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  1. #11
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    Predefinito Re: Giovanni di Gamala è esistito?

    Citazione Originariamente Scritto da Marietto Visualizza Messaggio

    "Furono poi un'infinità i briganti che lui stesso [Felice] fece crocifiggere, o i paesani che punì come loro complici. Però, mentre il paese veniva così ripulito, in Gerusalemme nacque una nuova forma di banditismo, quella dei cosiddetti sicari, che commettevano assassini in pieno giorno e nel bel mezzo della città." (Guerra Giudaica, libro quinto, capitolo primo, undicesimo paragrafo)
    Qui c'è un errore, il riferimento corretto è: "Guerra Giudaica, Libro II, capitolo 13°, paragrafo 254"

  2. #12
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    Predefinito Re: Giovanni di Gamala è esistito?

    Citazione Originariamente Scritto da Marietto Visualizza Messaggio
    La presunta prova dell'esistenza storica di "Giovanni di Gamala, figlio di Giuda il Galileo" sarebbe stata scoperta dallo studioso Emilio Salsi all'interno dell'ottavo capitolo del settimo libro de "La Guerra Giudaica" di Giuseppe Flavio:

    252. Al governo della Giudea, morto Basso, era succeduto Flavio Silva. Questi, vedendo che tutto il resto del paese era stato sottomesso con le armi tranne un'unica fortezza ancora in mano ai ribelli, raccolse le forze che stavano nella regione e mosse contro di essa. Masàda è il nome di questa fortezza.
    253. A capo dei sicari c'era Eleazar, uomo potente, discendente di quel Giuda che, come sopra abbiamo detto, aveva persuaso non pochi giudei a sottrarsi al censimento fatto a suo tempo da Quirino nella Giudea.
    254. A quell'epoca i sicari ordirono una congiura contro quelli che volevano accettare la sottomissione ai romani e li combatterono in ogni modo come nemici, depredandoli degli averi e del bestiame e appiccando il fuoco alle loro case;
    255. sostenevano, infatti, che non c'era nessuna differenza fra loro e gli stranieri dato che, ignobilmente, buttavano via la libertà per cui i giudei avevano tanto combattuto, e dichiaravano di preferire la schiavitù sotto i romani.
    256. Ma queste parole erano un pretesto per ammantare la loro ferocia e la loro cupidigia.
    257. In realtà quelli che si unirono ad essi nella ribellione, e presero parte attiva alla guerra contro i romani, ebbero a subire da loro atrocità più terribili,
    258. e quando poi vennero ancora convinti di falsità nella giustificazione che adducevano, ancor più essi perseguitarono chi, per difendersi, denunciava le loro malefatte.
    259. Quell'epoca fu in certo modo così prolifica di ogni sorta di ribalderia fra i giudei, che nessun delitto fu lasciato intentato, né chi volesse escogitarne di nuovi riuscirebbe a trovarli:
    260. a tal punto erano tutti bacati nella vita privata come in quella pubblica, e facevano a gara tra loro nel commettere empietà contro Dio e soprusi contro i vicini, i signori opprimendo le masse e le masse cercando di eliminare i signori.
    261. Infatti gli uni avevano una gran sete di dominio, gli altri di scatenare la violenza e di impossessarsi dei beni dei ricchi.
    262. Furono dunque i sicari quelli che per primi calpestarono la Legge e incrudelirono contro i connazionali, senza astenersi da alcun insulto per offendere le loro vittime, o da alcun atto per rovinarle.
    263. Eppure Giovanni fece sì che anche costoro sembrassero più moderati di lui; egli infatti non soltanto eliminò chiunque dava giusti e utili consigli, trattando costoro come i suoi più accaniti nemici fra tutti i cittadini, ma riempì la patria di un'infinità di pubblici mali, quali inevitabilmente doveva infliggere agli uomini chi già aveva osato di commettere empietà verso Dio.
    264. La sua mensa era infatti imbandita con cibi proibiti ed aveva abbandonato le tradizionali regole di purità, sì che non poteva più far stupore se uno, che era così follemente empio verso Dio, non osservava più la bontà e la fratellanza verso gli uomini.
    265. D'altra parte, poi, Simone figlio di Ghiora quale delitto non commise? Quale sopruso risparmiò a coloro che come liberi cittadini lo avevano eletto a loro capo?
    266. Quale amicizia, quale parentela non rese questi due più audaci nelle loro stragi quotidiane? Essi consideravano un atto di ignobile cattiveria far male agli estranei, mentre ritenevano di fare una bella figura mostrandosi spietati verso i parenti prossimi.


    Le prove dell'esistenza storica di Giovanni di Gamala sarebbero dunque queste:

    1) Le parole "A quell'epoca i sicari" (paragrafo 254) sarebbero un chiaro riferimento all'epoca di Giuda il Galileo ed alla sua rivolta contro il censimento del 6 d.C., e tutti i paragrafi successivi si riferirebbero sempre a quel periodo storico.

    2) Il Giovanni citato al paragrafo 263 deve essere proprio il famigerato figlio primogenito di Giuda il Galileo e non Giovanni di Giscala, come sostengono tutti gli storici di professione. Peccato che "Simone figlio di Ghiora" (citato al paragrafo 265) era proprio un rivoltoso che fu eletto a capo di Gerusalemme intorno al 69 d.C., l'epoca di Giovanni di Giscala... Nessun problema, qui è evidente che un falsario cristiano ha trasformato "Simone, figlio di Giuda il Galileo e fratello di Giovanni" in "Simone figlio di Ghiora" per depistarci e non farci capire la verità storica!

    3) A riprova del fatto che il Giovanni ed il Simone citati sono i figli di Giuda il Galileo, possiamo constatare che, al paragrafo 266, Giuseppe Flavio ci dice che i due erano legati da parentela ed amicizia e noi sappiamo che Giovanni di Giscala e Simone figlio di Ghiora non erano parenti, ed erano acerrimi nemici.

    Queste sarebbero le "prove" dell'esistenza storica di Giovanni di Gamala.

    Partiamo dalla terza: non è assolutamente vero che Giuseppe Flavio affermi che Giovanni di Giscala e Simone figlio di Ghiora fossero legati da amicizia e parentela.
    "Quale amicizia, quale parentela non rese questi due più audaci nelle loro stragi quotidiane?"
    Lo storico Giuseppe Flavio ci sta semplicemente dicendo che questi due non si facevano alcun problema ad ammazzare parenti ed amici, non che fossero parenti ed amici tra di loro, reciprocamente.

    Passiamo ora alla "prova regina", l'evidente riferimento che (siamo al paragrafo 254, poi ribadito al 259) Giuseppe Flavio avrebbe fatto all'epoca di Giuda il Galileo e della sua rivolta contro il censimento del 6 d.C.. Questo riferimento non solo non è "evidente", ma proprio non c'è: Giuseppe Flavio si sta chiaramente riferendo all'epoca di poco precedente l'assalto di Masada (74 d.C.), ed infatti:
    "A quell'epoca i sicari ordirono una congiura contro quelli che volevano accettare la sottomissione ai romani e li combatterono in ogni modo come nemici, depredandoli degli averi e del bestiame e appiccando il fuoco alle loro case"
    In nessuna fonte è contenuta l'informazione che Giuda il Galileo abbia mai ordito una congiura contro chi si sottometteva a Roma, né che lui ed i suoi seguaci abbiano mai appiccato il fuoco a delle case. Ma, soprattutto, i "sicari" non erano i seguaci di Giuda il Galileo!

