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    Predefinito re: 31 gennaio 2015: San Giovanni Bosco, confessore

    26 GENNAIO 2015: SAN POLICARPO, VESCOVO E MARTIRE

    In mezzo alle dolcezze che prova nella contemplazione del Verbo fatto carne, Giovanni il Prediletto vede venire il suo discepolo Policarpo, tutto risplendente della gloria del martirio. Il vegliardo ha appena risposto nell'anfiteatro al Proconsole che lo esortava a rinnegare Cristo: "Sono ottantaquattro anni che lo servo e non mi ha mai fatto del male; anzi, che dico? mi ha ricolmato di beni. Come potrei maledire il mio Re che mi ha salvato?" Dopo essere passato attraverso il fuoco e la spada, è giunto ai piedi del Salvatore, e godrà eternamente la beatitudine della sua presenza, in cambio delle fatiche sopportate per conservare nel suo gregge la fede e la carità, e della sua morte cruenta.

    Al pari di san Giovanni, suo maestro, si è opposto energicamente agli sforzi degli eretici. Fedele ai suoi ordini, non ha voluto che il corruttore della fede di Cristo, l'eresiarca Marcione, ricevesse dalla sua bocca la salvezza, ma lo chiamò semplicemente il primoge*nito di Satana. Avversario energico dell'orgogliosa setta che arrossiva dell'Incarnazione d'un Dio, ha scritto nella sua Epistola ai Filippesi: "Chiunque non confessa la venuta di Gesù Cristo nella carne, è un Anticristo". Era dunque giusto che così coraggioso testimone fosse chiamato all'onore di stare presso la culla dove il Figlio di Dio si mostra a noi in tutta la sua tenerezza, e rivestito d'una carne simile alla nostra. Policarpo è stato fedele fino alla morte; per questo è qui incoronato, in questi giorni che commemorano la venuta del suo Re in mezzo a noi [1].

    Prendiamo dal De Scriptoribus ecclesiasticis di san Girolamo alcuni particolari sulla sua vita:

    Policarpo, discepolo di Giovanni, che lo ordinò Vescovo di Smime, fu il capo di tutta l'Asia, perché aveva conosciuto ed aveva avuto come maestri alcuni degli Apostoli e di quelli che avevano visto il Signore. Sotto il regno di Antonino Pio, allorché Aniceto governava la Chiesa, alcune difficoltà circa il giorno della Pasqua lo fecero venire a Roma (verso il 194), dove riportò alla fede parecchi fedeli che si erano lasciati sedurre dagli artifici di Marcione e di Valentino. Avendo un giorno incontrato l'eresiarca Marcione, il quale gli diceva: "Mi conosci?", Policarpo rispose : "Ti riconosco come il primogenito di Satana". Qualche tempo dopo, sotto il regno di Marco Antonino e di Lucio Aurelio Commodo, nella quarta persecuzione da quella di Nerone, fu condannato dal tribunale del Proconsole di Smirne, e arso tra i clamori di tutto il popolo raccolto nell'anfiteatro. Scrisse ai Filippesi una preziosa Epistola, che si legge ancor oggi nelle Chiese dell'Asia.

    Tu hai messo pienamente in atto il significato del tuo nome, o Policarpo, poiché hai prodotto molti frutti per il Salvatore nei lunghi anni passati al suo servizio. Quei frutti sono le numerose anime che hai conquistate con le tue cure, le virtù che hanno adornato la tua vita e infine quella stessa vita che tu hai restituita al Salvatore. Quale fortuna la tua, di aver ricevuto le lezioni del discepolo che posò il capo sul petto di Gesù! Dopo esserne stato disgiunto per più di sessant'anni, oggi raggiungi il tuo maestro lieto di rivederti. Ecco che adorate insieme il divino Bambino di cui imitaste la semplicità; quel Bambino che fu il vostro unico amore. Vi supplichiamo di chiedergli anche la fedeltà fino alla morte.

    Coltiva ancora dall'alto del cielo, o Policarpo, il campo della Chiesa, fecondato dalle tue fatiche e irrorato dal tuo sangue. Ristabilisci la fede e l'unità in seno alle Chiese dell'Asia edificate dalle tue venerabili mani. Affretta, con le tue preghiere, la dissoluzione dell'Islamismo, che dovette i suoi successi e la sua durata solo ai tristi effetti dello scisma bizantino. Ricordati della Francia alla quale hai inviato illustri Apostoli e martiri come tè. Benedici paternamente la Chiesa di Lione; essa ti riverisce come il suo fondatore per il ministero del tuo discepolo Potino e ha pure una parte così gloriosa nell'apostolato dei Gentili, per la sua Opera della Propagazione della Fede.

    Veglia per la conservazione della purezza della Fede ; guardaci dal contatto dei seduttori. Rendendo omaggio alla Cattedra Apostolica, anche tu hai voluto "vedere Pietro"; e sei venuto a Roma a conferire con il Pontefice intorno agli affari della tua Chiesa di Smirne. Rivendica i diritti di questa augusta Sede, da cui proviene, per i nostri Pastori, la sola missione legittima. Ottienici di passare gli ultimi giorni di questo tempo di Natale in un profondo raccoglimento e nell'amore del nostro neonato Re. Che questo amore, unito alla purezza dei nostri cuori, ci ottenga grazia e misericordia; e, per completare il nostro pellegrinaggio, chiedi per noi la corona di vita.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 374-376

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    Predefinito re: 31 gennaio 2015: San Giovanni Bosco, confessore

    27 GENNAIO 2015: SAN GIOVANNI CRISOSTOMO,
    VESCOVO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA

    Il dovere dei Pastori.

    Prima della venuta dell'Emmanuele, gli uomini erano come pecore senza pastore: qual gregge disperso il genere umano andava verso la rovina. Gesù non si è dunque contentato di essere l'Agnello destinato all'immolazione per i nostri peccati; ha voluto rivestire il carattere di Pastore, per ricondurci tutti nel divino ovile. Ma, siccome doveva risalire al cielo, ha provveduto alle necessità delle sue pecore costituendo una linea ininterrotta di pastori che pascono in nome suo il gregge fino alla consumazione dei secoli. Poiché le pecore del Signore hanno soprattutto bisogno della dottrina, che è la luce di vita, l'Emmanuele ha voluto che i Pastori fossero anche dottori. La Parola divina e i Sacramenti, ecco il debito dei pastori verso il gregge. Essi debbono essere gli immediati instancabili dispensatori di questo duplice cibo alle loro pecore, e dar la propria vita, se occorre, per l'adempimento d'un dovere sul quale è basata l'intera opera della salvezza del mondo.

    Ma, siccome il discepolo non è da più del Maestro, i Pastori e i Dottori del popolo cristiano, se sono fedeli, son fatti segno all'odio dei nemici di Dio, non essendo possibile estendere il regno di Gesù Cristo senza detrimento del dominio di Satana. Cosicché la storia della Chiesa non è altro, ad ogni pagina, che il racconto delle persecuzioni che hanno sopportato coloro che hanno voluto continuare il ministero di zelo e di carità inaugurato da Cristo sulla terra. Tre specie di combattimenti dovettero sempre sostenere, nei secoli, tre combattimenti che hanno provocato tre meravigliose vittorie.

    Lotta contro il paganesimo.

    Essi hanno dovuto lottare contro l'errore pagano, che si opponeva con la strage alla predicazione della legge di Cristo. Questa persecuzione ha incoronato e riunito attorno alla culla dell'Emmanuele, nei quaranta giorni consacrati alla sua Nascita, Policarpo, Ignazio, Fabiano e Telesforo.

    Resistenza al potere temporale.

