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  1. #1511
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    Predefinito Compiti e struttura degli Einsatzgruppen…di Carlo Mattogno

    SS-Gruppenführer Prof. Otto Ohlendorf, comandante dell’Einsatzgruppe D, fino al giugno 1942

    Gli Einsatzgruppen, o gruppi operativi, furono reparti tedeschi che operarono dietro le armate della Wehrmacht; attivi in modo principale in operazioni di polizia, bonifica di territori, applicazione delle direttive sulla gestione dei territori conquistati. A loro si attribuiscono numeri di morti notevoli, ma, stranamente, non sono mai entrati con forza nella lagrimosa narrazione sterminazionista.
    Uno dei motivi indiscutibili di questa pura paura a trattarne è sicuramente la
    - mancanza di un ordine chiaro di eliminazione degli ebrei in quanto tali!…e non solamente…
    - La loro funzione nella ghettizzazione ebraica (che significa conservazione e non sterminio)…
    - la babele di numeri sui pretesi spallottolati.
    Per quest’ultimo aspetto, infatti, la olostoria si abbandona a fantasticherie supportate solo dalla infinita, insolente, impertinente, arroganza o chutzpah (חוצפה); infatti lisergichezza tra i
    - 750.000 dell’ebreo reitlinger gerald i
    - 1.350.000 dell’ebreo hilberg i
    - 2.100.000 di Wolfgang Benz !
    Con tale stravaganza di numeri, fermi restando i sacri/intoccabili 6.000.000, diventa decisamente imbarazzante, avventuroso, suicida, tentare di parlarne apportando gli indispensabili riferimenti storici! Lo storico olocau$tico/sterminazionista Helmut Krausnick, al congresso di Stoccarda del 3-5 maggio 1984, fu costretto, dallo stato comatoso della ricerca storica sterminazionista e dall’incalzante ricerca revisionista, ad affermare lapidariamente…
    «Riguardo alle questioni relative a quando, dove, da chi e per quale cerchia di persone un tale ordine fosse stato trasmesso agli Einsatzgruppen, le deposizioni rese dopo la guerra non concordano – o non concordano più»…«più importante della questione di chi abbia trasmesso l’ordine di uccisione, è indubbiamente quella di sapere se e quando sia stato impartito, e a quale cerchia di persone»
    Testuale! La storiografia organica all’industria dell’olocau$to NON SA neppure se venne impartito tale ordine! Evitiamo, si son detti, che è meglio!
    Sugli Einstazgruppen presentiamo un estratto dello studio “Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. Fonti e metodologia“, a firma del più importante e prolifico ricercatore storico revisionista, l’italiano Carlo Mattogno , consultabile QUi. Agli interessati agli studi revisionisti del Mattogno presentiamo QUI la serie dei posts (72 ad oggi) che Olodogma gli ha dedicato.
    __________________________________________________ _______________________________________
    (…)
    CAPITOLO II
    Le deportazioni
    1. Hilberg e gli Einsatzgruppen
    1.6 Compiti e struttura degli Einsatzgruppen
    SS-Brigadeführer Dr.Franz Walter Stahlecker primo comandante dell’Einsatzgruppe A, dal Giugno 1941 fino alla sua morte il 23 marzo 1942

    Perplessità ancora maggiori suscitano le affermazioni di Hilberg sui compiti degli Einsatzgruppen.
    Secondo le direttive emanate dal generale Walther von Brauchitsch il 28 aprile 1941, gli Einsatzgruppen dovevano da un lato sequestrare, prima delle operazioni, materiali, archivi, cartoteche di organizzazioni, formazioni o gruppi ostili alla Germania e arrestare singole persone particolarmente importanti (emigrati, sabotatori, terroristi di primo piano), dall’altro individuare e combattere le attività antitedesche e informare i comandanti dell’esercito sulla situazione politica nelle retrovie (141). Nel suo ordine agli Alti Capi delle SS e della Polizia del 2 luglio 1941, Heydrich precisò che gli Einsatzgruppen dovevano giustiziare i funzionari del Komintern, i funzionari di alto e medio livello dell’apparato del partito comunista sovietico, i commissari del popolo, gli Ebrei che avessero delle cariche nel partito comunista o nello Stato sovietico, gli altri elementi radicali (142).
    Le attività antiebraiche degli Einsatzgruppen erano del resto soltanto uno dei numerosi compiti che dovevano svolgere. Ad esempio, il rapporto del capo dell’Einsatzgruppe A del 15 ottobre 1941, che conta almeno 143 pagine, più vari allegati, riferisce, tra l’altro, su: istituzione di polizia ausiliaria e personale di protezione, ristrutturazione del sistema carcerario, epurazione e messa in sicurezza dell’area operativa, lotta contro il comunismo, messa in sicurezza dei materiali, ricerca e arresto di comunisti e lotta contro il lavoro illegale comunista, lotta contro l’ebraismo, lotta antipartigiana, altri lavori di polizia di sicurezza, controspionaggio, identificazione e schedatura di persone, lavoro di polizia criminale (143).
    All’epoca, l’Einsatzgruppe A, il più importante numericamente, aveva una forza di 990 persone, di cui Hilberg indica la ripartizione in base alle funzioni (p. 305), ma in data 1° febbraio 1942 essa era scesa a 909 (144). Nella tabella che segue riporto la relativa ripartizione del personale:


    SS-Gruppenführer Arthur Nebe,comandante dell’Einsatzgruppe B fino ad ottobre 1941

    All’inizio il personale operativo era il 73% del totale, poi questa percentuale si abbassò ulteriormente. Tra l’altro, il «personale femminile» (!) salì da 13 a 22 donne. Una tale struttura, sia per la varietà delle funzioni, sia per l’esiguo numero degli effettivi operativi, non si concilia troppo con gli immani massacri che sarebbero stati perpetrati da questo Einsatzgruppe: 249.421 Ebrei fucilati nel solo inverno 1941-1942 (p. 392).Circa l’attendibilità dei dati numerici che appaiono nei rapporti degli Einsatzgruppen, rimando a quanto ho rilevato altrove (145). Qui adduco una sola smentita, esemplare: Il Generalfeldmarschall Erich von Manstein fu comandante della 11a Armata e combatté nella regione del Mar Nero e in Crimea. Nel 1949 egli fu processato dal tribunale militare britannico di Amburgo per complicità nei massacri eseguiti dall’Einsatzgruppe D. Von Manstein fu difeso da Reginald T. Paget, che nel 1951 pubblicò sul processo un libro nel quale riferì quanto segue riguardo alle attività dell’Einsatzgruppe D (146) in Crimea:
    «Le cifre addotte dal Servizio di Sicurezza mi sembrarono assolutamente impossibili. Singole compagnie di circa 100 uomini con circa 8 automezzi pretendevano di aver assassinato in due o tre giorni 10.000 o 12.000 Ebrei. Poiché, come si ricorderà, gli Ebrei credevano di essere trasferiti e conseguentemente portavano con sé i loro averi, sarebbe stato impossibile per il Servizio di Sicurezza caricare su un autocarro più di venti o trenta Ebrei alla volta. Per ogni automezzo, per il caricamento, il tragitto di 10 chilometri, lo scarico e il ritorno ci volevano all’incirca due ore. D’invero i giorni sono brevi e di notte non si viaggiava. Per uccidere 10.000 Ebrei sarebbero state necessarie perlomeno delle settimane.
    In un caso potemmo verificare le cifre. Il Servizio di Sicurezza affermava di aver ucciso a Simferopol in novembre [1941] 10.000 Ebrei e in dicembre dichiarò la città libera da Ebrei. Grazie a una serie di controprove riuscimmo a dimostrare che a Simferopol c’era stata una sola fucilazione di Ebrei un unico giorno, il 16 novembre. A Simferopol c’era una sola compagnia del Servizio di Sicurezza. Il luogo dell’esecuzione si trovava a 15 chilometri dalla città. Il numero delle vittime non può essere stato superiore a 300, e questi 300, secondo ogni probabilità, non erano solo Ebrei, ma una congerie di elementi vari sospettati di appartenere al movimento di resistenza. Al tempo del processo l’affare Simferopol ebbe grande risonanza, perché fu menzionato dall’unico testimone vivente dell’accusa, un caporale austriaco di nome Gaffal. Egli affermò di aver sentito parlare dell’azione ad una mensa di genieri, dove era portaordini, e di essere passato davanti al luogo dell’esecuzione a Simferopol. Dopo questa dichiarazione ricevemmo una grande quantità di lettere e potemmo addurre parecchi testimoni che si trovavano presso famiglie ebraiche nel quartiere i quali riferirono di funzioni religiose nella sinagoga nonché di un mercato ebraico dove si compravano icone e roba vecchia fino alla partenza di von Manstein dalla Crimea e dopo. Non c’era dubbio che la comunità ebraica a Simferopol aveva continuato ad esistere alla luce del sole e sebbene alcuni dei nostri testimoni avessero udito voci di soprusi del Servizio di Sicurezza contro gli Ebrei, risultò che la comunità ebraica non era consapevole di un particolare pericolo» (147).
    SS-Gruppenführer Dr. Otto Rasch, comandante dell’Einsatzgruppe C fino al giugno 1942

