La NATO è molto più debole di quanto si pensi, non può combattere una guerra

dicembre 17, 2014 Lascia un commento

Alexander Zapolskis Regnum – Russian News AgencyRussia InsiderIl termine cinese “tigre di carta” significa qualcosa che sembra forte, ma in realtà è debole. Mi sono ricordato di quando ho letto l’analisi comparativa della capacità militari russe e della NATO sulla rete polacca TVN24. Sulla carta, la NATO rispetto alla Russia è come un elefante in una gabbia. Prendete per esempio i bilanci militari: l’alleanza spende 950 miliardi di dollari l’anno, mentre la Russia ne spende meno di 90. O la forza numerica complessiva delle forze armate: 3,5 milioni la NATO contro i 766000 della Russia. L’alleanza atlantica sembra superiore alla Russia su tutti i fronti. Ma è davvero così? Dopo tutto, sulla carta, a partire dal febbraio 2014, l’esercito ucraino era il sesto più grande al mondo. Eppure fu sconfitto dalle forze di autodifesa del Donetsk, comandati da musicisti, operai e anche un fan delle rievocazioni storiche. Ma se si prendono i principali indicatori degli eserciti della NATO e li si elencano, l’immagine apparirà un po’ diversa. A prima vista, sembra buona. Ci sono 28 Paesi del blocco con una popolazione totale di 888 milioni di persone che hanno 3,9 mln di truppe, oltre 6000 aerei da guerra, circa 3600 elicotteri, 17800 carri armati, 62600 veicoli blindati da combattimento, 15000 pezzi di artiglieria, 16000 mortai, 2600 sistemi lanciarazzi multipli e 302 navi da guerra (tutte delle principali classi, compresi i sottomarini). Il trucco però è che viene incluso ciò che va oltre la NATO. Una frode contabile.
Prendete la Francia, per esempio. Le forze armate sono spesso aggiunte al totale, nonostante il fatto che il Paese si sia ritirato dalla struttura militare NATO molto tempo fa, e anche nel migliore dei casi, vi assegnerebbe un paio di corpi scheletrici, riducendo immediatamente le cifre totali di 64 milioni di persone, 654mila soldati, 637 carri armati, 6400 veicoli corazzati da combattimento, e così via. Non sembra un gran che. Anche senza i 600 cannoni francesi, la NATO ne ha ancora 14000. Ma questo è vero solo se si ignora il fatto che la maggior parte di queste armi sono fuori servizio e in deposito. L’Ucraina aveva oltre 2500 carri armati di vario tipo. Ma quando è arrivato il momento della guerra, si è scoperto che solo circa 600 erano pronti, mentre molti potevano essere attivati entro un lasso di tempo relativamente breve. I restanti erano inutili. Mi auguro che la Germania (858 carri armati e 2002 veicoli blindati da combattimento) e Spagna (456 carri armati e 1102 AFV) abbiano più cura del loro equipaggiamento in deposito, ma anche questo non cambierebbe molto. Nell’insieme le cifre sono impressionanti. Sulla carta, la NATO ha 55600 (62000 meno 6400 francesi) AFV di vario tipo, tra cui 25300 statunitensi, e di cui 20000 nei depositi da lungo tempo. Inoltre, si scopre che il maggior numero di AFV della “riserva”, 11500, si concentra in Paesi con eserciti di meno di 100000 militari. Ad esempio, la Bulgaria ha una forza di 34970 soldati e ha ereditato 362 carri armati e 1596 AFV dal Patto di Varsavia. Quindi, praticamente tutti sono nei depositi. La situazione nella Repubblica ceca è fondamentalmente la stessa. Sulla carta ha un esercito di 17930 soldati, con 175 carri armati e 1013 AFV. In breve, anche senza entrare nei meandri della logistica, delle forniture di ricambi e delle evidenti difficoltà di avere riservisti inglesi che guidano carri armati di fabbricazione sovietica T-72, si scopre che praticamente tutte le cifre su veicoli blindati e sistemi di artiglieria possono essere facilmente divise per quattro. Ciò lascia 4450 su 17800 carri armati, ma solo una metà di essi è effettivamente operativa. La seconda metà è ancora in deposito sotto uno spesso strato di paraffina, che richiede del tempo per essere rimossa. Indicativo in tal senso, ci sono voluti quattro mesi all’Ucraina per schierare l’esercito, e praticamente in condizioni ideali e senza alcuna interferenza.
L’Ucraina ci ha ricordato un’altra importante lezione. Un esercito non è solo la somma di soldati, cannoni, carri armati e veicoli blindati. L’esercito, prima di tutto, è la struttura. Eppure non tutte le forze armate nazionali dei Paesi membri sono strutturati nella NATO, ma solo circa un terzo di esse. E allora questo terzo è diviso in tre categorie molto differenti. Circa il 15 per cento delle formazioni (ad esempio dal 15 al 30 per cento degli eserciti nazionali “collegati all’alleanza”) sono le cosiddette forze d’intervento rapido. Mantengono il 75-85 per cento del personale in tempo di guerra e sono pronti a svolgere una missione di combattimento entro sette giorni dall’ordine. Un altro 25 per cento è mantenuto in stato di “prontezza operativa” (60 per cento degli effettivi in tempo di guerra), e può essere implementato in tre o quattro mesi. Il restante 60 per cento delle unità richiede non meno di 365 giorni per essere messo in allerta. Tutte le altre subunità militari dei Paesi membri sono tenute ai livelli operativi previsti nell’ambito dei programmi nazionali della Difesa. Data la costante riduzione dei bilanci militari, molti sono tenuti a livelli di forza ridotta. Ciò vale soprattutto per gli Stati dell’Europa orientale. Se 1,5 mln di statunitensi e 350000 francesi sono sottratti dai 3,6 mln di soldati attivi, ciò ne lascia 1,75 mln in cui Germania, Regno Unito e Italia rappresentano appena 654300 soldati. Gli eserciti greco e spagnolo (156600 e 128200 soldati, rispettivamente) possono essere facilmente esclusi. Vi sono anche grandi punti interrogativi sull’esercito turco (510000). Alla luce dei recenti accordi su gas e militari, Istanbul non è così ansiosa di mostrare la sua unità euro-atlantica. Così si scopre che, a parte 100000 “baionette polacche”, gli altri 500000 soldati sono forniti da 19 Stati con gli eserciti che vanno da 73.000 uomini (Romania) a 4700 (Estonia). E non dimentichiamo le Forze Armate del Lussemburgo: 900 uomini!