    Dopo l'era delle persecuzioni, una nuova arena, non meno gloriosa, si è aperta per i capi del popolo cristiano. I principi, diventati dapprima figli della Chiesa, hanno voluto presto asservirla. Hanno ritenuto opportuno per la loro politica asservire la parola che percorre liberamente il mondo in tutti i sensi, come la luce visibile che ne è l'immagine. Hanno voluto essere sacerdoti e pontefici, come nei giorni del paganesimo, e chiudere le sorgenti di vita che s'inaridiscono appena una mano profana le abbia toccate. Una lotta senza quartiere si è aperta fra i due poteri, lo spirituale e il temporale, e questo lungo periodo ha prodotto i suoi campioni e i suoi martiri. In ogni secolo, Dio ha glorificato la sua Chiesa mediante le battaglie e i trionfi di molti valorosi campioni della parola e del ministero. Tommaso di Cantorbery, Ilario di Poitiers, rappresentano degnamente questi cavalieri alla Corte del neonato Re.

    Lotta contro il mondo.

    Ma vi è un'altra arena di combattimenti per i Pastori e i Dottori del popolo fedele: è la lotta contro il mondo e i suoi vizi; lotta che si è accesa dagli inizi del Cristianesimo, e impegnerà le forze della Chiesa fino all'ultimo giorno. Appunto perché l'hanno sostenuta con coraggio, tanti santi prelati sono stati odiati per il nome di Gesù Cristo. Ne la carità, ne le dedizioni d'ogni genere, ne l'umiltà, ne la mansuetudine, li hanno salvati dall'ingratitudine, dall'odio, dalla calunnia, dalle persecuzioni, poiché erano fedeli nel proclamare la dottrina del loro Maestro, nel rivendicare la virtù, nell'opporsi ai peccatori. Francesco di Sales non è stato esente dai morsi della malizia degli uomini, cosi come Giovanni Crisostomo che allieta oggi la Chiesa col suo trionfo e si presenta alla culla dell'Emmanuele come il più illustre fra i martiri del dovere pastorale.

    Il vescovo perseguitato.

    Discepolo del Salvatore degli uomini fin nella pratica dei suoi consigli mediante la professione monastica, questo predicatore dalla bocca d'oro ha usato il dono della sua splendida eloquenza solo per raccomandare le virtù recate da Cristo sulla terra, e per riprendere i peccatori. Un'imperatrice di cui aveva accusato le vanità pagane; uomini potenti, di cui aveva segnalato le malvage azioni; donne influenti alle cui orecchie la sua voce importuna tuonava troppo spesso; un vescovo d'Alessandria, e alcuni prelati della corte, più gelosi della propria reputazione che della propria virtù: ecco le forze che l'inferno raduna contro Giovanni. Ne l'amore del suo popolo ne la santità della sua vita varranno a difenderlo. Si vedrà allora il santo vescovo, che aveva rapito col fascino della sua parola gli abitanti d'Antiochia e attorno al quale l'intera Costantinopoli si raccoglieva con un entusiasmo che non scemò un sol giorno, deposto da un indegno conciliabolo [1], il proprio nome cancellato dai dittici dell'altare, malgrado l'energica protesta del Pontefice romano, e andare a morire di stenti, in balia dei soldati, sulla via dell'esilio.

    Coraggio del vescovo.

    Ma quel Pastore, quel Dottore non era vinto. Ripeteva con san Paolo: "Guai a me se non predico il Vangelo!" (1Cor 9,16). E ancora: "La parola di Dio non può essere legata" (2Tm 2,9). La Chiesa trionfava in lui, più glorificata e più consolidata dalla costanza di Crisostomo tratto in prigionia per aver predicato la dottrina di Gesù Cristo che non dai successi dell'eloquenza che Libanio aveva ambita per il paganesimo. Ascoltiamo le forti parole che egli dice alla vigilia di partire per l'ultimo esilio. Era già stato portato via una volta; ma un terremoto, presagio dell'ira del cielo, ha costretto la stessa Eudossia a chiedere piangendo all'Imperatore di richiamarlo.

    Nuove tempeste si addensano contro Giovanni; ma egli sente che tutta la forza della Chiesa è in lui, e sfida la tempesta. Impariamo che cosa sia un Vescovo formato alla scuola di Gesù Cristo, il Pastore e il Vescovo delle anime nostre (1Pt 2,25), come dice san Pietro.

    "I marosi e la tormenta avanzano contro di noi ; tuttavia noi non temiamo di esserne sommersi, poiché siamo fondati sulla pietra. Si scagli il mare con tutta la sua furia: non distruggerà la pietra ; si alzino i marosi: non sommergeranno la barca di Gesù. Ditemi dunque, chi dovremo temere? La morte? Ma Cristo è la mia vita, e per me morire è un guadagno (Fil 1,21). L'esilio, mi direte? Ma del Signore è la terra, con tutto ciò che essa racchiude (Sal 33,1). La confisca dei beni? Ma non abbiamo portato nulla venendo in questo mondo, e nulla possiamo asportarne (1Tm 6,7). Io disprezzo i terrori di questo mondo, e i suoi beni non mi provocano che il riso. Non temo la povertà, non bramo le ricchezze, e non temo la morte; e se desidero vivere, è unicamente per vostro vantaggio. Il vostro interesse è anche il solo motivo che mi porta a fare allusione alle circostanze attuali.

    Ecco la preghiera che io rivolgo alla vostra carità: Abbiate fiducia. Nulla potrà separarci; ciò che Dio ha unito, l'uomo non può disgiungere. Dio l'ha detto a proposito dell'unione dell'uomo e della donna. Tu non puoi, o uomo, spezzare il legame d'un solo matrimonio; come potresti separare la Chiesa da Dio? Perciò tu attacchi essa, dato che non puoi raggiungere colui che perseguiti. Il modo di rendere più risplendente la mia gloria, e di esaurire ancora più sicuramente le tue forze, è quello di combattermi; perché ti sarà duro recalcitrare contro il pungolo (At 9,5). Non riuscirai a scalfirne la punta, e i tuoi piedi ne resteranno insanguinati. Le onde non scalfiscono nemmeno la roccia, ma ricadono su se stesse, schiuma impotente.

    O uomo, nulla si può paragonare alla forza della Chiesa. Cessa la guerra, se non vuoi sentir esaurire le tue forze; non far la guerra al ciclo. Se dichiari guerra all'uomo, puoi vincere o soccombere; ma se attacchi la Chiesa, la speranza di vincere ti è negata, perché Dio è più forte di tutto. Saremmo dunque gelosi del Signore? Saremmo forse più potenti di lui? Dio ha fondato ed ha consolidato; chi tenterà i di scuotere? Non conosci dunque la sua forza? Egli guarda la terra, e la fa tremare; comanda, e ciò che era vacillante diviene solido. Se poco fa ha riconsolidato la vostra città scossa da un terremoto, quanto più potrà riassestare la Chiesa! Ma essa è più solida ancora del cielo. Il cielo e la terra passeranno - dice il Signore - ma le mie parole non passeranno. E quali parole? Tu sei Pietro, e su questa pietra che appartiene a me io fonderò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa.

    Se non credi a queste parole, credi almeno ai fatti. Quanti tiranni hanno tentato di distruggere la Chiesa ? Quanti roghi, quante bestie feroci, quante, spade ! E tutto questo senza alcun effetto. Dove sono ora quei terribili nemici ? Il silenzio e l'oblio hanno fatto giu*stizia. E la Chiesa, dov'è? Sotto i nostri occhi, più splendente del sole. Ma se, quando i cristiani erano ancora in piccolo numero, non sono stati vinti, oggi che l'universo intero è pieno di questa santa religione, come potresti vincerli? Il cielo e la terra passeranno - disse Cristo - ma le mie parole non passeranno. E così deve essere, poiché la Chiesa è più cara a Dio del cielo stesso. Non già dal cielo egli ha preso un corpo; la carne che ha assunta appartiene alla Chiesa. Il cielo è per la Chiesa, e non già la Chiesa per il cielo.