    L’attività di massacro ebraico da parte degli Einsatzgruppen, contrariamente a quanto asserito da Hilberg, non era diretta contro tutti gli Ebrei orientali in modo indiscriminato, né contro gli Ebrei in quanto Ebrei.
    La “Braune Mappe”, nel paragrafo «Stato della popolazione», distingueva due categorie di Ebrei orientali:
    «L’ebraismo nei singoli commissariati del Reich, e all’interno di questi nei commissariati generali, rappresenta una parte molto numerosa della popolazione totale, ma con grosse differenze. Ad esempio, in Rutenia Bianca e in Ucraina vivono milioni di Ebrei che vi risiedono da generazioni. Nei territori centrali dell’Unione Sovietica, invece, gli Ebrei sono immigrati in massima parte nell’epoca bolscevica. Un gruppo speciale è costituito dagli Ebrei sovietici (Sowjetjuden) penetrati in Polonia orientale, in Ucraina occidentale, in Rutenia Bianca occidentale, nei Paesi baltici, in Bessarabia e in Bucovina nel 1939-1940 al seguito dell’Armata Rossa. Nei confronti di questi vari gruppi è in atto un trattamento parzialmente diverso.
    Anzitutto bisogna eliminare (auszuscheiden) con duri provvedimenti – per quanto non siano fuggiti – gli Ebrei immigrati negli ultimi due anni nei nuovi territori occupati dai Sovietici. Poiché questo gruppo, col suo terrore verso la popolazione, ha attirato su di sé un odio intensissimo, alla loro eliminazione ha provveduto in massima parte la popolazione stessa già all’apparire delle truppe tedesche. Tali misure di rappresaglia non devono essere impedite. La restante popolazione ebraica residente dev’essere anzitutto registrata coll’introduzione del dovere di iscrizione. Tutti gli Ebrei vengono contraddistinti con segni distintivi visibili (stelle ebraiche gialle)» (148).
    In via di principio, i “Sowjetjuden” venivano fucilati o abbandonati alla furia della popolazione, mentre la «restante popolazione ebraica residente», nel complesso, veniva ghettizzata. Tuttavia moltissimi altri Ebrei orientali furono trattati in modo brutale e fucilati, per sabotaggio, per attività antitedesche, come portatori di malattie infettive e soprattutto per rappresaglia.
    Ciò risulta esplicitamente fin dai primi rapporti degli Einsatzgruppen. Ecco qualche esempio.
    «[Rutenia Bianca] A Gorodnia sono stati liquidati 165 terroristi ebrei e a Tschernigow 19 comunisti ebrei; altri 8 comunisti ebrei sono stati fucilati a Beresna.
    Spesso si è sperimentato che le donne ebree manifestano un comportamento particolarmente ostile. Per questo motivo a Krugloje sono state fucilate 28 Ebree e 337 a Mogilew.
    A Borissow sono stati giustiziati 331 sabotatori ebrei e 118 saccheggiatori ebrei. A Bobruisk sono stati fucilati 380 Ebrei che avevano svolto fin dall’inizio propaganda di odio e di atrocità contro le truppe di occupazione tedesche. A Tatarsk gli Ebrei hanno lasciato arbitrariamente il ghetto e sono ritornati nei vecchi quartieri, tentando di cacciare i Russi che nel frattempo vi erano stati trasferiti. Tutti gli Ebrei maschi e tre donne ebree sono stati fucilati. Nel corso dell’ istituzione di un ghetto a Sandrudubs gli Ebrei hanno opposto una parziale resistenza, perciò si dovettero fucilare 272 Ebrei ed Ebree. Tra di essi c’era un commissario politico. Anche a Mogilew gli Ebrei hanno tentato di sabotare il loro trasferimento nel ghetto. 113 Ebrei sono stati liquidati. Inoltre sono stati fucilati 4 Ebrei per renitenza al lavoro e 2 perché avevano maltrattato dei soldati tedeschi feriti e avevano loro messo addosso il segno distintivo prescritto. A Talka sono stati fucilati 222 Ebrei per propaganda antitedesca e 996 a Marina Gorka perché avevano sabotato le disposizioni emanate dalle autorità di occupazione tedesche. Altri 627 Ebrei sono stati fucilati a Schklow [sic] perché avevano partecipato ad atti di sabotaggio. A causa di un altissimo pericolo di epidemie, si è cominciata la liquidazione degli Ebrei alloggiati nel ghetto di Witebsk. Si tratta di circa 3.000 Ebrei» (149).
    Per dar conto di queste motivazioni specifiche, che sono in evidente contrasto con un ordine generale di sterminio di tutti gli Ebrei in quanto Ebrei, Hilberg ricorre alle solite, inconcludenti spiegazioni freudiane: si sarebbe trattato di semplici «tentativi di razionalizzazione», autogiustificazioni, «legittimazioni psicologiche» (pp. 339-340).
    Perfino la fucilazione ufficialmente più spaventosa, quella di Babi Jar, ebbe una sua motivazione specifica:
    «L’esasperazione della popolazione verso gli Ebrei è straordinariamente grande, poiché li si ritiene colpevoli delle esplosioni a Kiew. Si vede anche in loro i delatori e gli agenti del NKWD, che hanno provocato il terrore contro il popolo ucraino. Come misura di rappresaglia per gli incendi dolosi a Kiew furono arrestati tutti gli Ebrei e il 29 e 30 settembre fucilati complessivamente 33.771 Ebrei» (150).
    Questa, secondo Victoria Khiterer, fu «una giustificazione burocratica per le uccisioni» (151): ma se l’ Einsatzgruppe C aveva bisogno di una «giustificazione burocratica» per uccidere Ebrei, non aveva evidentemente ricevuto un ordine di sterminio di tutti gli Ebrei in quanto Ebrei.
    NOTE
    (141) H. Krausnick, H.-H. Wilhelm, Die Truppe des Weltanschauungskrieges, op. cit., pp. 129-130.
    (142) Idem, p. 157.
    (143) L-180. IMG, vol. XXXVII, pp. 670-717.
    (144) RGVA, 500-4-92, S. 183, Gesamtstärke des Einsatzgruppe A am 1. Februar 1942.
    (145) C. Mattogno, J. Graf, Treblinka. Extermination Camp or Transit Camp? Theses & Dissertations Press, Chicago, 2004, capitolo VII, The Role of the Einsatzgruppen in the Occupied Eastern Territories, pp. 203-232.
    (146) Von Manstein fu prosciolto dall’accusa di complicità nei massacri di Ebrei ma fu ritenuto colpevole di non aver protetto la vita della popolazione civile e fu condannato a 18 anni di carcere (19 dicembre 1949), pena poi ridotta a 12 anni. Egli fu rimesso in libertà nel maggio 1953.
    (147) Reginald T. Paget, Manstein. Seine Feldzüge und sein Prozess. Limes Verlag, Wiesbaden, 1952, pp. 198-199.
    (148) Richtlinien für die Führung der Wirtschaft in den neubesetzten Ostgebieten (Grüne Mappe), Berlin September 1942. EC-347 IMG, Bd. XXXVI, p. 348-349.
    (149) Tätigkeits- und Lagebericht Nr. 6 der Einsatzgruppen der Sicherheitspolizei und des SD in der UdSSR (Berichtszeit vom 1. – 31.10.1941). RGVA, 500-1-25/1, pp. 13-14 del rapporto.
    (150) Idem, p. 15.
    (151) Victoria Khiterer, «Babi Yar, the Tragedy of Kiev’s Jews», in: Brandeis Graduate Journal, vol, 2, 2004 (consultabile in: http://www.berdichev.org/khiterer2004.pdf), p. 6.


    0795 ? Compiti e struttura degli Einsatzgruppen?di Carlo Mattogno | "Olodogma"
    Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspetti.
    Eraclito


    VUOI SAPERE COS'E' L'ANTIFASCISMO? E' non avere cura del Creato, disboscando, inquinando, cementificando tutto nel nome dello Sviluppo.

  2. #1512
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    Predefinito Re: Compiti e struttura degli Einsatzgruppen…di Carlo Mattogno

    Einsatzgruppen e Babi Yar: i fatti contro la leggenda

    Babi Yar: i fatti e la leggenda
    COSA ACCADDE A BABI YAR? I FATTI CONTRO LA LEGGENDA
    di Michael Nikiforuk [1]
    Kiew, mappa con Babi Yar. Click…

    La memoria del “massacro” degli ebrei a Babi Yar è dolorosa per tutti i politici. Ma le prove dimostrano che non è mai avvenuta. Le foto di ricognizione aerea scattate prima e durante la seconda guerra mondiale mostrano fosse comuni di vittime della Cheka/NKVD [la polizia politica sovietica], ma anche l’assenza di fosse comuni ebraiche.
    Cosa accadde, ammesso che sia accaduto qualcosa, in un luogo chiamato Babi Yar (Fosso della Vecchia) vicino Kiev, in Ucraina – il 29 Settembre del 1941? Secondo i resoconti ufficiali e le iscrizioni dei monumenti, vennero uccise lì dai nazisti 250.000 persone, in maggioranza ebrei. Ma se nel Settembre del 1941 vennero uccisi dai tedeschi migliaia di ebrei di Kiev (quelli che non erano stati evacuati dai sovietici) essi non vennero però uccisi o seppelliti a Babi Yar. Questo fatto è stato rivelato dalle foto di ricognizione aerea scoperte nei National Archives di Washington.
    Babi yar,Ucraina, il preteso luogo di sepoltura. Fonte yad vashem.

    Nel Febbraio del 1997, un tribunale ucraino respinse una querela inoltrata dagli ebrei ucraini contro V. Kretytnychy, della Società S. Andrea, e E. Musiyenko, direttore del giornale Vechirnyi Kyiv di Kiev, che avevano sfidato la versione ufficiale della storia di Babi Yar. Incoraggiato dalla decisione del tribunale, il 19 Marzo del 1997 il detto giornale pubblicò un articolo di quattro pagine dicendo per la prima volta come stavano le cose, da quando gli Alleati avevano condannato, nel corso della seconda guerra mondiale, la perpetrazione di quest’atrocità in realtà fasulla.
    Quella che emerge adesso è la prova incontrovertibile che nessun massacro ebbe luogo a Babi Yar durante l’occupazione tedesca di Kiev; la prova che il fosso non venne utilizzato come fossa comune per gli ebrei uccisi dai tedeschi. Esso fu invece un luogo di sepoltura, tra il 1922 e il 1935, per le vittime della Cheka/NKVD.
    Da decenni le foto aeree sono considerate uno strumento archeologico indispensabile. Grazie a sofisticate attrezzature, sono state scoperte rovine di antiche città e cimiteri – giacenti sotto campi coltivati – dimenticati per decenni o per secoli. Persino i porti ellenici sommersi sono stati scoperti grazie alle foto aeree.
    Nel 1991, le foto aeree di guerra provenienti dai National Archives di Washington vennero utilizzate come strumento fondamentale per la riesumazione di centinaia di ufficiali e di intellettuali polacchi massacrati nel 1939-40 dal NKVD nelle vicinanze di Kharkiv. Le foto aeree di lontani sobborghi di Kiev, inclusi Bykivnia, Bilhorodka e Darnista, rivelarono le fosse comuni delle vittime della carestia e del terrore staliniano degli anni ’30. Era quindi logico pensare che le foto aeree di un burrone rivelassero le prove di fosse comuni più recenti, o di qualche importante sommovimento topografico.
    I National Archives di Washington contengono circa 1.100.000 foto aeree dell’epoca di guerra, e tra queste ve ne sono 600 che riguardano Kiev, compresa Babi Yar. Vennero scattate durante più di 20 voli sopra l’area in questione. Le prime foto, prese alle 12 e 23 del pomeriggio del 17 Maggio 1939, rivelano dettagli come le automobili, e persino le ombre dei lampioni delle strade di Kiev. Sulle pendici e sul fondo del burrone di Babi Yar è visibile ogni grande cespuglio e ogni piccolo albero. L’ultima serie di foto aeree di Kiev (e di Babi Yar) venne scattata il 18 Giugno del 1944, circa nove mesi dopo la “liberazione” della città da parte dell’Armata Rossa.
    Questa serie di foto di ricognizione dimostra che la flora e la superficie del terreno del fosso sono rimaste intatte durante i due anni dell’occupazione tedesca. Confrontando le prime e le ultime foto, è ovvio che gli alberi sparsi sono cresciuti e sono diventati leggermente più grandi. Nelle molte foto aeree disponibili di Babi Yar, scattate a più riprese negli anni 1939-1944, non si riesce a distinguere nel burrone nessuna prova di attività umane.
    Nel Novembre del 1943, venne invitato a Kiev dai sovietici un gruppo di giornalisti occidentali, compreso il corrispondente del New York Times, William “Bill” Lawrence, egli stesso ebreo. Questo avvenne due settimane dopo la caduta della città nelle mani dell’Armata Rossa. Ai giornalisti venne detto che ciò era avvenuto solo sei settimane dopo che i tedeschi avevano compiuto l’esumazione e la cremazione all’aperto di 70.000 cadaveri, seguite dalla frantumazione e dallo schiacciamento mediante bulldozer sul terreno del fosso delle ossa rimaste incombuste.


