L'inchiesta dell'ammiraglio Piroli[modifica | modifica wikitesto]
Secondo una ricostruzione pubblicata dal quotidiano La Repubblica, dall'11 maggio del 2012 il governo italiano sarebbe in possesso di una "inchiesta sommaria" sull'incidente redatta dall'ammiraglio Alessandro Piroli,[83] all'epoca capo del terzo reparto della Marina e ufficiale più alto in grado fra quelli inviati in India subito dopo l'incidente.[84]
Secondo il rapporto dell'ammiraglio Piroli, quando il peschereccio è a 800 metri dalla Lexie "Latorre e il sergente Girone si adoperano per effettuare segnalazioni luminose sicuramente visibili dall’esterno e mostrano in maniera evidente le armi al di sopra del loro capo. Il comandante della nave Umberto Vitelli attiva l'allarme generale, al quale sono combinati anche i segnali sonori antinebbia (sirene), avvisa via interfono l'equipaggio che si tratta di un attacco pirata".[84]"Latorre e Girone sparano le prime due raffiche di avvertimento in acqua", ma la nave indiana continua ad avvicinarsi aumentando il sospetto che si tratti di pirati. Quando le due imbarcazioni si trovano a 300 metri l'una dall'altra, l'evento decisivo: "Girone identifica otticamente tramite binocolo la presenza di persone armate a bordo del motopesca. In particolare si accorge che almeno due dei membri dell'equipaggio sono dotati di armamento a canna lunga portato a tracolla con una postura evidentemente tesa a effettuare un abbordaggio della nave. Latorre esegue la terza raffica di avvertimento in acqua, costituita da quattro proiettili". Il peschereccio indiano non accenna a cambiare rotta, ma continua ad avvicinarsi puntando al centro della nave. Quando la barca indiana è a 100 metri dalla petroliera italiana, i due marò sparano l'ultima raffica, ancora in mare. Soltanto quando è a circa 50 metri dalla petroliera, il St. Antony cambia rotta e sfila verso il mare aperto.[84]
Sempre secondo il rapporto dell'ammiraglio Piroli, il comandante e proprietario della St. Antony, Freddie Louis, avrebbe dichiarato alla polizia del Kerala "di essersi svegliato a seguito di un suono e di aver scoperto il timoniere (Valentine Jelastine) già deceduto. Nel mentre, transitava una nave, la cui descrizione è coerente con quella della Lexie, che apriva il fuoco contro la sua imbarcazione con il continuous firing da circa 200 metri di distanza provocando la morte di un secondo membro dell'equipaggio, Ajesh (Ajesh Binki)".[84] L'equipaggio del peschereccio era composto da 11 membri; a eccezione di Gelastine e Ajesh tutti dormono dopo una notte di pesca; forse lo stesso timoniere si era assopito. L'unico testimone sarà il proprietario Freddie, svegliato dal suono delle sirene. Secondo questa ricostruzione la barca avanzava senza essere governata, fino ad andare in rotta di collisione con la petroliera italiana. Questa versione sarebbe compatibile con quanto concluso dal rapporto dell'ammiraglio Piroli: "È singolare che, pur avendo diritto di precedenza, una piccola imbarcazione facilmente manovrabile rimanga su rotta di collisione con una petroliera fino a meno di 100 metri, esponendosi a enormi rischi per la navigazione".[84]
Il rapporto dell'ammiraglio Piroli dedica poi un intero paragrafo alle prove balistiche effettuate dalla polizia indiana e che si sono svolte alla presenza di ufficiali dei Ros e del Ris dei Carabinieri. Secondo il rapporto "sono stati analizzati 4 proiettili, 2 rinvenuti sul motopesca e 2 nei corpi delle vittime. È risultato che le munizioni sono del calibro Nato 5,56 mm fabbricate in Italia. Il proiettile tracciante estratto dal corpo di Valentine Jelastine è stato esploso dal fucile con matricola assegnata al sottocapo Andronico. Il proiettile estratto dal corpo di Ajiesh Pink (Ajesh Binki) è stato esploso dal fucile con matricola assegnata al sottocapo Voglino".[84]
Secondo le prove balistiche effettuate dalla polizia indiana, quindi, i proiettili sono sicuramente di provenienza italiana, e proverrebbero da fucili mitragliatori non appartenenti a Girone e Latorre ma assegnati ad altri due marò dei sei imbarcati sulla petroliera.[84] Ciò non scagionerebbe Latorre e Girone poiché, come risulterebbe da fonti interne alla Marina Militare Italiana, in caso di emergenza i marò non sono tenuti a utilizzare l'arma a loro assegnata ma una qualunque fra quelle a disposizione.[85] Il rapporto dell'ammiraglio Piroli conclude che "Qualora dovessero essere confermati i risultati ottenuti dalle prove indiane o se, a seguito di ulteriore attività forense riconosciuta anche dalla parte italiana, si riscontrasse l'attribuibilità dei colpi ai militari italiani, a quel punto, nelle pertinenti sedi giudiziarie dovrà essere appurato se l'azione di fuoco è stata interamente condotta con la finalità di effettuare tiri di avvertimento in acqua erroneamente o accidentalmente finiti a bordo", oppure se "indirizzare il tiro a bordo del natante" sia stato un fatto intenzionale.[84]
Un'altra questione su cui interviene l'inchiesta dell'ammiraglio Piroli è quella relativa all'esatta identificazione dell'imbarcazione indiana poiché i marò italiani hanno dichiarato alla polizia indiana di non riconoscere il St. Antony come la barca contro cui hanno sparato. Nel capitolo "Comparazione natante sospetto/motopesca St. Anthony", che acclude due foto del peschereccio indiano, una con la barca ferma in porto e l'altra scattata da bordo della petroliera italiana mentre l'imbarcazione indiana si allontana, Alessandro Piroli scrive: «È possibile osservare una sostanziale coerenza fra le descrizioni del natante coinvolto nell'evento Lexie e il St. Anthony, ovvero tipologia dell'imbarcazione, dimensione e colorazione ... Il confronto fra le fotografie repertate durante l'evento del 15 febbraio con quelle scattate durante la ricognizione del 26 febbraio mette in evidenza una sostanziale compatibilità fra i mezzi raffigurati».