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    GENERAZIONE (SENZA) LAVORO

    Mesi di stage, impieghi spesso non retribuiti; risposte vaghe e confuse negli uffici amministrativi preposti. Un gruppo di giovani cronisti freelance scandaglia e interroga il mondo sommerso dei coetanei alle prese con il più grave problema del momento."Ti toglie la voglia di svegliarti la mattina, di confrontarti con le altre persone. Ti senti in difetto", è il sentimento più diffuso di quella futura classe dirigente del paese alle prese con una realtà devastante. Ma anche chi si occupa della materia non è in grado di avere un quadro generale esaustivo. Tranne i numeri. Che fanno paura: 1 disoccupato su 2 ha meno di 35 anni

    di GLORIA BAGNARIOL, MARCO BETTAZZI, EDOARDO BIANCHI, LAURA MONTANARI, GERALDINE PEDROTTI, MARIA CHIARA PERRI e FRANCES CA RUSSI. Video di SILVIA ANDRETTI, GIULIA DESTEFANIS, VALENTINA EVELLI, MARCO FAGNOCCHI, ANDREA LATTANZI, EVA PEDRELLI, MICHELE PISCITELLI e ANTONIO VEZZARI . Con un commento di FEDERICO FUBINI. Illustrazione di MOJMIR JEZEK

    27 ottobre 2014



    Poletti: "Garanzia Giovani? Risultati interessanti"Anonimi per la vergogna di FEDERICO FUBINI

    Inghiottiti da un buco nerodi GLORIA BAGNARIOL

    ROMA - "Ti toglie la voglia di svegliarti la mattina, di confrontarti con le altre persone. Ti senti in difetto". Ecco cosa significa cercare lavoro nel Terzo Millennio. A dirlo è Federica Strazzeri, 26 anni e una carriera accademica impeccabile in una prestigiosa università privata. Ora è al terzo stage, dopo non sa cosa succederà, spera solo che ad attenderla non ci sia di nuovo il limbo in cui si trovano più di un milione e mezzo di suoi coetanei. In questo momento lei non rientra neanche in quella percentuale, secondo la statistica è una persona fortunata. I dati però non sempre riescono a fotografare la realtà. Come dice anche il Cnel (Consiglio nazionale dell'Economia e del Lavoro) nel suo rapporto 2013-2014: "Uno degli aspetti che caratterizzano il mercato del lavoro in tempi di crisi è la difficoltà di descrivere il quadro generale in maniera esaustiva". Tradotto: chi lavora sette ore a settimana è occupato o disoccupato? E chi lo fa un mese ogni due anni? Chi è all'ennesimo stage? Per Mattia Coluccia, 29 anni, laurea in Scienze del turismo e master in comunicazione "è come stare in una puntata di The Walking Dead. C'è tipo un buco nero nel quale tutte le persone che escono dall'università girano, si muovono, vagano come zombie. Il collegamento con il mondo del lavoro non c'è, e se c'è è solo temporaneo".


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    Le storie dei ragazzi in cerca di lavoro sono scandite da un ritmo incessante: ci si sveglia la mattina, si controlla la mail, si aprono i vari siti specializzati, si vede se ci sono nuove proposte, si guarda il telefono in attesa di una chiamata, si va sulle pagine delle aziende per compilare i vari form, si guarda il telefono ancora una volta. Niente, non squilla. Allora si adatta il curriculum. Quando va bene ci si presenta a un colloquio, ma non è detto che sia un buon punto di partenza. "Ti convocano, ti promettono che ti fanno sapere, poi spariscono. Qualcuno si inventa qualche scusa, accampa problemi burocratici, ma la verità è che non gli interessa", racconta Federica Tesauro, anche lei 26 anni, una laurea in Giurisprudenza lasciata nel cassetto perché "anche se ho finito tutto in tempo, anche se ho preso 110, non mi dà lavoro, non in un tempo accettabile almeno. E io non ho altri anni da investire nell'attesa".