    Ma i giornalisti occidentali subirono pesanti pressioni affinché trovassero ogni prova fisica sul sito del presunto massacro. La mancanza di prove fisiche attendibili di quello che venne definito “il più grande massacro della seconda guerra mondiale” – e l’impossibilità di trovare un solo abitante di Kiev disposto a confermare la storia – costrinse il NKVD a presentare ai reporter occidentali tre “testimoni oculari”. Anche se un redattore del Times soppresse le esagerazioni più scoperte (sui partigiani sovietici e sui “camion a gas” tedeschi) la testimonianza incoerente fornita dai tre prigionieri di guerra appena liberati dai sovietici divenne il modello di tutte le testimonianze successive su Babi Yar. Quando si capisce che tutti i prigionieri di guerra liberati dai sovietici rischiavano sia il plotone d’esecuzione che un effimero futuro nei gulag (era un crimine capitale in Unione Sovietica per un soldato essere catturato vivo dal nemico) si capisce anche perché era facile per il NKVD costringerli a rendere dichiarazioni utili. Due settimane dopo, le autorità sovietiche riuscirono a orchestrare un massiccio “sostegno popolare” per i loro tre testimoni di Babi Yar. Secondo le “prime pagine dei giornali di Mosca” (come riportato negli Stati Uniti), 40.000 abitanti di Kiev [inviarono una lettera] al premier Josef Stalin, portando il numero degli uccisi e dei cremati nel fosso [di Babi Yar] a più di 10.000 (New York Times, 4 Dicembre 1943). Poiché – negli anni successivi – solo 11 di questi cittadini presuntamente bene informati fornirono la propria testimonianza, i rapporti statistici di guerra del New York Times riguardanti Babi Yar (come pure le testimonianze successive dei testimoni tardivi) possono essere considerati infondati. Già nel 1943 il NKVD aveva la meritata reputazione di sapere ottenere qualsiasi testimonianza da qualsiasi testimone.
    Ad esempio, nell’Agosto del 1941, l’agenzia di stampa sovietica TASS e l’Associated Press presentarono come un fatto accertato quello descritto dalle testimonianze ottenute dal NKVD, secondo cui il massacro di circa 4.000 ucraini nelle prigioni del NKVD nella città di Lviv alla fine di Giugno di quell’anno “era stato commesso dalle truppe d’assalto naziste”. E questo nonostante il fatto che Lviv non fosse stata presa dai nazisti prima del 1 Luglio del 1941. Testimonianze lunghe e famose, estorte dal NKVD a un gran numero di testimoni, parlarono del massacro di 4.500 ufficiali e intellettuali polacchi perpetrato dai nazisti nella foresta di Katyn. Queste testimonianze fraudolente, acquisite sotto giuramento nell’autunno del 1943, vennero infine ripudiate dai russi nella primavera del 1990.
    Ma quest’ammissione non avvenne fino a quando le foto di ricognizione aerea di Katyn antecedenti all’invasione tedesca (che mostravano le fosse comuni delle vittime) non furono consegnate nell’autunno del 1989 alle autorità sovietiche.
    La cronologia suggerisce che il NKVD presentò ai corrispondenti occidentali tre soldati sovietici, che erano ex prigionieri di guerra, come testimoni del massacro di Babi Yar, per mettere alla prova la loro credibilità presso l’opinione pubblica non sovietica. Nel 1943, il massacro di Babi Yar, che era quasi sconosciuto in Occidente – e quindi di scarsa importanza – venne a quanto pare selezionato dal NKVD come “prova generale” prima della prevista esibizione presso i giornalisti occidentali dei testimoni del fraudolento massacro di Katyn, un affare molto più pubblicizzato e politicamente più importante.
    A seguito della fallita prova di credibilità dei testimoni di Babi Yar, i sovietici impedirono per 25 anni ai giornalisti occidentali di entrare in contatto con i “testimoni oculari” ancora in vita di Katyn e di altri massacri.
    Inoltre, i sovietici rinviarono l’ispezione di Katyn da parte degli osservatori occidentali per quattro mesi, dal 29 Settembre del 1943 al 24 Gennaio del 1944, fino a quando il luogo da ispezionare e le prove fisiche non vennero coperti dalla neve e non rimasero letteralmente congelati, come rimase congelato lo zelo investigativo dei reporter nelle tende non riscaldate che vennero loro fornite.
    Tra gli osservatori del lavoro della commissione d’indagine sovietica vi fu la venticinquenne Kathleen Harriman (figlia dell’allora ambasciatore americano a Mosca W. Averell Harriman) che, nella sua ingenuità, divenne inseguito (insieme a suo fratello) una paladina della credibilità sovietica. D’altro lato, il più esperto giornalista Lawrence del NYT, anch’egli presente, si dimostrò persino più scettico nel suo rapporto su Katyn, riguardo alle prove presentate, che nella sua precedente relazione su Babi Yar. Di conseguenza, il suo rapporto su Katyn venne soppresso e non venne mai pubblicato.
    Così, la falsa testimonianza sul massacro di Babi Yar fornita dai testimoni del NKVD divenne la pietra angolare della politica giudiziaria sovietica – una politica durata alcuni decenni – di non permettere ai testimoni delle proprie atrocità fraudolente di testimoniare in modo indipendente; e cioè al di fuori del controllo dei procuratori sovietici, o fuori dai confini della ex Unione Sovietica.
    I documenti d’archivio sovietici rivelano che la propaganda a base di atrocità su Katyn e Babi Yar venne architettata da Ilya Ehrenburg e da Vasily Grossman,

    Click…

    i quali inventarono e riferirono anche le cifre, ora screditate, delle vittime dei campi di concentramento nazisti: 4 milioni a Auschwitz; 1.5 milioni a Majdanek e 3.5 milioni a Treblinka.
    Anche ai processi di Norimberga, i sovietici non presentarono alle autorità o ai giornalisti occidentali nessun testimone oculare vivente dei presunti massacri tedeschi, inclusi quelli di
    Ilya Ehrenburg Vasilij Grossman

    Babi Yar e di Katyn. Al contrario, il Procuratore sovietico Colonnello Smirnoff, spacciò – senza gran successo – contraffazioni sotto forma di dichiarazioni giurate riguardanti i due presunti massacri tedeschi. Anche Ilya Ehrenburg, nel suo romanzo del 1947 La tempesta, cercò senza successo di riesumare la storia di Babi Yar.
    Il Fosso della Vecchia acquistò credibilità solo 12 anni dopo. A quell’epoca, un inviato ebreo-ucraino-americano, Joseph Schechtman, convinse il giovane dissidente sovietico Evgeny Yevtushenko a scrivere il poema “Babi Yar”, emozionante e di successo.
    Ma la fantasia poetica non può sostituire le prove fisiche. In realtà, le foto aeree del distretto Ahovtnevyi di Kiev, e tutta la zona di Babi Yar rivelano la presenza di una fila di circa 10 fosse comuni, a circa 165 iarde dietro l’ingresso ovest di Syretz, che era il campo di lavoro di Kiev. Queste fosse potevano contenere fino a 1.000 vittime del campo seppellite nel corso dei due anni dell’occupazione tedesca a Kiev. Inoltre, nel vicino piccolo cimitero ortodosso di Lukianivsky può essere vista un’altra, più grande, fossa comune. Quest’ultima poteva contenere fino a 2.000 corpi provenienti dalle frequenti – pubbliche o nascoste – esecuzioni di partigiani di Kiev da parte dei tedeschi.
    Per quanto riguarda questo argomento, secondo la Convenzione dell’Aja (1905) e la Convenzione di Ginevra (1920), concernenti la condotta dei civili durante la guerra, il prendere parte alle ostilità senza indossare simboli facilmente visibili di appartenenza alle unità militari era passibile di esecuzione immediata.
    Un certo numero di fatti ulteriori, e trascurati, minano poi la credibilità della versione usuale che viene diffusa oggi su Babi Yar.
    In primo luogo, il massacro di Babi Yar non venne menzionato sulla stampa della resistenza ucraina, sebbene esso riguardasse l’uccisione dei suoi membri a Kiev da parte dei tedeschi.

    In secondo luogo, l’accadimento del massacro di Babi Yar viene taciuto, fino alla fine degli anni ’70, sia negli scritti degli emigrati ucraini (ex cittadini di Kiev in tempo di guerra) che nelle enciclopedie ucraine, alcune delle quali pubblicate da università occidentali.
    In terzo luogo, ed è forse il punto più importante, il massacro di Babi Yar non ha attirato per interi decenni l’attenzione della popolazione ebraica di Kiev. I residenti all’estero di circa 440 comunità ebraiche dell’Unione Sovietica pubblicarono libri commemorativi (Yitzkerbikhers) sui loro distretti, sulle loro città e persino sui loro paesi. Ma fu solo nel 1981 che venne pubblicato – in Israele, in una piccola edizione in lingua ebraica – un raro libro commemorativo su Kiev, capitale dell’Ucraina. Una versione accresciuta in Yiddish – sempre in edizione limitata – uscì nel 1983 negli Stati Uniti. Se il massacro di Babi Yar fosse realmente avvenuto, come potevano i 150.000 ebrei di Kiev sopravvissuti aver registrato così tardivamente la distruzione dei loro compatrioti? In occasione del 50° anniversario del presunto “massacro di Babi Yar” i media del mondo intero erano traboccanti di rapporti con il numero esatto (33.771) degli ebrei che erano stata lì fucilati. Tali rapporti riferivano variamente la durata del massacro, la cui esecuzione aveva richiesto 48, 36 o 24 ore.Tuttavia, menzionavano raramente che il numero stranamente esatto delle vittime proveniva dai documenti tedeschi catturati (i cosiddetti “Einsatzgruppen Report”) e tacevano del tutto sul fatto che questi rapporti presuntamente “esatti” non indicavano Babi Yar come luogo del massacro. I media tacquero anche sul fatto che quasi tutti gli storici più importanti, compreso l’”esperto dell’Olocausto” Raul Hilberg, considerano esagerate le atrocità menzionate in tali rapporti. Le foto aeree di Kiev dell’epoca di guerra forniscono la prova incontrovertibile che la cosiddetta documentazione storica del massacro di Babi Yar rappresenta un esempio di propaganda bellica artefatta e di mitologia postbellica del martirio. Forse i nazisti deportarono, come avevano promesso, lontano da Kiev i cittadini scomparsi. In tal caso, i loro resti e i siti delle sepolture dovrebbero essere cercati altrove. D’altro lato, quello che può essere accaduto a Kiev si può intuire dal dispaccio del Quartier Generale del 12° Corpo d’Armata degli Stati Uniti in Europa, pubblicato (tra gli altri) sul numero del 1 Maggio del 1945 del New York Herald Tribune. Esso menziona che un dottore tedesco catturato, Gustav Schuebbe, “confessò” di aver diretto un centro di sterminio dove “vennero uccise 110.000 persone dai medici nazisti a Kiev”. Inoltre, Schuebbe ammise di aver ucciso egli stesso 21.000 persone con iniezioni letali, superando così a quanto pare il dr. Mengele, il famigerato medico di Auschwitz. Ma nessuno, finora, nell’ex Unione Sovietica, o da parte delle organizzazioni ebraiche, ha cercato di localizzare l’ubicazione del “Centro di sterminio tedesco” (dove, secondo il detto servizio del New York Herald Tribune, vennero uccisi i rimanenti “ebrei e zingari” di Kiev). Se un tale posto fosse esistito, avrebbe dovuto costituire il luogo di Kiev più appropriato per la menorah commemorativa eretta nel 1991 in seguito a una visita dell’allora Presidente George Bush.
    Fu solo nel 1966 che apparvero degli ucraini come testimoni del presunto massacro di ebrei a Babi Yar. Il solo testimone era una presunta sopravvissuta, un’attrice del Teatro delle Marionette di Kiev chiamata Dina Pronicheva. La testimonianza di questa ebrea è resa nulla dall’assenza di ogni traccia fotografica del massacro o della sepoltura di massa. Inoltre, nessun testimone ha mai chiamato in causa la complicità degli ucraini negli atti che sarebbero stati perpetrati nel centro di sterminio tedesco di Kiev mai localizzato.
    In seguito alla scomparsa dell’Unione Sovietica, i leader dell’Ucraina proclamata di nuovo indipendente – convertiti all’istante dal comunismo – furono lesti a montare sul carro di Babi Yar.
    Uno di loro, l’ambasciatore dell’Ucraina negli Stati Uniti, Genadi Udovenko, arrivò ad affermare che “nella prima settimana dell’orribile massacro di Babi Yar, vennero massacrate 50.000 persone, in maggioranza bambini” (Washington Times, 5 Settembre 1991).
    Durante l’estate del 1941, i sovietici riuscirono a evacuare circa 150.000 ebrei da Kiev, mentre i tedeschi stavano avanzando nell’Ucraina occidentale. Perciò, la dichiarzione di questo ambasciatore era assurda e inavvertitamente diffamatoria.
    Essa infatti suggeriva che i genitori ebrei, evacuati con successo da Kiev dai sovietici, avevano abbandonato i propri figli.
    Forse gli attuali leader dell’Ucraina servirebbero meglio il proprio popolo, e la loro stessa coscienza di ex comunisti, mostrando un rammarico tangibile per il massacro – risalente all’inizio degli anni ’30 e di proporzioni indubbiamente enormi – dovuto alla carestia provocata dai comunisti dell’epoca.
    [1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.fpp.co.uk/Auschwitz/BabiYar/Nikiforuk.html

