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    Predefinito Gli effetti nefasti del Jobs Act

    Gli effetti nefasti del Jobs Act

    Posted by Redazione / In Scelti da noi / novembre 21, 2014

    di Luciano Gallino

    Uno dei principali esiti del Jobs Act, a danno dei lavoratori, sarà la liquidazione di fatto del contratto nazionale di lavoro (cnl), in attesa di una legge — di cui il governo parlerà, sembra, a gennaio — che ne sancisca anche sul piano formale la definitiva insignificanza rispetto alla contrattazione aziendale e territoriale.
    D’altra parte la strada verso tale esito nefasto era già stata tracciata dagli accordi interconfederali del giugno 2011 e del novembre 2012 (non firmato dalla Cgil). In essi venivano assegnate al cnl dei compiti del tutto marginali rispetto alla sua funzione storica: che sta nel difendere la quota salari sul Pil, cioè la parte di reddito che va ai lavoratori rispetto a quella che va ai profitti e alle rendite finanziarie e immobiliari. Grazie al progressivo indebolimento del cnl, dal 1990 al 2013 tale quota è diminuita in Italia di circa 7 punti, dal 62 per cento al 55. Si tratta di oltre 100 miliardi che invece di andare ai lavoratori vanno ora ogni anno ai possessori di patrimoni, dando un contributo di peso all’aumento delle disuguaglianze di reddito e di ricchezza.
    Questo spostamento di reddito dal lavoro ai profitti e alle rendite ha pure contribuito alla contrazione della domanda interna. Un top manager può pure guadagnare duecento volte quel che guadagna un suo dipendente, ma quanto a consumi quotidiani, dagli alimentari ai trasporti, non potrà mai rappresentare una domanda pari a quella di duecento dipendenti.
    Oltre che tra i lavoratori e le classi possidenti, le disuguaglianze aumenteranno tra gli stessi lavoratori. La facoltà conferita alle imprese, comprese decine di migliaia medio-piccole, di regolare mediante accordi sindacali anche locali sia il salario, sia altre condizioni cruciali del rapporto di lavoro, avrà come generale conseguenza una ulteriore riduzione dei salari reali e con essi della quota salari sul Pil. In fondo, è uno degli scopi del Jobs Act, anche se non si legge in chiaro nel testo.
    Ma ciò avverrà, quasi certamente, con differenze rilevanti attorno alla media tra le imprese che vanno bene e le tante altre che arrancano. Queste si gioveranno della suddetta facoltà per pagare salari che in molti casi collocheranno i percipienti al di sotto della soglia della povertà relativa, che nel 2013 era fissata in circa 1.300 euro per una famiglia di tre persone. Si può quindi stimare che il numero di “lavoratori poveri” aumenterà in Italia in notevole misura. Alle disuguaglianze di reddito tra un’azienda e l’altra, a parità di lavoro, si aggiungeranno quelle territoriali, quelle che un tempo il cnl doveva servire a superare, stabilendo quanto meno una base salariale per tutti.
    Va però notato che il regime di bassi salari, introdotto di fatto dal decreto sul lavoro, ostacola fortemente anche la modernizzazione delle imprese e danneggia l’intera economia. Le imprese italiane — con rade eccezioni — si collocano da anni tra le ultime della Ue quanto a spesa in ricerca e sviluppo; tasso di investimenti fissi; età degli impianti; innovazione di prodotto e di processo. Nonché, guarda caso, per la produttività del lavoro. Dagli anni 90 in poi le spese in ricerca, sviluppo e investimenti fanno registrare entrambe un patetico zero virgola qualcosa. L’età media degli impianti è il doppio di quella europea, più o meno 25-28 anni contro 12-15. Inoltre le imprese italiane sono, in media, troppo piccole. Risultato: l’aumento della produttività del lavoro segna anch’esso uno zero virgola sin dagli anni 90.
    Varando delle leggi sul lavoro che consentono un uso sfrenato del precariato, evitando di impegnarsi in qualsiasi azione che assomigli a una politica industriale, i governi italiani hanno efficacemente contribuito a mantenere le imprese italiane nella condizione di ultime della classe. Il Jobs Act offre ad esse un aiuto per mantenersi in tale posizione. Si può infatti essere certi che ove la legge permetta loro di pagare salari da poveri quattro imprese su cinque utilizzeranno tale facilitazione e non spenderanno un euro in più in ricerca, sviluppo e investimenti, rinnovo degli impianti, innovazioni. E l’aumento annuo della produttività del lavoro, che è strettamente collegato a tali voci, resterà nei pressi dello zero.
    C’è in ultimo da chiedersi se gli estensori del Jobs Act abbiano un’idea di quanto siano oggi numerosi e complessi i fattori della produttività del lavoro: essa è seriamente misurabile solo a livello nazionale, mentre a livello di impresa, in specie se medio-piccola, misurare stabilmente e per lunghi periodi la produttività del lavoro, è come cercare di catturare un ologramma con una canna da pesca. Qualsiasi bene o servizio un’impresa produca, è ormai raro che se lo produca per intero da sola. La maggior parte dei componenti arriva da altre imprese. In numeri prodotti, dai gamberetti alle camicie, percorrono migliaia di chilometri in aereo o per nave prima di arrivare nei nostri negozi. Un piccolo elettrodomestico da cinquanta euro, assemblato da ultimo da una casa italiana per essere venduto nei supermercati, capita sia costituito di un centinaio di pezzi provenienti da dieci paesi diversi.
    In tali complicatissime “catene di produzione del valore” come sono chiamate, interamente fondate sull’informatica, può avvenire di tutto. Che un componente ritardi; che non sia quello giusto; sia guasto; abbia cambiato di prezzo rispetto al contratto; richieda macchinari non previsti per essere rifinito o assemblato; ecc. Tutti questi inconvenienti incidono ovviamente sulla produttività dell’impresa finale. E non sono l’ultimo motivo per cui la produttività del lavoro aumenta annualmente dello zero virgola nelle imprese italiane. Le quali, temo, cercheranno invano nel Jobs Act, come si fa a misurarla davvero, e magari come si fa ad aumentarla. Senza di che i nuovi “lavoratori poveri”, in tema di frutti della produttività, avranno ben poco da spartirsi.