    Non va meglio a chi ha scelto di entrare direttamente nel mondo del lavoro. La sensazione che prevale è lo spaesamento. Giulia R. e Giulia P. hanno 19 anni, si conoscono da quando ne avevano 3. Sono andate insieme al centro per l'impiego a Roma e ne sono uscite più confuse di prima, non capiscono cosa le attende. La prima ha studiato lingue e vorrebbe lavorare negli alberghi ma "ho sentito che per questo ora serve la laurea", l'altra vuole arruolarsi "per fare una vita diversa, con più ordine". Le hanno consigliato di iscriversi "a quella roba di Renzi", ma ancora non lo hanno fatto, non sono convinte. All'ufficio di collocamento non c'erano molti ragazzi con cui scambiare qualche opinione.



    "Quella roba di Renzi" come la chiamano loro è Garanzia Giovani e non nasce a Palazzo Chigi, ma a millecinquecento chilometri di distanza, a Bruxelles. Il piano - come si legge sul sito della Commissione Europea - è "un nuovo approccio alla disoccupazione giovanile per garantire che tutti possano ottenere un'offerta valida entro quattro mesi dalla fine degli studi". I paesi dell'Unione l'hanno approvato nell'aprile del 2013, poi ognuno ha attivato il proprio percorso. In Italia doveva partire a gennaio, poi è stato rinviato tutto a maggio.Il Ministero del Lavoro informa con cadenza settimanale dei progressi: attualmente ci sono più di 250mila iscritti, il 24% ha fatto il primo colloquio e le aziende hanno inserito più di 25mila posti di lavoro. Peccato però che non si sappia quante offerte hanno incontrato la domanda. Il ministro Giuliano Poletti assicura che "il programma è pienamente attivo" e che non è "ragionevolmente possibile essere pienamente soddisfatti". Secondo l'Inps - che si deve occupare di trasferire alle aziende il 'bonus occupazionale' a cui hanno diritto se collocano un iscritto a Garanzia Giovani - "non c'è stata ancora nessuna richiesta". A confermare che è ancora troppo presto per i primi bilanci anche Andrea Brunetti, responsabile Cgil delle politiche giovanili: "C'è un forte ritardo. Bisogna accelerare i tempi, questo programma è quello di cui abbiamo bisogno: è necessario attivare i ragazzi che hanno perso le speranze, che non riescono a trovare uno sbocco lavorativo, che non sanno come cercarlo".

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    Quello che doveva essere "un nuovo approccio alla disoccupazione giovanile", non sembra essere così diverso dai precedenti, basta dare uno sguardo allapagina Facebook di Cliclavoro (il portale del Ministero) che ogni giorno raccoglie spazientite richieste di spiegazioni. Secondo Danilo M (Lazio) "è solo l'ennesima fregatura", Umberto B (Piemonte) la definisce "un'esperienza nulla e deludentissima", mentre Dario P. (Campania) non ha ancora perso le speranze: "Mi hanno chiamato per il primo colloquio dopo 140 giorni, ero insieme ad altri ragazzi, ci hanno fatto vedere uno spot e detto che dovevamo stare attenti agli annunci truffa. Ho completato un foglio con tutte le informazioni ora aspetto il secondo incontro. Mi hanno detto che non aspetterò più di quattro mesi, io spero solo di non finire di nuovo in un dimenticatoio remoto..."

    LA MAPPA DELLA DISOCCUPAZIONE IN EUROPA
    Lombardia: "Molti interinali e troppi stage"di EDOARDO BIANCHI
    MILANO - "Mi chiamo Matteo e sono un luogo comune. Avete presente quei giovani non più così giovani di cui ogni tanto parlano in tv scuotendo la testa con rassegnazione? Ecco quei giovani sono io...". Il brano tratto dal libroGenerazione 1000 euro , di Antonio Incorvaia e Alessandro Rimassa, racconta la vita precaria di un giovane lavoratore di Milano, un reality book nato gratuitamente su Internet e divenuto specchio della nostra società. Trasposto anche in un film da Massimo Venier, il libro tradotto in sei lingue racconta la realtà, non solo nostra, di tanti che si sono identificati in Matteo: ragazzo volenteroso, che vive alla giornata tra i dubbi e le incertezze del suo lavoro.