    Pubblicato domenica 1 febbraio 2009. Fonte Andrea Carancini: Babi Yar: i fatti e la leggenda


    0797 ? Einsatzgruppen e Babi Yar: i fatti contro la leggenda | "Olodogma"
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    Predefinito Re: Compiti e struttura degli Einsatzgruppen…di Carlo Mattogno

    Einsatzgruppen e Babi Yar: i fatti contro la leggenda

    Babi Yar: i fatti e la leggenda
    COSA ACCADDE A BABI YAR? I FATTI CONTRO LA LEGGENDA
    di Michael Nikiforuk [1]
    Kiew, mappa con Babi Yar. Click…

    La memoria del “massacro” degli ebrei a Babi Yar è dolorosa per tutti i politici. Ma le prove dimostrano che non è mai avvenuta. Le foto di ricognizione aerea scattate prima e durante la seconda guerra mondiale mostrano fosse comuni di vittime della Cheka/NKVD [la polizia politica sovietica], ma anche l’assenza di fosse comuni ebraiche.
    Cosa accadde, ammesso che sia accaduto qualcosa, in un luogo chiamato Babi Yar (Fosso della Vecchia) vicino Kiev, in Ucraina – il 29 Settembre del 1941? Secondo i resoconti ufficiali e le iscrizioni dei monumenti, vennero uccise lì dai nazisti 250.000 persone, in maggioranza ebrei. Ma se nel Settembre del 1941 vennero uccisi dai tedeschi migliaia di ebrei di Kiev (quelli che non erano stati evacuati dai sovietici) essi non vennero però uccisi o seppelliti a Babi Yar. Questo fatto è stato rivelato dalle foto di ricognizione aerea scoperte nei National Archives di Washington.
    Babi yar,Ucraina, il preteso luogo di sepoltura. Fonte yad vashem.

    Nel Febbraio del 1997, un tribunale ucraino respinse una querela inoltrata dagli ebrei ucraini contro V. Kretytnychy, della Società S. Andrea, e E. Musiyenko, direttore del giornale Vechirnyi Kyiv di Kiev, che avevano sfidato la versione ufficiale della storia di Babi Yar. Incoraggiato dalla decisione del tribunale, il 19 Marzo del 1997 il detto giornale pubblicò un articolo di quattro pagine dicendo per la prima volta come stavano le cose, da quando gli Alleati avevano condannato, nel corso della seconda guerra mondiale, la perpetrazione di quest’atrocità in realtà fasulla.
    Quella che emerge adesso è la prova incontrovertibile che nessun massacro ebbe luogo a Babi Yar durante l’occupazione tedesca di Kiev; la prova che il fosso non venne utilizzato come fossa comune per gli ebrei uccisi dai tedeschi. Esso fu invece un luogo di sepoltura, tra il 1922 e il 1935, per le vittime della Cheka/NKVD.
    Da decenni le foto aeree sono considerate uno strumento archeologico indispensabile. Grazie a sofisticate attrezzature, sono state scoperte rovine di antiche città e cimiteri – giacenti sotto campi coltivati – dimenticati per decenni o per secoli. Persino i porti ellenici sommersi sono stati scoperti grazie alle foto aeree.
    Nel 1991, le foto aeree di guerra provenienti dai National Archives di Washington vennero utilizzate come strumento fondamentale per la riesumazione di centinaia di ufficiali e di intellettuali polacchi massacrati nel 1939-40 dal NKVD nelle vicinanze di Kharkiv. Le foto aeree di lontani sobborghi di Kiev, inclusi Bykivnia, Bilhorodka e Darnista, rivelarono le fosse comuni delle vittime della carestia e del terrore staliniano degli anni ’30. Era quindi logico pensare che le foto aeree di un burrone rivelassero le prove di fosse comuni più recenti, o di qualche importante sommovimento topografico.
    I National Archives di Washington contengono circa 1.100.000 foto aeree dell’epoca di guerra, e tra queste ve ne sono 600 che riguardano Kiev, compresa Babi Yar. Vennero scattate durante più di 20 voli sopra l’area in questione. Le prime foto, prese alle 12 e 23 del pomeriggio del 17 Maggio 1939, rivelano dettagli come le automobili, e persino le ombre dei lampioni delle strade di Kiev. Sulle pendici e sul fondo del burrone di Babi Yar è visibile ogni grande cespuglio e ogni piccolo albero. L’ultima serie di foto aeree di Kiev (e di Babi Yar) venne scattata il 18 Giugno del 1944, circa nove mesi dopo la “liberazione” della città da parte dell’Armata Rossa.
    Questa serie di foto di ricognizione dimostra che la flora e la superficie del terreno del fosso sono rimaste intatte durante i due anni dell’occupazione tedesca. Confrontando le prime e le ultime foto, è ovvio che gli alberi sparsi sono cresciuti e sono diventati leggermente più grandi. Nelle molte foto aeree disponibili di Babi Yar, scattate a più riprese negli anni 1939-1944, non si riesce a distinguere nel burrone nessuna prova di attività umane.
    Nel Novembre del 1943, venne invitato a Kiev dai sovietici un gruppo di giornalisti occidentali, compreso il corrispondente del New York Times, William “Bill” Lawrence, egli stesso ebreo. Questo avvenne due settimane dopo la caduta della città nelle mani dell’Armata Rossa. Ai giornalisti venne detto che ciò era avvenuto solo sei settimane dopo che i tedeschi avevano compiuto l’esumazione e la cremazione all’aperto di 70.000 cadaveri, seguite dalla frantumazione e dallo schiacciamento mediante bulldozer sul terreno del fosso delle ossa rimaste incombuste.


    Ma i giornalisti occidentali subirono pesanti pressioni affinché trovassero ogni prova fisica sul sito del presunto massacro. La mancanza di prove fisiche attendibili di quello che venne definito “il più grande massacro della seconda guerra mondiale” – e l’impossibilità di trovare un solo abitante di Kiev disposto a confermare la storia – costrinse il NKVD a presentare ai reporter occidentali tre “testimoni oculari”. Anche se un redattore del Times soppresse le esagerazioni più scoperte (sui partigiani sovietici e sui “camion a gas” tedeschi) la testimonianza incoerente fornita dai tre prigionieri di guerra appena liberati dai sovietici divenne il modello di tutte le testimonianze successive su Babi Yar. Quando si capisce che tutti i prigionieri di guerra liberati dai sovietici rischiavano sia il plotone d’esecuzione che un effimero futuro nei gulag (era un crimine capitale in Unione Sovietica per un soldato essere catturato vivo dal nemico) si capisce anche perché era facile per il NKVD costringerli a rendere dichiarazioni utili. Due settimane dopo, le autorità sovietiche riuscirono a orchestrare un massiccio “sostegno popolare” per i loro tre testimoni di Babi Yar. Secondo le “prime pagine dei giornali di Mosca” (come riportato negli Stati Uniti), 40.000 abitanti di Kiev [inviarono una lettera] al premier Josef Stalin, portando il numero degli uccisi e dei cremati nel fosso [di Babi Yar] a più di 10.000 (New York Times, 4 Dicembre 1943). Poiché – negli anni successivi – solo 11 di questi cittadini presuntamente bene informati fornirono la propria testimonianza, i rapporti statistici di guerra del New York Times riguardanti Babi Yar (come pure le testimonianze successive dei testimoni tardivi) possono essere considerati infondati. Già nel 1943 il NKVD aveva la meritata reputazione di sapere ottenere qualsiasi testimonianza da qualsiasi testimone.
    Ad esempio, nell’Agosto del 1941, l’agenzia di stampa sovietica TASS e l’Associated Press presentarono come un fatto accertato quello descritto dalle testimonianze ottenute dal NKVD, secondo cui il massacro di circa 4.000 ucraini nelle prigioni del NKVD nella città di Lviv alla fine di Giugno di quell’anno “era stato commesso dalle truppe d’assalto naziste”. E questo nonostante il fatto che Lviv non fosse stata presa dai nazisti prima del 1 Luglio del 1941. Testimonianze lunghe e famose, estorte dal NKVD a un gran numero di testimoni, parlarono del massacro di 4.500 ufficiali e intellettuali polacchi perpetrato dai nazisti nella foresta di Katyn. Queste testimonianze fraudolente, acquisite sotto giuramento nell’autunno del 1943, vennero infine ripudiate dai russi nella primavera del 1990.
    Ma quest’ammissione non avvenne fino a quando le foto di ricognizione aerea di Katyn antecedenti all’invasione tedesca (che mostravano le fosse comuni delle vittime) non furono consegnate nell’autunno del 1989 alle autorità sovietiche.
    La cronologia suggerisce che il NKVD presentò ai corrispondenti occidentali tre soldati sovietici, che erano ex prigionieri di guerra, come testimoni del massacro di Babi Yar, per mettere alla prova la loro credibilità presso l’opinione pubblica non sovietica. Nel 1943, il massacro di Babi Yar, che era quasi sconosciuto in Occidente – e quindi di scarsa importanza – venne a quanto pare selezionato dal NKVD come “prova generale” prima della prevista esibizione presso i giornalisti occidentali dei testimoni del fraudolento massacro di Katyn, un affare molto più pubblicizzato e politicamente più importante.
    A seguito della fallita prova di credibilità dei testimoni di Babi Yar, i sovietici impedirono per 25 anni ai giornalisti occidentali di entrare in contatto con i “testimoni oculari” ancora in vita di Katyn e di altri massacri.
    Inoltre, i sovietici rinviarono l’ispezione di Katyn da parte degli osservatori occidentali per quattro mesi, dal 29 Settembre del 1943 al 24 Gennaio del 1944, fino a quando il luogo da ispezionare e le prove fisiche non vennero coperti dalla neve e non rimasero letteralmente congelati, come rimase congelato lo zelo investigativo dei reporter nelle tende non riscaldate che vennero loro fornite.
    Tra gli osservatori del lavoro della commissione d’indagine sovietica vi fu la venticinquenne Kathleen Harriman (figlia dell’allora ambasciatore americano a Mosca W. Averell Harriman) che, nella sua ingenuità, divenne inseguito (insieme a suo fratello) una paladina della credibilità sovietica. D’altro lato, il più esperto giornalista Lawrence del NYT, anch’egli presente, si dimostrò persino più scettico nel suo rapporto su Katyn, riguardo alle prove presentate, che nella sua precedente relazione su Babi Yar. Di conseguenza, il suo rapporto su Katyn venne soppresso e non venne mai pubblicato.
    Così, la falsa testimonianza sul massacro di Babi Yar fornita dai testimoni del NKVD divenne la pietra angolare della politica giudiziaria sovietica – una politica durata alcuni decenni – di non permettere ai testimoni delle proprie atrocità fraudolente di testimoniare in modo indipendente; e cioè al di fuori del controllo dei procuratori sovietici, o fuori dai confini della ex Unione Sovietica.
    I documenti d’archivio sovietici rivelano che la propaganda a base di atrocità su Katyn e Babi Yar venne architettata da Ilya Ehrenburg e da Vasily Grossman,