    Non turbatevi per quanto è accaduto. Fatemi questo favore, di essere irremovibili nella fede. Non avete forse visto Pietro, quando camminava sulle acque, per aver dubitato un solo istante, correre il rischio di andare a fondo, non per l'impeto dei flutti, ma a causa della debolezza della sua fede? Sono forse salito su questa sede per calcoli umani? Mi ha forse innalzato l'uomo, perché l'uomo stesso possa rovesciarmi? Non lo dico già per arroganza, ne per vana iattanza: Dio non voglia ! Voglio solo rafforzare ciò che in voi potrebbe vacillare.

    La città era solida sulle sue basi; il diavolo ha voluto scuo*tere la Chiesa. O spirito scellerato e infame! Non sei stato capace di rovesciare le mura di cinta e speri di sconvolgere la Chiesa! È formata forse di muraglie la Chiesa? No. La Chiesa è la moltitudine dei fedeli; essi sono le sue solide colonne non legate con ferro, ma unite dalla fede. Non dico soltanto che questa moltitudine ha una forza maggiore del fuoco; la tua rabbia non potrebbe vincere nemmeno un solo cristiano. Ricorda quali colpi hai incassato dai martiri. Spesso trattavasi di una delicata giovanetta, condotta davanti al giudice, prima dell'età nubile! Era più molle della cera, e tuttavia più ferma della pietra. Tu laceravi i suoi fianchi, ma non riuscivi a strapparle la fede. La carne cedeva sotto lo strumento di tortura, ma la costanza nella fede non veniva meno. Non hai potuto vincere nemmeno una donna, e speri di sopraffare tutto un popolo? Non hai dunque sentito il Signore che diceva: Dove due sono radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Mt 18,20)? E non sarebbe presente in mezzo a un popolo numeroso, unito dai legami della carità!?

    Io ho nelle mani il pegno, possiedo la sua promessa scritta: è questo il mio appoggio, la mia sicurezza, il mio porto tranquillo. Si agiti pure tutto l'universo; a me basta rileggere quelle sante parole; esse formano il mio muro e la mia fortezza. Ma quali parole ? Queste: Io sono con voi ogni giorno, fino alla consumazione, dei secoli. Cristo è con me! Che ho da temere? Quand'anche si alzeranno contro di me i marosi, o gli oceani, o il furore dei principi, per me tutto questo sarebbe ancor meno di una tela di ragno. Se non m'avesse trattenuto la vostra carità sarei stato pronto a partire per l'esilio fin da oggi. Ecco la mia preghiera: Signore, sia fatta la tua volontà; non questa o quella volontà, ma la tua. Avvenga ciò che Dio vorrà; se egli vuole che io resti, lo ringrazio; in qualunque luogo egli vuole che io sia portato, gli sono riconoscente" (PG 51-52, c. 437-430).

    Questo è il cuore del ministro di Gesù Cristo, umile e invitto. Dio suscita uomini di tal tempra in tutti i tempi; e quando diventano rari, tutto languisce e si spegne. Quattro Dottori di questa tempra sono stati dati alla Chiesa Orientale: Atanasio, Gregorio Nazianzeno, Basilio e Crisostomo; e il secolo che li vide nascere conservò la fede, malgrado i più gravi pericoli. I primi due si incontrano nel periodo in cui la Chiesa è tutta radiosa per lo splendore del suo Sposo risorto; il terzo mette in luce il tempo in cui i doni dello Spirito d'amore hanno fecondato la Chiesa; Crisostomo ci allieta con la sua pre*senza in questo tempo in cui il Verbo di Dio ci appare sotto le vesti dell'infermità e dell'infanzia. Noi, fortunati figli della Chiesa latina, la sola che ha avuto la fortuna di conservare la fede primitiva, perché ha con sé Pietro, onoriamo queste quattro incrollabili colonne dell'edificio della tradizione; ma rendiamo oggi i nostri omaggi a Crisostomo, il Dottore di tutte le Chiese, il vincitore del mondo, il Pastore irremovibile, il successore dei Martiri, il predicatore per eccellenza, l'ammiratore di Paolo, l'imitatore di Cristo.

    VITA. - San Giovanni Crisostomo nacque ad Antiochia fra il 344 e il 347 e vi fu ordinato prete nel 386. Eletto vescovo di Costantinopoli nel 398, si oppose energicamente alla corruzione dei costumi, ciò che gli attirò l'ira dell'imperatrice Eudossia che lo fece mandare in esilio. Il popolo richiese il suo ritorno, ma dovette ben presto ripartire per rimanervi dal 404 al 407. U ebbe a soffrire molto, ma convertì numerose anime a Cristo.

    Papa Innocenzo I impose che fosse ripristinato nella sede di Costantinopoli, ma i soldati lo maltrattarono tanto sulla via del ritorno che morì a Comano, nel Ponto, il 14 settembre del 407. Pio X lo ha dichiarato Patrono degli oratori sacri e Dottore della Chiesa universale 1'8 luglio 1908.

    Quante corone adornano la tua fronte, o Crisostomo, e come è glorioso il tuo nome nella Chiesa della terra e in quella del cielo! Tu hai insegnato con verità, hai combattuto con costanza, hai sofferto per la giustizia, sei morto per la libertà della parola di Dio. Gli applausi degli uomini non ti hanno sedotto; il dono dell'eloquenza evangelica, di cui lo Spirito Santo ti aveva arricchito, non era che una debole immagine dello splendore e della forza degli ardori di cui il Verbo divino ti riempiva il cuore. Tu hai amato questo Verbo, questo Gesù, più della tua gloria, più del tuo riposo, più della tua vita. La tua memoria è stata perseguita dagli uomini; mani perfide hanno cancellato il tuo nome dalle tavole dell'altare; indegne passioni hanno dettato una sentenza nella quale, sull'esempio del tuo Maestro, sei stato messo nel numero dei criminali, e sei stato rovesciato dai gradini della sacra cattedra. Ma non è in potere degli uomini spegnere la luce ne cancellare la memoria di Crisostomo. Roma ti è stata fedele; essa ha custodito con onore il tuo nome, e ancor oggi custodisce il tuo santo corpo, vicino a quello del Principe degli Apostoli. Il mondo cristiano ti proclama uno dei più fedeli dispensatori della Verità divina.

    In cambio dei nostri omaggi, o Crisostomo, guardaci dall'alto del cielo come le tue pecorelle; ammaestraci, riformaci, rendici cristiani. Fedele discepolo di san Paolo, tu non conoscevi che Gesù Cristo in cui sono nascosti tutti i tesori di scienza e di sapienza. Rivelaci questo Salvatore venuto a noi con tante attrattive e tanta dolcezza; facci conoscere la sua mente; insegnaci il modo di piacergli e i mezzi per imitarlo; fagli gradire il nostro amore. Anche noi siamo esiliati, ma amiamo troppo il luogo del nostro esilio; spesso siamo perfino tentati di prenderlo per una patria. Distaccaci da questo soggiorno terreno e dalle sue illusioni. Che desideriamo di essere uniti a tè, per essere con Gesù Cristo, nel quale ci ritroveremo per sempre!