    Era il 2009, cosa è cambiato da quella realtà alla nostra? Poco, a dire il vero. I precari sono sempre più interinali, i tempi determinati sempre più collaboratori o a progetto, e i disoccupati in costante aumento. Solo a Milano sono passati dal 13,6% al 20,2% in età compresa tra i 15 e i 29 anni; e dal 6,9% al 9,7% quelli tra i 25 e i 34 anni. Poi ci sono gli stagisti, gli eterni incompiuti che covano l'idea di eccellere concedendo gratuitamente o quasi la propria forza lavoro. A Milano si contano almeno centomila contratti di stage, di cui solo il 9,7% viene assunto. Ragazzi spinti dalla speranza che, al terzo stage non retribuito e l'età che avanza, possano essere considerati da qualche azienda in vena di assunzione e che, invece, vengono considerati dallo Stato italiano come inoccupati; non hanno neanche il lusso di potersi definire disoccupati in quanto mai sottoposti ad un contratto serio.
    Gli italiani e il lavoro
    Occupati 22.380
    Disoccupati (chi cerca e non trova) 3.134
    Inattivi 15-64 anni (chi non cerca) 14.338
    fonte: Istat, agosto 2014

    Olimpia, 33 anni, ci parla del continuo riciclo delle aziende che sfruttano la forza lavoro dei ragazzi sottopagati per far quadrare i conti. Saverio, 28, invece, si sofferma sulla predisposizione mentale dei giovani secondo i quali, forti di una laurea conquistata in anni di studio, ritengono dovuto un posto fisso e scontata l'assunzione post stage. Elia, 26 anni, descrive invece come spesso ragazzi senza esperienza e umiltà si presentino ai colloqui pretendendo di saltare il periodo di prova e richiedendo il massimo delle ore lavorative. Giorgio e Fabrizio, 27, lamentano il fatto che troppe aziende ricerchino elementi con molta esperienza, sottoponendoli però a contratti di stage o tirocini come se fossero alle prime armi.

    Emanuele, 33 anni, evidenzia come molti ritengano il contratto a tempo indeterminato l'apice della carriera lavorativa. E spiega bene, invece, come nonostante anche lui ne faccia parte, non è sempre oro quel che luccica e che, spesso, si debbano fare più lavori per arrivare a fine mese e pagare bollette e affitto. Nonostante le attenzioni siano riservate interamente a inoccupati e disoccupati, Ginevra ci tiene a sottolineare come lei un lavoro lo avesse e che lo ha lasciato alle spalle perché esausta dalle modalità contrattuali del servizio interinale gestito delle agenzie in Italia. C'è chi valuta l'estero come la giusta possibilità per un futuro e chi la ritiene l'unica via.

    Giovani spaesati, sconsolati e disillusi, che ricercano certezze ma vivono di esili speranze e piccoli progetti, concepiti al lunedì e che rischiano di svanire e restare incompiuti entro la fine della settimana. Una generazione di ragazzi che deve fare i conti con il "non lavoro" e l'opportunità di lavorare senza garanzie e a condizioni impossibili.

    Ormai l'unica certezza è la consapevolezza di essere facilmente intercambiabili con qualcun'altro disposto a rilevarti alle stesse condizioni. Un circolo vizioso che porta i disoccupati a cercare soluzioni più vantaggiose e gli inoccupati ad acchiappare qualsiasi lavoro con la speranza che il contratto migliori in futuro. Guai, però, a lamentarsi o richiedere giorni di permesso. La riposta è immediata: "Grazie per il tempo che ci ha dedicato, avanti il prossimo candidato...".

    La crisi non risparmia la Food Valleydi MARIA CHIARA PERRI
    PARMA - Non è rimasto immune dalla crisi occupazionale quello che fino a pochi anni fa era uno dei tessuti economici più solidi d'Italia. La Food Valley parmense, cuore della piccola e grande industria alimentare emiliana, dal 2008 ha visto crescere il tasso di disoccupazione dal 2,3 fino al picco del 7,5 per cento raggiunto quest'anno, secondo i dati del rapporto sul mercato del lavoro della Camera di Commercio. Pur rimanendo nettamente inferiore alla media nazionale e regionale, il dato si impenna nella fascia d'età 15-24 anni con un 22 per cento (oltre il 40% in Italia). E preoccupa di più quel 11,1% che riguarda chi dovrebbe aver già compiuto il percorso formativo, i giovani tra i 25 e i 29 anni (17,7% la media nazionale). C'è anche chi assume: soprattutto le grandi imprese con oltre 50 dipendenti, che cercano sostituzioni temporanee. Ma quattro imprese su cinque escludono qualsiasi incremento dell'organico. In calo rispetto all'anno scorso le assunzioni di giovani sotto i trent'anni: solo il 27,7% dei nuovi contratti.