    Click…

    i quali inventarono e riferirono anche le cifre, ora screditate, delle vittime dei campi di concentramento nazisti: 4 milioni a Auschwitz; 1.5 milioni a Majdanek e 3.5 milioni a Treblinka.
    Anche ai processi di Norimberga, i sovietici non presentarono alle autorità o ai giornalisti occidentali nessun testimone oculare vivente dei presunti massacri tedeschi, inclusi quelli di
    Ilya Ehrenburg Vasilij Grossman

    Babi Yar e di Katyn. Al contrario, il Procuratore sovietico Colonnello Smirnoff, spacciò – senza gran successo – contraffazioni sotto forma di dichiarazioni giurate riguardanti i due presunti massacri tedeschi. Anche Ilya Ehrenburg, nel suo romanzo del 1947 La tempesta, cercò senza successo di riesumare la storia di Babi Yar.
    Il Fosso della Vecchia acquistò credibilità solo 12 anni dopo. A quell’epoca, un inviato ebreo-ucraino-americano, Joseph Schechtman, convinse il giovane dissidente sovietico Evgeny Yevtushenko a scrivere il poema “Babi Yar”, emozionante e di successo.
    Ma la fantasia poetica non può sostituire le prove fisiche. In realtà, le foto aeree del distretto Ahovtnevyi di Kiev, e tutta la zona di Babi Yar rivelano la presenza di una fila di circa 10 fosse comuni, a circa 165 iarde dietro l’ingresso ovest di Syretz, che era il campo di lavoro di Kiev. Queste fosse potevano contenere fino a 1.000 vittime del campo seppellite nel corso dei due anni dell’occupazione tedesca a Kiev. Inoltre, nel vicino piccolo cimitero ortodosso di Lukianivsky può essere vista un’altra, più grande, fossa comune. Quest’ultima poteva contenere fino a 2.000 corpi provenienti dalle frequenti – pubbliche o nascoste – esecuzioni di partigiani di Kiev da parte dei tedeschi.
    Per quanto riguarda questo argomento, secondo la Convenzione dell’Aja (1905) e la Convenzione di Ginevra (1920), concernenti la condotta dei civili durante la guerra, il prendere parte alle ostilità senza indossare simboli facilmente visibili di appartenenza alle unità militari era passibile di esecuzione immediata.
    Un certo numero di fatti ulteriori, e trascurati, minano poi la credibilità della versione usuale che viene diffusa oggi su Babi Yar.
    In primo luogo, il massacro di Babi Yar non venne menzionato sulla stampa della resistenza ucraina, sebbene esso riguardasse l’uccisione dei suoi membri a Kiev da parte dei tedeschi.

    In secondo luogo, l’accadimento del massacro di Babi Yar viene taciuto, fino alla fine degli anni ’70, sia negli scritti degli emigrati ucraini (ex cittadini di Kiev in tempo di guerra) che nelle enciclopedie ucraine, alcune delle quali pubblicate da università occidentali.
    In terzo luogo, ed è forse il punto più importante, il massacro di Babi Yar non ha attirato per interi decenni l’attenzione della popolazione ebraica di Kiev. I residenti all’estero di circa 440 comunità ebraiche dell’Unione Sovietica pubblicarono libri commemorativi (Yitzkerbikhers) sui loro distretti, sulle loro città e persino sui loro paesi. Ma fu solo nel 1981 che venne pubblicato – in Israele, in una piccola edizione in lingua ebraica – un raro libro commemorativo su Kiev, capitale dell’Ucraina. Una versione accresciuta in Yiddish – sempre in edizione limitata – uscì nel 1983 negli Stati Uniti. Se il massacro di Babi Yar fosse realmente avvenuto, come potevano i 150.000 ebrei di Kiev sopravvissuti aver registrato così tardivamente la distruzione dei loro compatrioti? In occasione del 50° anniversario del presunto “massacro di Babi Yar” i media del mondo intero erano traboccanti di rapporti con il numero esatto (33.771) degli ebrei che erano stata lì fucilati. Tali rapporti riferivano variamente la durata del massacro, la cui esecuzione aveva richiesto 48, 36 o 24 ore.Tuttavia, menzionavano raramente che il numero stranamente esatto delle vittime proveniva dai documenti tedeschi catturati (i cosiddetti “Einsatzgruppen Report”) e tacevano del tutto sul fatto che questi rapporti presuntamente “esatti” non indicavano Babi Yar come luogo del massacro. I media tacquero anche sul fatto che quasi tutti gli storici più importanti, compreso l’”esperto dell’Olocausto” Raul Hilberg, considerano esagerate le atrocità menzionate in tali rapporti. Le foto aeree di Kiev dell’epoca di guerra forniscono la prova incontrovertibile che la cosiddetta documentazione storica del massacro di Babi Yar rappresenta un esempio di propaganda bellica artefatta e di mitologia postbellica del martirio. Forse i nazisti deportarono, come avevano promesso, lontano da Kiev i cittadini scomparsi. In tal caso, i loro resti e i siti delle sepolture dovrebbero essere cercati altrove. D’altro lato, quello che può essere accaduto a Kiev si può intuire dal dispaccio del Quartier Generale del 12° Corpo d’Armata degli Stati Uniti in Europa, pubblicato (tra gli altri) sul numero del 1 Maggio del 1945 del New York Herald Tribune. Esso menziona che un dottore tedesco catturato, Gustav Schuebbe, “confessò” di aver diretto un centro di sterminio dove “vennero uccise 110.000 persone dai medici nazisti a Kiev”. Inoltre, Schuebbe ammise di aver ucciso egli stesso 21.000 persone con iniezioni letali, superando così a quanto pare il dr. Mengele, il famigerato medico di Auschwitz. Ma nessuno, finora, nell’ex Unione Sovietica, o da parte delle organizzazioni ebraiche, ha cercato di localizzare l’ubicazione del “Centro di sterminio tedesco” (dove, secondo il detto servizio del New York Herald Tribune, vennero uccisi i rimanenti “ebrei e zingari” di Kiev). Se un tale posto fosse esistito, avrebbe dovuto costituire il luogo di Kiev più appropriato per la menorah commemorativa eretta nel 1991 in seguito a una visita dell’allora Presidente George Bush.
    Fu solo nel 1966 che apparvero degli ucraini come testimoni del presunto massacro di ebrei a Babi Yar. Il solo testimone era una presunta sopravvissuta, un’attrice del Teatro delle Marionette di Kiev chiamata Dina Pronicheva. La testimonianza di questa ebrea è resa nulla dall’assenza di ogni traccia fotografica del massacro o della sepoltura di massa. Inoltre, nessun testimone ha mai chiamato in causa la complicità degli ucraini negli atti che sarebbero stati perpetrati nel centro di sterminio tedesco di Kiev mai localizzato.
    In seguito alla scomparsa dell’Unione Sovietica, i leader dell’Ucraina proclamata di nuovo indipendente – convertiti all’istante dal comunismo – furono lesti a montare sul carro di Babi Yar.
    Uno di loro, l’ambasciatore dell’Ucraina negli Stati Uniti, Genadi Udovenko, arrivò ad affermare che “nella prima settimana dell’orribile massacro di Babi Yar, vennero massacrate 50.000 persone, in maggioranza bambini” (Washington Times, 5 Settembre 1991).
    Durante l’estate del 1941, i sovietici riuscirono a evacuare circa 150.000 ebrei da Kiev, mentre i tedeschi stavano avanzando nell’Ucraina occidentale. Perciò, la dichiarzione di questo ambasciatore era assurda e inavvertitamente diffamatoria.
    Essa infatti suggeriva che i genitori ebrei, evacuati con successo da Kiev dai sovietici, avevano abbandonato i propri figli.
    Forse gli attuali leader dell’Ucraina servirebbero meglio il proprio popolo, e la loro stessa coscienza di ex comunisti, mostrando un rammarico tangibile per il massacro – risalente all’inizio degli anni ’30 e di proporzioni indubbiamente enormi – dovuto alla carestia provocata dai comunisti dell’epoca.
    [1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.fpp.co.uk/Auschwitz/BabiYar/Nikiforuk.html

    Pubblicato domenica 1 febbraio 2009. Fonte Andrea Carancini: Babi Yar: i fatti e la leggenda


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    Predefinito Re: Compiti e struttura degli Einsatzgruppen…di Carlo Mattogno

    Dicerie Einsatzgruppen: l’oscenità olocaustica del prete cattolico patrick desbois

    . . Presentiamo, dopo il primo ed il secondo , un terzo articolo sugli Einsatzgruppen. Viene analizzato un nuovo “ricercatore” sterminazionista, un prete cattolico, ben sponsorizzato dalla olocaust-lobby, tale Patrick Desbois (1). A cappello dell’articolo collochiamo una “cartolina” revisionista che rende bene il pensiero dello sponsorizzato olocau$tico prete… (2)
    Fonte http://www.collive.com/show_news.rtx?id=16697

    «L’operazione “1005” fu tenuta segreta, le SS comunicavano in codice con Berlino: il numero delle nuvole indicava quello delle fosse riaperte e la quantità di pioggia quella dei corpi che erano stati bruciati» (pag. 201 del suo Porteur de mémoires, in Italiano “Fucilateli tutti”. La prima fase della Shoah raccontata dai testimoni, Marsilio, Venezia, 2009)
    Peccato che il Desbois non ci dica dove troviamo il “codice” pretesamente usato dalle SS che il soggetto da per acquisito, noto, DIMOSTRATO! Non ci risulta che sia MAI stato esibito come documento! Quello che sappiamo è che il giudice polacco Jan Sehn ne ha parlato per primo, MA MAI ha esibito una sola prova della sua esistenza! E’ ben vero che nelle superstizioni semite e semito-discese il DOGMA è standard, ma nella scienza della Storia NON funziona così!
    Note
    1) Maggiori informazioni su tale Desbois Patrick si trovano ai seguenti links:
    1a- 0040- Padre Patrick Desbois è un bel mattacchione | "Olodogma",
    1b- 0558 ? Il prete Desbois e il ?divieto rabbinico? di spostare i cadaveri ebraici della $hoah: un falso clamoroso | "Olodogma"
    2) Altri posts di questo sito sugli Einsatzgruppen : 0795) 31-08-2014 – Compiti e struttura degli Einsatzgruppen…di Carlo Mattogno quindi 0797) 01-08-2014 – Einsatzgruppen e Babi Yar: i fatti contro la leggenda
    __________________________________________________ __________________________________________
    FALSO TESTIMONE: PADRE PATRICK DESBOIS E L’”OLOCAUSTO” IN UCRAINA
    di Stephan Gallant, Maggio 2009[1]
    Frequentazioni di Desbois Patrick, l’ebreo klarsfeld serge, 2010. Click...