    (micromegaonline, 18 novembre 2014)
    Gli effetti nefasti del Jobs Act
    Perché l'unico tipo di rapporto che riusciva a concepire era di tipo feudale. Non aveva la minima idea di cosa fosse il cameratismo al quale anelava l'anima. (E. M. Forster)



  2. #2
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    Predefinito Re: Gli effetti nefasti del Jobs Act

    Jobs act, Damiano: stop profeti sventura, modifiche e no fiducia

    Da Cos | TMNews – 4 ore fa



    Roma, 24 nov. (askanews) - "È iniziata la discussione in Aula sul Jobs Act. Rilevo con grande soddisfazione che, contrariamente alle previsioni di alcuni 'profeti di sventura', non solo abbiamo cambiato nel profondo la Delega sul lavoro con 37 emendamenti, ma abbiamo anche evitato la fiducia alla Camera". E' questo il commento del presidente della commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd).
    "Non era scontato ed è il frutto della battaglia condotta con coerenza dal Pd", ha rivendicato Damiano.
    Ultima modifica di Dav. c. G.; 24-11-14 alle 19:19

  3. #3
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    Predefinito Re: Gli effetti nefasti del Jobs Act

    Citazione Originariamente Scritto da Dav. c. G. Visualizza Messaggio
    Jobs act, Damiano: stop profeti sventura, modifiche e no fiducia

    Da Cos | TMNews – 4 ore fa



    Roma, 24 nov. (askanews) - "È iniziata la discussione in Aula sul Jobs Act. Rilevo con grande soddisfazione che, contrariamente alle previsioni di alcuni 'profeti di sventura', non solo abbiamo cambiato nel profondo la Delega sul lavoro con 37 emendamenti, ma abbiamo anche evitato la fiducia alla Camera". E' questo il commento del presidente della commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd).
    "Non era scontato ed è il frutto della battaglia condotta con coerenza dal Pd", ha rivendicato Damiano.
    Damiano come sempre ottimo mediatore.