    Chi assume, comunque, preferisce farlo dopo aver "testato" il candidato con un contratto a termine, mentre in pochi ricorrono all'apprendistato. Si cercano sempre più laureati, in particolare a indirizzo ingegneria elettronica e dell'informazione, industriale, civile e ambientale. E tra questi si collocano le figure più difficili da reperire, soprattutto per l'esperienza lavorativa, a cui si affiancano i professionisti qualificati nelle attività commerciali. Ma anche nel commercio non è tutto rose e fiori. Lo conferma D., 32 anni, in cerca di occupazione dopo un'esperienza come venditore di inserzioni pubblicitarie: "Il lavoro mi piaceva, ma non rientravo più nei canoni per la partita Iva a regime agevolato. Da allora sono stato tirocinante per sei mesi, a tempo pieno, in una nota catena di commercio. Percepivo un rimborso di 500 euro al mese, poi hanno tagliato sul personale. Ho tanti amici nella mia stessa situazione: chi è rimasta incinta e non si è vista rinnovare il contratto, chi faceva l'agente immobiliare ed è rimasto a piedi per la crisi del settore".

    Reinserirsi dopo aver perso il lavoro non è facile per chi ha una formazione specialistica ed esperienza, ma in un settore in difficoltà: "Il mio quotidiano ha chiuso nel 2011 - racconta S., giornalista 37enne - da allora mi sono rivolto a tutte le aziende con un ufficio di comunicazione. Ma mi accontenterei anche di un lavoro diverso, come il postino".
    Liguria: "Ultima speranza l'Australia"di GIULIA DESTEFANIS e VALENTINA EVELLI

    Emilia: "Si punta ai tirocini dai privati"di MARCO BETTAZZI
    BOLOGNA - Venerdì 10 gennaio 2014 Philip Morris annuncia ufficialmente la costruzione di un mega-stabilimento da 500 milioni di euro nelle campagne della provincia bolognese, capace di creare dal nulla, anche se nel giro di due anni, 600 nuovi posti di lavoro. Poco lontano tre giorni dopo, davanti ai cancelli di una società controllata dalla multinazionale, è un via vai continuo di disoccupati che portano il curriculum sperando nella futura assunzione. La maggior parte sono giovani: ex operai precari rimasti senza lavoro, diplomati che cercano il primo impiego, genitori che provano a sistemare i figli. Arrivano da Bologna, dalla periferia, ma anche da Ferrara e Ravenna. Basta questa immagine per testimoniare la fame di lavoro che affligge una terra che una volta era a piena occupazione, l'Emilia Romagna. Basterebbe l'immagine se poi non ci fossero anche i numeri, che testimoniano come la regione resti in cima alle classifiche nazionali, ma, come tutte le altre parti d'Italia, debba fronteggiare aumenti a doppia cifra anche tra i giovani senza lavoro. Una piaga che da queste parti era quasi sconosciuta.

