L’obsolescenza programmata è uno dei pilastri della società dei consumi, sostiene il teorico della decrescita Serge Latouche, e alcuni deputati francesi hanno deciso di abbatterlo. «Una lavatrice potrebbe durare trent’anni, invece è concepita per rompersi subito», diceva già anni fa la candidata presidenziale Eva Joly: da allora l’idea che i prodotti - dagli elettrodomestici alle automobili - si fermino non per caso si è fatta largo nell’opinione pubblica, grazie anche a uno studio eseguito nel marzo 2013 in Germania su commissione dei verdi tedeschi.
I loro colleghi ecologisti al di qua del Reno hanno presentato, venerdì, un emendamento alla proposta di legge sulla transizione energetica promossa dalla ministra Ségolène Royal, che prevede il carcere fino a due anni e un massimo di 300 mila euro di multa per chi organizzi una «truffa al consumatore», «accorciando intenzionalmente la durata di vita di un prodotto sin dal suo concepimento».
«Queste pratiche sono nefaste per l’ambiente e pesano sul potere d’acquisto delle famiglie», dicono Eric Alauzet, Denis Baupin e Cécile Duflot, ex ministra per l’Alloggio durante la prima fase della presidenza Hollande, uscita dal governo per protesta contro una politica a suo giudizio non abbastanza di sinistra.
L’obsolescenza programmata è un grande classico della critica al consumismo, un po’ come i «persuasori occulti» di Vance Packard, e gli esempi portati sono periodicamente gli stessi: il cartello dei produttori di lampadine negli anni Venti, la DuPont che decise di fabbricare calze di nylon un po’ meno indistruttibili, le aziende produttrici di stampanti che sarebbero pronte a bloccare le macchine dopo un certo numero di copie.
«Un falso mito», una credenza da complottisti, secondo l’economista Alexandre Delaigue. La durata di alcuni prodotti è talvolta frutto di un tacito compromesso tra produttori e consumatori: invece di un ferro da stiro eterno che costerebbe 1000, meglio comprarne uno da 100, e cambiarlo ogni tanto.
L’obsolescenza programmata viene evocata regolarmente poi a proposito dei prodotti Apple: il nostro iPhone 5 sembra subito più lento, la sera stessa in cui in California viene presentato il 6. Ma in quel caso basterebbe non aggiornare il sistema operativo o resistere alla voglia di nuovo, contro la quale l’emendamento francese potrà poco.