    "Furono poi un'infinità i briganti che lui stesso [Felice] fece crocifiggere, o i paesani che punì come loro complici. Però, mentre il paese veniva così ripulito, in Gerusalemme nacque una nuova forma di banditismo, quella dei cosiddetti sicari, che commettevano assassini in pieno giorno e nel bel mezzo della città." (Guerra Giudaica, libro quinto, capitolo primo, undicesimo paragrafo)

    Felice fu procuratore tra il 52 ed il 60 d.C., ad ulteriore riprova che Giuseppe Flavio non si stava riferendo all'epoca della rivolta di Giuda il Galileo contro il censimento del 6 d.C., bensì all'epoca nella quale furono protagonisti Giovanni di Giscala e Simone figlio di Ghiora e non Giovanni di Gamala (storicamente mai esistito) e suo fratello Simone (crocifisso tra il 46 ed il 48 dal procuratore Tiberio Giulio Alessandro, insieme a Giacomo, un altro figlio di Giuda il Galileo):
    "Oltre a ciò, Giacomo e Simone, figli di Giuda il Galileo, furono sottoposti a processo e per ordine di Alessandro vennero crocefissi; questi era il Giuda che - come ho spiegato sopra - aveva aizzato il popolo alla rivolta contro i romani, mentre Quirino faceva il censimento in Giudea." (Antichità Giudaiche XX, 102)


    In conclusione, io non so se Gesù Cristo sia storicamente esistito. Ma certamente non è storicamente esistito alcun "Giovanni di Gamala, detto il Nazireo, figlio di Giuda il Galileo".
    Leggi il De Angelis, ti spiega tutto

  3. #13
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    Predefinito Re: Giovanni di Gamala è esistito?

    Citazione Originariamente Scritto da AEMME Visualizza Messaggio
    Leggi il De Angelis, ti spiega tutto
    Sei serio o ironico?

    Dei De Angelis ho letto un paio di libri (uno era "la fine del cristianesimo" o qualcosa del genere, preso in biblioteca) e mi sono sembrati vera spazzatura.

    Per quanto non ne condivida tutte le conclusioni, il libro di Emilio Salsi è un'opera di grande interesse e certamente lui è uno studioso serio, per quanto abbia preso parecchi abbagli...

  4. #14
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    Predefinito Re: Giovanni di Gamala è esistito?

    Spazzatura? E tu chi sei per affermare ciò?

  5. #15
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    Predefinito Re: Giovanni di Gamala è esistito?

    Citazione Originariamente Scritto da AEMME Visualizza Messaggio
    Spazzatura? E tu chi sei per affermare ciò?
    Un cittadino della Repubblica Italiana che esprime liberamente la propria opinione.

  6. #16
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    Predefinito Re: Giovanni di Gamala è esistito?

    Citazione Originariamente Scritto da Marietto Visualizza Messaggio
    Benissimo, Sig. Salsi, ecco i versi dal 267 al 275 riportati per esteso:

    267. Eppure, la follia omicida di costoro venne superata dal pazzo furore degli Idumei. Infatti questi empi furfanti, dopo aver ammazzato i sommi sacerdoti affinché non si conservasse neppure la più piccola particella della pietà verso il Dio, sfasciarono tutto ciò che restava degli ordinamenti civili introducendo dappertutto la più completa anarchia.
    268. In tale clima prosperarono al massimo gli Zeloti, un'associazione che confermò con i fatti il suo nome;
    269. essi infatti imitarono ogni cattiva azione e non tralasciarono di emulare alcun misfatto registrato dalla storia.
    270. Eppure il loro nome l'avevano derivato dal loro preteso zelo nell'aspirare alla virtù, sia che volessero prendersi gioco, con la loro bestiale natura, delle vittime dei loro soprusi, sia perché stimavano beni i peggiori dei mali.
    271. Comunque, fecero tutti la fine che meritavano, perché il Dio diede a ciascuno la giusta punizione;
    272. infatti tutti i castighi che mai possono colpire un uomo si abbatterono su di loro anche fino all'ultimo istante di vita, facendoli morire fra i più atroci tormenti d'ogni sorta.
    273. Eppure, si potrebbe dire che le loro sofferenze furono inferiori a quelle che essi avevano inflitte a chi era caduto nelle loro mani, perché non esistevano pene adeguate.
    274. A esprimere degnamente il dovuto compianto per le vittime della loro ferocia non mi sembra questo il momento più adatto, e perciò ritorno al punto in cui avevo interrotto la narrazione.
    275. Il comandante romano mosse alla testa delle sue truppe contro Eleazar e la sua banda di sicari che occupavano Masada, e ben presto si assicurò il controllo dell'intera re*gione stabilendovi dei presidi nei luoghi più opportuni;


    Come vede, le parole "fecero tutti la fine che meritavano, [...] infatti tutti i castighi che mai possono colpire un uomo si abbatterono su di loro anche fino all'ultimo istante di vita, facendoli morire fra i più atroci tormenti d'ogni sorta" si riferiscono agli Zeloti, non a Giovanni (di Gisacala) e Simone figlio di Ghiora che non erano Zeloti. Anzi, Simone era persino un avversario degli Zeloti, come ci racconta Giuseppe Flavio: "Perciò gli Zeloti s'impensierirono ai suoi progetti e, volendo prevenire uno che cresceva a loro danno, uscirono ad affrontarlo in armi con la maggior parte delle loro forze; Simone andò loro incontro e nel combattimento che ne seguì parecchi ne uccise e gli altri li respinse fino alla città." (Guerra Giudaica, Libro IV Capitolo 9, paragrafo 514).

    Tornando al capitolo 8° del 7° libro di Guerra Giudaica, vediamo che al verso 267 (uno di quelli che Lei mi ha rimproverato di avere "censurato"), si parla di Idumei che ammazzano i Sommi Sacerdoti, evento che si verificò durante la guerra del 66/70 d.C., come ci narra lo stesso Giuseppe Flavio:

    313. Il piazzale antistante al tempio fu tutto un lago di sangue, e il giorno spuntò su ottomila e cinquecento cadaveri.
    314. Costoro non bastarono però ad appagare il furore degli Idumei, che, rovesciatisi sulla città, depredavano ogni casa e uccidevano chiunque capitava.
    315. Ma a sfogarsi sulla gente comune sembrava loro di perdere il tempo, e diedero la caccia ai sommi sacerdoti sguinzagliandosi per la maggior parte contro di loro.
    316. In breve li presero e li uccisero; poi, accalcandosi presso i loro cadaveri, beffeggiavano Anano per il suo amor di patria e Gesù per il suo discorso dalle mura.

    (Guerra Giudaica Libro IV, capitolo 5°, paragrafi 313-316)

    Questa è un'ulteriore riprova che quello di Giuseppe Flavio non è un "ricordo lontano", è invece una sintetica e rapida ricostruzione degli eventi succedutosi nei decenni immediatamente precedenti la guerra del 66/70 d.C.

    Dunque, Sig. Salsi, se c'è qualcuno che fa il "furbetto", quello non sono io.

    Lei non ha risposto nel merito ad alcuna delle argomentazioni che, nel mio primo messaggio, ho portato a dimostrazione del fatto che non esiste alcuna "traccia" di Giovanni di Gamala in Guerra Giudaica. Pertanto, fino a quando Lei o qualcun altro non mi dimostrerà che sbaglio, continuerò a ritenere che "Giovanni il Nazireo" non sia esistito, almeno storicamente.

    P.S.: perché la prende "così sul personale"? Lei ha fatto una ricerca storica di indubbio valore, deve accettare delle critiche.