Si scopre che la “vecchia” NATO, rappresentata dai primi 12 Stati membri, è un’esagerata auto-promozione. Un tempo, fatti e cifre degli opuscoli NATO riflettevano la realtà. Nel 1990, dopo la caduta del muro di Berlino, la Bundeswehr da sola aveva 7000 carri armati, 8900 veicoli corazzati e 4600 cannoni. Inoltre vi erano 9500 carri armati e 5700 blindati e corazzati da trasporto truppa, 2600 sistemi d’artiglieria e 300 aerei da guerra statunitensi. Oggi non v’è ne sono più su suolo tedesco. Nel 2016, l’ultimo soldato inglese andrà a casa. Solo due scheletriche brigate senza effettivi e attrezzature, e meno di 100 aerei delle forze statunitense, vi rimangono. Nel frattempo, la Bundeswehr si è ridotta a 185500 uomini. Due volte e mezzo meno soldati dell’esercito turco, 5,2 volte meno AFV e 2,2 volte meno carri armati. Ci sono più carri armati e veicoli blindati in deposito in Polonia che in Germania! I polacchi hanno 946 carri armati e 2610 AFV rispetto ai 858 e 2002 dei tedeschi. Ironia della sorte, gli Stati baltici e dell’Est europeo hanno aderito alla NATO in primo luogo per essere sotto l’ombrello della difesa di Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Italia, e per sottrarsi dall’onere gravoso delle spese militari. Una situazione paradossale s’è affermata all’inizio del 21° secolo. L’alleanza comprende più di due dozzine di Paesi, ma la sua capacità di difesa continua a basarsi sui sogni della superiorità militare tedesca su terra e la superiorità inglese sui mari. Ad esempio, la retorica e il comportamento dei capi dei Paesi baltici sempre più aggressivi, ancora si basa sulla fiducia che se accadesse qualcosa, tutti gli 800 panzer tedeschi si affretterebbero a difesa, per esempio, di Vilnius.
Drastici cambiamenti hanno avuto luogo nella NATO negli ultimi 15 anni. Bruxelles fondamentalmente ammette con tante parole che: le risorse disponibili del blocco basteranno solo per due tipi di missioni: partecipazione limitata in un’operazione umanitaria (cioè senza l’azione militare) e operazioni per far rispettare l’embargo; e nel secondo caso solo verso un Paese piccolo e debole, non la Russia. Anche missioni come l’evacuazione di civili, il sostegno a un’operazione antiterrorismo e dimostrazioni di forza non sono più possibili, sia per le limitate capacità delle proprie forze che per le inaccettabili perdite pesanti. Riguardo la “gestione delle crisi” e le missioni d'”intervento diretto”, sono oltre la capacità del blocco. Sì, negli ultimi dieci anni la NATO è stata coinvolta in numerose operazioni militari. Iraq, Afghanistan, Medio Oriente. Ma in realtà, solo le forze USA hanno combattuto ovunque. Le forze NATO sono state solo “presenti”. Il trucco era che Germania e Regno Unito hanno naturalmente inviano piccoli contingenti in Afghanistan, ma si trattava fondamentalmente di addestrare in quelle guerre lituani, lettoni, estoni, cechi, polacchi ed altri “partner”: un plotone qui, una compagnia o un battaglione lì, quanto basta per condurre le missioni di combattimento al posto di tedeschi e inglesi. Ciò risponde anche alla domanda che infastidisce sempre più gli ucraini. Perché USA e NATO promettevano tante belle cose lo scorso inverno, ma l’Ucraina ancora combatte per conto suo? E’ semplice. La NATO esiste sulla carta non nella realtà. L’ex-potenza militare può essere ripristinata? Certamente, ma solo abbassando gli standard di vita europei del 20-25 per cento. La Difesa ha un prezzo. Non produce nulla, ma consuma molto sia direttamente, sotto forma di spesa di bilancio per la manutenzione e la gestione, che indirettamente, deviando personale dal settore privato, dove sono contribuenti, per divenire “consumatori fiscali”. I Paesi dell’UE non sono entusiasti di una tale prospettiva. I membri di nuova ammissione della NATO hanno voluto unirsi all’alleanza proprio per non pagare i propri eserciti e avere l’esercito di qualcun altro a proteggerli, tedesco o portoghese. Ma i portoghesi non desiderano rinunciare a pane e burro per difendere i Paesi baltici, che pochi europei possono trovare su una mappa. E’ il momento per gli Stati baltici e l’Ucraina, tra gli altri, di affrontare la realtà. La NATO è una tigre di carta preoccupata dai suoi problemi interni. Tutto il resto è solo protagonismo per le telecamere.Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora