Londra, stretta su immigrati Ue: "Niente welfare per 4 anni e rimpatri disoccupati" - Il Fatto Quotidiano
Londra, stretta su immigrati Ue: “Niente welfare per 4 anni e rimpatri disoccupati”


Cervelli in fuga
David Cameron intende fermare il flusso di cittadini europei oltre la Manica. E chiederà ufficialmente a Bruxelles l'adozione di misure efficaci per contrastare nuovi arrivi
di F. Q. | 28 novembre 2014
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Troppi immigrati nel Regno Unito. E non parliamo di persone provenienti da altri continenti, ma dall’Unione Europea. Italiani inclusi, che in Uk, secondo stime non ufficiali, sono oltre 550mila. Ora però potrebbe arrivare una stretta per frenare il flusso oltre la Manica: Londra pensa infatti all’introduzione di misure che permettano di non garantire il welfare ai cittadini di altri paesi europei per i primi 4 anni di residenza e di rimpatriare chi è disoccupato da oltre sei mesi. E nel caso in cui queste proposte non fossero recepite da Bruxelles, non è nemmeno esclusa l’uscita dalla Ue. Lo ha annunciato lo stesso premier David Cameron durante un atteso discorso pronunciato in una fabbrica del West Midlands, in cui ha chiesto agli altri leader europei di accogliere le “ragionevoli” proposte che saranno una priorità nei futuri negoziati sulla permanenza della Gran Bretagna nella Ue.
Per Londra sono necessarie misure per frenare l’immigrazione in Uk. Non è esclusa anche l’uscita dalla Ue
“Noi ci meritiamo di essere e dobbiamo essere ascoltati – ha detto Cameron – questa è una questione che interessa il popolo britannico ed il nostro futuro nella Ue. Il popolo britannico non comprenderebbe, e francamente neanche io comprenderei, se non si potesse trovare un modo adeguato per risolvere la questione, cosa che aiuterebbe a fissare un posto per il nostro paese nella Ue una volta per tutte”.
Cameron ha poi aggiunto di essere consapevole del fatto che, perché le sue proposte vengano recepite da tutta l’Unione sarebbero necessari dei cambiamenti degli attuali trattati, sottolineando però che “non esclude nulla” nel caso che le sue richieste non vengano accolte, un modo per suggerire l’ipotesi dell’uscita dalla Ue. Cameron ha comunque assicurato che, se Bruxelles rimarrà “sorda” alle richieste, sarà pronto a far adottare le misure solo alla Gran Bretagna una volta che – ha ricordato nel suo discorso – il governo tories sarà stato confermato dalle elezioni del prossimo maggio.
Il governo pensa anche all’eliminazione degli sgravi fiscali e a misure restrittive su ricongiungimenti famigliari e accesso all’edilizia popolare
Cameron nel suo discorso, iniziato ricordando quanto la Gran Bretagna abbia beneficiato di un’immigrazione che l’ha resa “multirazziale”, ha affermato però che il numero di ingressi dagli altri Paesi della Ue, il più alto mai registrato in periodi di pace, stia diventando insostenibile per l’amministrazione dei servizi pubblici. La preoccupazioni dei britannici per il numero di cittadini europei immigrati nell’ultimo decennio non è “irragionevole e strana”, ha detto ancora il premier conservatore affermando che le sue proposte sono tese a “un sistema più severo di welfare” per gli immigrati dai paesi Ue.
Il pacchetto di misure presentato prevede che i cittadini europei che lavorano in Gran Bretagna non possano godere degli sgravi fiscali previsti dal sistema di welfare né fare domanda per l’edilizia popolare nei primi quattro anni di residenza. Inoltre sarà impedito di chiedere sgravi fiscali o assegni familiari per figli che non risiedono nel paese, misura accompagnata restrizioni delle norme sui ricongiungimenti familiari.
Stop anche alle domande per assegni di sostegno al reddito
Gli immigrati in cerca di lavoro non potranno più fare domanda per assegni di sostegno al reddito e se rimangono senza lavoro per sei mesi potranno essere rimpatriati. La proposte di Cameron prevedono infine la velocizzazione dei rimpatri per i pregiudicati, più lunghi divieti di ingresso per chi è stato fermato mentre faceva l’elemosina. Ed in generale si auspicano misure che impedire ai cittadini dei paesi appena entrati nella Ue di trasferirsi in Gran Bretagna per cercare lavoro “fino a quando le loro economie non si saranno avvicinate” a quelle degli altri membri.