    Di seguito la replica del sig. Emilio Salsi:

    Sig.Marietto,
    sta annaspando:

    1- lei stesso, il 22 u.s., ha dichiarato nel forum che i personaggi citati nel brano in oggetto da Giuseppe Flavio erano "Simone bar Giora" (Ghiora) e "Giovanni di Giscala". Anche il curatore della traduzione di "La Guerra Giudaica", il paleografo cattolico "Giovanni Vitucci", in una nota (che Marietto conosce bene), nel merito dichiara che i protagonistri del memoriale di Giuseppe F. sono gli stessi indicati da lei. Dopo che gli ho dimostrato che non potevano essere questi due, adesso afferma che il lontano ricordo della atroce, lunga, agonia patita
    " … fino all'ultimo istante divita", cito le sue parole: "si riferiscono agli Zeloti". Caspita! Dopo che lo storico ha manifestato un odio spietato verso questi due, ora dice che i Romani,secondo lei, avrebbero crocefisso centinaia di migliaia di "Zeloti" …dopo aver controllato la loro qualifica sulle rispettive "carte d'identità" degli Ebrei catturati per distinguerli dalle varie fazioni israelite, quando in realtà tutti i Giudei in fuga da Gerusalemme, che riuscivano a prendere i legionari, venivano sventrarti per"controllare" se avevano inghiottito pietre preziose.
    Peraltro, l'odio personale di Giuseppe Flavio avverso "Simone figlio di Ghiora", non ha alcun senso perché il capo rivoluzionario si fece vivo nella Città Santa ad iniziare dalla fine del 67
    d.C., quando lo storico ebreo era già imprigionato ed incatenato mesi prima da Vespasiano:
    "Così fu presa Iotapata nel tredicesimo anno del regno di Nerone, al novilunio del mese di panemo"(Bellum III 339). Il mese di "panemo" del calendariomacedone-seleucida corrisponde al nostro maggio(del 67
    d.C.). Da questa data, il resoconto della guerra dei Giudei contro i Romani, da parte dello storico,dipende solo da descrizioni di altri protagonisti.

    2 - gli Idumei, si informi Marietto, sono sempre stati contro i Romani dalla morte di Erode il Grande, il 4 a.C., fino alla guerra del 66/70 d.C., pertanto l'episodio del "lontano ricordo
    " non costituisce alcuna prova che si tratti dell'ultimo conflitto … al contrario: la rivolta guidata da quel"Giovanni", di cui non si cita il patronimico, ma uguale a "Gesù Cristo" fino alle impronte digitali lasciate sui bicchieri dopo aver mangiato "cibi proibiti" senza le abluzioni, obbligatorie nei costumi giudaici.

    3 - l'analisi completa del "lontano ricordo
    " (non è altri che un unico, continuo, memoriale senza discontinuità alcuna: si rilegga l'intero capitolo, Marietto) richiede una quindicina di pagine "Microsoft Word" e, ovviamente, come lei stesso riconosce, i due attori del 66/70 non erano parenti fra loro, né fecero stragi di "parenti prossimi".

    4 - sig. Marietto, non rigiri la frittata, chi la "mette sulpersonale" non sono io ma lei. Non so chi sia, mi chiama in causa attaccando tutti i miei studi in modo superficiale limitandosi a una contro-dimostrazione basata su un "deve" dopo l'altro, dopodiché, se replico, sono io che la metto sul personale. Dalle mie parti c'è un detto che risale al dopoguerra (II guerra mondiale): "le chiacchiere se le porta via il vento, e le biciclette i Livornesi".
    Io l'ho invitata ad un confronto pubblico aperto sull'esistenza di Cristo,apostoli, i loro siccessori e màrtiri, non faccia lo gnorri, "Giovanni di Gàmala" non lo conosce nessuno. Detto questo, dopo che avrò dimostrato l'inesistenza degli eroi del cristianesimo primitivo, dalla"Natività" in poi, stia certo, dimostrerò che "Gesù" si chiamava Giovanni, dopodiché dimostrerò che la sua patria non era"Nazaret" ma Gàmala, la patria di Giuda il Galileo e dei suoi figli.

    Se è convinto che io sia uno sprovveduto, lo dimostri accettando il dibattito pubblico con il sottoscritto … ora non può più sottrarsi dopo le critiche fatte ai miei studi. Se è una persona seria e coerente, non si nasconda dietro uno pseudonimo, si confronti con me e mi faccia fare brutta figura. Può anche venire accompagnato da un esegeta con la tonaca, non ho problemi.

    Emilio Salsi


    Una nota indirizzata al forumista "AEMME" : se si riferisce ad"Alessio" (figlio) ed ad "Alessandro" De Angelis (padre),sappia che nel 2009 li ho ospitati a casa mia tre giorni. Sono venuti a chiedermi il consenso a pubblicare i miei studi, concessione rilasciata solo per alcune analisi, limitatamente alle stesse accordate al dottor Giancarlo Tranfo.


    Emilio Salsi




    Ultima modifica di Giordi; 30-01-15 alle 11:52

    “In amore non essere un mendicante, sii un imperatore. Dà e resta semplicemente a vedere che cosa accade...”

  7. #17
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    Predefinito Re: Giovanni di Gamala è esistito?

    Per primissima cosa, voglio riconoscere di essere stato un gran maleducato e di avere usato un termine troppo forte, pertanto chiedo sinceramente scusa ai Signori Deangelis.



    Citazione Originariamente Scritto da Polemiko Visualizza Messaggio

    2 - gli Idumei, si informi Marietto, sono sempre stati contro i Romani dalla morte di Erode il Grande, il 4 a.C., fino alla guerra del 66/70 d.C.,
    Sì, ma Giuseppe Flavio parla espressamente di folli e furenti Idumei che uccidono i sommi sacerdoti. Questo specifico avvenimento, come documentato da Giuseppe Flavio, è avvenuto nel corso della guerra del 66-70 d.C.

    Sempre come documentato da Giuseppe Flavio, i sicari furono una nuova forma di banditismo che nacque quando era procuratore Felice, cioè tra il 52 ed il 60 d.C.. Dunque, come poteva essere quello un riferimento a Giuda il Galileo ed i suoi seguaci dei quali, tra l'altro, non c'è alcuna fonte storica che attesti il fatto che abbiano ordito congiure contro chi si sottometteva a Roma né che avessero appiccato fuoco a delle case tra il 6 ed il 37 d.C.? Lei non mi ha ancora risposto su questo punto!

    Io non sono uno storico (e sono pure una persona ignorante) e non so se ci siano fonti storiche che attestino il fatto che Giovanni di Giscala e Simone figlio di Ghiora abbiano ucciso parenti prossimi, ma so che non ci sono fonti storiche che attestino che lo abbiano fatto Giovanni di Gamala e Simone, figlio di Giuda il Galileo.
    Giuseppe Flavio parla degli Zeloti e dice: "tutti i castighi che mai possono colpire un uomo si abbatterono su di loro anche fino all'ultimo istante di vita, facendoli morire fra i più atroci tormenti d'ogni sorta." Questo è un fatto che tutti possono appurare leggendo il racconto dello storico.
    Poi, io non so se gli Zeloti fossero addirittura "centinaia di migliaia", ma diamo per buona questa cifra... evidentemente Giuseppe si riferiva ai capi ed alle migliaia di persone che presero attivamente parte alla guerra e furono crocifisse.
    D'altronde, Lei cosa vorrebbe sostenere, che Giuseppe Flavio non si riferiva agli Zeloti (dei quali stava parlando quando dice quella frase) ma solo a Giovanni e Simone? E perché, allora, avrebbe scritto quelle frase dopo aver parlato degli Idumei e mentre parlava degli Zeloti? E che senso avrebbe dire "fecero tutti la fine che meritavano" se si riferiva solo a due individui?
    Se, invece, con quel "tutti" Giuseppe Flavio si fosse riferito a tutti i personaggi citati dall'inizio del racconto, ci starebbe dicendo che tutti gli Idumei (un intero popolo!) furono torturati e sterminati.
    L'ipotesi più semplice mi sembra quella più probabile: Giuseppe Flavio ha scritto quella frase mentre parlava degli Zeloti, evidentemente si riferiva agli Zeloti, probabilmente ai capi ed alle migliaia di rivoluzionari che persero la vita in battaglia e a quelli che furono catturati e giustiziati.