    Nella sola provincia di Bologna i disoccupati tra i 16 e i 34 anni iscritti ai centri per l'impiego sono passati dai 17mila del 2008 ai 29mila del 2013, quasi raddoppiati. E il tasso di disoccupazione tra 18 e 29 anni è schizzato dal risicato 3% di sei anni fa al 25% dell'anno scorso. Un aumento "drammatico", sottolineano le istituzioni. "È l'emergenza numero uno", tuonano a più riprese i sindacati. Uno scenario inatteso che ha spinto a cercare strade nuove, spesso grazie all'intervento dei privati. Recente l'accordo stipulato con due istituti tecnici di Bologna da Ducati e Lamborghini (entrambe di proprietà del gruppo Volkswagen) che consentirà a 48 ragazzi di fare un biennio di studi tra scuola e fabbrica, per consentire ai giovani di sviluppare sul campo le competenze richieste, a 600 euro al mese, sulla scorta del "modello duale" tedesco. Ancora: commercianti e Università di Bologna hanno firmato un patto per far svolgere agli studenti di Lettere tirocini in librerie, negozi e alberghi, per aprire nuovi sbocchi a questo tipo di lauree. Oppure, ancora, lo stabilimento che stanno costruendo i francesi di Louis Vuitton a Ferrara per produrre scarpe artigianali di lusso, che prevede anche la creazione di una scuola dove gli ex dipendenti di una fabbrica chiusa insegneranno il mestiere ai giovani. Un'idea di scambio che era anche alla base della legge sulla "staffetta generazionale" lanciata l'anno scorso con fondi statali dalla Regione, che consentiva alle aziende di pre-pensionare i lavoratori più maturi (e costosi) per favorire l'ingresso di giovani. Ma qualcosa è rimasto impigliato all'Inps e i pochi interessamenti non hanno prodotto nemmeno un accordo.
    La situazione ad agosto 2014
    Totale disoccupati 3.134.000
    Disoccupati 15-24 anni 710.000
    (22,65% del totale)
    fonte: Istat

    Intanto dai dati sembra emergere qualche piccolo barlume di luce. Nel primo semestre 2014 le assunzioni tra 16 e 24 anni nel capoluogo sono aumentate del 21% rispetto allo stesso periodo del 2013. Con aumenti impressionanti, però, di partite Iva e tempi determinati a scapito del sempre più lontano "posto fisso". E le voci raccolte davanti a un centro per l'impiego confermano le difficoltà affrontate dai giovani. Muratori, laureati in farmacia o in legge, aspiranti bariste, camerieri, neo-diplomati alle prese con colloqui truffa trovati su Internet. Tutti sulla stessa barca in attesa che cambi qualcosa. In fretta.

    Toscana: la carica di 80 mila Neetdi LAURA MONTANARI
    FIRENZE - Collezionisti di contratti a tempo, a progetto, a scadenze brevi con lunghe pause nella disoccupazione: "Come faccio? Mi attacco ai siti, alle bacheche online, alla mail, vado al centro dell'impiego...", racconta Giovanni che un lavoro a un anno e mezzo da una laurea in Filosofia ancora non lo ha trovato. Teresa,invece, ha 28 anni e vive in uno dei paesi della cintura fiorentina (Bagno a Ripoli) è a caccia di un'abilitazione all'insegnamento e nel frattempo ha collezionato una serie di lavori: ha fatto la commessa in un negozio, la tutor per un ragazzo disabile, la segretaria in una scuola di danza, l'insegnante di italiano per gli stranieri. Federica, 23 anni, laureata in Scienze del Turismo ha passato qualche mese all'estero poi è tornata per trovare un lavoro: ha fatto l'aiuto catering ai concerti, stage in alberghi non retribuiti, commessa in negozi di abbigliamento. "Scusa, ma noi con le chiamate a mese o a giornata - si chiede Francesco - come figuriamo nelle statistiche della Regione? Fra gli occupati o fra i disoccupati?".

    L'ultima fotografia sul lavoro e sul non-lavoro in Toscana è datata 2013 e firmata dall'Irpet, l'Istituto regionale per la programmazione economica. La disoccupazione tra chi ha fra i 15 e i 24 anni, è raddoppiata dal 15 al 30 per cento negli anni che vanno dal 2008 al 2012 e oggi raggiunge la quota del 20 per cento nella fascia d'età tra i 15 e i 29 anni. Poi ci sono i Neet, circa 80.000, giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano, non seguono corsi di formazione, non cercano un'occupazione. Una specie di invisibili fra gli invisibili. Il fenomeno dei Neet (acronimo che sta per 'Not in education, employment or training') è europeo e la Toscana non fa eccezione. La Toscana ha messo a punto un programma che va sotto il titolo di "Giovani sì" per combattere la disoccupazione giovanile in cui si segnalano bandi, tirocinii.

