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    Tringeadeuroppa
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    Predefinito Pkk e Israele: sono collegati?

    Il PKK e Israele: sono collegati?
    LE SOMIGLIANZE TRA GLI ATTACCHI DEL PKK E DI ISRAELE SOLLEVANO DUBBI[1]

    2 Giugno 2010

    Le caratteristiche comuni tra l’attacco effettuato dal fuorilegge Kurdistan Workers’ Party (PKK) e l’attacco israeliano al convoglio di aiuti umanitari in acque internazionali hanno sollevato sospetti sul fatto che i due casi possano essere collegati.

    Un attacco missilistico effettuato da terroristi contro una base navale ha ucciso sette soldati e ne ha feriti altri sei nella provincia meridionale del distretto Iskenderun di Hatay, lunedì, poco dopo mezzanotte. Dopo un paio d’ore, i commando israeliani hanno attaccato un convoglio di sei navi che trasportavano centinaia di attivisti pro-palestinesi in una missione umanitaria diretta alla Striscia di Gaza e ne hanno uccisi nove e feriti dozzine.

    Alcuni politici turchi hanno congetturato su un’eventuale relazione tra i due attacchi mortali. “Non pensiamo che il fatto [l’attacco di Iskenderun] sia casuale”, ha detto il vice-presidente del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AK Party) Hüseyin Çelik, parlando lunedì ai reporter nel quartier generale dell’AK Party ad Ankara.

    “Come AK Party, condanniamo energicamente questi fatti. Israele ha distrutto Gaza. Non lasciano entrare neppure il materiale da costruzione. Questa sarà una macchia nera nella storia dell’umanità. È stato effettuato un attacco contro la nostra unità militare di Iskenderun. Condanniamo anche questo. Non pensiamo che sia una coincidenza il fatto che tali attacchi abbiano avuto luogo nelle stesse ore”, ha detto Çelik.

    Anche il rieletto presidente del Partito Repubblicano del Popolo (CHP), Kemal Kiliçdaroğlu, ha detto che la somiglianza tra i due attacchi è significativa. Parlando lunedì ad una conferenza stampa nel quartier generale del partito, Kiliçdaroğlu ha ricordato che certuni si stanno chiedendo se l’attacco di Iskenderun sia collegato a Israele. “Siamo profondamente addolorati dall’attacco di Iskenderun. L’uccisione di sette soldati ci deve far riflettere. In un momento in cui l’esercito israeliano compie delle operazioni militari, è significativo che un tale attacco abbia avuto luogo in Turchia”, ha detto.

    Il leader del Partito della Felicità (SP) Numan Kurtulmuş ha reagito duramente durante una conferenza stampa tenuta nella sede di Istanbul del partito. Sottolineando la tempistica di entrambi gli attacchi , Kurtulmuş ha detto di sperare che i detti attacchi non siano collegati. “I nostri soldati sono stati attaccati in Turchia. Spero si tratti di una coincidenza che Israele abbia iniziato ad attaccare la nave dopo il brutale attacco alla base della Marina turca a Iskenderun. Dio benedica le anime dei martiri morti in questo crudele attacco”, ha detto.
    [1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: Similarities between PKK, Israel attacks raise suspicions

  2. #2
    Tringeadeuroppa
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    Predefinito Rif: Pkk e Israele: sono collegati?

    PKK-Israele: crescono i sospetti
    CRESCONO I SOSPETTI SUL POSSIBILE LEGAME TRA IL PKK E ISRAELE[1]

    Nel mezzo del crescente sdegno per l’attacco israeliano in acque internazionali alle navi civili, che la scorsa settimana ha ucciso nove attivisti turchi pro-palestinesi e ne ha feriti dozzine, si rafforza il sospetto sul possibile coinvolgimento israeliano nell’uccisione di sette soldati in un attacco missilistico terrorista contro una base navale a Iskenderun, nella provincia meridionale di Hatay.