    Io non penso che Lei sia uno "sprovveduto", anzi: in questa sede ho più volte scritto che apprezzo il Suo lavoro e stimo la Sua persona.
    Sarei onorato di partecipare ad un dibattito pubblico con Lei, compatibilmente con le mie possibilità . Io, fortunatamente, ho un lavoro. Se si riesce ad organizzare qualcosa in un luogo non troppo lontano dalla mia residenza, sarei felicissimo di confrontarmi con Lei di persona.

  8. #18
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    Predefinito Re: Giovanni di Gamala è esistito?

    Ecco la risposta del sig. Salsi:

    Bene sig. Marietto, entrambi siamo onorati di giungere ad un confronto pubblico. Considerato che stiamo trattando la "storia del Cristianesimo", una materia didattica i cui contenuti interssano milioni di Italiani, coerentemente, il dibattito dovrà tenersi nella sede pubblica di un nostro Ateneo.
    Pur abitando vicino a Lucca, ritengo doveroso partire e riferire gli studi sul Cristianesimo anche lontano dalla mia fissa dimora. Quindi la sede che, per eccellenza, concerne la discussione storica sulle origini del Cristianesimo non può essere che Roma; sia perché le vicende riguardanti i Cristiani primitivi si svolsero sotto l'Impero Romano, sia perché in questa antichissima città, già dal primo secolo (secondo la Chiesa) vi risiedettero i numerosi màrtiri, nonché i famosi "successori di Cristo", capi della "Chiesa del Salvatore" e, fino ad oggi, di colui che ne fa le veci: il Papa, Vicario di Cristo in terra.
    Il dibattito - ovviamente aperto agli interventi degli ascoltatori presenti - mi sembra logico che debba svolgersi in un'aula dell'Università "Sapienza" di Roma. Quindi prepariamoci a richiedere, tramite lettera A.R., al Rettore della "Sapienza" una sala idonea, nonché un conduttore con il compito di disciplinare la discussione. A tal fine chiedo al sig. Marietto di comunicare esplicitamente il proprio nominativo ed il suo contatto (il mio è nel sito web "Vangeli e Storia"), necessari per redigere la richiesta (concordata da entrambi, che potrei già preparare in bozza) da inoltrare al Rettore dell'Ateneo. Scelga pure Lei la data, compatibile con i suoi impegni di lavoro e con quelli dell'Università. Inoltre, per rafforzare la nostra richiesta presso il Rettore, cinquanta studiosi di "Storia del Cristianesimo" sono pronti ad inviare a loro volta una lettera raccomandata per sollecitare il dibattito. A questi storici, con una ulteriore richiesta A.R. in tal senso, potranno aggiungersi anche gli esegeti che vorrà indicare Lei.
    Premessi questi atti che considero prioritari, ribadisco che i nomi dei personaggi richiamati nel memoriale di Giuseppe Flavio, oggetto del suo odio, sono Giuda il Galileo, Giovanni e Simone. Simone "bar Ghiora" ho già dimostrato che è una falsificazione introdotta dagli amanuensi nel IX secolo.
    Come tutti sanno, e logica vuole, qualsiasi studio parte dall'inizio, non dalla fine. "Giovanni di Gàmala" è la conclusione cui si perviene, con dati di fatto incrociati, dopo che un analista ha accertato la falsità delle vicende, riferite nei vangeli e nella "Storia Ecclesiastica" dei "Padri cristiani", riguardanti la "Natività", vita di Gesù, apostoli e loro successori, màrtiri e reliquie comprese. Tutte favole accertate.
    Sig. Marietto, poiché ha dichiarato che i miei studi sul Cristianesimo sono tutti basati su inutili "deve", mentre viceversa sono elementari "constatazioni" storiche ed archeologiche, ebbene, nel corso del dibattito pubblico, se riuscirà a dimostrare i miei errori … allora La ringrazierò.
    In attesa della prossima discussione pubblica in Roma, a verifica della correttezza dei miei studi, saluto Lei e tutti i frequentatori del forum.

    Emilio Salsi

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  9. #19
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    Predefinito Re: Giovanni di Gamala è esistito?

    Citazione Originariamente Scritto da Polemiko Visualizza Messaggio
    A tal fine chiedo al sig. Marietto di comunicare esplicitamente il proprio nominativo ed il suo contatto
    Fatto!

  10. #20
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    Predefinito Re: Giovanni di Gamala è esistito?

    Ora presento quella che mi pare legittimamente di poter definire la "prova definitiva" che l'ipotesi di Emilio Salsi (secondo la quale Giovanni e Simone citati nell'ottavo capitolo del settimo libro di "Guerra Giudaica" sarebbero i figli di Giuda il Galileo) è totalmente infondata.

    Riassumiamo quanto finora già analizzato:

    1) come narra Giuseppe Flavio, i sicari furono una nuova forma di banditismo che nacque in Gerusalemme mentre era procuratore Felice, cioè tra il 52 ed il 60 d.C., dunque sarebbe un anacronismo asserire (come fa Salsi) che nel 6 d.C. già tramavano contro chi si Sottometteva a Roma e incendiavano le case dei ricchi.
    2) il riferimento agli Idumei che uccidono i sommi sacerdoti è un evento verificatosi nel corso della guerra del 66-70 d.C., ad ulteriore riprova che quello di Giuseppe Flavio non è un "lontano ricordo" (come ritiene Salsi) ma una cronaca degli eventi che si verificarono poco prima e durante quella guerra.
    3) non è affatto vero che Giuseppe Flavio ritragga Giovanni e Simone come parenti ed amici, questa è una interpretazione sbagliata (come abbiamo ben visto) delle parole dello storico ebreo.

    Bene, sono sostanzialmente due le "argomentazioni" di Emilio Salsi che non ho ancora analizzato a fondo:

    1) Giovanni di Giscala non fece strage di parenti prossimi, dunque non poteva essere lui il Giovanni citato da Giuseppe Flavio
    2) l'odio personale di Giuseppe Flavio avverso "Simone figlio di Ghiora", non ha alcun senso perché il capo rivoluzionario si fece vivo nella Città Santa ad iniziare dalla fine del 67 d.C., quando lo storico ebreo era già imprigionato ed incatenato mesi prima da Vespasiano

    Partiamo subito col dire una cosa: probabilmente Emilio Salsi ha ragione quando dice che quel Giovanni non è Giovanni di Giscala. Io, personalmente e da ignorante, formulo l'ipotesi che possa essere invece questo individuo:
    "Ai rivoluzionari non bastò di mettere in catene i prigionieri e stimarono malsicuro di tenere così rinchiusi per lungo tempo dei personaggi di primo piano; infatti le loro numerose casate erano in grado di farne vendetta, e poi poteva accadere che il popolo insorgesse contro tale iniquità. Decisero dunque di assassinarli e ne incaricarono un tal Giovanni, il più sanguinario fra loro, che nella lingua del paese era chiamato “figlio di Dorcade”. Assieme a lui entrarono nel carcere altri dieci uomini armati e fecero strage dei detenuti."
    (Guerra Giudaica, Libro IV, capitolo III, versi 143-145)

    Chiunque fosse quel Giovanni, certamente fu un sanguinario e spietato Zelota che fece stragi di parenti prossimi nel corso della guerra del 66-70 d.C. (almeno, così risulta dal racconto di Giuseppe Flavio) e non il presunto figlio di Giuda il Galileo, il quale (secondo Emilio Salsi, sarebbe stato crocifisso nel 36/37 d.C.)