    Pastore fedele, prega per i nostri Pastori; ottieni ad essi il tuo spirito, e rendi docili i loro greggi. Benedici i predicatori della santa parola, affinché non predichino se stessi, ma Gesù Cristo. Dacci quell'eloquenza cristiana che si ispira ai Libri sacri e alla preghiera, affinché i popoli, attratti da un linguaggio che viene dal cielo, si convertano e rendano gloria a Dio. Proteggi il Pontefice romano il cui pre*decessore fu l'unico che ardisse difenderti; il suo cuore sia sempre l'asilo dei Vescovi perseguitati per la giustizia. Ridona la vita alla tua Chiesa di Costantinopoli, che ha dimenticato i tuoi esempi e la tua fede; risollevala dall'avvilimento in cui languisce da tanto tempo. Mosso infine dalle tue preghiere, Cristo, Sapienza eterna, si ricordi della sua Chiesa di Santa Sofia; si degni di purificarla e di ristabilirvi l'altare sul quale si immolò per tanti secoli. Ama sempre le Chiese dell'Occidente, alle quali è tanto cara la tua gloria. Affretta la scomparsa delle eresie che hanno desolato parecchie delle nostre cristianità, dissipa le tenebre dell'incredulità, rianima la fede in mezzo a noi e fa' rifiorire le virtù.


    [1] Il Conciliabolo della Quercia, nell'agosto del 403.



    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 378-385

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    Predefinito re: 31 gennaio 2015: San Giovanni Bosco, confessore

    28 GENNAIO 2015: SAN PIETRO NOLASCO, CONFESSORE

    Il Redentore degli schiavi, Pier Nolasco, viene ad associarsi oggi al suo Maestro Raimondo di Pegnafort; ed entrambi presentano come omaggio al Redentore universale le migliaia di cristiani riscattati dalla schiavitù in virtù di quella carità che, partita da Betlemme, ha trovato asilo nei loro cuori.

    Nato in Francia, nella Linguadoca, Pietro ha scelto come seconda patria la Spagna, perché questa offriva al suo zelo una terra di dedizione e di sacrifici. Come il Mediatore disceso dal cielo, si è votato al riscatto dei fratelli; ha rinunciato alla sua libertà per riottenere la loro; e per ridare ad essi una patria, è rimasto come ostaggio sotto le catene della schiavitù. La sua dedizione è stata feconda; per opera sua, è sorto nella Chiesa un nuovo Ordine religioso, composto interamente di uomini generosi che, per sei secoli, hanno pregato, lavorato e vissuto solo per procurare il beneficio della libertà a innumerevoli schiavi che, senza di loro, sarebbero languiti in catene, con pericolo delle loro anime.

    Gloria a Maria, che ha suscitato questi Redentori mortali! Gloria alla Chiesa cattolica, che li ha prodotti! Ma soprattutto gloria all'Emmanuele, che dice, entrando nel mondo: "O Padre! non ti hanno soddisfatto gli olocausti per il peccato dell'uomo; cessa di colpire: eccomi. Tu mi hai dato un corpo; io vengo, e mi immolo" (Sal 39,8). La dedizione del divino Bambino non poteva rimanere sterile. Egli si è degnato di chiamarci fratelli, e di offrirsi al nostro posto. Quale cuore di uomo potrebbe d'ora innanzi rimanere insensibile ai mali e ai pericoli dei fratelli?

    L'Emmanuele ha ricompensato Pier Nolasco, chiamandolo a sé nell'ora stessa in cui, dodici secoli prima, egli nasceva a Betlemme. Fu precisamente in mezzo ai gaudi della notte di Natale che il redentore mortale è partito per andare a raggiungere il Redentore immortale. Le labbra tremanti di Pietro stavano mormorando l'ultima laude terrena, quando, giunto alle parole: Il Signore ha mandato la Redenzione al suo popolo e ha stretto con lui un'alleanza eterna, la sua beata anima volò libera al cielo.

    La santa Chiesa ha dovuto assegnare alla memoria di Pietro un anniversario diverso da quello del suo beato trapasso, perché quel giorno appartiene interamente all'Emmanuele; ma era giusto che l'eletto segnato dall'alto favore di nascere al cielo nell'ora stessa in cui Gesù nasce alla terra, ricevesse un posto prima della fine del tempo consacrato alla Nascita del divino liberatore.

    VITA. - San Pier Nolasco nacque presso Carcasson e si distinse soprat*tutto per la sua carità verso il prossimo. Per evitare gli eretici Albigesi parti per la Spagna, visitò la Vergine di Monserrato, vendette i suoi beni e acquistò con il denaro ricavatene, i fedeli schiavi. La Santa Vergine gli apparve e gli chiese di fondare un ordine per la redenzione degli schiavi, ciò che egli fece di concerto con S. Raimondo e con il re Giovanni I d'Aragona. Morì nel giorno di Natale del 1256.

    Tu sei venuto a recare dal cielo il fuoco sulla terra, o Emmanuele, e il tuo più ardente desiderio è quello di vederlo accendersi. Questo desiderio è stato realizzato nel cuore di Pier Nolasco, e dei suoi figli. È così che ti degni di associare gli uomini ai tuoi disegni d'amore e di misericordia, e che ristabilendo l'armonia fra Dio e noi, ristabilisci l'antica unione fra noi e i nostri fratelli. Noi non possiamo amarti, o celeste Bambino, senza amare tutti gli uomini; e se tu vieni a noi come nostro riscatto e nostra vittima, vuoi che siamo pronti anche noi a sacrificarci gli uni per gli altri.

    O Pietro tu sei stato l'apostolo e il modello di questa carità; per questo il Signore ha voluto glorificarti chiamandoti alla corte del suo Figliuolo nel giorno anniversario della di lui nascita. Questo dolce mistero che tante volte sostenne il tuo coraggio, rianimò la tua dedizione, ti si è svelato in tutta la sua grandezza; ma i tuoi occhi non vedono più soltanto, come noi, il tenero Bambino che sorride nella culla, ma è il Re vittorioso, il Figlio di Dio nel divino splendore, che abbaglia il tuo sguardo. Maria non ti appare più, come a noi, povera e umilmente china sulla mangiatoia che racchiude tutto il suo amore, ma brilla ai tuoi occhi sul trono di Regina, e risplende d'una luce che è inferiore solo a quella della maestà divina. E il tuo cuore non è affatto turbato da quella gloria, perché in cielo sei nella tua patria. Il cielo è il tempio e il palazzo della carità; e questa fin da quaggiù riempiva il tuo cuore, era il principio di tutti i suoi moti.

    Prega, affinché noi conosciamo maggiormente quel vero amore di Dio,e degli uomini che ci rende simili a Dio. È scritto che chi è nella carità è in Dio e Dio è in lui (1Gv 4); fa' dunque che il mistero di carità che noi celebriamo ci trasformi in Colui che forma l'oggetto di tutti i nostri sentimenti, in questo tempo di grazie e di miracoli. Concedici di amare i nostri fratelli come noi stessi; di sopportarli, di scusarli, di dimenticare noi stessi per aiutarli. I nostri esempi li incoraggino, le nostre parole li edifichino; le loro anime siano conquistate e consolate dal nostro affetto e i loro corpi siano sollevati dalla nostra munificenza.

    Prega per la Francia che fu la tua patria, o Pietro! Soccorri la Spagna in seno alla quale hai fondato il tuo istituto. Proteggi i preziosi resti di quell'ordine mediante il quale hai operato tanti prodigi di carità. Consola e libera i poveri infelici che la mano degli uomini trattiene nelle prigioni o nella schiavitù. Ottieni per noi tutta quella santa libertà dei figli di Dio di cui parla l'Apostolo, e che consiste nell'obbedienza alla legge di Dio. Quando questa libertà regnerà nei cuori, riscatterà i corpi. Invano l'uomo esteriore cerca di essere libero, se l'uomo interiore è schiavo. Fa', o Redentore dei tuoi fratelli, che le catene dell'errore e del peccato cessino di vincolare le nostre società; allora le avrai restituite alla vera libertà, che genera e regola tutte le altre.


