Originariamente Scritto da
Condor
Amico Cireno, quando scrivi: La motivazione principale è che gli uomini sono bestie, in buona parte, gentaglia senza scrupoli, senza principi, senza morale.
Ti garantisco che mi trovi pienamente d'accordo.
La morale umana nasce dal basso ed è come una sottile ed evanescente pellicola superficiale che copre il nocciolo – profondamente amorale - della natura. L'etica sarebbe un comportamento cioè che si oppone al naturale andamento delle cose, frutto di principi astratti che nulla hanno a che vedere con l'evoluzione biologica della nostra specie.
E questa potrebbe essere una dimostrazione della natura bestiale dell'Uomo. Ma c'è quel: in buona parte, che irradia una luce di speranza su un principio dimostrato dalle azioni dell'altra parte umana, che i mattoni fondamentali della morale si trovano all'interno della natura umana evoluta, e non in superficie. L'etica scaturisce dal basso, da potenzialità insite nella nostra storia naturale (ricordi Ubuntu?).
Questa moralità si basa sulle emozioni ed emerge dalle nostre competenze nelle interazioni sociali: non è imposta dall'alto attraverso principi astratti e universali, siano essi riferiti all'occhio di un Dio o a un'apollinea razionalità umana.
Fare del bene fa sentire bene e attive le aree della remunerazione (quante volte mi hai già letto in tal senso?), ma in ultima analisi restiamo scimmie contraddittorie, oltre che imprevedibili.
Ma allora in che cosa consiste l’unicità umana? Essa sta nell’estensione inedita di alcune potenzialità già presenti nei presupposti delle norme sociali: empatia e paura delle ritorsioni; nella loro cooptazione in contesti sociali nuovi. Noi, rispetto alle scimmie, concepiamo, in più, l’idea generale di equità, abbiamo cioè un concetto di comunità, estendiamo il nostro gruppo fino a includere l’intera specie umana come soggetto di diritti inalienabili. Ma soprattutto, la scimmia non è un “essere morale” nel senso che non ha un giudizio morale argomentato attraverso ragioni astratte, non discute di valutazioni sul bene e sul male di comportamenti e azioni che non lo riguardano direttamente, non ha valutazioni sulla naturalità o meno di un comportamento sessuale. Del resto, perché dovrebbe?
E noi, perché dovremmo? Non certamente perché ce lo chiede una divinità!
Il punto è che non sarebbe possibile elaborare un principio astratto di solidarietà se non avessimo già al nostro interno una propensione sociale: le condizioni di possibilità di quel giudizio morale vengono dal basso.
Poi ci aggiungiamo del nostro, perché l’evoluzione è continuità ma anche innovazione: il rossore, per esempio, è tipicamente umano, un peculiare sistema di segnalazione della nostra consapevolezza della violazione di una norma. Non siamo quindi né buoni per natura, né cattivi per natura: siamo ambivalenti per natura e in questa ambiguità possiamo costruire sistemi morali facendo leva sul nostro equipaggiamento di comportamenti pro-sociali e di acquisizioni culturali. L’evoluzione ci dà infatti le condizioni di possibilità della morale, non i suoi contenuti specifici.
Da valori etici fondati sulla natura, sulla ragione e sull’argomentazione, potrebbe nascere un umanesimo che favorisca la costruzione di una società migliore, basata su capacità umane evolutesi naturalmente.
Siamo fiduciosi, Cireno!