    E certamente il Simone in questione è il figlio di Ghiora, e non il figlio di Giuda il Galileo.

    La prova di ciò è che, in "Guerra Giudaica", Giuseppe Flavio ci parla ampiamente di questo "Giovanni" e di "Simone figlio di Ghiora", e il ritratto è perfettamente coerente con quello sintetico che ci fornisce nell'ottavo capitolo del settimo Libro. Non c'è alcun dubbio, i "Giovanni e Simone" sono questi, capobriganti protagonisti di un terribile conflitto civile che sconvolse Gerusalemme all'inizio della guerra del 66-70 d.C.. Questo invito tutti ad appurarlo personalmente, leggendo direttamente le parole di Giuseppe Flavio. Il testo è lungo, ma avvincente, credetemi. In ogni caso, non è necessario leggerlo per intero, ho evidenziato i passaggi fondamentali. Buona lettura!

    Libro IV: 503 - 9, 3. Ma su Gerusalemme stava allora per abbattersi un'altra guerra. V'era un certo Simone, figlio di Ghiora, nativo di Gerasa, un giovane che per furbizia restava indietro a Giovanni, il quale già la faceva da padrone nella città, ma era a lui superiore per vigoria del corpo e per audacia;
    Libro IV: 504 questo [Simone] aveva costretto il sommo sacerdote Anano ad allontanarlo dalla toparchia di Acrabatene, messa sotto il suo controllo, ed egli si era allora unito ai briganti che occupavano Masada.
    [...]
    Libro IV: 508 Allora Simone, che mirava alla conquista del potere e sognava grandi imprese, udita anche la fine di Anano, si ritirò fra i monti e, promettendo la libertà agli schiavi e premi ai liberi, radunò da ogni parte una banda di briganti.
    Libro IV: 509 - 9, 4. Appena ebbe ai suoi ordini una banda abbastanza forte si diede a fare incursioni contro i villaggi di montagna; quindi, reso audace dai continui arrivi di altri briganti, scese ad operare in pianura.
    Libro IV: 510 Quando poi diventò un pericolo anche per le città, molte persone per bene si lasciarono attrarre verso di lui dalla sua forza e dal successo delle sue imprese, e la sua non fu più una banda di soli schiavi e ladroni, ma anche di non pochi cittadini che gli prestavano ubbidienza come a un re.
    Libro IV: 511 Ed egli prese a battere non solo la toparchia di Acrabatene, ma anche la regione fino alla grande Idumea; infatti in un borgo chiamato Nain egli innalzò un fortilizio cinto di mura e lo usava come base difensiva;
    Libro IV: 512 poi nel vallone di nome Ferete allargò molte caverne, oltre a quelle che trovò già pronte, per depositarvi i tesori e il ricavato delle razzie.
    Libro IV: 513 Ivi ripose anche i viveri saccheggiati, e nell'interno di esse erano alloggiati anche la maggior parte dei suoi uomini; era chiaro che addestrava le sue schiere e faceva gli altri preparativi con la mira di attaccare Gerusalemme.
    Libro IV: 514 - 9, 5. Perciò gli Zeloti s'impensierirono ai suoi progetti e, volendo prevenire uno che cresceva a loro danno, uscirono ad affrontarlo in armi con la maggior parte delle loro forze; Simone andò loro incontro e nel combattimento che ne seguì parecchi ne uccise e gli altri li respinse fino alla città.
    Libro IV: 515 Non sentendosi ancora abbastanza forte, si astenne dal dar l'assalto alle mura; preferì invece assoggettare prima l'Idumea, e con ventimila uomini si mise in marcia verso le sue frontiere.
    [...]
    Libro IV: 529 - 9, 7. Simone, essendo inaspettatamente penetrato nell'Idumea senza colpo ferire, con un attacco di sorpresa s'impadronì per prima della cittadina di Hebron, dove fece molto bottino e asportò grandi quantità di viveri.
    [...]
    Libro IV: 534 Da Hebron Simone prese a fare le sue incursioni in tutta l'Idumea, non soltanto saccheggiando villaggi e città, ma divorando anche la campagna perché i viveri non bastavano a una sì grande moltitudine: oltre gli armati lo seguiva una turba di quarantamila persone.
    Libro IV: 535 A tali bisogni si aggiungeva la sua ferocia e l'odio per quella popolazione, onde ancor più gravi risultarono i guasti inflitti all'Idumea.
    Libro IV: 536 Come si può vedere un bosco completamente spogliato dopo che son passate le cavallette, così alle spalle dell'esercito di Simone restava il deserto;
    Libro IV: 537 qui incendiavano, lì demolivano, e poi distruggevano tutta la vegetazione del paese o calpestan*dola o tagliandola, e la terra lavorata diventava sotto i loro piedi più dura di quella non lavorata. Insomma, di quello che essi distruggevano non restava nemmeno un segno che fosse mai esistito.
    Libro IV: 538 - 9, 8. Tutto ciò ebbe l'effetto di rinfocolare le apprensioni degli Zeloti; questi non osarono affrontarlo in campo aperto, ma gli tesero degli agguati e catturarono sua moglie e parecchie persone del suo servizio.
    Libro IV: 539 Poi, tutti trionfanti come se avessero preso Simone in persona, fecero ritorno in città aspettandosi che fra breve quello, deposte le armi, sarebbe venuto a supplicarli di restituirgli la moglie.
    Libro IV: 540 E invece non da pietà, ma da furore egli fu preso per il rapimento e, avvicinatosi alle mura di Gerusalemme, sembrava una belva ferita che, non potendo sfogarsi sui feritori, si sfogava su chi capitava.
    Libro IV: 541 Chiunque usciva dalle porte per raccoglier erbe o legna, anche se disarmato o vecchio, egli lo faceva catturare e uccidere fra i tormenti, inferocito al punto che per poco non divorava le carni dei morti.
    Libro IV: 542 Molti anche ne rimandò indietro con le mani mozzate, col proposito di atterrire i nemici e, insieme, di istigare il popolo contro i colpevoli.
    Libro IV: 543 Per mezzo di essi mandò a dire che Simone aveva giurato sul Dio cui nulla sfugge che, se non si fossero affrettati a restituirgli la moglie, avrebbe sfondato le mura e inflitto il medesimo castigo a tutti gli abitanti della città, senza nessun riguardo per l'età e senza distin*zione fra innocenti e colpevoli.
    Libro IV: 544 Tali minacce atterrirono non soltanto il popolo, ma anche gli Zeloti, che gli rimandarono la moglie, ed egli per il momento si acquietò sospendendo per un poco le continue stragi.
    [...]
    Libro IV: 556 - 9, 10. Simone, dopo aver strappato la moglie dalle mani degli Zeloti, si rivolse di nuovo contro ciò che restava dell'Idumea, e assaltando da ogni parte la popolazione costrinse i più a fuggire a Gerusalemme.
    Libro IV: 557 Egli li inseguì fino alla città e, circondate di nuovo le mura, metteva a morte tutti quelli che uscivano per lavorare in campagna e cadevano nelle sue mani.
    Libro IV: 558 Così per il popolo Simone era, fuori le mura, un nemico più terribile dei romani, mentre all'interno più feroci degli altri due erano gli Zeloti, fra i quali si distingueva per i disegni delittuosi e per la temerità il gruppo dei Galilei;
    Libro IV: 559 erano stati infatti costoro a portare al potere Giovanni, ed egli li ricompensava del predominio che gli avevano procurato concedendo a ciascuno di fare ciò che voleva.
    Libro IV: 560 Con un insaziabile desiderio di preda frugavano le case dei ricchi, uccidevano gli uomini e stupravano le donne come fosse un gioco;
    Libro IV: 561 poi col bottino lordo di sangue gozzovigliavano e infine, sazi, si abbandonavano senza ritegno all'effeminatezza acconciandosi i capelli, indossando abiti da donna, cospargendosi di profumi e dandosi il bistro agli occhi per farsi più belli.