    La miriade di uccisioni attribuite alle forze tedesche in Unione Sovietica – gli Einsatzgruppen e altri – ha giocato a lungo un ruolo secondario, rispetto alle presunte camere a gas, nella tesi che i tedeschi abbiano ucciso circa sei milioni di ebrei durante la seconda guerra mondiale. Di recente, tuttavia, le fucilazioni di massa a cui si attribuisce la morte di più di un milione di ebrei stanno ricevendo maggiore attenzione.
    Negli ultimi anni Padre Patrick Desbois è stato molto ospitato sui media per i suoi sforzi di pubblicizzare certe apparenti fosse in Ucraina che a suo dire contengono i corpi di circa un milione e mezzo di ebrei massacrati dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale. All’inizio di Marzo, diversi revisionisti della zona di New York hanno avuto la possibilità di vedere il prete francese in persona alla New York Public Library, dove lui e il suo nuovo libro, The Holocaust by Bullets [L’Olocausto mediante pallottole][2] erano al centro dell’attenzione.
    Traumatizza e impaurisci
    Frequentazioni di Desbois Patrick. Click…

    Prima che Padre Desbois si mostrasse al centinaio circa di convenuti, in maggioranza (prevedibilmente) ebrei, è stato mostrato un video professionale che presentava la vicenda del prete francese. Lui e la sua squadra incrociano più volte la campagna ucraina, interrogano i testimoni, visitano i siti delle fosse, scoprono le cartuccere tedesche, e aprono almeno una fossa comune. Tutto indicava che quasi tutto il pubblico stesse assistendo con orrore reverenziale; certamente, la tesi del narratore secondo cui la posizione di alcuni scheletri, oltre sessant’anni dopo, mostrava che erano stati sepolti vivi non ha suscitato dubbi, tranne nella manciata di revisionisti presenti.
    Poi ha fatto il suo ingresso Padre Desbois, accompagnato dal direttore della biblioteca Paul LeClerc. Desbois è un uomo tarchiato ed energico, che appare irlandese quanto basta, per via del nome, e che parla bene inglese (il suo forte accento raramente è stato un problema). Padre Desbois non ha tenuto una conferenza ma è stato intervistato da LeClerc, un esile studioso di Voltaire di circa sessant’anni. LeClerc gli ha fatto domande con un atteggiamento complice e appassionato, alla Charlie Rose [3], ma – come la maggior parte dei profani quando si occupano dell’Olocausto – ha mostrato una capacità di comprensione poco più che da neofita. Tutto ciò per Desbois era un bene, perché la forza di persuasione del suo shtick [4], che promuove vigorosamente da diversi anni, dipende dall’accettazione acritica di coloro che abbracciano il culto dell’Olocausto.
    Così, LeClerc ha lanciato a Desbois domande facili, e per il resto si è comportato con deferenza. Desbois ha esposto le sue presunte scoperte, e ha rivelato qualcosa del suo “metodo”. Le sue risposte sono state abbastanza in linea con il suo libro. Da diversi anni viaggia in Ucraina in cerca di testimoni delle fucilazioni di massa degli ebrei da parte degli Einsatzgruppen e di altre unità tedesche – testimoni che possano condurlo alle fosse comuni. La sua rievocazione delle presunte testimonianze era piena di dettagli che puzzano di pornografia olocaustica, e che hanno suscitato gli ansiti e i piagnucolii del pubblico: bambini gettati in aria come bersaglio, vittime frequentemente sepolte vive, e fosse che tremano e si smuovono per giorni a causa degli spasmi dei corpi ancora in vita.
    Questo sacerdote non si è fatto scrupolo di raccontare la diceria di un “testimone” secondo cui, mentre scavava in una fossa comune sette giorni dopo la fucilazione, venne afferrato da una mano che era emersa dalla terra per afferrargli il badile.

    I difetti
    metodologici di “Holocaust by Bullets
    Tuttavia, come accade con molta “storiografia” dell’Olocausto, evocare dettagli raccapriccianti aiuta ad oscurare il più concreto compito di stabilire quello che è davvero accaduto. In realtà, per quelli che si sono presi il disturbo di leggere attentamente il celebrato Holocaust byBullets di Desbois (New York: Palgrave MacMillan, 2008) – sovvenzionato da quel US Holocaust Memorial Museum che è finanziato dal contribuente – e di seguire le sue varie dichiarazioni alla stampa, la recente dichiarazione del prete – secondo cui,
    “E’ un’indagine. E’ una raccolta di prove, come la polizia raccoglie le prove. E’ la nostra risposta ai negazionisti” (http://www.earthtimes.org/articles/show/261751,priest-see… )
    – suona vacua come i peggiori tentativi di comprovare le accuse relative alle camere a gas.
    Prima di tutto, Desbois ammette di non aver scavato sistematicamente le presunte fosse comuni in cui si è imbattuto: ha detto al pubblico che egli, semplicemente, apre una presunta fossa per accertarvi la presenza di resti umani, poi la richiude per non trasgredire – così dice – i presunti divieti religiosi ebraici contro la profanazione dei morti. Robert Faurisson ha evidenziato l’assurdità di questa procedura e la falsità, da parte di Desbois, di accampare la legge ebraica ( http://www.rense.com/general80/furg.htm ). Inoltre, Desbois afferma, in Holocaust byBullets, di aver raccolto cartuccere tedesche – ma a quanto pare non le pallottole – vicino ad alcune delle presunte fosse comuni. Ma come è stato osservato da Faurisson, i sovietici a Katyn utilizzarono pallottole tedesche, così che le cartuccere, anche se autentiche, non necessariamente chiamano in causa i tedeschi.
    E’ sufficiente aggiungere che l’Ucraina fu, nella prima metà del 20° secolo, il cimitero dell’Europa dell’est, con le sepolture di massa causate dalle grandi battaglie della prima guerra mondiale, dai combattimenti e dalle epidemie che accompagnarono la rivoluzione sovietica, dalla massiccia mortalità della carestia ucraina e dalle enormi perdite militari e civili della seconda guerra mondiale. Il rifiuto, da parte di Desbois, di quella che dovrebbe essere la procedura di prammatica di ogni competente agenzia di polizia del mondo – esaminare le vere fosse e il loro contenuto – è sufficiente a liquidare lui e la sua “indagine”.
    Va detto che sono i testimoni che Padre Desbois si è specializzato a scoprire, a essere le star del suo show. Il suo libro Holocaust by Bullets, il video mostrato in biblioteca, e i suoi commenti lì, si sono dilungati sulle loro risposte alle sue domande, ma hanno offerto poco per indicare in che modo abbia stabilito che avevano visto quello che dicevano, o come abbia separato le testimonianze raccolte dalle cose riferite per sentito dire, o come abbia affrontato il problema della capacità di ricordare da parte dei settuagenari sessant’anni dopo gli eventi. Come se queste falle non fossero sufficientemente gravi, Padre Desbois porta la credulità al punto di rottura affermando che i suoi “testimoni” [un tempo] bambini spesso esercitarono una parte integrale nei massacri: egli scrive degli ucraini costretti ad aiutare a compiere le uccisioni, “la maggior parte dei quali erano bambini” (p. 97).
    La “prova” dello “sterminio ebraico” di 4.000.000 accettata a Norimberga, documento USSR-008, un falso clamoroso! Click per ingrandire

    Forse riconoscendo i suoi problemi con le prove forensi e le testimonianze oculari, Padre Desbois ha parlato al pubblico della biblioteca del suo uso delle fonti documentarie, principalmente rapporti degli Einsatzgruppen e della Commissione Sovietica sui crimini tedeschi nei territori sovietici, per le informazioni sulle presunte fucilazioni tedesche. Per quanto riguarda quest’ultima fonte, le sue scoperte più importanti furono che i tedeschi gasarono oltre quattro milioni di persone ad Auschwitz e che furono i perpetratori del massacro degli ufficiali polacchi a Katyn. E, mentre sia i revisionisti che gli sterminazionisti hanno discusso l’attentibilità e persino l’autenticità dei rapporti degli Einsatzgruppen, nessuno è riuscito ad eguagliare la vista acuta del prete francese per i dettagli che essi nascondono. La sua dichiarazione a un giornale israeliano (corroborata a p. 155 del suo libro) rivela molto – fin troppo, del metodo di Padre Desbois:
    “In molti casi, non c’è assolutamente nulla sotto la superficie, solo polvere e ceneri, perché i tedeschi distrussero tutte le prove dei massacri”, aggiunge Desbois.
    “In tali casi, per valutare il numero delle vittime, ci dobbiamo affidare basilarmente alla documentazione nazista. Con il tempo e l’esperienza, abbiamo scoperto che i rapporti a Berlino erano criptati sotto la copertura di un’innocente previsione metereologica quotidiana: il numero delle nuvole stava per il numero delle tombe e la quantità di pioggia indicava il numero delle vittime ( Haaretz, 17 Maggio 2007).
    Sfidare il soprannaturale
    Click…

    Come Robert Faurisson e altri revisionisti hanno notato, gli assertori del tentato sterminio degli ebrei nella seconda guerra mondiale hanno sempre più cercato rifugio in malcelate giustificazioni religiose per l’accettazione delle camere a gas, dei sei milioni, e dell’Olocausto (esso stesso, un termine religioso). Desbois, in quanto prete francese pesantemente coinvolto nel “dialogo” con gli ebrei, rientra in pieno in tale quadro, in cui il disprezzo per le prove fisiche e l’accettazione acritica delle testimonianze costituiscono la tentazione più facile, con il tentativo di rafforzare l’ortodossia e di zittire i dissidenti dietro l’angolo.
    Click…

    All’evento della New York Public Library, Padre Desbois è stato stridulo nel suo sforzo di spingere la Chiesa cattolica persino oltre l’accettazione del culto dell’Olocausto. Egli ha vigorosamente condannato la rimozione di Papa Benedetto XVI della scomunica al Vescovo Williamson – dalla spiccata sensibilità revisionista – ed è visibilmente sussultato quando uno spettatore gli ha chiesto degli sforzi per canonizzare Papa Pio XII.
    Il prete francese ha anche condannato Robert Faurisson e gli altri “negazionisti”, e ha espresso la sua approvazione per le leggi francese e tedesca mirate a rovinarli e a incarcerarli: tutto questo mentre il suo interlocutore, lo studioso di Voltaire Paul LeClerc, approvava in silenzio.
    Padre Desbois e il suo pubblico, tuttavia, sono andati incontro a un grosso shock quando il ben noto revisionista Michael Santomauro (Reporter’s Notebook; Theses and Dissertation Press) si è fatto avanti per rimproverare il prete francese per aver liquidato il fondatore del revisionismo dell’Olocausto Paul Rassinier descrivendolo come un fascista. Santomauro ha smascherato in modo convincente l’ignoranza (se non la malafede) di Desbois, e ha difeso efficacemente il revisionismo dell’Olocausto e i suoi aderenti, nonostante i tentativi del moderatore di zittirlo. L’apparizione in mezzo al pubblico di un revisionista informato e non intimorito ha visibilmente smontato l’uditorio (sebbene gli ebrei e gli altri presenti si siano comportati sempre in modo educato), e il periodo riservato alle domande è rapidamente terminato, a quanto pare per facilitare Padre Desbois nella vendita delle copie autografate del suo libro.
    Mai sottovalutare l’impatto di alzarsi e di prendere posizione in favore del revisionismo!
    [1] Traduzione di Andrea Carancini Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.codoh.com/newsite/sr/online/sr_161.pdf
    [2] Uscito in edizione italiana con il titolo: Fucilateli tutti!: http://www.marsilioeditori.it/autori/libro/3179680-lfucil… .
    [3] Famoso intervistatore e giornalista americano: http://en.wikipedia.org/wiki/Charlie_Rose
    [4] Termine yiddish che nel gergo teatrale sta per “numero”, “esibizione”.(Fonte) Andrea Carancini: La pornografia olocaustica di Patrick Desbois
    Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspetti.
    Eraclito


    VUOI SAPERE COS'E' L'ANTIFASCISMO? E' non avere cura del Creato, disboscando, inquinando, cementificando tutto nel nome dello Sviluppo.