    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 385-387

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    Predefinito re: 31 gennaio 2015: San Giovanni Bosco, confessore

    28 GENNAIO 2015: SANT'AGNESE (per la seconda volta)

    Cinque giorni sono trascorsi dal martirio della vergine Emerenziana. I genitori di sant'Agnese erano venuti, durante la notte, a pregare e a piangere sulla sua tomba. Era l'ottavo giorno dal suo martirio e ripensavano nel dolore alle circostanze di quella morte crudele che le aveva meritato la palma, sottraendola al loro amore. D'improvviso Agnese apparve loro, incoronata e radiosa, in mezzo a una schiera, di Vergini sfavillanti di bellezza e di luce. Al suo fianco; alla destra c'era un agnello di splendente candore, sotto le cui sembianze si manifestava il divino Sposo.

    La Vergine raggiante si volge con tenerezza verso i genitori e dice loro: "Non piangete più la mia morte; congratulatevi piuttosto con me della beata compagnia che mi circonda. Sappiate che vivo ora in cielo accanto a Colui che, sulla terra, ha avuto tutto il mio amore".

    In ricordo di questa apparizione, la santa Chiesa ritorna ancora oggi sulla dolce memoria di Agnese; e questa festa si chiama: Santa Agnese per la seconda volta: Sanctae Agnetis secundo [1]. Preghiamo la tenera sposa dell'Agnello immacolato di ricordarci presso di lui, e di presentarci al divin Salvatore, in attesa che ci sia concesso di possederlo senza veli nel soggiorno della sua gloria. Uniamoci alla santa Chiesa, e cantiamo insieme con lei oggi:

    Alla sua destra, apparve un Agnello più bianco della neve, Cristo che la consacrava come sua Sposa e sua Martire.

    V/. Nel tuo splendore e nella tua bellezza, o Vergine ! R/. Avanza, va' verso la vittoria, e cogli la corona

    PREGHIAMO

    O Dio, che ci allieti con questa annuale solennità della beata Agnese Vergine e Martire, degnati di farci la grazia di imitare con una santa vita gli esempi di colei alla quale oggi rendiamo i nostri omaggi.


    [1] Questa festa sembra essere la conclusione dell'Ottava con la quale un tempo sant'Agnese, come san Lorenzo, era onorata a Roma.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 387-388

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    Predefinito re: 31 gennaio 2015: San Giovanni Bosco, confessore

    29 GENNAIO 2015: SAN FRANCESCO DI SALES,
    VESCOVO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA

    Ecco venire alla culla del dolce Figlio di Maria l'angelico vescovo Francesco di Sales, degno di occuparvi un posto distinto per la soavità della sua virtù, per l'amabile infanzia del suo cuore, per l'umiltà e la tenerezza del suo amore. Eccolo giungere circondato da una magnifica scorta: settantaduemila eretici sottomessi alla Chiesa dall'influsso della sua carità; un intero Ordine di ancelle del Signore concepito nel suo amore, realizzato dal suo genio celeste; tante migliaia di anime conquistate alla pietà dai suoi insegnamenti tanto sicuri quanto liberali, che gli hanno meritato il titolo di Dottore.

    Dio lo diede alla Chiesa per consolarla delle bestemmie dell'eresia la quale andava predicando che la fede romana era sterile per la carità; pose questo vero ministro del vangelo di fronte agli accaniti seguaci di Calvino; e l'ardore della carità di Francesco di Sales sciolse il ghiaccio di quei cuori ostinati. Se avete degli eretici da convincere - diceva il dotto cardinale du Perron - potete mandarli da me; se avete degli eretici da convertire, indirizzateli al vescovo di Ginevra.

    Francesco di Sales si erge dunque, in mezzo al suo secolo, come vivente immagine di Cristo che apre le braccia e chiama i peccatori alla penitenza, gli erranti alla verità, i giusti al progresso verso Dio, e tutti alla fiducia e all'amore. Lo Spirito divino si era posato su di lui con tutta la sua forza e tutta la sua dolcezza: era logico, nei giorni in cui abbiamo celebrato la discesa di quello Spirito sul Verbo nelle acque del Giordano, non dimenticare il rapporto che corre fra il grande Vescovo e il suo divin Capo. Un giorno di Pentecoste, ad Annecy, Francesco era all'altare, per offrire il divin Sacrificio. Una colomba entrata nella Cattedrale, fu spaventata dai canti e dalla moltitudine del popolo. Dopo aver volteggiato a lungo, andò a posarsi, con grande emozione dei fedeli, sul capo del santo Vescovo: chiaro simbolo della dolcezza di Francesco come il globo di fuoco che apparve, durante i sacri Misteri, sul capo di san Martino indicava l'ardore che divorava il cuore dell'Apostolo delle Gallie.

    Un'altra volta, nella Festa della Natività della Vergine, Francesco stava officiando i Vespri, nella Collegiale di Annecy. Era assiso su un trono i cui bassorilievi rappresentavano l'Albero profetico di Jesse, che ha prodotto, secondo l'oracolo di Isaia, il virgineo ramo da cui è uscito il fiore divino sul quale si è posato lo Spirito d'amore. Si stavano cantando i Salmi allorché, da una fessura della vetrata del coro, dalla parte dell'Epistola, una colomba penetra nella Chiesa. Dopo aver volteggiato per qualche tempo, dice lo storico, andò a posarsi sulla spalla del santo Vescovo, e di qui sui suoi ginocchi, donde la presero i ministri assistenti. Dopo i Vespri, Francesco, desideroso di allontanare da sé la favorevole applicazione che quel simbolo ispirava naturalmente al popolo, salì sulla cattedra, e si affrettò a togliere qualunque idea d'un favore celeste che fosse stato fatto alla sua persona, celebrando Maria che, piena della grazia dello Spirito Santo, ha meritato di essere chiamata la colomba tutta bella, nella quale non v'è alcuna macchia.

    Se si vuoi trovare fra i discepoli del Salvatore il tipo di santità che fu elargito al santo Prelato, la mente e il cuore corrono subito a Giovanni, il discepolo prediletto. Francesco di Sales è al pari di lui l'Apostolo della carità; e la semplicità dell'Evangelista che stringe un uccellino fra le sue venerabili mani, è madre di quella graziosa innocenza che è nel cuore del Vescovo di Ginevra. Giovanni, al solo vederlo, a sol sentirne la voce, faceva amare Gesù; e i contemporanei di Francesco dicevano: O Dio, se tale è la bontà del Vescovo di Ginevra, quale deve mai essere la tua!

    Questo rapporto fra l'amico di Cristo e Francesco di Sales si rivelò ancora nell'istante supremo, allorché il giorno stesso di san Giovanni, dopo aver celebrato la santa Messa e aver comunicato di sua mano le dilette figlie della Visitazione, sentì quel mancamento che doveva recare alla sua anima la liberazione dai legami del corpo. Si strinsero attorno a lui; ma la sua conversazione era ormai nel cielo. Volò verso la sua patria l'indomani, nella festa dei santi Innocenti in mezzo ai quali aveva diritto di riposare eternamente per il candore e la semplicità della sua anima.