    Le organizzazioni turche di intelligence stanno esaminando i possibili legami tra i due attacchi effettuati nel corso della stessa giornata con un intervallo di sole due ore. L’attacco terrorista è stato compiuto dal Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), un’organizzazione fuorilegge considerata terrorista sia in Turchia che da buona parte della comunità internazionale. Vi sono degli analisti che affermano che i servizi segreti israeliani possono aver appaltato il lavoro al PKK per mandare un messaggio al governo turco.

    Sedat Laçiner, responsabile dell’Organizzazione per la Ricerca Strategica Internazionale (USAK) con sede ad Ankara, ha detto al Sunday’s Zaman che in Israele vi sono delle organizzazioni che collaborano attivamente con il PKK usando il suo braccio iraniano, il Partito per una Vita Libera in Kurdistan (PJAK), che sta conducendo una guerra nell’Iran occidentale. Egli ha detto che tale legame è qualcosa di più di una semplice teoria complottista: è dimostrato, poiché certi membri del Mossad e certi ufficiali in pensione dell’esercito israeliano sono stati sorpresi ad addestrare combattenti curdi nella regione curda dell’Iraq del nord.

    Il fatto che un attacco a dei soldati turchi sia stato compiuto lo stesso giorno in cui i soldati israeliani hanno attaccato in acque internazionali un convoglio di aiuti umanitari guidato da una nave turca fa sospettare che Israele possa essere collusa con il PKK. Il fatto che questa organizzazione terrorista curda, che ha per base l’Iraq del nord, abbia annunciato il 1 Giugno di aver posto fine al proprio unilaterale cessate-il-fuoco con la Turchia ha rafforzato la teoria che Israele sia in qualche modo legata al PKK.

    Parlando ad Ankara con i giornalisti la settimana scorsa, il Ministro dell’Interno Beşir Atalay ha sottolineato che il governo sta indagando a fondo su entrambi gli attacchi. “Stiamo lavorando duro, in particolare per accertare che cosa è accaduto nell’attentato di Iskenderun”, ha detto, segnalando che il governo sta valutando gli eventuali collegamenti. L’anno scorso Atalay disse nel corso di un raduno del partito di essere profondamente offeso dalla notizia che l’esercito israeliano addestrava truppe nell’Iraq del nord.

    […]

    Laçiner ha proseguito dicendo che i principali attacchi terroristici del PKK avvenuti in grandi città recano l’impronta di Israele. “Questi terroristi sono stati addestrati da ufficiali dell’intelligence israeliana su come meglio infiltrarsi nelle città”, ha detto, sottolineando che al governo israeliano non piace che in Turchia stia al governo il partito AK. “Vogliono presentare all’opinione pubblica il governo turco nello stesso modo dell’organizzazione radicale Hamas. Il PKK è un semplice appaltatore di Israele per servire allo scopo”, ha spiegato.

    In un articolo apparso sul New Yorker nel 2006, il giornalista investigativo statunitense Seymour Hersh scrisse che Israele e gli Stati Uniti stavano “lavorando assieme a sostegno di un gruppo di resistenza curdo conosciuto come Partito per una Vita Libera in Kurdistan”. All’epoca, citando un consulente del governo con stretti legami con la dirigenza civile del Pentagono, Hersh asserì che tutto ciò faceva “parte di un tentativo di esplorare mezzi alternativi di pressione sull’Iran”.

    Hersh, che ha vinto il Premio Pulitzer, scrisse due anni dopo in un altro articolo che anche la CIA e le forze speciali americane avevano legami di vecchia data con due gruppi clandestini in Iran: il Mujahideen-e-Khalq (MEK) e il Partito per una Vita Libera in Kurdistan (PJAK), un gruppo separatista curdo.

    Egli scrisse che “Il partito curdo PJAK, che si dice anche sia sostenuto segretamente dagli Stati Uniti, compie le sue operazioni contro l’Iran dalle sue basi nell’Iraq del nord da almeno tre anni”. Nell’articolo del 2008, Hersh ha detto che “il PJAK ha sottoposto anche la Turchia, che è membro della NATO, a ripetuti attacchi terroristici, e i rapporti sul sostegno americano al gruppo sono stati fonte di attrito tra i due governi”.