    "Il progetto - che promuove opportunità su Tirocini, Casa, Servizio Civile, Fare impresa, Lavoro, Studio e Formazione - comprende azioni di sistema e strumenti per la valorizzazione del merito, - si legge sul sito dei Giovani sì - garantendo un diritto allo studio reale, una formazione professionalizzante, un'esperienza di servizio civile regionale, prestiti d'onore per ulteriori forme di specializzazione, così come favorire l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e delle professioni attraverso l'accesso agevolato al credito, il sostegno all'avviamento di attività economiche nonché una effettiva emancipazione attraverso contributi per l'affitto della prima casa".

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    Per vedere che aria tira fra i giovani basta entrare in un'agenzia interinale o fare un giro in un centro dell'impiego. A Firenze ce ne è uno in via Cavour, in pieno centro ed è sempre affolato. Giulia, 28 anni, laurea magistrale in Storia dell'Arte, per esempio, è al centro per l'impiego per cercare possibili offerte inerenti al suo percorso di studi. Intanto, fa la merchandiser, lavoro che "non mi soddisfa sia perché non riguarda le cose per cui ho studiato né mi dà grande appagamento economico". Il suo contratto è a chiamata, lavora metà settimana o meno. Il suo sogno è entrare nella gestione dei musei, ma al momento nei musei ci va come visitatore, pagango il biglietto.

    Puglia: "Sei laureato? Impara un mestiere"di FRANCESCA RUSSI
    BARI - La media è di 30 al giorno. Ma ci sono periodi in cui ad affollare l'ufficioInformagiovani del Comune di Bari sono addirittura in cento. È un via vai continuo tra chi chiede aiuto per compilare il curriculum, chi consulta le bacheche con gli avvisi di corsi e stage, chi ha bisogno di consigli per un colloquio di lavoro e chi vuole usare Internet per cercare annunci. In un anno - è il dato relativo al 2013 - passano almeno in diecimila. E' la carica di giovani baresi, età compresa tra i 18 e i 35 anni, che non studia e non lavora. Ma un'occupazione la cerca. O, almeno, ci prova.

    "Il nostro primo compito è motivarli perché arrivano scoraggiati - racconta Maria Lucia Palermo, responsabile dell'Orientamento alla formazione di Informagiovani - spesso non sanno neanche cosa cercare. Allora chiediamo loro di leggere i giornali con gli annunci di lavoro e di selezionare quelli che possono loro interessare. Mettetevi nella condizione di scegliere, non di farvi scegliere, è quello che diciamo ai ragazzi. Quando davvero non riescono a trovare la loro strada e ci dicono 'voglio fare di tuttò possiamo chiedere anche l'intervento della psicologa".

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    Arrivano studenti e neolaureati, disoccupati e precari. Qualcuno manda avanti i genitori. Quello che accomuna tutti è la ricerca di un'occasione. "Una qualsiasi - commenta Piero, 25 anni e da due senza più stipendio e occupazione - ho lavorato in una pasticceria della città ma poi non ce l'hanno fatta più a pagarmi. Lavoravo gratis, ho dovuto lasciare. Ora ho mandato il curriculum a un'agenzia di spedizioni per fare il corriere, mi faranno sapere. Devo crederci". "Mi sono laureato in Lettere sei anni fa - racconta Andrea, 32 anni - ho lavorato per un po' in una gelateria a 600 euro al mese, poi ho deciso di seguire un master. Ma non trovo niente. Sono andato anche a chiedere da un carpentiere ma quando gli ho detto che sono laureato mi ha mandato via".

    Tutti gli annunci consultabili sulle bacheche reali e virtuali dell'Informagiovani sono selezionati per evitare truffe e perdite di tempo: le aziende che inviano richieste in maniera anonima vengono subito scartate. Tra i settori che hanno ripreso quota nel mercato, segnalano gli stessi operatori, si riaffaccia l'artigianato. "C'è un ritorno ai vecchi mestieri - spiegano - dalla sartoria all'agricoltura". Ma trovare un lavoro è un'impresa che richiede in media due-tre anni soprattutto per i laureati. "Mandare il curriculum? - commenta un 28enne - Non serve a niente. Conoscere una lingua o avere una laurea? Neanche. Quello che conta è avere le conoscenze giuste, devi avere la chiave per entrare".

