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    La grande guerra tra gli Stati e le multinazionali


    Irlanda, Lussemburgo, Olanda sono i paradisi fiscali europei, ma le cose pare stiano cambiando


    Francesco Cancellato








    La sede della Apple a Cork, Irlanda (Credits: PAUL FAITH/AFP/Getty Images)





    Forse tra qualche secolo gli storici la racconteranno così. Che nel 2014, sul pianeta Terra, esistevano due tipi di Stati. Gli Stati nazionali, che amministravano territori piccoli o grandi che fossero e che esigevano il pagamento di tasse per offrire ai propri cittadini i servizi di cui necessitavano. E gli Stati multinazionali, mega conglomerati di capitale che si muoveva spasmodicamente da uno Stato nazionale all’altro, nel tentativo di non pagare quelle tasse, o di pagarne il meno possibile.
    E forse, quegli stessi storici, concorderanno nel datare all’inizio di dicembre di quello stesso anno l’inizio dell’offensiva degli Stati nazionali, perlomeno in Europa. Dopo anni – se non decenni – di sostanziale inazione. È del 2 dicembre scorso, infatti, la lettera siglata dai ministri Sapin, Shauble e Padoan, in rappresentanza di Francia, Germania e Italia e diretta al Commissario agli affari economici Pierre Moscovici per dire basta ai paradisi fiscali. «Ciascuno paghi le tasse nello Stato dove sono generati i profitti»,si legge. Nemmeno ventiquattr’ore di tempo e arriva una nuova bordata alle corporation, stavolta da quella Londra che fino a pochi mesi fa irrideva i cugini francesi, invitandone le imprese e i più abbienti a emigrare in Inghilterra, dove le tasse erano molto più basse. Oggi le cose sono cambiate, complici un buco di bilancio che si è allargato di circa 4 miliardi di sterline e l'Ukip - il partito anti-euro e anti-finanza guidato da Neil Farage - che è dato al 16% a pochi mesi dalle elezioni politiche. Mittente è il ministro delle Finanze di Sua Maestà George Osborne, che propone di tassare i profitti di quelle multinazionali che li realizzano in Inghilterra, ma li contabilizzano altrove. Una tassa la cui aliquota è stata fissata al 25% e che, stando alle stime del ministro, porterà nelle casse britanniche circa 1 miliardo di sterline nei prossimi cinque anni.
    Una norma, questa, che è stata ribattezzata in patria Google Tax, un po' come la legge promossa nel 2013, in cui si obbligava Big G - ma anche Facebook e Amazon, per dire - ad avere una partita iva italiana, se voleva operare in Italia. A suo tempo, era stato rilevato, un'iniziativa di questo tipo avrebbe avuto l'effetto di far scappare gli investitori esteri dall'Italia, soprattutto per via del fatto che il nostro paese, a differenza del Regno Unito, ha il livello di tassazione sui redditi d'impresa tra i più alti del mondo. Due conti, e il governo italiano era tornato sui suoi passi, insomma.
    Fiat Lux
    Le due iniziative legislative di Italia e Regno Unito serviranno come esempio agli storici, quando dovranno spiegare a chi li leggerà che nonostante esistesse una cosa che si chiamava Unione Europea, ognuno, sulle politiche fiscali, faceva un po’ per sé. Sia chi lottava contro le multinazionali, sia chi le favoriva. Ancor più dura sarebbe stato spiegare che lo stato che faceva un po’ più per sé di tutti gli altri, si chiamava Lussemburgo ed era un microscopico granducato schiacciato tra Francia e Germania, in cui le tasse sulle imprese raggiungevano a malapena l’1% degli utili. Soprattutto, quel microbico granducato era il luogo da cui proveniva Jean Claude Juncker, già primo ministro lussemburghese dal 1995 al 2013. E, dal 1 novembre 2014, presidente della Commissione Europea.