    Libro IV: 562 E le donne non le imitavano soltanto nel modo di agghindarsi, ma anche nelle pratiche amorose, ideando con frenetica dissolutezza infami amplessi, rotolandosi nella città come in un bordello, dopo averla tutta insozzata con le loro nefandezze.
    Libro IV: 563 Ma se avevano visi di donna, le loro erano mani d'assassini: mentre procedevano con molle andatura all'improvviso si trasformavano in audaci uomini d'arme, ed estraendo le spade da sotto alle vesti dai colori sgargianti trafiggevano chiunque capitava.
    Libro IV: 564 Chi fuggiva da Giovanni riceveva da Simone un'accoglienza ancora più funesta, e se uno si salvava dal tiranno di dentro periva ad opera di quello di fuori.
    Libro IV: 565 Per chi voleva pas*sare ai romani ogni via di scampo era sbarrata.
    Libro IV: 566 - 9, 11. Ma tra le forze di Giovanni scoppiò la rivolta, e tutti gli Idumei che ne facevano parte si staccarono e insorsero contro il despota, invidiosi della sua potenza e stanchi della sua crudeltà.
    Libro IV: 567 Passati all'attacco, uccisero un gran numero di Zeloti e i rimanenti li costrinsero a rifugiarsi nel palazzo reale costruito da Grapte, una parente di Iza, re degli Adiabeni;.
    Libro IV: 568 Ma assieme agli Zeloti vi fecero irruzione anche gli Idumei, che di là li ricacciarono fin nel tempio; poi si diedero al saccheggio dei tesori di Giovanni,
    Libro IV: 569 che abitava nel palazzo suddetto e vi aveva riposto il frutto della sua prepotenza.
    Libro IV: 570 Nel frattempo la massa degli Zeloti che era dispersa nella città si raccolse nel tempio unendosi a quelli che erano stati messi in fuga, e Giovanni si preparò a guidarli giù contro il popolo e gli Idumei.
    Libro IV: 571 Questi ebbero paura non tanto del loro attacco, essendo più forti in combattimento, quanto della loro follia, pensando che quelli di nottetempo potevano fare una sortita dal tempio, ucciderli e dar fuoco alla città.
    Libro IV: 572 Si radunarono allora a consiglio con i sommi sacerdoti per deliberare come difendersi dal loro assalto.
    Libro IV: 573 Ma il Dio sconvolse le loro menti ed essi pensarono di ricorrere a un rimedio peggiore del male; infatti per liberarsi di Giovanni decisero di far entrare Simone, cioè di attirarsi un secondo padrone, e per di più sollecitandolo con le preghiere.
    Libro IV: 574 La decisione venne eseguita e il sommo sacerdote Mattia fu inviato a pregare quel Simone, che tanto avevano temuto, di voler entrare in città. Unirono le loro insistenze anche tutti quelli che erano stati costretti a fuggire da Gerusalemme per gli Zeloti e che desideravano di recuperare case e averi.
    Libro IV: 575 Simone acconsentì con grande degnazione di far loro da padrone e fece il suo ingresso come per liberare la città dagli Zeloti, acclamato dal popolo quale salvatore e protettore;
    Libro IV: 576 ma quando fu dentro col suo esercito non pensò che al suo potere, considerando quelli che l'avevano invocato non meno nemici di coloro contro cui era stato invocato.
    Libro IV: 577 - 9, 12. Così il mese di Xanthico del terzo anno di guerra Simone si fece signore di Gerusalemme mentre Giovanni e la banda degli Zeloti, impediti di uscire dal tempio e perduto tutto ciò che avevano in città e che era stato immediatamente saccheggiato dagli uomini di Simone, cominciavano a disperare della loro sorte.
    Libro IV: 578 Con l'aiuto del popolo Simone diede l'assalto al tempio, ma gli avversari, dispostisi sui portici e dietro le merlature, respinsero gli attacchi.
    Libro IV: 579 Tra le file di Simone caddero parecchi e molti riportarono ferite; gli Zeloti infatti, stando più in alto, potevano effettuare i loro tiri con maggiore facilità ed efficacia.
    [...]
    Libro IV: 584 e da quel momento Simone rallentò gli attacchi, essendosi i suoi uomini perduti d'animo, pur continuando a battersi validamente per il vantaggio della superiorità numerica; ma i proiettili delle catapulte a lunga gittata aprivano numerosi vuoti fra i suoi.
    [...]
    Libro IV: 657 Una volta restituita la sicurezza a tutto l'impero, e salvato lo stato romano contro ogni speranza, Vespasiano portò la sua attenzione su ciò che rimaneva della Giudea.
    Libro IV: 658 Egli era ansioso di salpare per Roma appena fosse finito l'inverno, e perciò sistemò rapidamente le cose in Alessandria, mentre spediva il figlio Tito con forze scelte a conquistare Gerusalemme.
    [...]
    Libro V: 1 - 1, 1. Tito, dopo aver attraversato il deserto come sopra abbiamo detto, si trasferì dall'Egitto alla Siria arrivando a Cesarea, dove aveva deciso di effettuate il concentramento delle forze.
    Libro V: 2 Ma mentre egli stava ancora ad Alessandria intento ad assistere il padre nella sistemazione dell'impero che da poco il Dio aveva dato in loro potere, in Gerusalemme la guerra delle fazioni aveva nuovi sviluppi e diventava una lotta a tre, perché una delle due parti si rivoltava contro sé stessa: il che, trattandosi di farabutti, ben poteva dirsi che era un bene e un'opera della giustizia.
    Libro V: 3 L'attacco degli Zeloti contro il popolo, che segnò l'inizio della rovina della città, già si è detto sopra con grande accuratezza donde ebbe origine e in quali disastri culminò;
    Libro V: 4 ora non sbaglierebbe chi dicesse che la nuova fu una rivolta scoppiata dal tronco della rivolta, che essa fu come una belva infuriata che, quando non ha altro da divorare, finisce per infierire contro le proprie carni.
    Libro V: 5 - 1, 2. Infatti Eleazar figlio di Simone, colui che all'inizio aveva separato dal popolo gli Zeloti facendoli penetrare nel tempio, fingendo ora di essere sdegnato per le quotidiane ribalderie di Giovanni, che non metteva termine alle sue stragi, ma in realtà perché non soffriva di sottostare a un tiranno più giovane,
    Libro V: 6 essendo spinto dal desiderio di comandare e di stabilire un suo potere personale, si distaccò dagli altri prendendo seco due dei notabili, Giuda figlio di Chelchia e Simone figlio di Esron, nonché Ezechia figlio di Chobaris, un personaggio di un certo rilievo.
    Libro V: 7 Ciascuno di costoro si tirò dietro non pochi Zeloti, ed essi presero possesso della parte più interna del tempio collocando le loro armi sopra alle sacre porte sulla facciata santa.
    Libro V: 8 Disponendo di grande quantità di viveri stavano tranquilli - per chi non aveva scrupoli religiosi le provviste sacre rappresentavano un'abbondante riserva -; tuttavia, preoccupati a causa del loro esiguo numero, per lo più non si muovevano dalla loro posizione.
    Libro V: 9 Giovanni invece, quanto era a loro superiore per numero di uomini, tanto era inferiore per la posizione, e avendo i nemici sopra la testa non poteva né attaccare senza pericolo né, per lo sdegno, starsene quieto;
    Libro V: 10 sebbene fossero maggiori le perdite che subiva rispetto a quelle che infliggeva ai partigiani di Eleazar, tuttavia non si dava pace; gli assalti ravvicinati e i tiri alla lontana si susseguivano senza tregua, e tutto il tempio era profanato dalle stragi.
