanziale tra nazionalismo e patriottismo, intendendo il primo come l’arbitrio espansionistico di uno stato-nazione ai danni di un altro e il secondo invece come un anelito sano di cui sono protagonisti coloro che proprio perché amano la loro patria amano tutte le patrie, allo stesso modo non ci sembra insensato distinguere tra irredentismo e secessionismo.
    L’irredentismo è l’aspirazione all’unificazione (o più spesso alla riunificazione) politica della propria nazione. Senza doverci allontanare da casa nostra troviamo molti esempi di questo tipo: irredentisti erano per esempio Cesare Battisti – che voleva unificare all’Italia il Trentino sotto il dominio asburgico, e Carmelo Borg Pisani – che voleva unificare all’Italia Malta sotto il dominio inglese. Ambedue furono fucilati come traditori dalle autorità ufficiali, e nondimeno per un italiano essi traditori non lo sono affatto assurgendo semmai al rango di eroi. Anche quello irlandese è un irredentismo, dato che mira alla riunificazione dell’Ulster con il resto dell’Irlanda. L’irredentismo unisce, non divide. Al contrario se per assurdo qualcuno, sulla base di un’invenzione fantasiosa, si sognasse di fare la Padania laddove invece è l’Italia, allora ci troveremmo di fronte a un caso di secessionismo. Se l’irredentismo è un fenomeno tipico soprattutto di periodi di crescita – tant’è vero che, come si è visto, difficilmente può essere separato dalle istanze sociali, il secessionismo è invece sempre in agguato nei periodi di decrescita: l’Italia come entità politica, culturale, linguistica, e anche psicologica unitaria (non “provincia” ma cuore dell’Impero), si frantuma alla fine del mondo antico di pari passo con lo sconquasso dello Stato e dei suoi confini e con la deurbanizzazione che lascia il passo ai signorotti locali – germanici o latini, che man mano diventano conti, duchi, vescovi, principi ecc. Ora, ci sembra plausibile ipotizzare che tale frammentazione sarebbe molto probabilmente rientrata col cambio di congiuntura, si sarebbe ricomposto un Regno unitario anche in Italia – così come si affermarono in Francia o in Spagna – se non fosse stato per il ruolo politico della Chiesa.
    Ma allora, se seguiamo questo ragionamento (tanto più che “c’è la crisi”!), anche quello scozzese non sarà certo un irredentismo bensì un secessionismo dato che non mira a riunificare la Gran Bretagna bensì a separarla! A prima vista sembrerebbe proprio così. In realtà si tratta del contrario. La Gran Bretagna non è infatti una nazione, è un’isola la cui unificazione culturale, linguistica, psicologica non è mai avvenuta nella storia e quella politica, conseguita solo al prezzo dello sterminio e della repressione, vacilla praticamente da sempre. Piaccia o meno ai “supporters” dell’unionismo britannico, è quella scozzese ad essere una nazione non quella britannica: una nazione che non può conseguire la sua vera unità né filarsi la sua storia in qualità di stato-nazione vero e proprio, finché rimane ostaggio di un dominio che nei decenni si è fatto senz’altro più morbido ma che sempre dominio resta. Anche quella inglese ad ogni modo è una nazione. Tempo fa leggevo su “The Scotsman”, quotidiano unionista di Edimburgo, che negli ultimi lustri non solo gli scozzesi e i gallesi hanno maturato uno spirito di appartenenza sempre più robusto, ma anche gli stessi inglesi. E a nostro avviso a nessuno di questi popoli può essere negata la possibilità di ritornare ad essere padroni dei loro destini liberandosi delle ultime vestigia di un giogo imperialista che ha davvero fatto il suo tempo. A tutti loro, il nostro migliore augurio.
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    Predefinito Re: L' indipendenza della Scozia è un evento auspicabile oppure no?

    Citazione Originariamente Scritto da Avanguardia Visualizza Messaggio
    Io rispondo di no.
    Questi micro-regionalismi, oltre ad essere animati da spiriti piccolo-bottegai, servono a distruggere lo Stato Nazione.
    Io non credo che per una nazione come la Scozia che ha anche la sua storia come nazione indipendente si possa parlare di microregionalismi o di danneggiare lo Stato-Nazione, mica è la padania...dipende appunto dalla storia che ognuno ha,in fondo è una nazione che semplicemente potrebbe tornare ad esistere come tale.
    Poi qualunque cosa possa danneggiare l'Inghilterra non può che farmi felice e avere il mio appoggio... e l'indipendenza scozzese potrebbe anche rappresntare un bello scossone per tutto l'impianto farlocco dell'UE.
    Purtroppo credo che alla fine i NO preveranno, visto tutto il supporto mediatico che il sI ha avuto, ed il terrorismo che è stato fatto contro una eventuale scelta indipendentista.
    Ultima modifica di Kavalerists; 18-09-14 alle 21:33
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  5. #5
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    Predefinito Re: L' indipendenza della Scozia è un evento auspicabile oppure no?

    Ha vinto il NO all' indipendenza del 55%.
    FASCISMO MESSIANICO E DISTRUTTORE. PER UN MONDIALISMO FASCISTA.

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  6. #6
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    Predefinito Re: L' indipendenza della Scozia è un evento auspicabile oppure no?