    Ebbene: solo due mesi prima – era il 30 settembre - il piccolo Lussemburgo era stato accusato dall’Antitrust di aver fatto pagare alla Fiat troppe poche tasse. Secondo l’accusa, si tratta di veri e propri «aiuti di Stato». Un caso a suo modo esemplificativo di quello che in gergo viene definito tax ruling: un espediente che permette alle corporation con fatturato superiore ai 100 milioni di euro di accordarsi con le autorità fiscali nazionali per sapere in via preventiva con che regime saranno trattati i loro affari. Torniamo a Fiat: nel 2012 Fiat Finance and Trade (Fft) si accorda con il Lussemburgo per decidere quanto pagherà di tasse. In seguito, il gruppo trasferisce a Fft, ormai di stanza in Lussemburgo, un ingente quantità di denaro. Secondo il gruppo Fiat, tutto perfettamente legale. Secondo l’Antitrust si tratta di un utile record incompatibile col ruolo che un ente di mera tesoreria dovrebbe svolgere.
    Non fosse bastato l’Antitrust, questo giochino è stato smascherato in tutta la sua sistematicità dall’inchiesta giornalistica denominataLuxleaks, condotta da ottanta giornalisti proveniente da ventisei paesi diversi, che si sono spulciati 28mila pagine di documenti fiscali lussemburghesi e che hanno dimostrato che, con questo giochino, tantissime grandi aziende – tra cui 31 italiane - sono riuscite a sottrarre al fisco decine di milioni di euro. Qualche nome? Ikea, Pepsi, Apple, Amazon, Gazprom, Verizon, Deutsche Bank, Burberry, Procter & Gamble, Heinz, JP Morgan e FedEx. Ma anche Fiat, Finmeccanica, Intesa San Paolo, UniCredit, Banca Sella e Banca Marche. Guerra aperta, insomma. Che ha indotto il Lussemburgo a sospendere il tax ruling già dall’inizio del 2015.
    L’isola delle imprese senza patria
    A finire sotto il mirino dell’Antitrust comunitario, peraltro, non era stato il solo Lussemburgo, ma pure l’Irlanda, un altro piccolo paeseda tempo nel cuore delle multinazionali e un po’ meno in quello degli altri stati. Il motivo è facilmente intuibile: pure l’Irlanda era un piccolo paradiso per corporation. Per almeno tre motivi. Il primo: la tassazione sugli utili d’impresa era pari al 12,5%, pari a circa un terzo rispetto all’aliquota media italiana. Il secondo: le multinazionali riuscivano a pagare ancora meno.

    I giochini, in Irlanda, si fanno un po’ più complicati, ma funzionano benissimo. I nostri amici storici potrebbero raccontare benissimo il caso della sussidiaria principale di Apple, che è amministrata a Cupertino in California, ma, curiosamente, “residenza statutaria” in Irlanda. Come mai, vi chiederete? Semplice: perché per gli Usa la tua residenza fiscale è il paese secondo la cui legge è stato compilato lo statuto. Mentre per l’Irlanda sono fiscalmente residenti le aziende che sono gestite e controllate operativamente sul proprio territorio. In altre parole, questa sussidiaria principale di Apple non è né irlandese, né americana. E quindi non paga le tasse né da una parte, né dall’altra. Nel 2007, piuttosto curiosamente, gli utili di questa sussidiaria principale di Apple sono aumentati del 540%, a fronte di un aumento dei costi operativi del 20%.
    Anche l’Irlanda, pressata dall’Antitrust comunitario, ha annunciato che qualcosa cambierà, proponendo una modifica di legislazione per tassare le aziende che hanno statuto irlandese e nessuna residenza fiscale. Come osserva Mario Seminerio sul blog Phastidio, basterà che le corporation prendano «residenza fiscale in un paradiso fiscale, e non saranno toccate dalla modifica. L’Irlanda salva la propria immagine, e le multinazionali continuano a non pagare imposte».
    “Doppio irlandese con panino olandese”
    La via migliore all’elusione fiscale è il celeberrimo «doppio irlandese con panino olandese», però, che fra l’altro ha anche un nome meraviglioso. Funziona così: l’azienda americana apre una sua sussidiaria in Irlanda. Questa sussidiaria fa affari in tutta Europa e porta tutti gli utili in Irlanda. Potrebbe farli tassare al 12,5%, ma può fare molto meglio. Ad esempio, può trasferire i propri utili – a costo zero, è trasferimento comunitario – a una sua consorella olandese.