    Libro V: 11 - 1, 3. Simone figlio di Ghiora, che il popolo vinto dalla disperazione aveva scelto come tiranno e fatto entrare nella città sperandone aiuto, e che controllava la città alta e una parte della città bassa, prese ora ad investire con maggior violenza gli uomini di Giovanni, i quali erano contemporaneamente sottoposti agli attacchi dall'alto. Egli li incalzava dal basso, così come alla lor volta gli uomini di Giovanni incalzavano dal basso i nemici sovrastanti.
    Libro V: 12 In tal modo Gio*vanni combatteva su due fronti infliggendo e subendo perdite, e lo svantaggio in cui si trovava rispetto agli uomini di Eleazar per la posizione inferiore era compensato dal vantaggio della posizione dominante rispetto a Simone.
    Libro V: 13 Infatti gli attacchi dal basso li respingeva validamente usando solo proiettili lanciati a mano, mentre si serviva delle macchine per controbattere i tiri provenienti dalla parte alta del santuario;
    Libro V: 14 disponeva infatti di una gran quantità di mangani, catapulte e baliste, con cui non soltanto colpiva gli avversari, ma uccideva anche molti partecipanti alle cerimonie sacre.
    Libro V: 15 Sebbene infatti la loro folle empietà fosse esplosa in tutte le forme, avevano nondimeno concesso di entrare a chi voleva celebrare un sacrificio, pur tenendolo sotto stretta sorveglianza se era un paesano, e sottoponendolo a perquisizione se era un forestiero. Ma costoro, sebbene riuscissero ad entrare facendoli vergognare della loro crudeltà, restavano poi vittime dei combattimenti.
    Libro V: 16 Infatti i proiettili scagliati dalle macchine raggiungevano con la loro violenza l'altare e il santuario piombando sui sacerdoti e sui partecipanti,
    Libro V: 17 sicché molti che erano venuti dai confini della terra in quel santuario famoso e venerato da tutta l'umanità, cadevano esanimi essi stessi dinanzi alle vittime da loro offerte, aspergendo col proprio sangue quell'altare adorato da tutti i greci e i barbari.
    Libro V: 18 Con i cadaveri dei paesani si mescolavano quelli degli stranieri, con i cadaveri dei sacerdoti quelli dei laici, e il sangue di ogni genere di vittime formava un lago nei luoghi santi.
    Libro V: 19 Città sventuratissima, quale rovina paragonabile a questa ti causarono i romani, che entrarono per purificare col fuoco le nefandezze del tuo popolo. Tu non eri più né potevi rimanere la sede di Dio, una volta che eri diventata la tomba dei cittadini massacrati, e il tempio era stato trasformato in una fossa comune per le vittime della guerra civile! Eppure, potresti tornare ad avere una sorte migliore se mai riuscissi a placare il Dio che ti ha distrutta!
    Libro V: 20 Ma lo storico deve, fra l'altro, raffrenare i propri sentimenti, poiché non è questo il momento di compiangere la patria, ma di esporre i fatti. Narrerò quindi i successivi sviluppi della guerra civile.
    Libro V: 21 - 11, 4. Quelli che stavano portando alla rovina la città si dividevano in tre schiere: gli uomini di Eleazar, che avevano nelle loro mani le sacre primizie depositate nel tempio e che sfogavano il loro furore contro Giovanni, i partigiani di Giovanni, che spogliavano il popolo e lottavano contro Simone, e quest'ultimo, che succhiava anch'egli dalla città i mezzi per la lotta contro gli avversari.
    Libro V: 22 Giovanni, quando era attaccato da entrambe le parti, divideva i suoi uomini in due schieramenti opposti, bersagliando dall'alto dei portici gli assalitori che salivano dalla città e controbattendo con le macchine i tiri effettuati dalla parte superiore del tempio;
    Libro V: 23 quando poi capitava di non aver pensieri dagli attaccanti dall'alto, che spesso si fermavano per l'ubriachezza e la fatica, allora con più coraggio e con più uomini usciva a scontrarsi con gli uomini di Simone.
    Libro V: 24 In qualsiasi punto della città arrivava, appiccava sempre il fuoco ai depositi di grano e di ogni altro genere di provviste; la medesima cosa faceva poi Simone incalzandolo mentre quello si ritirava, e sembrava che volessero fare un favore ai romani distruggendo i viveri che la città aveva messo da parte in vista di un assedio, e recidendo i nervi della propria forza.
    Libro V: 25 Tutti i dintorni del tempio andarono distrutti dal fuoco e la città si trasformò in un desolato campo di battaglia per la guerra civile, mentre le fiamme divoravano quasi tutto il grano che, in caso di assedio, poteva bastar loro per non pochi anni.
    Libro V: 26 E fu per fame che alla fine essi furono presi, ciò che non sarebbe stato affatto possibile, se non ne avessero gettato da sé le premesse.
    Libro V: 27 - 1, 5. Mentre la città era sottoposta da ogni parte ai colpi dei suoi carnefici e delle loro marmaglie, il popolo era come un gran corpo che stava in mezzo e ne rimaneva dilaniato.
    Libro V: 28 I vecchi e le donne, giunti alla disperazione per le loro sofferenze pregavano perché venissero i romani e aspettavano ansiosamente la guerra esterna per liberarsi dai mali interni.
    Libro V: 29 Le persone per bene erano in preda a un grande smarrimento e al terrore, perché non v'era né possibilità di provocare un mutamento della situazione, né speranza di un accordo, o di una fuga per chi volesse;
    Libro V: 30 tutti i luoghi erano sottoposti a sorveglianza, e i capibanda - che per il resto erano in contrasto - ammazzavano come nemici comuni chi propugnava la pace con i romani o chi era sospettato di voler disertare, e si trovavano d'accordo soltanto nel far strage di quelli che invece meritavano di vivere.
    Libro V: 31 Incessanti erano di giorno e di notte i clamori dei combattenti, ma ancor più raccapriccianti erano i lamenti di quelli che gemevano per lo spavento.
    Libro V: 32 Le stragi moltiplicavano i motivi di lutto, il terrore strozzava il loro pianto ed essi, soffocando i loro affanni per la paura, erano tormentati dai gemiti repressi.
    Libro V: 33 Non v'era più rispetto per i parenti quand'erano vivi né cura di seppellirli dopo morti, e di entrambe queste cose era causa il fatto che ormai ognuno disperava di salvarsi; in realtà, chi non partecipava alla lotta delle fazioni aveva perduto qualsiasi interesse aspettandosi di morire da un momento all'altro.
    Libro V: 34 Intanto i rivoluzionari si affrontavano calpestando i cadaveri ammonticchiati, e la frenesia che saliva da tutto quel sangue ai loro piedi li rendeva più bestiali.
    Libro V: 35 Escogitando sempre qualche cosa di nuovo per distruggersi vicendevolmente ed attuando ogni piano fino in fondo senza pietà, non tralasciavano alcuna forma di violenza o di efferatezza.
    Libro V: 36 Giovanni arrivò a impiegare il legname destinato ad usi sacri per fabbricare macchine da guerra: una volta il popolo e i sommi sacerdoti avevano deciso di consolidare le fondamenta del tempio per innalzarlo di altri venti cubiti, e il re Agrippa con enormi spese e fatiche aveva fatto venire dal Libano il legname necessario; si trattava di travi che meritavano di esser viste tanto erano grosse e diritte.
    Libro V: 37 La guerra aveva troncato i lavori a metà e Giovanni, trovandoli di grandezza sufficiente per controbattere i nemici che aveva nella parte superiore del tempio,
    Libro V: 38 le tagliò per fabbricarne delle torri che collocò dietro al piazzale interno, di fronte all'ala occidentale dell'esedra, l'unico lato da dove potevano accostarsi, mentre agli altri lati non si potevano avvicinare per le gradinate.