    Sicilia: "Pochi impieghi e senza contratto"di GERALDINE PEDROTTI
    PALERMO - Giusi ha 29 anni, una laurea in tasca, un master in una rinomata università di Milano e alle spalle stage in numerosi musei d'arte contemporanea. Insieme a lei c'è Maria, stessa età, anche lei laureata ma in Psicologia, esperienze di lavoro in Francia tra Parigi e Strasburgo. Ma entrambe, come la metà dei ragazzi che vivono in Sicilia, non hanno un lavoro. E poche speranze di trovarlo, almeno qui nella loro terra.

    Secondo gli ultimi dati diffusi dall'Istat, il 54 per cento dei giovani siciliani dai 15 ai 24 anni è disoccupato, percentuale che scende al 46 per cento se la fascia d'età di estende fino ai 29 anni. E a questi bisogna aggiungere i circa 350 mila Neet, ovvero i ragazzi dai 15 ai 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in attività formative. Sfiduciati che raggiungono, secondo gli studi della Cgil Sicilia, la cifra monstre di 850 mila persone se si contano anche i giovani fino ai 35 anni. Praticamente un'intera generazione senza prospettive. "I pochi fortunati che un lavoro ce l'hanno - spiega Andrea Gattuso, responsabile delle Politiche giovanili della Cgil siciliana - il più delle volte non hanno un contratto, nemmeno precario". Secondo i dati della Cgil riferiti al 2013, infatti, il 21 per cento della forza lavoro siciliana è in nero, circa 300 mila persone, soprattutto nei settori del commercio, dei servizi e dell'edilizia. E chi un contratto ce l'ha, la maggior parte delle volte è a tempo determinato o a progetto. "In Sicilia sono pochissime le assunzioni a tempo indeterminato o con contratti di apprendistato - continua Gattuso - nonostante alle aziende convenga, si preferisce continuare con forme di lavoro precarie. La riforma Fornero e il blocco del turn over nella pubblica amministrazione, poi, non hanno di certo aiutato la creazione di nuovi posti di lavoro per i giovani".

    Nel frattempo, tutte le politiche che avrebbero dovuto favorire l'occupazione giovanile in Sicilia si sono rivelate un flop. Non si sono ancora spenti gli echi delle polemiche sul Piano giovani, la misura fortemente voluta dal presidente della Regione Rosario Crocetta che stanziava circa 20 milioni di euro per duemila tirocini in azienda riservati agli under 35, pagati 500 euro lordi per sei mesi. Un programma a cui hanno provato ad aderire tra luglio e agosto circa 50 mila ragazzi siciliani, conclusosi con l'annullamento del bando e un'indagine in corso da parte della Procura di Palermo. Un flop anche quello di Garanzia giovani, con i suoi 35 mila iscritti finora dalla Sicilia, al primo posto per numero di richieste, che nell'Isola ha subito ritardi spaventosi. "Dei 20 mila stage previsti dalle misure nazionali e regionali - sottolinea il responsabile delle Politiche giovanili della Cgil Sicilia - nemmeno uno è stato ancora attivato. Un'illusione totale delle aspettative di migliaia di disoccupati". E nel panorama desolante siciliano, sono sempre di più i giovani che decidono di andare via. Solo a Palermo, secondo lo Svimez, dal 2001 al 2011 sono andati via 30 mila giovani e il 30 per cento di questi aveva una laurea in tasca.

    "La crisi globale in Sicilia ha poco a che fare con i livelli allarmanti di disoccupazione giovanile - commenta il presidente di Confindustria Palermo Alessandro Albanese - la responsabilità maggiore va cercata nella mancanza di un modello di sviluppo che avesse nell'impresa privata il suo cavallo di battaglia. Siamo andati avanti per decenni con l'assistenzialismo, pensando che il pubblico potesse sostenere l'intera economia e non abbiamo incentivato la nascita delle aziende private. Adesso ci ritroviamo con una pubblica amministrazione stracarica, una disoccupazione altissima e un'impresa privata che non riesce a sostenere il peso complessivo di tutto il sistema".
    Glossario