    «Come mai olandese?», si chiederanno i nostri amici storici. Perché sin dai lontani anni ‘70 in Olanda è consentito creare quelle che in gergo si definiscono letterbox company, imprese a casella postale, senza alcuna unità operativa in loco. Non restano molto in Olanda, quei soldi, bensì prendono immediatamente la strada della consorella numero tre, di stanza alle Bermuda o in qualche altro paradiso fiscale, trasferimento che dall’Olanda è esentasse. Ah, dimenticavo: alle Bermuda, le imprese non pagano tasse. Nel 2010sono transitati in questo modo dall’Olanda capitali per circa 10.200 miliardi di Euro. Un piccola percentuale dei quali finisce nelle casse olandesi, a pegno dell’enorme favore. Mentre non entra, se non sottoforma di obolo, nelle casse dei paesi in cui gli utili sono stati effettivamente generati. Come ad esempio nel caso di Google, che nel 2012 aveva pagato al fisco italiano solo 1,8 milioni di euro di tasse.
    Interpellati sul tema da Mountain View hanno dato la risposta che ognuna delle corporation citate sinora avrebbe potuto senza alcun problema far propria: «Google rispetta le normative fiscali in Italia e in tutti i paesi in cui opera. La realtà dei fatti è che la maggior parte dei governi usa gli incentivi fiscali per attrarre investimenti stranieri e questo crea posti di lavoro e crescita economica e, naturalmente, le aziende rispondono a questi incentivi. È una delle ragioni per cui Google ha stabilito la propria sede europea in Irlanda, unitamente alla possibilità di assumere personale qualificato. Se ai politici non piacciono queste leggi, loro hanno il potere di cambiarle».
    Quel giorno è ancora lontano, ma perlomeno i governi europei hanno dato in questi giorni importanti segnali di risveglio dal torpore. Il giorno che le cambieranno sul serio e che di paradisi fiscali non ce ne saranno più – né in Europa, né altrove - sarà anche il giorno in cui i nostri amici storici del futuro racconteranno l’inizio della colonizzazione lunare da parte delle multinazionali. Che nello spazio, fino a prova contraria, di tasse non se ne pagano

    La grande guerra tra gli Stati e le multinazionali | Linkiesta.it












  2. #2
    Lo Stato è un furto!
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    Predefinito Re: La grande guerra tra gli Stati e le multinazionali

    Il giorno in cui non ci saranno più "paradisi fiscali" ci saranno solo inferni fiscali, con tassazione al 100 % dei redditi e tenore di vita come in Corea del Nord.

    Gli unici a spassarsela saranno, come nei paesi comunisti, i membri della nomenklatura politico-burocratica, che anche in Italia ormai sono diventati proprietari di tutta la ricchezza nazionale.

  3. #3
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    Predefinito Re: La grande guerra tra gli Stati e le multinazionali

    Citazione Originariamente Scritto da Mister Libertarian Visualizza Messaggio
    Il giorno in cui non ci saranno più "paradisi fiscali" ci saranno solo inferni fiscali, con tassazione al 100 % dei redditi e tenore di vita come in Corea del Nord.