    Nurullah Aydin, dell’università di Gazi[2], sostiene che Israele non solo addestra truppe per conto dell’amministrazione regionale curda, ma che aiuta e spalleggia i terroristi del PKK. “Le deposizioni rese da terroristi catturati e le armi sequestrate durante i raid anti-terroristici indicano che ufficiali dell’esercito israeliano hanno fornito addestramento e armi al PKK”, ha detto, supponendo che il governo turco tenga tale informazione segreta.
    [1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: Suspicion growing about possible link between PKK and Israel
    [2] Università pubblica di Ankara fondata da Kemal Ataturk: Gazi University - Wikipedia, the free encyclopedia

  3. #3
    Hic Sunt Leones
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    Predefinito Rif: Pkk e Israele: sono collegati?

    Di sicuro c'è che:

    1) da quando è arrestato Ocalan non si capisce bene chi sia il comandante sul campo del PKK;

    2) il PEJAK (Partito per la Vita Libera in Kurdistan), ossia la fazione armata dei curdi iraniani, è palesemente eterodiretto
    Passata la buriana facciamo i conti

  4. #4
    Hic Sunt Leones
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    Predefinito Rif: Pkk e Israele: sono collegati?

    Gli amici di Israele nel Vicino Oriente

    Quando si parla di Vicino Oriente, esistono diversi luoghi comuni e miti da sfatare. Non solo nell’opinione pubblica manipolata e disinformata dai media “embedded”, ma anche nelle fila dei cosiddetti antagonisti (veri o sedicenti tali).
    Uno dei luoghi comuni più diffusi vede Israele come baluardo solitario e isolato, circondato da un mare di Stati e popoli tutti ugualmente desiderosi di vederne la distruzione finale. Questo postulato può avere un duplice uso, sia fra i filo che fra gli anti-israeliani. I primi infatti ne approfittano per diffondere l’immagine di una Tel Aviv circondata da orde di invasati fanatici, e che per questo è quasi obbligata a ricorrere ad ogni mezzo per salvaguardare la sua stessa esistenza (che, a detta di costoro, costituirebbe garanzia di sicurezza anche per tutto quanto l’Occidente). I secondi, invece, ne approfittano per compiere analisi spesso superficiali ed edulcorate (tipiche soprattutto di ambienti legati al terzomondismo progressista), che impediscono una analisi lucida e obiettiva della realtà, degli attori e dei loro interessi sul campo.
    Per prima cosa, chiariamo che, come ogni altra entità politica esistita nel corso della storia, anche Israele ha sempre cercato di trovare quanti più alleati possibili pronti a sostenere la propria causa. Tenendo presente infatti che il conflitto vicino-orientale è genericamente descritto come “arabo-israeliano”, va considerato prima di tutto che il mondo arabo non è, non è mai stato né probabilmente sarà mai un monolite indivisibile. Anzi, al suo interno sussistono profonde differenze, sia sul piano religioso (le varie confessioni musulmane, come sunniti e sciiti, ma anche gli arabi cristiani) sia su quello squisitamente politico. Le rivalità fra regimi di natura diversissima, spesso avversari tra loro, come sono le monarchie filo-occidentali da una parte (Arabia Saudita, Marocco, Emirati Arabi Uniti, e così via) e i regimi popolari, di matrice laica e panaraba (quelli a guida baathista, come era l’Iraq di Saddam, come è tuttora la Siria di Assad, o per tornare ancora più indietro nel tempo l’Egitto nasseriano). La fine della Guerra Fredda, il crollo dell’Unione Sovietica e l’occidentalizzazione del mondo hanno fatto sì che il numero degli Stati arabi che perseguissero politiche di sovranità nazionale si sia drasticamente ridotto. A ciò ha fatto seguito la normalizzazione di Paesi storicamente “non allineati”, ma poi scivolati sotto l’ala protettiva di Washington, come il già citato Egitto (che con Sadat prima e Mubarak poi è passato da capostipite della dignità nazionale araba a cane da guardia degli interessi occidentali nell’area, nonché complice di Tel Aviv nello strangolamento di Gaza) e lo Yemen.