    Il posto di Francesco di Sales sul calendario era dunque segnato in compagnia dell'Amico del Salvatore e di quelle tenere vittime che la Chiesa paragona a un grazioso mazzo di rose; e se è stato impossibile collocare la sua memoria nell'anniversario della sua dipartita da questo mondo perché quei due giorni sono occupati dalla solennità di san Giovanni e da quella dei Bambini di Betlemme, per lo meno la santa Chiesa ha potuto ancora celebrare la sua festa nel periodo di tempo consacrato ad onorare la Nascita dell'Emmanuele.

    Spetta dunque a questo amante del neonato Re rivelarci le attrattive del Bambino della mangiatoia. Cercheremo il suo pensiero, per nutrircene nella sua corrispondenza, dove riproduce con tanta soavità i pii sentimenti che si effondevano dal suo cuore davanti ai misteri della Natività.

    Verso la fine dell'Avvento del 1619, scriveva a una religiosa della Visitazione per esortarla a disporre il cuore alla venuta dello Sposo celeste: "Dilettissima figlia, ecco il piccolo caro Gesù che sta per nascere in nostra commemorazione, nelle prossime feste; e poiché egli nasce per visitarci da parte del suo eterno Padre, mentre i pastori e i re verranno in cambio a visitarlo alla culla, penso, che egli è nello stesso tempo il Padre e il Figlio di Santa Maria della Visitazione.

    Orsù, accarezzalo; dagli ospitalità insieme con tutte le nostre sorelle, cantagli dei bei cantici, e soprattutto adoralo con forza e dolcezza, e in lui adora la sua povertà, la sua umiltà, la sua obbedienza e la sua dolcezza, sull'esempio della sua santissima Madre e di san Giuseppe; prendi una delle sue care lacrime, dolce rugiada del cielo, e mettitela sul cuore, affinché questo non provi mai altra tristezza se non quella che allieta il dolce Bambino; e quando gli raccomanderai la tua anima, raccomandagli di quando in quando anche la mia, che è certo tutta tua.

    Saluto affettuosamente la diletta schiera delle nostre sorelle, che io considero come semplici pastorelle che vegliano sui loro greggi, cioè sui loro affetti e che, avvertite dall'Angelo, vanno a rendere omaggio al divino Bambino, e in pegno della loro eterna servitù gli offrono il più bello fra i loro agnelli, cioè il loro amore, senza riserve ne eccezioni".

    Alla vigilia della Nascita del Salvatore, gustando in anticipo le gioie della notte che darà alla terra il suo Redentore, Francesco si effonde con la sua figlia prediletta, Giovanna Francesca di Chantal, e la invita a gustare insieme con lui le bellezze del divino Bambino e a trar profitto dalla sua visita.

    "Il grande piccolo Bambino di Betlemme sia per sempre la delizia e l'amore del nostro cuore, dilettissima madre mia e figlia mia! Oh, come è bello questo povero tenero bimbo! Mi par di vedere Salomone sul suo trono d'avorio, ornato d'oro e di disegni, che non ebbe uguali fra i regni, come dice la Scrittura, come questo re non ebbe uguali in gloria e magnificenza. Ma amo cento volte di più vedere il caro bambino nella mangiatoia che vedere tutti i re sui loro troni.

    Ma se io lo vedo sulle ginocchia della sua santa Madre o fra le sue braccia, con la boccuccia che sembra un bocciolo di rosa attaccata al suo purissimo seno, o Dio! lo trovo magnifico, su quel trono non solo più di Salomone sul suo trono d'avorio, ma anche più di quanto l'eterno figlio del Padre non lo fosse stato in cielo; perché se il cielo ha più dell'essere visibile, la Santa Vergine possiede più perfezioni invisibili; e una goccia di latte che fluisce castamente dal suo santo seno vale più di tutti gli effluvi celesti. Il grande san Giuseppe ci faccia partecipi della sua consolazione, e la santa Madre del suo amore: e il Bambino voglia spargere per sempre i suoi meriti nei nostri cuori!

    Ti prego, sta il più dolcemente possibile presso il celeste bambino: egli non cesserà di amare il tuo diletto cuore così come è, senza tenerezza e senza sentimento. Vedi come riceve l'alito del grosso bue e dell'asino che non hanno alcun affetto e sentimento? E come non riceverà le aspirazioni del nostro povero cuore il quale, per quanto attualmente privo di tenerezza, tuttavia si mostra totalmente e con fermezza ai suoi piedi per essere eternamente servo fedele del suo e di quello della sua santa Madre e del grande governatore del piccolo Re?".

    La notte santa è passata portando la Pace agli uomini di buona volontà; Francesco cerca ancora il cuore della figlia che Gesù gli ha affidata, per versarvi tutte le dolcezze che ha provate nella contemplazione del mistero d'amore.

    "Viva, Gesù! Quanto è dolce questa notte, figlia mia dilettissima! I cieli, canta la Chiesa, stillano miele da ogni parte; e io penso che i santi Angeli che fanno risonare nell'aria il loro magnifico cantico, vengono per raccogliere il miele celeste sui gigli dove si è posato, sul petto della dolcissima Vergine e di san Giuseppe. Temo, figlia diletta, che quei divini Spiriti si confondano fra il latte che esce dal purissimo seno e il miele celeste che è attaccato ad esso. Che dolcezza vedere il miele succhiare il latte!

    Ma dimmi, figlia diletta, sono io forse tanto ambizioso se pensassi che i nostri buoni Angeli, il mio e il tuo, si trovarono anch'essi nella magnifica schiera di musici celesti che cantarono in quella notte? Oh, Dio! Se si compiacessero di intonare nuovamente, alle orecchie del nostro cuore, quella celeste canzone, che gioia, che gaudio! Li supplico di farlo, affinché sia gloria al cielo e pace in terra agli uomini di buona volontà.

    Tornando dunque dai santi Misteri, io saluto così la mia figlia diletta; poiché credo che anche i pastori, dopo aver adorato il celeste Bambino che il cielo aveva loro annunciato, si riposarono un poco. Ma, oh, Dio! Quanta soavità, penso, nel loro sonno! Sembrava ad essi di sentire ancora la sacra melodia degli Angeli che li aveva salutati così dolcemente con il loro cantico, e di vedere sempre il dolce Bambino e la Madre ai quali erano andati a far visita.

    Che cosa potremmo dare al nostro piccolo Re, che non abbiamo ricevuto da lui e dalla sua divina liberalità? Orsù, io gli offrirò, dunque nella santa Messa solenne, la dilettissima figlia che egli mi ha data. O Salvatore delle anime nostre, rendila tutta d'oro per la carità, tutta di mirra per la mortificazione e tutta d'incenso per la preghiera, e quindi ricevila fra le braccia della tua protezione; il tuo cuore dica al suo: Io sono la tua salvezza nei secoli dei secoli".

    Parlando altrove a un'altra sposa di Cristo, la esorta in questi termini a nutrirsi della dolcezza del neonato: "La tua anima, come una mistica ape, non abbandoni mai quel caro piccolo Re, e faccia il suo miele attorno a lui, in lui e per lui; lo prenda anzi su di lui, che ha le labbra adorne di grazia e sulle quali, più beatamente di quanto si vide su quelle di sant'Ambrogio, le santi api, radunate in sciame, si danno al loro dolce e grazioso lavoro".

    È necessario far punto, ma indugiamoci ancora un poco per udirlo narrare le bellezze del santissimo Nome di Gesù, dato al Salvatore nei dolori della Circoncisione. Così egli scrive alla sua santa cooperatrice:

    "O Gesù, riempi il nostro cuore del sacro balsamo del tuo Nome divino, affinché la soavità del suo odore si effonda in tutti i nostri sensi, e si spanda in tutte le nostre azioni. Ma per rendere questo cuore capace di ricevere cosi dolce liquore, circoncidilo, e strappane tutto ciò che può tornare sgradito ai tuoi santi occhi. O Nome glorioso, che la bocca del Padre celeste ha chiamato dall'eternità, sii per sempre l'emblema dell'anima nostra, affinché, come tu sei Salvatore, essa sia eternamente salva! O Vergine santa, che, prima fra tutti, hai pronunciato quel Nome di salvezza, ispiraci il modo di pronunciarlo come si conviene, affinché tutto spiri in noi la salvezza che il tuo seno ci ha apportata.

