Nella seconda metà del XXI secolo per risolvere il problema della sovra-popolazione e dell'inquinamento globale, il consumo del suolo destinato all'agricoltura viene spostato sulla superficie dei mari e degli oceani attraverso la costruzione di grandi piattaforme, o la riconversione e l'ampliamento di quelle vecchie destinate all'estrazione del petrolio ormai esaurito.
Grazie all'ottimo clima sul Mar Mediterraneo l'esperimento funziona, le piattaforme si moltiplicano e alcune diventano vere e proprie città galleggianti. La popolazione di queste piattaforme è eterogenea, per una grande percentuale è composta da immigrati che accettano più volentieri degli Europei i lavori fisicamente usuranti che la coltivazione e la raccolta dei cereali comporta, ma ci sono anche tecnici, architetti, ingegneri e rappresentanti delle Istituzioni. Il bacino del Mediterraneo diventa il principale esportatore di mais verso l'intero continente americano e i PIL di Francia, Italia, Spagna e Grecia ovviamente ne traggono un consistente beneficio.
Quando ormai sulle città galleggianti più vecchie è presente una prima generazione di persone nate e cresciute sulle piattaforme, le richieste di maggiore autonomia dallo Stato centrale si fanno sempre più pressanti, e di fronte alle scarse concessioni del governo italiano le manifestazioni di protesta si fanno più frequenti.
Ad Adriatica, il più grande e popoloso complesso galleggiante al largo del Friuli, scoppiano le prime rivolte.
Il governo di grande coalizione presieduto da Monica Ravezzoni si trova all'inizio del quinto anno del suo mandato (per la precisione mancherebbero 11 mesi alle prossime elezioni politiche) quando ci sono i primi morti e decine di feriti sia tra le file dei separatisti che in quelle della polizia e della capitaneria di porto italiana. Nei giorni successivi la situazione si fa sempre più incandescente e le proteste non accennano a placarsi, diventando di fatto una vera e propria insurrezione che rischia di allargarsi a macchia d'olio a tutti gli altri complessi galleggianti italiani.
Accanto alle rivendicazioni separatiste sono in gioco anche importanti interessi economici relativi al possesso delle piantagioni galleggianti: concedere la completa indipendenza ad Adriatica potrebbe significare dover fare concessioni analoghe anche alle altre città galleggianti che avanzassero le medesime richieste in un prossimo futuro.
Nel frattempo a Roma l'estrema sinistra accusa il governo di fascismo per via della reazione violenta della Polizia, mentre l'estrema destra lo accusa di voler consegnare il mais italiano ad Albanesi, Croati e a presunte potenze straniere. Entrambi chiedono le dimissioni immediate della Ravezzoni e nuove elezioni il prima possibile.
Anche gli insorti comunque appaiono piuttosto divisi fra di loro: ci sono 2 gruppi politici distinti che si proclamano rappresentanti delle istanze autonomiste. Uno è il Comitato Croato-Albanese, di stampo fortemente secessionista e sostenitore delle istanze dei braccianti croati e albanesi che costituiscono l'87% della popolazione del complesso galleggiante, i cui leaders hanno proclamato l'indipendenza della Repubblica bilingue di Adrjiatika e sono in prima linea nella rivolta sulle strade. L'altro gruppo, più moderato, è l'Unione dei Popoli del Mare, che sostiene la necessità di un dialogo con lo Stato Italiano con l'obiettivo di ottenere una certa autonomia (senza tuttavia arrivare alla completa indipendenza) e propone la creazione di una Provincia Galleggiante Autonoma e Trilingue (Croata, Albanese e Italiana).
Cosa deve fare il Governo Ravezzoni?