BNS, riserve vicine ai mille miliardi, ora si discute della loro gestione
L’ammontare ha ormai raggiunto i 930 miliardi di franchi e ai ritmi attuali dovrebbe superare il trilione entro fine anno - Fra le possibilità la creazione di un fondo sovrano per investire nell’economia nazionale o maggiori contributi alle imprese in questa fase di crisi
Le riserve monetarie della Banca nazionale svizzera, accumulatesi negli anni come effetto degli acquisti sul mercato dei cambi per contrastare la forza del franco,
sono ormai vicini al trilione, ossia a mille miliardi di franchi. Infatti hanno raggiunto quota
930,5 miliardi di franchi, ossia il 130% del PIL svizzero, pari a 109 mila franchi per abitante del Paese. Principalmente si tratta di dollari ed euro, e in parte minore di sterline, dollari canadesi e yen. Se si aggiungono a questa somma anche le altre poste del bilancio, ossia l’oro, vari crediti e le riserve per la distribuzione dell’utile, la somma di bilancio ha superato i 1.000 miliardi nello scorso febbraio. Gli interventi provocano anche reazioni all’estero, visto che gli USA avevano posto la Svizzera nella lista dei Paesi manipolatori di valute
(di ieri invece la notizia dello stralcio dalla lista da parte di Washington).
Rischio di una BNS politicizzata
Chiaramente, questa «montagna» di soldi è oggetto di discussioni,
fra cui figura anche l’idea di creare un fondo sovrano per aiutare l’economia elvetica. Con questo termine si indica in genere un fondo di investimento controllato da uno Stato, che investe sui ricavi delle risorse a disposizione del Paese, come ad esempio il petrolio. Questa proposta non è stata finora portata avanti con molta convinzione, anche perché c’è il pericolo di «politicizzare» la Banca nazionale, insidiandone l’indipendenza. Sul tema dell’utilizzo di queste riserve abbiamo interpellato alcuni specialisti.
«La direzione in cui si muovono le riserve - spiega Nikolay Markov, economista presso Pictet Asset Management di Ginevra - è chiaramente verso l’aumento continuo».
«Da inizio anno - prosegue - la BNS interviene sempre di meno. Ciononostante le riserve salgono a causa del rialzo del cambio delle monete estere rispetto al franco. E questo a nostro avviso dovrebbe continuare fino a fine anno, dato che prevediamo che l’euro-franco salirà a 1,12. Le riserve, che ora ammontano a 930 miliardi di franchi, nei primi tre mesi di quest’anno sono aumentate di 38,2 miliardi,
e se si mantiene questo ritmo, sorpasseremo i mille miliardi entro settembre».
Ormai un asset manager
«In questo modo - nota - la BNS è diventata un asset manager malgrado la sua volontà e malgrado questa non sia la sua funzione.
Ben presto si troverà a gestire un capitale superiore a quello del fondo sovrano della Norvegia. Questa situazione fa aumentare le pressioni sulla BNS, e solleverà il tema delle risorse dedicate alla gestione di questi attivi. Infatti, comparando la BNS alle banche attive nell’asset management, queste ultime dispongono di molto più personale per gestire importi inferiori».
«Inoltre - aggiunge - ci si potrebbe chiedere se la BNS in un momento così difficile non possa intervenire maggiormente per sostenere l’economia svizzera, magari anche creando un fondo sovrano. È vero che ha aumentato da 4 a 6 miliardi all’anno la distribuzione ai cantoni e alla Confederazione. Ma è anche vero che ora le riserve di distribuzione superano i 90 miliardi di franchi. A questo punto, visto che la Confederazione accorda crediti a tasso zero alle aziende, perché la BNS non potrebbe concedere degli aiuti a fondo perso, visto che molte aziende di settori come la ristorazione e l’albergheria hanno bisogno di essere aiutate? E la BNS potrebbe farlo senza mettere in pericolo l’obiettivo di salvaguardare la stabilità dei prezzi. Per giunta questo rientrerebbe anche nel suo mandato, che è quello di sostenere l’economia nazionale. Penso che prossimamente ci sarà un dibattito sia a livello politico, sia a livello pubblico attorno a questi due temi».
Posizione conservatrice
«La BNS - spiega Markov - finora su questi temi ha una posizione molto conservatrice, e afferma che con c’è bisogno di un fondo sovrano per aiutare l’economia. Inoltre ricorda che il suo mandato principale è la stabilità dei prezzi, e che il suo versamento a cantoni e Confederazione è già stato aumentato di 2 miliardi.
Inoltre non bisogna creare una dipendenza dell’economia dalla BNS, perché questo limiterebbe l’indipendenza dell’istituto».
«Il dibattito sulla gestione delle riserve della BNS - spiega dal canto suo Maxime Botteron, economista del Credit Suisse – è difficile.