    Figlia dilettissima, era giusto scrivere la prima lettera di quest'anno a Nostro Signore e a Maria Vergine; ecco ora la seconda con la quale, figlia mia ti auguro il buon anno, e consacro il nostro cuore alla divina bontà. Possiamo trascorrere in modo tale quest'anno che esso ci serva di fondamento per l'anno eterno! Proprio questa mattina, nel destarmi, ho gridato alle tue orecchie: Viva Gesù! E avrei voluto spargere questo olio santo su tutta la superficie della terra.

    Quando un balsamo è ben chiuso in una fiala, nessuno sa distinguere quale liquido contenga, se non chi ve l'ha messo; ma quando si è aperta la fiala e si è versata qualche goccia, ognuno dice: è un balsamo. Figlia diletta, il nostro amato Gesù Bambino era tutto pieno del balsamo di salvezza; ma non lo si conosceva finché con il coltello dolcemente crudele è stata lacerata la sua carne divina; e allora si è saputo che egli è tutto balsamo e olio diffuso, e che è il balsamo di salvezza. Per questo san Giuseppe e la Vergine, e quindi tutto il vicinato, cominciano ad esclamare: Gesù! - che significa Salvatore.

    Piaccia a questo divino Bambino bagnare i nostri cuori nel suo sangue, e renderli odorosi del suo santo Nome, affinché le rose dei buoni desideri che abbiamo formulati, siano tutte imporporate del suo colore, e tutte odoranti del suo unguento!".

    VITA. - San Francesco nacque nella Savoia il 21 agosto 1567. Studiò a Parigi e quindi a Padova. Ordinato sacerdote il 18 ottobre 1593 e fatto Prevosto della chiesa di Ginevra, si dedicò con molte fatiche e con successo alla conversione dei Protestanti del Chiablese, e ne ricondusse 72.000 alla fede cattolica. Consacrato Vescovo di Ginevra 1'8 dicembre 1602, fondò otto anni più tardi l'Ordine della Visitazione, scrisse libri d'una dottrina celeste e diffuse in ogni parte i raggi della sua santità con il suo zelo, la sua dolcezza, la sua misericordia verso i peccatori e tutte le altre virtù. Morì a Lione il 28 gennaio 1622. Alessandro VII lo canonizzò il 19 aprile 1665 e Pio IX lo ha dichiarato Dottore della Chiesa il 19 luglio 1877. Il suo corpo riposa nella casa della Visitazione ad Annecy.

    Conquistatore pacifico delle anime, Pontefice amato da Dio e dagli uomini, noi celebriamo in te la dolcezza dell'Emmanuele. Avendo imparato da lui ad essere dolce ed umile di cuore, tu hai, secondo la sua promessa, posseduto la terra (Mt 5,4). Nessuno ti ha potuto resistere: i settari più ostinati, i peccatori più induriti, le anime più tiepide, tutto ha ceduto alla tua parola e ai tuoi esempi. Ci piace contemplarti, presso la culla del Bambino che viene ad amarci, mentre associ la tua gloria a quella di Giovanni e degli innocenti: Apostolo come il primo, semplice come i figli di Rachele! Stabilisci per sempre il nostro cuore in questa beata compagnia; ci insegni essa infine che il giogo dell'Emmanuele è dolce, e il suo peso leggero.

    Riscalda le anime nostre al fuoco della tua carità, e fomenta in esse il desiderio della perfezione. Dottore delle vie spirituali, introducici in quella santa Via di cui hai tracciato le leggi; rianima nei nostri cuori l'amore del prossimo, senza il quale non potremmo sperare di possedere l'amore di Dio; iniziaci al tuo zelo per la salvezza delle anime; insegnaci la pazienza e il perdono delle ingiurie, affinché ci amiamo tutti, non soltanto con la bocca e con le parole - come dice Giovanni il tuo modello - ma nelle opere e nella verità (1Gv 3,18). Benedici la Chiesa della terra; il tuo ricordo è vivo nella sua mente come se tu l'avessi or ora lasciata per quella del cielo, poiché tu non sei più soltanto il Vescovo di Ginevra, ma l'oggetto dell'amore e della fiducia dell'universo intero.

    Affretta la conversione generale dei seguaci dell'eresia calvinista. Le tue preghiere hanno già fatto progredire l'opera del ritorno, e il sacrificio dell'Agnello si offre oggi pubblicamente nella protestante Ginevra. Procura al più presto il pieno trionfo di Santa Madre Chiesa. Estirpa in mezzo a noi gli ultimi residui dell'eresia giansenista, che si disponeva a seminare la sua zizzania nei giorni stessi in cui il Signore ti ritoglieva da questo mondo. Purifica le nostre regioni dalle massime e dalle abitudini pericolose che hanno ereditate dai tempi in cui trionfava quella perversa setta. Benedici con tutta la tenerezza del tuo cuore paterno il santo Ordine che hai fondato e che hai consacrato a Maria sotto il titolo della sua Visitazione. Conservalo nello stato di costante edificazione della Chiesa; fa' che progredisca, e dirigilo affinché si conservi il tuo spirito nella famiglia della quale sei il padre. Proteggi l'episcopato di cui sei stato il decoro e il modello; chiedi a Dio, per la sua Chiesa, Pastori formati alla tua scuola, ardenti del tuo zelo ed emuli della tua santità. Ricordati, infine, della Francia, con la quale hai contratto così stretti legami. Essa si commosse alla fama delle tue virtù, desiderò il tuo apostolato e ti diede la tua più fedele collaboratrice. Tu hai arricchito la sua lingua con i tuoi meravigliosi scritti, e dal suo seno stesso sei partito per andare a Dio: dall'alto del cielo, ritienila anche come tua patria.

    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 388-394

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    Predefinito re: 31 gennaio 2015: San Giovanni Bosco, confessore