    Gli unici a spassarsela saranno, come nei paesi comunisti, i membri della nomenklatura politico-burocratica, che anche in Italia ormai sono diventati proprietari di tutta la ricchezza nazionale.
    i liberisti oramai assomigliano sempre di più proprio ai tanto disprezzati comunisti: quando i fatti dimostrano che il loro mondo è un inferno, si limitano a rispondere che non è errata la loro ideologia, bensì la sua applicazione
    dopo 20 anni di liberismo e globalizzazione non è possibile sorprendersi del fatto che il popolo invochi più stato e meno finanzieri cocainomani

  4. #4
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    Predefinito Re: La grande guerra tra gli Stati e le multinazionali

    Citazione Originariamente Scritto da dedelind Visualizza Messaggio
    i liberisti oramai assomigliano sempre di più proprio ai tanto disprezzati comunisti: quando i fatti dimostrano che il loro mondo è un inferno, si limitano a rispondere che non è errata la loro ideologia, bensì la sua applicazione
    dopo 20 anni di liberismo e globalizzazione non è possibile sorprendersi del fatto che il popolo invochi più stato e meno finanzieri cocainomani
    La tua visione del mondo è davvero bizzarra.

    Non esiste alcun neo-liberismo o liberismo selvaggio; al contrario, viviamo nell’epoca di maggior statalismo e di politicizzazione della società di tutta la nostra storia.

    Per quanto riguarda l'Italia, quello che dico è confermato da tutti gli indicatori: livello di spesa pubblica (805 miliardi; nel 2001 era di 536 miliardi. L’aumento è stato quindi del 50% in poco più di dieci anni!); debito pubblico (al record storico del 133,3%); tassazione (70 % reale sulle imprese: altro record forse mondiale); regolamentazioni minuziose di qualsiasi attività (250.000 leggi, se ti sembrano poche); numero esorbitante e in continuo aumento di dipendenti pubblici e di persone che vivono di politica.

    Viviamo in uno Stato classista, che perseguita i lavoratori del settore privato autonomi e dipendenti, cioè gli unici che di fatto producono ricchezza e sopportano per intero il carico fiscale, per tutelare e mantenere legioni di statali, membri privilegiati della casta e sprechi colossali. É inutile che ti faccia degli esempi perché tutti i giorni sui giornali ne potrai trovare a bizzeffe. In pratica la società è divisa in due classi sociali: i pagatori di tasse privati e i consumatori di tasse del settore pubblico, che sfruttano ferocemente i primi grazie al potere coercitivo di tassazione che hanno a loro disposizione.

    La situazione non è molto diversa in altri paesi europei.

    Ultima modifica di Mister Libertarian; 06-12-14 alle 11:44

  5. #5
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    Predefinito Re: La grande guerra tra gli Stati e le multinazionali

    Citazione Originariamente Scritto da dedelind Visualizza Messaggio
    i liberisti oramai assomigliano sempre di più proprio ai tanto disprezzati comunisti: quando i fatti dimostrano che il loro mondo è un inferno, si limitano a rispondere che non è errata la loro ideologia, bensì la sua applicazione
    dopo 20 anni di liberismo e globalizzazione non è possibile sorprendersi del fatto che il popolo invochi più stato e meno finanzieri cocainomani

    Solo un parassita che vive di spesa pubblica può pensare che da noi ci sia "troppo liberismo", che le tasse siano troppo basse, che la spesa pubblica sia troppo bassa, che il debito pubblico non sia sufficientemente alto, che i dipendenti pubblici siano troppo pochi, che 250.000 leggi rappresentino una pericolosa "deregulation", che la classe politica abbia troppi pochi soldi da gestire.

    Quindi sarebbe colpa del turbo-liberismo se gli operai e gli artigiani vengono tassati del 70 % dei loro guadagni per pagare i vitalizi, gli stipendi e le pensioni milionarie a migliaia di politici e burocrati?

    E i 26 miliardi che ogni anno le aziende pubbliche municipalizzate perdono tra sprechi, scandali, corruzione e favoritismi sono anch'essi colpa del "liberismo"?