    Forze di lavoro Le persone occupate e le persone in cerca di occupazione
    Forze di lavoro potenziali Si tratta di chi non ha cercato un lavoro nelle ultime quattro settimane, ma è subito disponibili a lavorare
    (inattivi disponibili a lavorare);
    cerca lavoro, ma non è subito disponibile a lavorare
    (inattivi che cercano lavoro)
    Neet Giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non frequentano alcun corso di istruzione o formazione
    (Not in education, employment or training)
    Occupati Le persone di 15 anni e oltre che nella settimana di riferimento:
    • hanno svolto almeno un'ora di lavoro;
    • hanno svolto almeno un'ora di lavoro non retribuito nella ditta
    di un familiare;
    • sono assenti dal lavoro (ad esempio, per ferie, malattia o Cassa integrazione)
    Disoccupati
    (persone in cerca
    di occupazione)
    Comprendono le persone non occupate tra 15 e 74 anni che:
    hanno effettuato almeno un'azione attiva di ricerca di lavoro nelle quattro settimane che precedono la settimana di riferimento e sono disponibili a lavorare (o ad avviare un'attività autonoma) entro le due settimane successive
    Tasso di disoccupazione Rapporto tra le persone in cerca di occupazione
    e le corrispondenti forze di lavoro
    Tasso di
    disoccupazione giovanile
    Persone in cerca di occupazione in età 15-24 anni
    sul totale delle forze di lavoro in età 15-24 anni
    fonte: Istat, agosto 2014


    Generazione (senza) lavoro - Inchieste - la Repubblica
    l'italiano ha un tale culto per la furbizia che arriva persino all'ammirazione di chi se ne serve a suo danno.

    jesus died for somebody's sins but not mine

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    Predefinito Re: Generazione (senza) lavoro

    Anonimi per la vergogna
    di FEDERICO FUBINI

    Se c'è qualcosa fra le molte che colpisce in modo particolare in questa bellissima e sconcertante inchiesta a più voci dai territori d'Italia, sono i nomi. Quelli dei protagonisti, i giovani in cerca di lavoro. Colpiscono perché non sono quasi mai accompagnati dai cognomi: perlopiù gli intervistati accettano che appaia solo l'iniziale del cognome, oppure neppure quella.

    Di solito questo tipo di richiesta - non essere identificabili - arriva ai cronisti da giovani vittime di stupri, tossicodipendenti, persone coinvolte a qualche titolo in un crimine o in una vicenda in cui qualcuno, da qualche parte, ha qualcosa di cui si deve vergognare. Ma questa inchiesta parla di un fenomeno che colpisce milioni di giovani italiani che si affacciano al mondo del lavoro. La loro richiesta di anonimato dice molto, purtroppo, del disagio e della vergogna che si prova per una condizione di cui non si è responsabili ma riguarda una sezione intera della popolazione per molti anni. Queste persone porteranno con sé il loro stress per molti anni, anche quando l'avranno superato, ed esso sarà un fattore della vita politica italiana per molti anni a venire.

    Il fatto che l'enorme gruppo sociale dei disoccupati giovani scelga di restare senza volto, senza nomi, obbliga però anche a una lettura più ampia. Da almeno 80 anni, o forse dai tempi delle corporazioni medievali delle arti e dei mestieri, l'Italia è il Paese delle lobby, dei gruppi d'interesse, degli ordini professionali organizzati che contano più di gran parte dei partiti politici. Si è cittadini non in virtù del passaporto, o della contribuzione fiscale, ma dell'appartenenza a una corporazione.

    Il messaggio implicito nella scelta dell'anonimato è che quella che parla in questa inchiesta non è una lobby. Non è un gruppo organizzato. È minoritaria in un Paese di età media elevata e tende ad andare alle urne meno dei loro padri o dei loro nonni. È una sezione di italiani che la politica si è potuta permettere di ignorare senza rischiare di perdere il potere.

    La speranza è che i giovani non debbano trasformarsi anche loro in una lobby vecchio stile. Non debba diventare una corporazione come quelle di cui i governi cui comprano l'amicizia generando debito pubblico, per poter finalmente mettere, senza vergogna, i cognomi accanto ai nomi.
    l'italiano ha un tale culto per la furbizia che arriva persino all'ammirazione di chi se ne serve a suo danno.

    jesus died for somebody's sins but not mine

 

 

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