Originariamente Scritto da
Vanvitelli
Sono stato io a tirare in ballo il termine "legalità"... e me ne scuso, essendo stato evidentemente un po' superficiale.
Vorrei far notare però una cosa: le persone che girano senza assicurazione, se ne infischiano delle regole (va bene la parola regole?) e non distinguono tra i loro desideri e i loro diritti, rappresentano una fetta dell'elettorato non indifferente in certe zone. E, forti di questo, fanno pressioni sui politici locali che periodicamente riescono a inserirne un certo numero in uffici e servizi pubblici: è da qui che vengono una serie di problemi e di arrabbiature quotidiane, con pubblici dipendenti incompetenti e che fanno i loro comodi durante l'orario di lavoro. Quelli che non raggiungono questo obiettivo, poverini, sono chiaramente "costretti" a delinquere.
Io non vedo cosa ci sia da compatire in tutto questo, né accetto di essere accomunato a simili modi di vivere: nella mia famiglia c'è stato il tempo della fame, e si è risposto emigrando, accettando i lavori più umili, stringendo la cinghia; non dico che andava tutto bene, ma quando una persona si guarda allo specchio, negli occhi, per verificare in che condizioni si trovano la propria dignità e il proprio onore, non esistono piemontesi né banchieri: esiste solo la propria coscienza, che nessuno può toglierci né, ahimé, ci può dare.
Oggi gira voce che i tempi siano cambiati, che il mondo è di chi sa prenderselo, e che chi si "arrangia" fa più che bene, dato che è naturale che ognuno rubi dove può: il potente, sulle spalle del popolo e il meschino su chi, più meschino di lui, gli capita a tiro. Se accettare tutto questo è considerato doverosa rivoluzione, accomodatevi, ma non si pretenda che chi vuole vivere in maniera onesta e ordinata (ce ne sono, anche se si vedono poco) si accodi in nome di chissà quali alti principi.