    Vuoi forse dire che i soldi che le mafie politiche intascavano a Roma, Milano e Venezia erano pochi? Bisognerebbe dargliene ancora di più, in nome della lotta al capitalismo selvaggio?

    Se volete rubare denaro pubblico a danno di chi lavora, cercate scuse migliori.
    Ultima modifica di Mister Libertarian; 06-12-14 alle 12:16

  6. #6
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    Predefinito Re: La grande guerra tra gli Stati e le multinazionali

    Citazione Originariamente Scritto da Mister Libertarian Visualizza Messaggio
    i membri della nomenklatura politico-burocratica, che anche in Italia ormai sono diventati proprietari di tutta la ricchezza nazionale.
    Ma quando mai? In Italia come in quasi tutti gli altri paesi del mondo circa il 90% della ricchezza è in mano a pochi privati.
    Il mercato favorisce la stupidità per favorire il consumismo e i profitti, e i politici di professione si adeguano in una spirale verso il basso.
    Che cos'è il Socialismo

  7. #7
    Lo Stato è un furto!
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    Predefinito Re: La grande guerra tra gli Stati e le multinazionali

    Citazione Originariamente Scritto da Gian_Maria Visualizza Messaggio
    Ma quando mai? In Italia come in quasi tutti gli altri paesi del mondo circa il 90% della ricchezza è in mano a pochi privati.
    Solo un dato: il ceto politico-burocratico (politici, burocrati, magistrati, membri dell'esercito, ecc.), pur essendo meno numeroso, si mangia da solo i 2/3 di tutta la torta pensionistica.
    Ultima modifica di Mister Libertarian; 06-12-14 alle 13:37

  8. #8
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    Predefinito Re: La grande guerra tra gli Stati e le multinazionali

    Citazione Originariamente Scritto da Mister Libertarian Visualizza Messaggio
    Solo un dato: il ceto politico-burocratico (politici, burocrati, magistrati, membri dell'esercito, ecc.), pur essendo meno numeroso, si mangia da solo i 2/3 di tutta la torta pensionistica.
    Può darsi, ma resta il fatto che quasi tutta la ricchezza è in mano a pochi privati. Non dire falsità, per favore.
    Il mercato favorisce la stupidità per favorire il consumismo e i profitti, e i politici di professione si adeguano in una spirale verso il basso.
    Che cos'è il Socialismo

  9. #9
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    Predefinito Re: La grande guerra tra gli Stati e le multinazionali

    l'83% dei tributi pesa sulle spalle di pensionati e dipendenti cioè poveracci, mentre i ricconi o evadono legalmente nei paradisi mafiosi o illegalmente e Mister Libertarian ha il coraggio di dire che non viviamo nell'era del turbo-capitalism??!!
    PATRIMONIALE PROGRESSIVA SU IMMOBILI, DEPOSITI, PRODOTTI FINANZIARI, RENDITE E SUCCESSIONI!

  10. #10
    Lo Stato è un furto!
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    Predefinito Re: La grande guerra tra gli Stati e le multinazionali

    Citazione Originariamente Scritto da Robert Visualizza Messaggio
    l'83% dei tributi pesa sulle spalle di pensionati e dipendenti cioè poveracci, mentre i ricconi o evadono legalmente nei paradisi mafiosi o illegalmente e Mister Libertarian ha il coraggio di dire che non viviamo nell'era del turbo-capitalism??!!
    I pensionati e i dipendenti pubblici sono consumatori di tasse e non pagatori di tasse, quindi pagano zero imposte.

    Tutto il fardello grava sui lavoratori autonomi e dipendenti del settore privato.

    Se con tasse all'80% sugli utili d'impresa siamo nel "turbo-capitalismo", non oso pensare a che livello dovrebbero essere le imposte nel tuo socialismo ideale. Al 100 % è sufficiente, o bisogna arrivare al 150 %, con esproprio dell'azienda, della casa e dei risparmi?
    Ultima modifica di Mister Libertarian; 06-12-14 alle 14:32

 

 
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