    Libro V: 39 - 1, 6. Con tali macchine costruite senza scrupoli di empietà Giovanni sperava di farla finita con i nemici, ma il Dio rese vani i suoi sforzi facendo arrivare i romani prima che egli potesse far montare qualcuno sulle torri.
    Libro V: 40 Infatti Tito, dopo aver fatto affluire presso di sé una parte delle forze, e date disposi*zioni alle altre perché lo raggiungessero a Gerusalemme, si mise in marcia da Cesarea.
    [...]
    Libro V: 71 - 2, 4. Allora per la prima volta la lotta delle fazioni all'interno della città, combattuta con rivalità incessante, si fermò per l'improvviso sopraggiungere della guerra esterna con tutte le sue minacce,
    Libro V: 72 e i rivoluzionari, vedendo con costernazione che i romani stavano costruendo tre accampamenti, gettarono le basi di una funesta alleanza.
    Libro V: 73 Cominciarono a chiedersi che cosa aspettavano, che cosa era loro successo per lasciarsi passivamente soffocare entro la stretta di quei tre baluardi, perché, mentre il nemico si costruiva tranquillamente una nuova città, contrapposta alla loro, essi se ne stavano rinchiusi nelle mura come ad assistere ad uno spettacolo interessante e utile, lasciando inerti le braccia e le armi.
    Libro V: 74 “Faremo dunque sfoggio del nostro valore soltanto contro noi stessi” gridarono “e i romani per la nostra discordia prenderanno la città senza colpo ferite?”
    Libro V: 75 Incitandosi con questi discorsi, si radunarono, afferrarono le armi, fecero un'improvvisa sortita contro la legione decima e, gettatisi giù per il burrone con terrificanti clamori, piombarono sopra ai nemici intenti alle opere di fortificazione.
    Libro V: 76 Questi stavano sparpagliati a lavorare, e perciò i più avevano lasciate le armi, supponendo che i giudei non avrebbero avuto il coraggio di fare una sortita o che, se pure l'avessero osato, il loro impeto sarebbe stato paralizzato dalla discordia; pertanto furono presi alla sprovvista e gettati nello scompiglio.
    Libro V: 77 Alcuni abbandonarono il lavoro affrettandosi a fuggire, molti invece corsero alle armi, ma furono, uccisi prima di poter affrontare i nemici.
    Libro V: 78 Intanto s'ingrossavano continuamente le file dei giudei, incoraggiati dal successo dei primi, e sfruttando il momento favorevole essi sembravano non solo ai nemici, ma anche a sé stessi di esser in numero molto maggiore di quanti erano in realtà.
    Libro V: 79 Sono specialmente i soldati abituati alla disciplina, e addestrati a combattere in bell'ordine ubbidendo ai comandi, che in caso d'improvviso disordine vanno soggetti a scompigliarsi. E così anche in quell'occasione i romani, colti alla sprovvista, cedettero agli assalti.
    Libro V: 80 E quando, vistisi raggiunti, si rivoltavano, essi frenavano l'impeto dei nemici e li colpivano approfittando che quelli per lo slancio erano meno pronti a difendersi; ma alla fine, travolti dal numero sempre crescente di giudei che partecipavano alla sortita, abbandonarono l'accampamento.
    Libro V: 81 Forse l'intera legione sarebbe allora stata in pericolo se Tito, informato della cosa, non fosse subito accorso in aiuto. Con molti rimproveri per la loro viltà fece tornare indietro i fuggiaschi e,
    Libro V: 82 piombando con le truppe scelte del suo seguito sul fianco dei giudei, molti ne uccise e ancor più ne ferì respingendo tutti in basso verso il burrone.
    Libro V: 83 Essi lungo il declivio subirono gravi perdite, ma quando raggiunsero l'altra costa si rivoltarono e, separati dal letto del torrente, si diedero a colpire i romani.
    Libro V: 84 In tal modo combatterono fino a mezzogiorno; poco dopo Tito, avendo sistemato a difesa contro nuove sortite una linea composta dalle truppe accorse con lui e da elementi presi dalle varie coorti, rimandò in cima il resto della legione a completare i lavori di fortificazione.
    Libro V: 85 - 2, 5. I giudei credettero che si trattasse di una ritirata e, al vedere che l'uomo da essi posto sulle mura faceva segno agitando la sua veste, una moltitudine di guerrieri freschi balzarono fuori con tale impeto, che la loro corsa sembrava quella di un branco di belve ferocissime.
    Libro V: 86 E in effetti nessuno dei romani contrapposti ne sostenne l'urto, ma come battuti dai colpi delle artiglierie ruppero lo schieramento e si diedero a fuggire su per il monte.
    Libro V: 87 A mezza costa restò fermo soltanto Tito con alcuni pochi, e sebbene quelli che, sprezzanti del pericolo, erano rimasti per rispetto del generale lo pregassero insistentemente di ritirarsi dinanzi ai giudei fanaticamente pronti a morire,
    Libro V: 88 di non esporsi al pericolo a difesa di chi avrebbe invece dovuto difendere lui, di considerare la sua posizione personale e di non assumersi i compiti del soldato semplice lui che invece era signore della guerra e del mondo, e di non esporsi a un rischio così grave visto che da lui dipendeva ogni cosa, egli parve che nemmeno li udisse.
    Libro V: 89 A quelli che venivano su dirimpetto a lui egli oppose una salda resistenza e, colpendoli in pieno petto, uccise quanti lo attaccavano; poi, scagliandosi addosso alle fitte schiere, le sospin*geva giù per il pendio.
    Libro V: 90 Quelli, benché atterriti dal suo coraggio e dalla sua forza, non si decisero a far ritorno in città, ma scansandolo su entrambi i lati continuarono a incalzare i romani che fuggivano verso l'alto. Anche contro di questi Tito si scagliò colpendoli sul fianco, e ne bloccò l'impeto.
    Libro V: 91 Nel frattempo i soldati che in cima attendevano ai lavori di fortificazione del campo, come videro fuggire quelli da basso, furono nuovamente presi dal terrore,
    Libro V: 92 e tutta la legione si disperse credendo che l'attacco dei giudei avesse travolto ogni resistenza e che lo stesso Tito si fosse dato alla fuga, giacché mai gli altri sarebbero fuggiti se quello fosse rimasto.
    Libro V: 93 Come presi dal panico, scapparono in tutte le direzioni finché alcuni si accorsero che il generale era impegnato nel folto della mischia; allora ebbero una gran paura per la sua sorte e, gridando, segnalarono il suo pericolo a tutta la legione.
    Libro V: 94 La vergogna li fece tornare indietro, e rimproverandosi a vicenda non tanto di essere fuggiti quanto di avere abbandonato Cesare, si gettarono con tutte le forze contro i giudei e, una volta fattili ripiegare lungo il declivio, li risospinsero tutti giù verso la valle.
    Libro V: 95 I giudei si ritiravano resistendo passo per passo, ma i romani avevano il vantaggio di stare più in alto e li ricacciarono tutti nel burrone.
    Libro V: 96 Tito, che aveva travolto quelli dinanzi a lui, mandò di nuovo la legione a completare la fortificazione del campo mentre egli teneva a bada i nemici assieme a quelli con cui aveva prima resistito.
    Libro V: 97 In conclusione, se si deve dire il vero senza nulla aggiungere per adulazione o detrarre per invidia, fu Cesare in persona che per due volte salvò l'intera legione in pericolo e le diede la possibilità di fortificarsi tranquillamente il campo.

 

 
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