Russia, alternative a Putin cercansi - rivista italiana di geopolitica - Limes
di Cecilia Tosi
RUBRICA PUZZLE EUROPA Dopo 15 anni, il potere del presidente russo non sembra più incrollabile. L'opposizione non ha candidati popolari: rimane la congiura di palazzo.
L'ultima partita dello zar Putin, che vuole salvare il trono di Russia
[Fonte: Loqsoku.com]
Nel 2015 si celebrerà in Russia il 15° anniversario della "putinocrazia" e per la prima volta il presidente si sentirà veramente in bilico.
Il suo impero retto sugli idrocarburi potrebbe franare insieme al prezzo del petrolio e alla sovranità dell'Ucraina. Allo stesso modo, il consenso costruito negli anni grazie alle bombe sul Caucaso e alle epurazioni di oligarchi potrebbe calare insieme al valore del rublo. I suoi amici o presunti tali, da Berlusconi a Yanukovich, non se la passano più tanto bene.
Per questo il 15° anno del regime inizia all'insegna di quel nazionalismo che portò Putin al potere nel 2000. Il suo discorso di fine anno si è concentrato sull'importanza di autosostenersi, di non dover dipendere da nessuno, di poter contare sulle immense risorse della madre Russia. Poi l'esaltazione per la riconquista della Crimea, la gloria dei grandi successi sportivi, la soddisfazione per un governo omogeneo e compatto.
Gli istituti statistici dicono che la sua strategia funziona, che Putin mantiene il consenso della stragrande maggioranza dei russi. Spulciando tra i sondaggi, tuttavia, appare chiaro che molti elettori lo voterebbero non per convinzione, ma per mancanza di alternative, preferendo un candidato che non abbia nulla a che fare con l'attuale establishment.
A proporsi come anti-Putin, al momento, c'è solo il blogger Alexey Navalny, figura troppo controcorrente e radicale per piacere alla popolazione che vive fuori da Mosca. Nonostante le sue possibilità di arrivare al Cremlino siano molto limitate, Putin preferisce trattare Navalny con la crudezza che merita un dissidente, rispolverando metodi di sovietica memoria quali le rappresaglie sui suoi familiari.
Condannato per appropriazione indebita a tre anni e mezzo di prigione con sospensione condizionale in un processo quanto meno discutibile, Alexey non è attualmente in carcere - a differenza del fratello Oleg, messo in cella subito dopo Natale a scontare una pena della stessa durata. Quest'ultimo non si era mai impegnato in un'attività politica, mentre il blogger ha perfino violato gli arresti domiciliari per andare in piazza a ibernarsi con qualche migliaia di manifestanti che protestavano proprio per l'incarcerazione di Oleg.Alexey Navalny - ormai noto alla stampa occidentale - è stato riportato a casa senza subire nessuna ritorsione, mentre un centinaio di anonimi manifestanti che hanno osato gridare “No Putin no guerra” e “La Crimea non è nostra” sono stati arrestati. Solo dall'estero può arrivare un reale sostegno ad Alexey.
Ad esempio dal potente oligarca Mikhail Khodorkovsky, graziato da Putin dopo 10 anni di carcere in Siberia e oggi residente in Svizzera, da dove ha appena inviato il suo messaggio di solidarietà al blogger: «È chiaro che la sentenza del tribunale rappresenta la vendetta di Putin per l'attivismo di Navalny». Ben visto dall'intellighenzia moscovita, Khodorkovsky potrebbe anche creare un asse con Navalny, ma i due continuerebbero a non conquistare la maggioranza degli elettori russi. L'unico modo per scalzare Putin dal potere è quello tradizionale: la congiura di palazzo.
I malumori all'interno dell'élite politico-economica cominciano a farsi sentire, soprattutto quando il rublo subisce l'ennesimo ribasso. Per ora, tuttavia, all'interno del palazzo non esiste una vera e propria cordata anti-Putin e apparentemente i caporali restano compattamente fedeli a lui. Il potente Sergei Ivanov, a capo dell'amministrazione presidenziale, ha da poco dichiarato che «Putin è la Russia». Personaggi moderatamente critici e pacatamente liberali come Kasyanov (primo ministro tra il 2000 e il 2004) o Illarionov (ex consigliere economico di Putin) sono stati già allontanati dal Cremlino. Gli altri sono quelli selezionati da Putin stesso, secondo un criterio non di merito ma di fedeltà. Gente che si rivolterà solo quando troverà un altro cavallo vincente su cui puntare. Per ora, si può contare sull'orgoglio nazionalista che fa gioire tanti cittadini per l'annessione della Crimea e per il sostegno ai separatisti filo-russi.
L'unica leva che scardinerà Putin dal Cremlino sarà il prezzo del petrolio. Se continuasse a scendere, niente consolerebbe l'elite per i mancati (ricchi) guadagni ai quali sono ormai abituati. Una volta trovato un sostituto, sarà facile convincere la popolazione che nel 2014 non era il caso di spendere 160 miliardi di dollari tra Olimpiadi invernali e invasione dell'Ucraina, mentre in Russia chiudono gli ospedali, si riducono stipendi e si tagliano le pensioni. La colpa di tutto ciò sarà ovviamente dell'attuale presidente.
Il fatto è che ad oggi l'unico che potrebbe sostituire Putin è un Putin al quadrato, ovvero un supernazionalista che punti ancora di più sul ritorno ai fasti imperiali e sia meno disponibile dell'attuale inquilino del Cremlino al compromesso internazionale. Uno come Igor Strelkov, suggerisce lo Spectator. Strelkov è nome di guerra di Igor Girkin, leader dei separatisti russi. Bollato da Kiev come terrorista e sanzionato dall'Unione Europea per efferati crimini contro la popolazione, Strelkov è un ex ufficiale del Kgb (forse ancora in forze all'intelligence moscovita) che piace a molti russi proprio per il suo nazionalismo estremo che lo porta addirittura a criticare Putin per l'eccessiva morbidezza e lo scarso sostegno ai “ribelli”.
Esaltando il passato imperiale, appellandosi al patriarcato ortodosso e presentandosi come un soldato capace di sopravvivere alle guerre di Bosnia, Transnistria e Cecenia, il leader ribelle del Donbas ha già conquistato lo spirito dei più radicali. Se Putin dovesse cadere, dato che la natura aborrisce il vuoto, perfino Strelkov potrebbe riempirlo.