    Citazione Originariamente Scritto da Avanguardia Visualizza Messaggio
    Io rispondo di no.
    Questi micro-regionalismi, oltre ad essere animati da spiriti piccolo-bottegai, servono a distruggere lo Stato Nazione.
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  7. #7
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    Predefinito Re: L' indipendenza della Scozia è un evento auspicabile oppure no?

    Citazione Originariamente Scritto da Avanguardia Visualizza Messaggio
    Io rispondo di no.
    Questi micro-regionalismi, oltre ad essere animati da spiriti piccolo-bottegai, servono a distruggere lo Stato Nazione.
    La Scozia è già uno Stato nazione, il regno unito è una unione di stati, non sono mica regioni, altrimenti col cavolo avrebbero permesso il referendum.
    Non esiste una squadra nazionale di calcio o di altri sport del regno unito, ognuno ha la propria.

    Il referendum è servito soprattutto ad avere ancora più concessioni più di quante ne abbiano ora
    Ultima modifica di x_alfo_x; 19-09-14 alle 10:28

  8. #8
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    Predefinito Re: L' indipendenza della Scozia è un evento auspicabile oppure no?

    Infatti. Non si andava a creare una nuova nazione, semmai un nuovo Stato indipendente. La Scozia è una nazione, e gli scozzesi sono, per l'appunto, scozzesi E cittadini britannici. Francamente sono deluso, speravo in una vittoria del sì, per tutta una serie di questioni: dall'attacco all'imperialismo inglese, specialmente in medioriente, alle denunce fatte contro il governo Londra e contro quella porcheria immonda che è la monarchia inglese.

    Che poi non cambiasse niente su un piano pratico era chiaro: era già pronta la richiesta di immediato ingresso nell'UE e NATO.

    Un'occasione storica sprecata, che assesta un durissimo colpo a tutto l'indipendentismo europeo e che probabilmente non si ripeterà mai più. L'unica cosa che so è che Londra sapeva di vincere. Ecco perché hanno concesso il referendum così facilmente.
    TIOCFAIDH ÁR LÁ
    ╾━╤デ╦︻

    革命无罪,造反有理

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    Predefinito Re: L' indipendenza della Scozia è un evento auspicabile oppure no?

    Citazione Originariamente Scritto da RibelleInEsilio Visualizza Messaggio
    Infatti. Non si andava a creare una nuova nazione, semmai un nuovo Stato indipendente. La Scozia è una nazione, e gli scozzesi sono, per l'appunto, scozzesi E cittadini britannici. Francamente sono deluso, speravo in una vittoria del sì, per tutta una serie di questioni: dall'attacco all'imperialismo inglese, specialmente in medioriente, alle denunce fatte contro il governo Londra e contro quella porcheria immonda che è la monarchia inglese.

    Che poi non cambiasse niente su un piano pratico era chiaro: era già pronta la richiesta di immediato ingresso nell'UE e NATO.

    Un'occasione storica sprecata, che assesta un durissimo colpo a tutto l'indipendentismo europeo e che probabilmente non si ripeterà mai più. L'unica cosa che so è che Londra sapeva di vincere. Ecco perché hanno concesso il referendum così facilmente.

    Ti sei praticamente risposto da solo!!!
    Malgrado ritenga che tutto ciò che va a ledere la perfida e schifossisima albione sia per noi fonte di gioia, bisogna capire che l'indipendenza della Scozia era solo uno stupido bluff poiché gli indipendentisti erano e sono ancora più marcatamente europeisti, progressisti (ovviamente, nella parte peggiore del termine), filo Nato e filo Euro.

    Poi, cosa ben più importante, è che la vittoria (pilotata, magari con brogli) del no, ha spento o magari attenuato i pruriti rettali dei dementi secessionisti italioti...

    PS: Ti ho scritto un messaggio nel 3d di presentazioni
    Ultima modifica di Majorana; 20-09-14 alle 00:30
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    Gli umori corrodono il marmo

  10. #10
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    Predefinito Re: L' indipendenza della Scozia è un evento auspicabile oppure no?

    Citazione Originariamente Scritto da Majorana Visualizza Messaggio
    Ti sei praticamente risposto da solo!!!
    Malgrado ritenga che tutto ciò che va a ledere la perfida e schifossisima albione sia per noi fonte di gioia, bisogna capire che l'indipendenza della Scozia era solo uno stupido bluff poiché gli indipendentisti erano e sono ancora più marcatamente europeisti, progressisti (ovviamente, nella parte peggiore del termine), filo Nato e filo Euro.

    Poi, cosa ben più importante, è che la vittoria (pilotata, magari con brogli) del no, ha spento o magari attenuato i pruriti rettali dei dementi secessionisti italioti...

    PS: Ti ho scritto un messaggio nel 3d di presentazioni
    Quoto al 100%.
    FASCISMO MESSIANICO E DISTRUTTORE. PER UN MONDIALISMO FASCISTA.

    "NELLA MIA TOMBA NON OCCORRE SCRIVERE ALCUN NOME! SE DOVRO' MORIRE, LO FARO' NEL DESERTO, IN MEZZO ALLE BATTAGLIE." Ken il Guerriero, cap. 27. fumetto.

 

 
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