Il "mostro in prima pagina": il ruolo del quarto potere nelle ex democrazie occidentali
"Nella società autoritaria, frutto dell’accentramento dei poteri a livello sovranazionale, le maglie della libera opinione si vanno restringendo"
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di Cesare Sacchetti
Il quarto potere nelle democrazie occidentali ha di certo il ruolo più importante e decisivo nella formazione e nell’indirizzo della pubblica opinione. Tanto potere ha assunto, che esso è in grado di determinare chi o cosa può diventare un beniamino nazionale o chi al contrario sia destinato all’oblio o nel peggiore dei casi, alla diffamazione a mezzo stampa.
La lezione che possiamo trarre, in questi giorni di dicembre, orfani dei tempi dell’abbondanza e del benessere passati, sul ruolo dei media ci viene da due episodi recenti: l’incendio doloso avvenuto nella stazione ferroviaria di Bologna e l’arresto di una presunta organizzazione terroristica che premeditava attentati dimostrativi contro le forze dell’ordine e esponenti del governo.
Il modo in cui vengono raccontati i fatti, è l’ennesima conferma che non esiste più nella stampa italiana, il principio dubitativo, secondo il quale come ben enunciato nella carta costituzionale, ogni cittadino è innocente fino al terzo grado di giudizio. Si guardino i fatti di Bologna: viene appiccato un incendio doloso ad i cavi di una centralina e non passano poche ore dal fatto che l’ineffabile Ministro dei Trasporti Maurizio Lupi non manca di far sentire i suoi toni allarmisti, gridando all’attentato terroristico e accusando i gruppi No Tav. Perché l’attentato dovrebbe venire dalla mano di chi è contrario alla realizzazione dell’alta velocità in Val di Susa? La risposta sta nelle scritte rinvenute sui muri a poca distanza dal fatto, ma nessuno può affermare ancora con certezza che quelle scritte non fossero state realizzare prima dell’incendio, ergo la matrice e i moventi dell’attentato non sono affatto certe. Ma tant’è, è quanto basta per sparare a zero contro l’ennesimo gruppo anarco-insurezionalista: si noti come quando si verifichino tali tipi di attentati, gli anarchici e i gruppi che si richiamano al pensiero anarchico siano spesso messi subito nella lista dei sospettati, senza che neanche si avviino le indagini già si presenta alla pubblica opinione il responsabile, contro il quale si rivolge tutta la carta stampata e i media.
Chi ha la sfortuna( in questo caso) di essere un anarchico, lo sa e non è nuovo a persecuzioni o intimidazioni di tale genere. La memoria storica ancora conserva, la morte “accidentale” dell’anarchico Pinelli, morto innocente e ingiustamente accusato di essere tra gli esecutori della strage di Piazza Fontana. E’ in questi frangenti che il ruolo dei media, deve assumere la funzione di verifica, prendendosi l’incarico di vidimare e accertare le dovute responsabilità, la bontà delle fonti ed esercitando quel ruolo di controllo sugli altri poteri delle democrazie costituzionali. Se viene meno questo ruolo, non si è in una democrazia, ma in una società di stampo autoritario, dove il dissenso è criminalizzato, le opinioni non conformi ai desiderata dell’establishment, non trovano copertura, e nel peggiore dei casi le idee scomode per il potere vengono distorte, falsificate in maniera spesso grossolana.
Al ruolo di controllo e verifica delle fonti, si è sostituito quello di indirizzo distorto che da una rappresentazione adulterata degli eventi. L’esempio più lampante di questo metodo lo si può riscontrare nei processi televisivi. Qualsiasi inchiesta giudiziaria, sempre più spesso scaturita dall’utilizzo delle intercettazioni, è dibattuta con un processo parallelo nei salotti televisivi, dove ad ognuno dei partecipanti è assegnato un compito, rispecchiando il gioco delle parti giudiziarie. Il conduttore della trasmissione apparentemente ha la funzione di giudice terzo, imparziale ma in realtà indirizza la rappresentazione dei fatti nel modo a lui più congeniale. Si mostrano al pubblico da casa, che assume il ruolo di giuria popolare, frammenti di intercettazioni spesso recitati da attori professionisti, estrapolate e cucite dai verbali, che di certo non danno un’idea complessiva degli accadimenti, ma sono sufficienti per suscitare un’indignazione del pubblico da casa, il quale ignaro sarà portato a patteggiare per una parte piuttosto che un’altra. Il giudizio non si è così formato in tribunale, dopo un equo dibattimento tra le parti, ma nel palcoscenico mediatico e l’inchiesta giudiziaria diviene secondaria, anche se successivamente gli indagati verranno scagionati.
Non importa nella logica del tritacarne dei media, e l’ultimo esempio è quello dell’inchiesta relativa alla costituzione di un presunto gruppo neofascista che avrebbe avuto come scopo quello di “ turbare la tranquillità dello stato” progettando attentati terroristici, e che postava tra le altre cose, commenti di stampo razzista su facebook. Sulla seconda ipotesi di reato, probabilmente dovrebbero essere perseguiti migliaia di utenti del social network, ma non vogliamo credere che sia stato esclusivamente un movente politico ad animare l’inchiesta dei magistrati dell’Aquila. Allo stesso tempo pare quantomeno surreale, che tra le menti accusate di progettare attentati terroristici, possa esserci Rutilio Sermonti, storico intellettuale della destra italiana che ha compiuto i 93 anni e si trova sulla sedia a rotelle. Anche in questa inchiesta, i media ci hanno fatto ascoltare solo frammenti di conversazioni al telefono, e il giudizio definitivo, questo sì rapidissimo a differenza di quello di giudiziario, è già arrivato.
Nella società autoritaria, frutto dell’accentramento dei poteri a livello sovranazionale, le maglie della libera opinione si vanno restringendo sempre di più, comprimendo tutte le idee che possano essere scomode per il sistema. La battaglia del futuro sarà riconquistare i diritti perduti del passato.
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Forse preoccuparsi di chi sostituirà il napuli può avere un senso per tutti, persino per gli indipendentisti Padani