    Dimostrazione ulteriore che nel PD non c'è una sinistra radicale estremista e conservatrice ma semplicemente una sinistra socialdemocratica...che avrà pure i suoi limiti ma che non è Rifondazione né Partito Comunista dei Lavoratori.
    «Riformista è uno che sa che a sbattere la testa contro il muro si rompe la testa, non il muro! Riformista...è uno che vuole cambiare il mondo per mezzo del buonsenso, senza tagliare teste a nessuno» [Baaria]

  4. #4
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    Predefinito Re: Gli effetti nefasti del Jobs Act

    Citazione Originariamente Scritto da Gdem88 Visualizza Messaggio
    Damiano come sempre ottimo mediatore.

    Dimostrazione ulteriore che nel PD non c'è una sinistra radicale estremista e conservatrice ma semplicemente una sinistra socialdemocratica...che avrà pure i suoi limiti ma che non è Rifondazione né Partito Comunista dei Lavoratori.
    Ah bisogna necessariamente accettare una sintesi (presunta) che non si condivide per non essere "estremisti e conservatori" (?) ?
    Perché l'unico tipo di rapporto che riusciva a concepire era di tipo feudale. Non aveva la minima idea di cosa fosse il cameratismo al quale anelava l'anima. (E. M. Forster)



  5. #5
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    Predefinito Re: Gli effetti nefasti del Jobs Act

    Citazione Originariamente Scritto da Monsieur Visualizza Messaggio
    Ah bisogna necessariamente accettare una sintesi (presunta) che non si condivide per non essere "estremisti e conservatori" (?) ?
    Certo che no, ma la mediazione paziente cercata da Damiano ( in certe fasi anche per conto di chi alla fine non ha ritenuto la mediazione sufficiente) è comunque una buona dimostrazione di quanto detto prima.
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  6. #6
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    Predefinito Re: Gli effetti nefasti del Jobs Act

    Monsieur, le tue posizioni sono MINORANZA nel PD e nel paese. Basta sbraitare.

  7. #7
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    Predefinito Re: Gli effetti nefasti del Jobs Act

    Citazione Originariamente Scritto da Gdem88 Visualizza Messaggio
    Damiano come sempre ottimo mediatore.

    Dimostrazione ulteriore che nel PD non c'è una sinistra radicale estremista e conservatrice ma semplicemente una sinistra socialdemocratica...che avrà pure i suoi limiti ma che non è Rifondazione né Partito Comunista dei Lavoratori.
    Dimentichi che la minoranza PD è spaccata in 3; inutile far finta di non sapere.


    Infatti Cuperlo, Fassina e Civati non sono ben accetti in Area riformista e non sono neanche stati invitati alle loro riunioni.

  8. #8
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    Predefinito Re: Gli effetti nefasti del Jobs Act

    Citazione Originariamente Scritto da Ted Visualizza Messaggio
    Monsieur, le tue posizioni sono MINORANZA nel PD e nel paese. Basta sbraitare.
    Le posizioni di Monsauro e Fassina non solo sono minoranza nel paese e nel Pd; sono anche minoranza nella minoranza del Pd.
    Infatti Fassina non accetta l'accordo fatto da Area riformista di Bersani.

  9. #9
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    Predefinito Re: Gli effetti nefasti del Jobs Act

    Citazione Originariamente Scritto da Ted Visualizza Messaggio
    Monsieur, le tue posizioni sono MINORANZA nel PD e nel paese. Basta sbraitare.
    e infatti il paese sta andando a scatafascio senza soluzione di continuità da 6 anni. Avanti così, a testa bassa nel baratro, e crepi chi non si vuole suicidare come i lemming renziani!

  10. #10
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    Predefinito Re: Gli effetti nefasti del Jobs Act

    Citazione Originariamente Scritto da Dav. c. G. Visualizza Messaggio
    Dimentichi che la minoranza PD è spaccata in 3; inutile far finta di non sapere.


    Infatti Cuperlo, Fassina e Civati non sono ben accetti in Area riformista e non sono neanche stati invitati alle loro riunioni.
    Lo so benissimo, ma Damiano è stato per settimane identificato come l'alfiere della conservazione, quindi direi che il ragionamento tiene :-)
    «Riformista è uno che sa che a sbattere la testa contro il muro si rompe la testa, non il muro! Riformista...è uno che vuole cambiare il mondo per mezzo del buonsenso, senza tagliare teste a nessuno» [Baaria]

 

 
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