    Pertanto, si può affermare senza timore di smentite che la retorica di Israele circondato da nemici è, appunto, retorica e nient’altro. Gli unici Paesi arabi con cui attualmente Israele ha dei contenziosi sono Siria e Libano (vale la pena di ricordare che l’Iran, che pure è attualmente il maggiore rivale strategico nella regione, non è arabo). E tali contenziosi discendono da ragioni ben precise e giustificate: ambedue gli Stati rivendicano territori sottoposti ad occupazione illegale da parte di Tel Aviv, cosa riconosciuta anche dalle leggi e dagli organismi internazionali (le risoluzioni delle Nazioni Unite stanno lì a dimostrarlo). Le Fattorie di Shebaa, Kfar Shuba e Ghajar per il Libano, il Golan per quanto concerne la Siria. Insomma, nessuna voglia di annientamento dell’infedele, come ripetono spesso i propagandisti filo-sionisti di casa nostra, bensì giustificate rivendicazioni del maltolto. Prova di questa “doppia anima” nei confronti di Israele è l’atteggiamento remissivo (per non dire collaborazionista…) della stessa Lega Araba, che addirittura si è recentemente espressa a favore di una pace al ribasso per la questione del futuro Stato palestinese (non male per un organismo che in teoria dovrebbe sostenere la causa araba).
    Ciò premesso, è naturale che anche Israele cerchi alleati e sponde su cui giocare in campo avverso. Non solo perché avere alleati è meglio che avere nemici (il che è pleonastico), ma anche per applicare il sempre efficace “divide et impera”.
    Perciò, sin dalla sua creazione (o per meglio dire imposizione) nel 1948, Israele è alla ricerca di amici nella regione, e li ha anche trovati. Dove? In Libano ad esempio, durante gli anni della guerra civile, quando Tel Aviv riuscì ad agganciare al proprio carro i cristiano maroniti e i drusi. Va detto che oggi nel Paese dei Cedri la situazione è in parte mutata: i maroniti si sono per la maggior parte orientati su scelte di indipendenza nazionale, come dimostra l’alleanza politica fra il partito del generale Michel Aoun (maggioritario all’interno della comunità) e Hizbollah. I drusi e una parte della comunità cristiana continuano ad avere posizioni più ambigue, anche se è difficile comunque etichettarli come filo-israeliani. Le amicizie strette da Israele riguardano anche altre aree: il Sudan, ad esempio, dove la causa del Darfur nasce proprio da un’operazione di “lobbying” israeliana (su questo argomento si consigliano diversi interessanti contributi del prof. Claudio Moffa).
    Sostegno non soltanto mediatico, ma anche pratico, come i rifornimenti in soldi e armi ai gruppi separatisti come il Jem (Movimento per la Giustizia e l’Eguaglianza) e l’Esercito di Liberazione del Sudan. Interferenze negli affari interni di uno Stato sovrano, sostegno al terrorismo: se non si stesse parlando di Israele, queste sarebbero accuse più che legittime. L’obiettivo (non dichiarato): la balcanizzazione del Sudan, privando il nord arabo e islamico delle risorse di idrocarburi di cui il sud nero, cristiano e animista, è ricco. Troppo ingombrante e indipendente il governo di Omar Al Bashir, che sorge in una zona strategica per l’Africa (e che, en passant, si è anche beccato il suo carico di bombe con la Stella di Davide all’inizio del 2009).
    Ma non finisce qui.
    Perché gli alleati storici, di ferro di Israele nella regione sono altri. Per la precisione, un altro popolo senza Stato, storicamente vessato e carico di resentissement nei confronti di coloro che ritiene suoi carnefici storici (turchi e arabi): i curdi.