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    Predefinito Re: Compiti e struttura degli Einsatzgruppen…di Carlo Mattogno

    Dicerie Einsatzgruppen: l’oscenità olocaustica del prete cattolico patrick desbois

    . . Presentiamo, dopo il primo ed il secondo , un terzo articolo sugli Einsatzgruppen. Viene analizzato un nuovo “ricercatore” sterminazionista, un prete cattolico, ben sponsorizzato dalla olocaust-lobby, tale Patrick Desbois (1). A cappello dell’articolo collochiamo una “cartolina” revisionista che rende bene il pensiero dello sponsorizzato olocau$tico prete… (2)
    Fonte Priest Inspires Shoah Exhibition

    «L’operazione “1005” fu tenuta segreta, le SS comunicavano in codice con Berlino: il numero delle nuvole indicava quello delle fosse riaperte e la quantità di pioggia quella dei corpi che erano stati bruciati» (pag. 201 del suo Porteur de mémoires, in Italiano “Fucilateli tutti”. La prima fase della Shoah raccontata dai testimoni, Marsilio, Venezia, 2009)
    Peccato che il Desbois non ci dica dove troviamo il “codice” pretesamente usato dalle SS che il soggetto da per acquisito, noto, DIMOSTRATO! Non ci risulta che sia MAI stato esibito come documento! Quello che sappiamo è che il giudice polacco Jan Sehn ne ha parlato per primo, MA MAI ha esibito una sola prova della sua esistenza! E’ ben vero che nelle superstizioni semite e semito-discese il DOGMA è standard, ma nella scienza della Storia NON funziona così!
    Note
    1) Maggiori informazioni su tale Desbois Patrick si trovano ai seguenti links:
    1a- 0040- Padre Patrick Desbois è un bel mattacchione | "Olodogma",
    1b- 0558 ? Il prete Desbois e il ?divieto rabbinico? di spostare i cadaveri ebraici della $hoah: un falso clamoroso | "Olodogma"
    2) Altri posts di questo sito sugli Einsatzgruppen : 0795) 31-08-2014 – Compiti e struttura degli Einsatzgruppen…di Carlo Mattogno quindi 0797) 01-08-2014 – Einsatzgruppen e Babi Yar: i fatti contro la leggenda
    __________________________________________________ __________________________________________
    FALSO TESTIMONE: PADRE PATRICK DESBOIS E L’”OLOCAUSTO” IN UCRAINA
    di Stephan Gallant, Maggio 2009[1]
    Frequentazioni di Desbois Patrick, l’ebreo klarsfeld serge, 2010. Click...

    La miriade di uccisioni attribuite alle forze tedesche in Unione Sovietica – gli Einsatzgruppen e altri – ha giocato a lungo un ruolo secondario, rispetto alle presunte camere a gas, nella tesi che i tedeschi abbiano ucciso circa sei milioni di ebrei durante la seconda guerra mondiale. Di recente, tuttavia, le fucilazioni di massa a cui si attribuisce la morte di più di un milione di ebrei stanno ricevendo maggiore attenzione.
    Negli ultimi anni Padre Patrick Desbois è stato molto ospitato sui media per i suoi sforzi di pubblicizzare certe apparenti fosse in Ucraina che a suo dire contengono i corpi di circa un milione e mezzo di ebrei massacrati dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale. All’inizio di Marzo, diversi revisionisti della zona di New York hanno avuto la possibilità di vedere il prete francese in persona alla New York Public Library, dove lui e il suo nuovo libro, The Holocaust by Bullets [L’Olocausto mediante pallottole][2] erano al centro dell’attenzione.
    Traumatizza e impaurisci
    Frequentazioni di Desbois Patrick. Click…

    Prima che Padre Desbois si mostrasse al centinaio circa di convenuti, in maggioranza (prevedibilmente) ebrei, è stato mostrato un video professionale che presentava la vicenda del prete francese. Lui e la sua squadra incrociano più volte la campagna ucraina, interrogano i testimoni, visitano i siti delle fosse, scoprono le cartuccere tedesche, e aprono almeno una fossa comune. Tutto indicava che quasi tutto il pubblico stesse assistendo con orrore reverenziale; certamente, la tesi del narratore secondo cui la posizione di alcuni scheletri, oltre sessant’anni dopo, mostrava che erano stati sepolti vivi non ha suscitato dubbi, tranne nella manciata di revisionisti presenti.
    Poi ha fatto il suo ingresso Padre Desbois, accompagnato dal direttore della biblioteca Paul LeClerc. Desbois è un uomo tarchiato ed energico, che appare irlandese quanto basta, per via del nome, e che parla bene inglese (il suo forte accento raramente è stato un problema). Padre Desbois non ha tenuto una conferenza ma è stato intervistato da LeClerc, un esile studioso di Voltaire di circa sessant’anni. LeClerc gli ha fatto domande con un atteggiamento complice e appassionato, alla Charlie Rose [3], ma – come la maggior parte dei profani quando si occupano dell’Olocausto – ha mostrato una capacità di comprensione poco più che da neofita. Tutto ciò per Desbois era un bene, perché la forza di persuasione del suo shtick [4], che promuove vigorosamente da diversi anni, dipende dall’accettazione acritica di coloro che abbracciano il culto dell’Olocausto.
    Così, LeClerc ha lanciato a Desbois domande facili, e per il resto si è comportato con deferenza. Desbois ha esposto le sue presunte scoperte, e ha rivelato qualcosa del suo “metodo”. Le sue risposte sono state abbastanza in linea con il suo libro. Da diversi anni viaggia in Ucraina in cerca di testimoni delle fucilazioni di massa degli ebrei da parte degli Einsatzgruppen e di altre unità tedesche – testimoni che possano condurlo alle fosse comuni. La sua rievocazione delle presunte testimonianze era piena di dettagli che puzzano di pornografia olocaustica, e che hanno suscitato gli ansiti e i piagnucolii del pubblico: bambini gettati in aria come bersaglio, vittime frequentemente sepolte vive, e fosse che tremano e si smuovono per giorni a causa degli spasmi dei corpi ancora in vita.
    Questo sacerdote non si è fatto scrupolo di raccontare la diceria di un “testimone” secondo cui, mentre scavava in una fossa comune sette giorni dopo la fucilazione, venne afferrato da una mano che era emersa dalla terra per afferrargli il badile.

    I difetti
    metodologici di “Holocaust by Bullets
    Tuttavia, come accade con molta “storiografia” dell’Olocausto, evocare dettagli raccapriccianti aiuta ad oscurare il più concreto compito di stabilire quello che è davvero accaduto. In realtà, per quelli che si sono presi il disturbo di leggere attentamente il celebrato Holocaust byBullets di Desbois (New York: Palgrave MacMillan, 2008) – sovvenzionato da quel US Holocaust Memorial Museum che è finanziato dal contribuente – e di seguire le sue varie dichiarazioni alla stampa, la recente dichiarazione del prete – secondo cui,
    “E’ un’indagine. E’ una raccolta di prove, come la polizia raccoglie le prove. E’ la nostra risposta ai negazionisti” (http://www.earthtimes.org/articles/show/261751,priest-see… )
    – suona vacua come i peggiori tentativi di comprovare le accuse relative alle camere a gas.
    Prima di tutto, Desbois ammette di non aver scavato sistematicamente le presunte fosse comuni in cui si è imbattuto: ha detto al pubblico che egli, semplicemente, apre una presunta fossa per accertarvi la presenza di resti umani, poi la richiude per non trasgredire – così dice – i presunti divieti religiosi ebraici contro la profanazione dei morti. Robert Faurisson ha evidenziato l’assurdità di questa procedura e la falsità, da parte di Desbois, di accampare la legge ebraica ( http://www.rense.com/general80/furg.htm ). Inoltre, Desbois afferma, in Holocaust byBullets, di aver raccolto cartuccere tedesche – ma a quanto pare non le pallottole – vicino ad alcune delle presunte fosse comuni. Ma come è stato osservato da Faurisson, i sovietici a Katyn utilizzarono pallottole tedesche, così che le cartuccere, anche se autentiche, non necessariamente chiamano in causa i tedeschi.
    E’ sufficiente aggiungere che l’Ucraina fu, nella prima metà del 20° secolo, il cimitero dell’Europa dell’est, con le sepolture di massa causate dalle grandi battaglie della prima guerra mondiale, dai combattimenti e dalle epidemie che accompagnarono la rivoluzione sovietica, dalla massiccia mortalità della carestia ucraina e dalle enormi perdite militari e civili della seconda guerra mondiale. Il rifiuto, da parte di Desbois, di quella che dovrebbe essere la procedura di prammatica di ogni competente agenzia di polizia del mondo – esaminare le vere fosse e il loro contenuto – è sufficiente a liquidare lui e la sua “indagine”.
    Va detto che sono i testimoni che Padre Desbois si è specializzato a scoprire, a essere le star del suo show. Il suo libro Holocaust by Bullets, il video mostrato in biblioteca, e i suoi commenti lì, si sono dilungati sulle loro risposte alle sue domande, ma hanno offerto poco per indicare in che modo abbia stabilito che avevano visto quello che dicevano, o come abbia separato le testimonianze raccolte dalle cose riferite per sentito dire, o come abbia affrontato il problema della capacità di ricordare da parte dei settuagenari sessant’anni dopo gli eventi. Come se queste falle non fossero sufficientemente gravi, Padre Desbois porta la credulità al punto di rottura affermando che i suoi “testimoni” [un tempo] bambini spesso esercitarono una parte integrale nei massacri: egli scrive degli ucraini costretti ad aiutare a compiere le uccisioni, “la maggior parte dei quali erano bambini” (p. 97).
    La “prova” dello “sterminio ebraico” di 4.000.000 accettata a Norimberga, documento USSR-008, un falso clamoroso! Click per ingrandire

    Forse riconoscendo i suoi problemi con le prove forensi e le testimonianze oculari, Padre Desbois ha parlato al pubblico della biblioteca del suo uso delle fonti documentarie, principalmente rapporti degli Einsatzgruppen e della Commissione Sovietica sui crimini tedeschi nei territori sovietici, per le informazioni sulle presunte fucilazioni tedesche. Per quanto riguarda quest’ultima fonte, le sue scoperte più importanti furono che i tedeschi gasarono oltre quattro milioni di persone ad Auschwitz e che furono i perpetratori del massacro degli ufficiali polacchi a Katyn. E, mentre sia i revisionisti che gli sterminazionisti hanno discusso l’attentibilità e persino l’autenticità dei rapporti degli Einsatzgruppen, nessuno è riuscito ad eguagliare la vista acuta del prete francese per i dettagli che essi nascondono. La sua dichiarazione a un giornale israeliano (corroborata a p. 155 del suo libro) rivela molto – fin troppo, del metodo di Padre Desbois:
    “In molti casi, non c’è assolutamente nulla sotto la superficie, solo polvere e ceneri, perché i tedeschi distrussero tutte le prove dei massacri”, aggiunge Desbois.
    “In tali casi, per valutare il numero delle vittime, ci dobbiamo affidare basilarmente alla documentazione nazista. Con il tempo e l’esperienza, abbiamo scoperto che i rapporti a Berlino erano criptati sotto la copertura di un’innocente previsione metereologica quotidiana: il numero delle nuvole stava per il numero delle tombe e la quantità di pioggia indicava il numero delle vittime ( Haaretz, 17 Maggio 2007).
    Sfidare il soprannaturale
    Click…