    30 GENNAIO 2015: SANTA MARTINA, VERGINE E MARTIRE
    Una terza Vergine romana, con la fronte cinta della corona del martirio, viene a condividere gli onori di Agnese e di Emerenziana. È Martina, il cui nome ricorda il dio pagano che presiedeva alle battaglie, e il cui corpo riposa ai piedi del colle Capitolino, in un antico tempio di Marte, divenuto oggi la Chiesa di S. Martina. Il desiderio di esser trovata degna dello Sposo divino scelto dal suo cuore, l'ha resa forte contro i tormenti e la morte, e la sua bianca veste è stata anche lavata nel sangue. L'Emmanuele è il Dio forte, potente nelle battaglie (Sal 33,8); ma non ha bisogno, come il falso dio Marte, del ferro per vincere. La dolcezza, la pazienza, l'innocenza d'una vergine gli bastano per abbattere i suoi nemici; e Martina ha vinto d'una vittoria più duratura di quelle che riportavano i grandi condottieri di Roma.
    VITA. - Non conosciamo alcun documento antico che attesti l'esistenza di santa Martina. Si fa menzione di essa solo nel VII secolo, e appunto a quell'epoca si trova il suo culto praticato in una basilica del Foro. I suoi Atti completamente leggendari dicono che sarebbe stata martirizzata sotto l'imperatore Alessandro, nel 226, a colpi di verga. È raffigurata abitualmente con gli strumenti del suo martirio; le tenaglie e la spada.
    O Vergine magnanima, Roma cristiana continua a porre nelle tue mani l'incarico della sua difesa. Se tu la proteggi, essa riprenderà possesso di se stessa e riposerà nella sicurezza. Ascolta le tue preghiere, e respingi lontano dalla città santa i nemici che la opprimono. Ma ricordati che essa non ha soltanto da temere i battaglioni che l'assalgono col ferro e che rovesciano le fortezze; anche nella pace non hanno mai cessato di essere diretti attacchi tenebrosi contro la sua libertà. Sventa, o Martina, quei perfidi progetti; e ricordati che fosti la figlia della Chiesa romana, prima di esserne la protettrice.
    Chiedi per noi all'Agnello la forza per togliere dal nostro cuore i falsi dèi ai quali potrebbe essere ancora tentato di sacrificare. Negli attacchi che i nemici della nostra salvezza dirigono contro di noi, prestaci l'appoggio del tuo braccio, che ha rovesciato gli idoli nel seno stesso della Roma pagana e non sarà meno potente contro il mondo che cerca di invaderci. In premio delle tue vittorie, tu brilli presso la culla del nostro Redentore; se, al pari di te, sapremo combattere e vincere, questo Dio forte si degnerà di accogliere anche noi. Egli è venuto per sottomettere i nostri nemici, ma esige che anche noi prendiamo parte alla lotta. Fortificaci, o Martina, affinché non abbiamo mai ad indietreggiare, e la nostra fiducia in Dio sia sempre accompagnata dal timore di noi stessi.
    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 395-396

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    Predefinito re: 31 gennaio 2015: San Giovanni Bosco, confessore

    31 GENNAIO 2015:SAN GIOVANNI BOSCO, CONFESSORE

    Alla fine del mese consacrato a onorare l'infanzia del Salvatore san Giovanni Bosco conduce a Gesù Bambino, a Gesù operaio, la moltitudine dei giovani e degli operai ai quali ha consacrato la sua vita.

    Per salvare gli uomini, il Figlio di Dio si è degnato di farsi uomo e di provare tutte le debolezze della nostra natura, eccetto il peccato. Nato povero in una stalla, ha lavorato per guadagnarsi il pane; quindi, prima di morire, ha predicato il Vangelo ai poveri, e se ha avuto delle preferenze quaggiù, furono per i bambini: "Lasciate che i bambini vengano a me; perché di essi è il regno dei cieli, e di quelli che ad essi somigliano".

    San Giovanni Bosco ha riprodotto questi aspetti della vita del Signore Gesù. Nato anch'egli povero, dovette lavorare per guadagnarsi il pane e compiere gli studi. Diventato sacerdote, ai poveri volle predicare la buona novella, ai fanciulli, agli operai abbandonati, a quelli che la pigrizia o il vizio trascinavano lontano da Dio. Per essi creò oratori, orfanotrofi, scuole primarie, scuole professionali: "Amo tanto questi poveri piccoli, e darei volentieri ad essi anche il mio cuore".

    Per la santificazione personale e per il suo ministero, aveva fatto di san Francesco di Sales il proprio modello e maestro. E il vescovo di Ginevra gli aveva insegnato che "vi è un metodo sicuro per essere buoni educatori, ed è quello di essere santi", che se voleva far opera buona e duratura, doveva darsi e dare Dio. Allora egli si diede senza riserva: il tempo, le forze, i talenti, la reputazione, la salute, la vita, la mamma: tutto fu per quei fanciulli raccolti nelle strade. Diede loro pane, lavoro, asilo; comunicò ad essi soprattutto la gioia che risiede in una coscienza pura, in un'anima unita a Dio. Con le sue istruzioni familiari, con il sacramento della Penitenza e dell'Eucarestia, ne fece dei cristiani ferventi, dei cittadini esemplari. E si rivelò in tal modo, nel XIX secolo, un maestro delle questioni sociali e uno dei più grandi apostoli dell'Azione Cattolica tanto raccomandata dagli ultimi Pontefici.

    Al pari del Signore, suscitò intorno molti generosi che vennero a porsi sotto la sua direzione, a condividere le sue preoccupazioni e le sue fatiche per salvare il mondo e ricondurlo a Dio. Presto fu formata la Società Salesiana, quindi la Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice e infine l'Unione dei Cooperatori Salesiani: immenso esercito che egli lanciò alla conquista delle anime e che è sparso ormai in tutto il mondo. "Il suo successo di quest'opera, diceva Pio X, non si può spiegare se non con la vita soprannaturale e la santità del Fondatore". Quanto a lui, diceva di essere stato un semplice strumento: "È la Madonna Ausiliatrice che ha fatto tutto". Ma Pio XI che l'aveva conosciuto e che gli decretò gli onori degli altari, ha potuto dire con ragione che "il suo nome è uno di quelli che i secoli benediranno per sempre".

    VITA. - Giovanni Bosco nacque il 16 agosto 1815 a Castelnuovo d'Asti. Ancor giovane si distinse per pietà, purezza, allegria e viva intelligenza. Nel 1835 entrava nel Seminario Maggiore di Torino e il 5 giugno 1841 era ordinato sacerdote. Da allora si consacrò alla salvezza e all'educazione dei fanciulli poveri e degli operai, fondò la Società Salesiana, quindi una Congregazione di religiose sotto il patrocinio di Maria Ausiliatrice e infine un'associazione di Cooperatori. Morì il 31 gennaio 1888. Pio XI lo beatificò nel 1929 e quindi lo canonizzò cinque anni dopo.

    Accorriamo anche noi a te, dopo tanti altri, per acclamarti insieme con la Chiesa, per implorare i tuoi favori e per chiedere i tuoi consigli. Ci piace sentire le tue esortazioni: "Voi che lavorate e siete onerati di pene e di fatiche, se volete trovare una fonte inesauribile di consolazione, se volete diventare felici, diventate santi. Per diventare santi, abbiamo bisogno di una sola cosa: volerlo. I santi si sono santificati ciascuno nel proprio stato. E come? Facendo bene ciò che dovevano fare". Chiedi per noi al Signore che ci faccia finalmente comprendere una lezione così semplice e così vera, ci dia la volontà sincera di metterla in pratica e ci faccia diventare santi.

    Apostolo infaticabile e pieno di zelo, sostieni i sacerdoti e i missionari. "La prima cosa che ti consiglio per diventare un santo - dicevi a Domenico Savio, il fanciullo predestinato che hai guidato alla santità - è di guadagnare anime a Dio. Poiché non vi è nulla di più santo al mondo che cooperare al bene delle anime. Gesù Cristo ha versato per esse fino all'ultima goccia del suo sangue". Che questo zelo bruci tutti i fedeli, poiché tutti sono chiamati in un modo o nell'altro a cooperare all'opera della Redenzione.

    Non solo ai giovani, ma a noi tutti insegna a frequentare i sacramenti della Penitenza e dell'Eucarestia per custodire la nostra anima monda dai peccati. Insegnaci a ricorrere spesso a Maria Ausiliatrice, la cui intercessione onnipotente ti ha fatto operare prodigi e moltiplicare i miracoli. La sua preghiera ci aiuterà a seguire i tuoi esempi, a restar fedeli alle lezioni di Betlemme e di Nazareth, a conservare come te una fiducia infantile nella divina Provvidenza e a vivere solo per lodare la gloria di Dio e rendergli una perenne azione di grazie (Secreta e Postcommunio della Messa). Infine, essa ci presenterà insieme con il suo Figliuolo al Padre celeste in cielo dove, sul punto di morte, tu davi "appuntamento a tutti".


    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 396-398

 

 
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