    Il ruolo giocato dai curdi per Israele è di enorme importanza strategica per tantissimi motivi. Per prima cosa, il Kurdistan è diviso fra Turchia, Siria, Iraq e Iran. Di questi quattro Stati, noterete come tre (Siria, Iran e Iraq) siano stati i più acerrimi oppositori del progetto sionista. Pertanto, fomentare spine nel fianco e opposizioni armate interne a questi regimi è stata considerata sin da subito un’occasione da non perdere. Con l’unica controindicazione che così facendo si rischiava di danneggiare a medio termine le relazioni bilaterali con la Turchia. Non è un caso che a metà anni ‘90 la cooperazione militare tra Ankara e Tel Aviv si fosse sviluppata proprio per contrastare le azioni armate dei separatisti del Pkk di Ocalan, attivo nel sud-est del Paese (acquisti di armi, droni e collaborazioni nel campo dell’intelligence), e che la rottura di questi mesi stia avvenendo anche a causa del persistente appoggio israeliano ai curdi. Il Pkk che colpisce la Turchia usando come retrovia il nord dell’Iraq, che ormai dai tempi dell’operazione Desert Storm del 1991 è semi-autonomo e diviso fra l’Upk di Talabani (attuale presidente-fantoccio iracheno), attestato nella zona di Suleymaniya e il Pdk di Barzani, con la propria roccaforte ad Erbil. I due non si sono mai amati, e anzi, nel ’96 si fecero la guerra fra loro (con Barzani che fu addirittura sul punto di chiedere aiuto a Saddam Hussein!), ma su una cosa sono sempre andati d’accordo: prima, nel considerare gli statunitensi come loro liberatori e protettori (la famosa “no-fly zone” che li tagliò di fatto fuori dalla sovranità territoriale di Baghdad), poi nell’accogliere un sempre crescente numero di non meglio specificate aziende e compagnie private israeliane. Dopo il sostegno logistico ai peshmerga in funzione anti-Saddam, una volta caduto il regime baathista Israele non ha lasciato, ma piuttosto ha raddoppiato: acquisti di terreni e proprietà, infiltrazione massiccia di agenti del Mossad sul terreno. Una vera e propria occupazione silenziosa e non dichiarata, diversamente da quella ben visibile dei carri armati Usa, ma altrettanto capace di alterare equilibri decennali. Non è un caso che negli ultimi anni si sia sviluppata la lotta armata anche da parte dei curdi iraniani, storicamente fra i più integrati, con la nascita di un gruppo armato, il Pjak (Partito per la Vita Libera in Kurdistan), apparentemente straboccante di armi e finanziamenti di natura non identificata… La strategia destabilizzatrice di Tel Aviv si è però rivelata un’arma a doppio taglio: il nord iracheno usato come retrovia per colpire in Turchia e in Iran ha portato a ritorsioni e incursioni coordinate da parte di Ankara e Teheran, che hanno stretto rapporti politici ed economici via via più saldi, proprio in coincidenza del raffreddamento fra Ankara e l’esecutivo israeliano. Discorso a parte merita la Siria, che finora ha saputo contenere e gestire egregiamente la questione curda, con l’istituzione di un auto-governo dotato di ampia autonomia (Assemblea Nazionale del Kurdistan Siriano).
    Insomma, a dispetto della vulgata comune, a lavorare per Israele nel Vicino e Medio Oriente sono in tanti. Alcuni attori lo fanno coscientemente, altri sono invece utili idioti nelle mani di Tel Aviv.

    Alessandro Iacobellis

    Arianna Editrice
    Ultima modifica di Canaglia; 06-06-10 alle 21:08
    Passata la buriana facciamo i conti

  5. #5
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    Predefinito Rif: Pkk e Israele: sono collegati?

    Giusto l'altra volta sul forum pol internazionale
    un filosionista dicea "ma l'entità sionista non finanzia
    mika il pkk!"

  6. #6
    Tringeadeuroppa
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    Predefinito Rif: Pkk e Israele: sono collegati?

    Citazione Originariamente Scritto da Nazionalistaeuropeo Visualizza Messaggio
    Giusto l'altra volta sul forum pol internazionale
    un filosionista dicea "ma l'entità sionista non finanzia
    mika il pkk!"

  7. #7
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    Citazione Originariamente Scritto da Spetaktor Visualizza Messaggio
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