Innanzitutto a partire da febbraio molto probabilmente c’è stato un piccolo cambiamento, e che la BNS forse ha cominciato vendere delle divise. Si tratta di piccoli volumi, non è un cambiamento di strategia, ma di una mossa dovuta al fatto che il franco di sia deprezzato. E questo mostra che la BNS, senza vendere grossi importi di divise, è comunque cosciente delle pressioni, provenienti soprattutto dagli USA, sui suoi interventi sui mercati».
Non cambia molto
«Inoltre - sottolinea - la creazione di un fondo sovrano non ha grandi effetti sui risultati della politica monetaria della BNS. Si potrebbe immaginare che un fondo sovrano possa essere creato con capitali messi a disposizione dalla BNS, ma, anche facendo astrazione di chi gestirà questo fondo, questo non cambierà molto per l’economia svizzera».
«Per quanto riguarda l’aiuto all’economia - afferma Maxime Botteron - la BNS ha già adattato la convenzione di distribuzione degli utili, e questo non mette in pericolo l’indipendenza della BNS, perché si tratta solo di distribuire degli utili, senza influenzare la politica monetaria dell’istituto. Inoltre potrebbe anche non esserci un grande dibattito sull’uso di queste riserve, anche perché la situazione economica sta migliorando.
Quello che è importante è come finanziare le spese della Confederazione, che in questo momento può raccogliere capitali a tassi negativi, e quindi non ha bisogno di avere più soldi dalla BNS».
«Infine - conclude - la creazione di un fondo sovrano implicherebbe che la BNS venda valute estere per acquistare franchi, e questo sarebbe contrario alla sua politica di lotta al rafforzamento della valuta elvetica. Secondo alcuni il fondo sovrano potrebbe essere utilizzato per finanziare delle infrastrutture, ma oggi questo non è un problema, visti i tassi negativi.
Inoltre il fondo sovrano norvegese reinveste i proventi del petrolio, e quindi di un’attività continua e affidabile, mentre la BNS ha creato queste riserve da entrate puntuali e temporarie, ossia gli interventi sul mercato dei cambi per contrastare la forza del franco. Quando gli interventi termineranno, le riserve non cresceranno più».
«La proposta di creare un fondo sovrano con parte delle riserve della BNS - rileva Daniel Kalt, capoeconomista di UBS Svizzera - presenta alcune ‘criticità'. Innanzitutto le riserve non sono una 'richezza' della BNS o della Svizzera, in quanto sono riportate nell’attivo del bilancio (che in una banca rappresentano gli impegni, ndr), mentre a passivo ci sono gli averi a vista delle banche.
Quindi le riserve valutarie sono coperte solo in misura del 20% dai fondi propri della BNS».
Impegni, non capitale
«È come se una famiglia acquistasse una casa del valore di un milione di franchi con un capitale proprio di 200 mila franchi, e per i restanti 800 mila franchi contraesse un debito. I suoi averi sono di 200 mila franchi, e non di un milione. Quindi il totale di bilancio o l’ammontare delle riserve valutarie non dà l’idea della ‘ricchezza’ della BNS. Anche perché negli ultimi anni malgrado il forte aumento delle riserve il capitale è cresciuto molto poco, rendendo la BNS ancora più vulnerabile rispetto a eventuali forti oscillazioni sul mercato dei cambi».
«In secondo luogo – prosegue – un fondo sovrano darebbe via libera agli appetiti di vari interessi particolari nazionali, rendendo il fondo una specie di pallone da gioco in campo politico. Questo rappresenta un grande rischio. Infine, le riserve valutarie della BNS sono state create a causa degli acquisti di valute estere per imbrigliare la forza del franco. La creazione di un fondo sovrano presupporrebbe il fatto di cambiare valute estere per acquistare franchi, ossia l’operazione contraria di quelle effettuate dalla BNS per imbrigliare il franco. A causa di tutti questi punti sono prudente nei confronti dell’idea di creare un fondo sovrano con le riserve della BNS».
Un franco più debole
«Tuttavia – rileva Daniel Kalt –
potrebbe aprirsi una possibilità, ma solo nel caso in cui il franco si indebolisse in modo sostanziale, perché in questo caso il valore delle riserve aumenterebbe, e per la BNS si aprirebbe la possibilità di vendere parte delle riserve accumulate, riducendo la dimensione del bilancio e ottenendo un utile elevato. In questo caso, ma solo in questo caso, si potrebbe pensare alla creazione di un fondo sovrano, che potrebbe anche investire con un’ottica di lungo termine in infrastrutture o altri investimenti alternativi, che fornirebbe a cantoni e Confederazione dei rendimenti nel tempo, di cui beneficerebbero anche le future generazioni.
È chiaro tuttavia, che questa possibilità si creerebbe solo con un forte indebolimento del franco svizzero. Penso che siamo ancora lontani da questa possibilità».