    Come Robert Faurisson e altri revisionisti hanno notato, gli assertori del tentato sterminio degli ebrei nella seconda guerra mondiale hanno sempre più cercato rifugio in malcelate giustificazioni religiose per l’accettazione delle camere a gas, dei sei milioni, e dell’Olocausto (esso stesso, un termine religioso). Desbois, in quanto prete francese pesantemente coinvolto nel “dialogo” con gli ebrei, rientra in pieno in tale quadro, in cui il disprezzo per le prove fisiche e l’accettazione acritica delle testimonianze costituiscono la tentazione più facile, con il tentativo di rafforzare l’ortodossia e di zittire i dissidenti dietro l’angolo.
    Click…

    All’evento della New York Public Library, Padre Desbois è stato stridulo nel suo sforzo di spingere la Chiesa cattolica persino oltre l’accettazione del culto dell’Olocausto. Egli ha vigorosamente condannato la rimozione di Papa Benedetto XVI della scomunica al Vescovo Williamson – dalla spiccata sensibilità revisionista – ed è visibilmente sussultato quando uno spettatore gli ha chiesto degli sforzi per canonizzare Papa Pio XII.
    Il prete francese ha anche condannato Robert Faurisson e gli altri “negazionisti”, e ha espresso la sua approvazione per le leggi francese e tedesca mirate a rovinarli e a incarcerarli: tutto questo mentre il suo interlocutore, lo studioso di Voltaire Paul LeClerc, approvava in silenzio.
    Padre Desbois e il suo pubblico, tuttavia, sono andati incontro a un grosso shock quando il ben noto revisionista Michael Santomauro (Reporter’s Notebook; Theses and Dissertation Press) si è fatto avanti per rimproverare il prete francese per aver liquidato il fondatore del revisionismo dell’Olocausto Paul Rassinier descrivendolo come un fascista. Santomauro ha smascherato in modo convincente l’ignoranza (se non la malafede) di Desbois, e ha difeso efficacemente il revisionismo dell’Olocausto e i suoi aderenti, nonostante i tentativi del moderatore di zittirlo. L’apparizione in mezzo al pubblico di un revisionista informato e non intimorito ha visibilmente smontato l’uditorio (sebbene gli ebrei e gli altri presenti si siano comportati sempre in modo educato), e il periodo riservato alle domande è rapidamente terminato, a quanto pare per facilitare Padre Desbois nella vendita delle copie autografate del suo libro.
    Mai sottovalutare l’impatto di alzarsi e di prendere posizione in favore del revisionismo!
    [1] Traduzione di Andrea Carancini Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.codoh.com/newsite/sr/online/sr_161.pdf
    [2] Uscito in edizione italiana con il titolo: Fucilateli tutti!: http://www.marsilioeditori.it/autori/libro/3179680-lfucil… .
    [3] Famoso intervistatore e giornalista americano: http://en.wikipedia.org/wiki/Charlie_Rose
    [4] Termine yiddish che nel gergo teatrale sta per “numero”, “esibizione”.(Fonte) Andrea Carancini: La pornografia olocaustica di Patrick Desbois
    Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspetti.
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  6. #1516
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    Predefinito Auschwitz, Shoah e nazifascismo

    Ecco come a Norimberga si inventò la “realtà storica” delle camere a gas

    .
    I processi di Norimberga e gli altri processi ai Tedeschi sconfitti militarmente si basavano sul dogma indiscutibile dell’ “avvenuto” sterminio ebraico nelle camere a gas. Mediatico effetto scenico ed emotivo indispensabile a coprire le motivazioni reali dello scoppio della seconda guerra mondiale (la creazione in proprio della moneta nazionale), delle stragi alleate, delle stragi polacche anteguerra, delle cremazioni collettive dei vivi a Dresda-Hiroshima-Nagasaki o semplicemente Katyn… La penna di Carlo Mattogno ci presenta come, tecnicamente, è avvenuta la creazione della “verità storica” delle “camere a gas omicide”… Olodogma
    ——————-Brano I ——————-
    La menzogna propagandistica diventa “storia”

    Jan Sehn

    Nel maggio 1945 la Commissione di inchiesta sovietica (“Commissione statale straordinaria per l’accertamento e la ricerca dei crimini degli invasori germano-fascisti e dei loro complici”) fu sostituita da una Commissione di inchiesta polacca, che aveva l’incarico di effettuare le indagini preliminari in vista dei futuri processi contro le SS. Questo compito fu affidato al giudice Jan Sehn, che lo eseguì con solerzia. Egli fu l’autore della prima “storia” di Auschwitz103, che fu alla base del processo Höss (11-29 marzo 1947) e della guarnigione del campo (25 novembre-16 dicembre 1947).
    Per quanto riguarda i presunti impianti di sterminio, Jan Sehn si basò sulla perizia “tecnica” dell’ing. Roman Dawidowski, che fu protocollata ufficialmente il 26 settembre 1946104. Il perito accettò con entusiasmo la propaganda sovietica: egli non si accontentò di ribadire la storia dei 4 milioni di morti105, ma vi aggiunse un’altra assurdità sua personale, anch’essa, naturalmente, supportata da una “dimostrazione scientifica”: «Alla luce delle dichiarazioni concordanti dei testimoni, il perito stima la produttività delle camere a gas dei quattro complessi di cremazione a Birkenau a circa 60.000 persone in 24 ore. Questa cifra si fonda sul seguente calcolo: secondo le dichiarazioni dei testimoni, nelle camere a gas di ciascun crematorio si pigiavano 3.000 persone alla volta. La svestizione, in un clima di incitamento violento, durava circa 30 minuti, il tempo della gasazione era mediamente di 25-30 minuti, lo
    103 J. Sehn, Obóz koncentracyjny i zagłady Oświęcim, in: “Biuletyn Głównej Komisji Badania Zbrodni Niemieckich w Polsce”, I, Poznań, 1946, pp. 63-130.
    104 “Protocollo”. Processo Höss, tomo 11, pp. 1-57.
    105 Idem, p. 52.

    0853 ? Ecco come a Norimberga si inventò la ?realtà storica? delle camere a gas | "Olodogma"

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  7. #1517
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    Predefinito Re: Ecco come a Norimberga si inventò la “realtà storica” delle camere a gas

    veramente il calcolo dei morti non si baso solo sulle testimonianze, ma anche sulle perizie, in tempi recenti con le polemiche dei negazionisti sono partiti altri processi e sono stati chiesti dei pareri dei tecnici del settore( ingegneristici e chimici)

    ovviamente non possiamo sapere l'esattezza di quante persone al giorno sono state portate li dentro, ma una media la possiamo fare e i conti riescono comunque a tornare

    nel caso contrario c'è sempre la domanda cui i negazionisti non hanno mai risposto, dove sono finiti quelle persone?
    (Gv 3, 20-21)
    Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio

  8. #1518
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    Predefinito Re: Ecco come a Norimberga si inventò la “realtà storica” delle camere a gas

    Citazione Originariamente Scritto da Haxel Visualizza Messaggio
    veramente il calcolo dei morti non si baso solo sulle testimonianze, ma anche sulle perizie, in tempi recenti con le polemiche dei negazionisti sono partiti altri processi e sono stati chiesti dei pareri dei tecnici del settore( ingegneristici e chimici)

    ovviamente non possiamo sapere l'esattezza di quante persone al giorno sono state portate li dentro, ma una media la possiamo fare e i conti riescono comunque a tornare

    nel caso contrario c'è sempre la domanda cui i negazionisti non hanno mai risposto, dove sono finiti quelle persone?

    A si, e per sua grazia, visto che i revisionisti sono 15 anni che ne parlano e ne scrivono e che su questo stesso forum esistono discussioni ben circostanziate e contestualizzate che invece dimostrano che i conti non tornano prorio, potre sapere a quali dati e di quali conti parli, intanto, posto un paio di fonti sopra le parti, la prima del WORLD ALAMANAC il quale censisce in tutto il mondo nel 1938 15688259 ebrei, la seconda fonte è il Ney York Times il quale il 22.02.1948 fissa la popolazione ebrea mondiale tra i 15600000 e i 18700000 persone.
    ORA, bontà sua, sarebbe il caso che andando a ritroso su questo forum ti dai una rapida letta (si fa per dire, ci sono discussioni che per essere solo lette abbisognano di svariate ore) e dopo riparliamo nel merito su cosa noi non avremmo risposto.Ovviamente ti invito a fare una ricerca in rete per controllare se le cifre riportate qui sopra corrispondono al vero.
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  9. #1519
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    Predefinito Re: Ecco come a Norimberga si inventò la “realtà storica” delle camere a gas

    Citazione Originariamente Scritto da Ringhio Visualizza Messaggio

    A si, e per sua grazia, visto che i revisionisti sono 15 anni che ne parlano e ne scrivono e che su questo stesso forum esistono discussioni ben circostanziate e contestualizzate che invece dimostrano che i conti non tornano prorio, potre sapere a quali dati e di quali conti parli, intanto, posto un paio di fonti sopra le parti, la prima del WORLD ALAMANAC il quale censisce in tutto il mondo nel 1938 15688259 ebrei, la seconda fonte è il Ney York Times il quale il 22.02.1948 fissa la popolazione ebrea mondiale tra i 15600000 e i 18700000 persone.
    ORA, bontà sua, sarebbe il caso che andando a ritroso su questo forum ti dai una rapida letta (si fa per dire, ci sono discussioni che per essere solo lette abbisognano di svariate ore) e dopo riparliamo nel merito su cosa noi non avremmo risposto.Ovviamente ti invito a fare una ricerca in rete per controllare se le cifre riportate qui sopra corrispondono al vero.
    non possono essere corretti per due semplici ragioni: la mancanza di professionalità( per carità non in senso di serietà eh) in quanto gli storici hanno sicuramente delle qualifiche maggiori, in più già una volta hanno pubblicato i dati medi degli ebrei morti( o effettivamente o perchè semplicemente scomparsi), senza contare che gli stessi negazionisti dicono che gli ebrei sono stati si internati e anche morti per malattie( dicono)

    in più i dati delle due fonti che mi hai accennato,mostrano proprio come nel giro di dieci anni, la crescita degli ebrei è stata zero, ora sapendo che su quei 15 milioni di ebrei, solo 6 ne sono morti e in quei anni sono aumentati meno di 3 milioni e che non tutti gli ebrei si trovavano in Europa e non sono neanche stati tutti sterminati, il dato non mi stupisce
    (Gv 3, 20-21)
    Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio

  10. #1520
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    Predefinito Re: Ecco come a Norimberga si inventò la “realtà storica” delle camere a gas

    anzi per la verità gli ebrei nel 1948 risultano 15600000( quindi altro che tra 15 milioni e 18 milioni

    ammettiamo che gli ebrei rimasti( 9 milioni e passa) il 50% siano donne e tra questi l'ulteriore metà sono fertili,abbiamo 2 milioni e passa

    in 10 anni sarebbero nati 5 milioni di persone una media di 2,5 figli, considerando che parliamo di una epoca in cui si poteva figliare ancora molto, il dato non dovrebbe stupire
    (Gv 3, 20-21)
    Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio

 

 
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